Icelander expedition
Genova, 5 giugno 2008 Si sa, la mente di un viaggiatore inizia molti mesi prima della partenza a viaggiare, ed ogni giorno che passa i confini si avvicinano fino ad annullarsi e le distanze diventano solo orizzonti da raggiungere. Mesi di studio su carte geografiche e ricerche su internet alimentano la mente fervida del viaggiatore fino a non farlo dormire più. Non importa quale sia la meta, chi ha una fervida immaginazione non conosce ostacoli o distanze, l’audacia lo guida più della ragione, e chi ,come me, lo fa anche con il cuore, porterà con se tutti i giorni quel sapore che solo l’avventura sa dare. Il silenzio è un dono prezioso per noi viaggiatori solitari… INTO THE ICELAND WILD 17 Giugno 2008 ore 15.40, il termometro indica -2° la pioggia, mista alla neve, è ghiacciata, mi trovo ad un’altitudine di circa 800 metri slm. Alle falde del monte Snaefell, che, con i suoi 1833mt è il monte più alto dell’Islanda, se si esclude il massiccio del Vatnajokull. Anche se non è chiaro se si tratti di un vulcano estinto o solo addormentato è sicuramente la zona più inospitale di tutta l’Islanda, una terra non adatta all’uomo. Lungo la strada qualche renna selvatica e Intorno a me solo una vasta distesa di tundra umida e radi cespugli, un vento sferzante cerca di disarcionarmi dalla moto e dinanzi a me il mio orizzonte…. La diga di KARAHNJUKAR.
5 Giugno 2008, Genova Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi Marcel Proust
Sono pronto, la moto è giù che prende tempo, carica quanto basta per star via più di 3 settimane e affrontare il deserto Islandese, peso in ordine di marcia 394kg ! Non c’è male no? Specialmente se si pensa che metà della strada che dovrò affrontare in Islanda sarà in Fuoristrada e Piste di sabbia lavica… non sto più nella pelle. Con me la costante presenza, di Laura, Petix per gli amici, di RIVIERA24, che documenterà costantemente da Sanremo, via internet, il mio raid per beneficenza. Con foto e diario di viaggio terrà alta l’attenzione per la raccolta di fondi a favore dell’ospedale Onlus per anziani di Arma di Taggia Azzero il trip del navigatore, saluto la mia famiglia e parto sotto una pioggia battente, stile collezione autunno/inverno….direzione il Grande Nord. Il programma di viaggio prevede che oggi debba percorrere circa 1000km, ma arrivato al passo del S.Bernardino la fortuna è con me….. Così, visto che il tunnel è chiuso per lavori, mi faccio il passo in quota. La fila di auto e camper rallenta ulteriormente la marcia, la temperatura è di 3 gradi, la nebbia e la pioggia rendono il passaggio ancora più difficoltoso, il mio morale è alle stelle…heheheh. Arrivato in serata nei pressi di Fulda mi fermo in un bel hotel gestito da un Italiano gentile e ospitale, accumulando 798km.
6 Giugno ore 7.00, Fulda
Lancia il tuo cuore davanti a te e corri a raggiungerlo Proverbio arabo
Il sole da il buongiorno a questa giornata, visto che la fortuna è dalla mia, un caldo africano mi farà soffrire tutto il giorno. Finalmente sono lontane le piogge incontrate ieri, l’autostrada scorre dritta e noiosa verso nord. Faccio fatica ad acclimatarmi, tra una sosta e l’altra mi spoglio di tutto quello che indosso ma i pantaloni che vesto sono invernali e mi fanno perdere 15kg al secondo….hehehe. Amburgo, mi trovo imbottigliato in un gigantesco ingorgo, per fare 10km impiego quasi un’ora, sono al massimo dell’esaltazione, traboccante di felicità e non solo… Supero Amburgo e spalanco il gas. Dal momento che decido di fermarmi, devono passare ancora 2 ore prima che trovi qualcosa di aperto dove passare la notte. Purtroppo l’unica sistemazione che trovo è il Pinheus Hotel, cinque stelle…..Le mie finanze vacillano. Sono a 50 km da Hanstolm, dove ho la nave domani e il pallottoliere dice che ho totalizzato 876km.
7 Giugno ore 8.00
Non esiste una strada verso la felicità. La felicità è la strada Confucio
Mi trovo nei pressi di Skive, Danimarca, a pochi passi dalle acque del “Limfjord” con bellissima vista del ponte Sallingsund. Il paesaggio sembra assopito, l’acqua è limpidissima e il sole è caldo. Non ho fretta, l’imbarco è alle ore 16.00, preparo le valige in modo da avere tutto l’occorrente sulla nave. Il viaggio durerà quasi 4 giorni e non sarà possibile scendere in garage durante la navigazione… a meno che, il mare non decida di agitarsi a tal punto, che alle 23 della seconda notte, tutti i motociclisti vengano chiamati a rinforzare gli ormeggi delle moto! Sono davanti alla “NORRONA”, la nave della compagnia Smyril Line, che batte bandiera delle isole Faroe. Simile ai nostri traghetti che d’estate portano migliaia di turisti in Sardegna, la differenza è che questa naviga nelle acque del nord Atlantico. Sono l’unico motociclista e la gente mi guarda stranita, si capisce cosa pensano…. “ma questo in moto dove và ?”I camper la fanno da padroni, sono tantissimi, alcuni sono veramente spaziali, altri fatti in casa, ma ci sono anche gli invasati con mezzi super speciali a 6 e 8 ruote motrici, alti come case, che per salirci devi metterti in cordata e fare l’ascensione alla cabina. Il clima che si respira è di eccitazione, sorrisi e parole come una grande famiglia, sarà per la meta cosi lontana e affascinante. Una forte sensazione. Faccio amicizia con un tedesco di Hannover, Michael, che viaggia in solitaria con la sua bicicletta, ha 67 anni, moglie e 2 figli a casa. Mi racconta che il suo viaggio durerà circa tre mesi. Certe persone non si rendono conto che attraverso le loro semplici azioni possono dare una speranza in più a chi, come me, conta un giorno di essere ancora capace di tale audacia, grande Michael! Nel frattempo si sparge una voce tra gli “imbarcaderos”, in Islanda nevica, un misto di felicità e preoccupazione scende sul viso di tutti i turisti….heheheh. Ma ecco che sento arrivare delle moto, il suono inconfondibile del quattro tempi mi strappa un sorriso di soddisfazione, non sono l’unico. Quattro Honda Africa Twin fanno ingresso rombando tra le vetture, anche loro attrezzatissimi e chiaramente tedeschi. Ma la sorpresa deve ancora arrivare, quando scopro, facendomi aiutare ad alzare la moto sul cavalletto centrale, che 2 di loro sono donne! Certo, donne con braccia più grandi delle mie, classiche donne giunoniche tedesche, ma sempre donne… Portano attaccate alle valigie della moto 2 bottiglie di vino a testa….non ho parole. Finalmente vado alla ricerca della cabina, giro spaesato per venti minuti prima di trovarla, sono all’ottavo piano!! Tutti fatti a piedi, con valigie e vestito da moto raider….perdo 3 kg. Dopo pochi minuti arrivano gli altri inquilini,trafelati e pallidi…hehehehehe, anche per loro è iniziata l’avventura. Ore 17.00 si parte destinazione Bergen, Norvegia.
8 Giugno ore 9.00
Arriviamo sotto un cielo cupo a Bergen, perla dei fiordi Norvegesi, con il suo quartiere del Bryggen inserito dall’Unesco nella lista dei siti Patrimonio dell’Umanità. Le meravigliose case colorate sono spesso state usate come spunto da pittori e fotografi pubblicitari, una città affascinante e vivace. Sostiamo appena un’ora e ripartiamo verso nord. La nave fila via lentamente verso Torshavn, nelle Isole Faroe, tra una birra e l’altra finisco il libro che mi sono portato. Il campionato Europeo di calcio crea un po’ di allegria, sarà anche per i fiumi di birra che scorrono…. Alle 23.00 scatta l’allarme moto, finalmente un po’ d’azione, tutti i motociclisti sono chiamati a rinforzare gli ormeggi delle loro moto. Al rientro sul ponte una birra e via cosi fino a tardi. Ognuno con la propria cartina ed ognuno analizza l’itinerario dell’altro… il mio è il più affascinante ma anche il più improbabile, soprattutto x la neve che pare cada copiosa in Islanda.
9 Giugno, Torshavn -Isole Faroe Ore 5.30 Sveglia. Il nostro caro comandante ha voluto che non ci perdessimo l’arrivo al porto, cosi ci ha dato la sveglia personalmente….alle 5.30! Quindi dopo una notte sulle montagne russe, l’istinto di dire due paroline al comandante sorge spontaneo… Sperdute nell’atlantico settentrionale le isole Faroe sembrano trovarsi quasi al margine del mondo conosciuto. La posizione cosi remota conferisce loro una certa aurea di mistero, le scogliere a picco sul mare, completamente ricoperte d’erba, ricordano le Highlands scozzesi. La temperatura a terra è di 3 gradi, tira un vento da Guinnes, continua a piovere. Alle 8 sono per strada con Michael, sotto la pioggia battente andiamo a visitare questa sperduta cittadina delle Faroe. Dopo circa un’ora, completamente bagnati, facciamo ritorno alla nave. Intorno a noi la nebbia crea quell’atmosfera del tipo…..”Ma che cavolo sto facendo qui?” I contatti con l’Italia si diradano, una lunga giornata mi attende, meno male che questa sera c’è la partita Italia-Olanda. Sono l’unico Italiano in sala e tutti tifano per l’Olanda….Non ho parole, ci rifilano tre goal e tutti brindano soddisfatti…..che seratona… vado a dormire, domani è il grande giorno, alle 12.00 si sbarca! ISLANDA 10 Giugno Seydisfjordur Islanda Là dove il ghiacciaio tocca l’aria il suolo cessa di essere terreno e la terra diventa parte del cielo; là non vivono più dolori perciò la gioia non è necessaria, là regna solo la bellezza, sopra ogni desiderio.” Halldór Laxness, (premio Nobel per la letteratura 1955)
L’itinerario prevede una prima parte lungo la costa, passando ai piedi del Vatnajokull, la calotta glaciale più grande del mondo dopo i poli. Il Vatnajokull copre una superficie pari quasi all’Umbria, con uno spessore di 1km. Sotto di essa 2 vulcani letteralmente intrappolati che quando eruttano fanno si che enormi aree della calotta si sciolgano e si riversino sulla costa creando un incredibile deserto, a perdita d’occhio, di scure sabbie glaciali. A seguire, deviazione interna verso LandMannallaugar, uno dei luoghi più suggestivi di questa terra, montagne multicolore, sorgenti calde e laghi cristallini, un luogo veramente unico nel suo genere. Dalla capitale Reykjavik, sempre lungo la costa, direzione nord ovest, tappa obbligatoria al ghiacciaio più famoso d’Islanda, il Snaeffelsjokull, che ha dato i natali al conosciutissimo romanzo di Giulio Verne “Viaggio al centro della terra”. La seconda parte, la più impegnativa, mi porterà attraverso le piste interne, direzione nord est, alla scoperta del deserto Islandese e dei suoi luoghi pieni di magia e mistero, con sorgenti calde dove tuffarsi e fiumi impetuosi da guadare, cascate imponenti, resti di vulcani e crateri inattivi, un immenso deserto di sabbia lavica finissima e tanta solitudine….. Circa 3000km di avventura dove solo la natura mi farà da compagna di viaggio. 10 Giugno ore 8.00 Stiamo attraversando il fjordo di Seydisfjordur, lungo circa 17km, le nostre teste sono sfiorate dalle nuvole. Il tempo rimane invariato, cade una leggera neve e l’eccitazione è altissima. Tutti i passeggeri vagano sui ponti esterni con un sorriso di soddisfazione stampato sui volti… SIAMO ARRIVATI…..!!!!! Seydisfjordur non è ciò che ci si aspetta….più che una cittadina è un villaggio fatto di case di legno multicolore e circondato da monti imbiancati di neve, cascate spettacolari si gettano lungo i pendii direttamente in mare. La strada che porta fuori dal fjordo, in direzione di Egilstadir, s’inerpica velocemente con una serie interminabile di tornanti verso il passo in quota con splendidi scorci sulla valle del fiume Fjardarà. 10 Giugno ore 9.00 Siamo in anticipo, l’orario di sbarco era previsto per le 12.00 ma stiamo attraccando……Andiamo tutti a prepararci per lo sbarco. Passano i minuti ma siamo sempre in attesa, con valigie e giacche invernali, cominciamo a sudare. Dopo una mezz’ora iniziano i primi brusii, ma che succede? Perché non si sbarca? Dal nostro “amico” comandante nessun comunicato, insomma quando serve…Siamo fermi da quasi un’ora, accalcati verso le uscite in un bagno di sudore, un suono attira l’attenzione verso gli altoparlanti, finalmente arriva il comunicato a tranquillizzare i passeggeri: come da programma lo sbarco sarà effettuato alle 12.00 e fino a quel momento gli uffici della dogana non saranno operativi! Scatta l’euforia generale! Che ideona, si dai, stiamo ancora un po’ sulla nave…… tristi, sudati e incavolati ci ritiriamo tutti in cabina e aspettiamo l’invito a scendere. Visto che siamo tutti al settimo cielo, sbarchiamo con un’ora di ritardo, sembra di essere in Italia…heheheh
Ore 13.00, Seydisfjordur
Sono in sella alla mia moto, terminate le formalità in dogana e preso il mio adesivo che mi consente di circolare in terra Islandese per 15 giorni. Finalmente tocco terra con le mie gomme! Dopo mesi di studio e preparativi, eccomi arrivato. Una leggera commozione e un violento attacco di euforia mi appannano la visiera del casco…Urlo di gioia e comincio a cantare. Dopo alcuni Kilometri una bella cascata, la Gufufoss, mi da il benvenuto, i primi scatti fotografici in terra Islandese segnano l’inizio del vero raid che si concluderà con oltre 1000 fotografie. Mi dirigo verso Egilsstadir, sulla statale 93, giusto all’ingresso della cittadina m’immetto sulla nazionale 1 chiamata “Ringroad”. Questa strada percorre il periplo dell’isola ed è in parte asfaltata, da essa dipartono tratti stradali più o meno lastricati a raggiungere quasi ogni centro abitato, tutte le altre strade sono sterrate o piste adatte solo a vetture 4 ruote motrici. Dopo circa 30 kilometri attacco la prima pista che mi farà tagliare un bel pezzo di strada, ho un po’ d’ansia, il tratto, segnato come pericoloso, per via degli strapiombi senza protezione alcuna, punta dritto verso il nulla…. L’odore forte di terra bagnata e l’aria umida mi esaltano i sensi, mi guardo intorno, controllo le cartine e il gps… Comincia l’avventura. Passati una ventina di kilometri un’immensa vallata si apre davanti ai miei occhi, rimango ad ammirare dall’alto lo spettacolo. Comincio a prendere le misure con il territorio, scatto altre foto e mi butto in picchiata verso quella valle dove scorre il fiume Berufjardarà. Sulla mia sinistra la catena montuosa del Kistufell è imponente, le cime sono frastagliate e bianche immacolate. La moto è molto stabile, corre veloce sullo sterrato, il mio termometro indica 5 gradi e mentre ammiro il paesaggio, il cervello percepisce contemporaneamente gli stimoli che arrivano dagli occhi, mani, gambe e braccia. Il corpo reagisce istintivamente all’azione. Comincio a fare la carica d’adrenalina….Filo via senza intoppi e senza incontrare nessuno. In breve tempo mi trovo a Lindarbrekka, di nuovo sulla Ringroad, tratti asfaltati con altri sterrati e ghiaiosi e altri ancora di terra rossa argillosa e viscida, movimentano il mio cammino verso sud ovest, la prima tappa prevede circa 370 kilometri. Il paesaggio intorno è colorato solo di tinte grigie e il cielo plumbeo rende l’atmosfera cupa un po’ dark, lungo la costa le spiagge sono di sabbia nera, anche le montagne che sfioro sono in tinta, tutto è scuro, nero. La sabbia vulcanica ricopre tutto quanto. Il sole è un miraggio ed io sono troppo esaltato per preoccuparmene, inizia a piovere. La temperatura è aumentata, 7 gradi, lungo la strada deserta numerosi gabbiani circolano in volo sulle cime delle montagne che delimitano il mare dall’interno. Senza rendermene conto arrivo alla Laguna glaciale del JOKULSARLON. Lo spettacolo di questi iceberg è unico. La laguna prende origine da una lingua del ghiacciaio Vatnajokull ed è profonda oltre 600mt. In mezzo agli iceberg scorazzano foche e turisti in gommone, non bastano foto e riprese per raccontare la bellezza di questo posto. Guardando gli iceberg che lentamente scorrono verso il mare accendo la moto e sono di nuovo per strada. Mi serve benzina, non ho ancora riempito le taniche aggiuntive da 5lt ciascuna che ho installato sulla moto, l’autonomia è a rischio. Chiunque decida di venire in Islanda dovrà fare i conti con l’autonomia del proprio mezzo, alcune vaste aree sono prive di rifornimenti di carburante, quindi l’attenzione deve essere altissima visto il repentino mutamento delle condizioni meteo. Sono le 19.45, il termometro è sceso a 3 gradi, mi fermo in una calda e accogliente Guesthause vicino al parco nazionale dello Skatafell. Il è pallottoliere dice che ho percorso 345km. Dopo 3gg di buio con l’Italia riesco a chiamare casa e spedire alla redazione di Riviera24 il resoconto del viaggio. Sono felicemente stanco, i miei occhi hanno fatto il pieno è l’ènergia è a mille……questo è l’inizio.
11Giugno ore 8.00 . Viaggiare è come sognare: la differenza è che non tutti, al risveglio, ricordano qualcosa, mentre ognuno conserva calda la memoria della meta da cui è tornato. Edgar Allan Poe Carico la moto. Ogni mattina, come un rito scaramantico, sistemo i bagagli, programmo il gps per la tappa e metto la cartina a vista sul roadbook. La concentrazione di questi gesti mi amplifica i sensi e quando salgo in moto e parto, la sensazione di far parte di quello che mi circonda è unica. Oggi mi aspettano circa 300 kilometri, quasi tutti in fuoristrada, numerosi sono i guadi che dovrò superare e spero che il disgelo, anticipato dalle abbondanti piogge, non mi crei problemi…..non voglio diventare un sommergibile! Mi trovo ai piedi del parco nazionale di SKAFTAFELL, il sole splende e il termometro segna 18 gradi, purtroppo l’unico modo per visitare il parco è a piedi ed io sono vestito da moto raider, sarebbe una sauna. Tiro dritto verso il mio nuovo orizzonte, LAKI, il vulcano e Landmannallaugar. La pista F206 è una splendida sterrata che punta decisamente verso nord. Il paesaggio che attraversa è di km di muschio a perdita d’occhio, sotto il quale si trova un vasto campo di lava, circa 60 kilometri quadrati. Due secoli fa, il vulcano Laki causò la più grande eruzione dell’Islanda e anche uno degli eventi più catastrofici per l’umanità. Ben otto mesi di fuoriuscite alte più di un kilometro, si aprirono circa 130 crateri che spazzarono via oltre 9000 anime! Un quinto della popolazione dell’epoca e due terzi del bestiame di tutta l’isola. Facendo una ricerca su internet si capisce quale inaudita potenza si sia scatenata in questi luoghi. La strada scorre cosi leggera sotto le ruote che la moto sembra non accorgersi della mancanza dell’asfalto. Dopo circa 20 km un cartello piazzato nel bel mezzo del nulla dice: LAKI 50KM direzione…..orizzonte. Sono solo in mezzo a muschi e licheni, devo mantenere la concentrazione alla guida, una semplice caduta sarebbe drammatica. In queste lande desolate rialzare la moto da terra sarebbe un’esperienza da evitare! Faccio ancora 20 km e mi trovo davanti un fiume largo una trentina di metri, scuro e limaccioso, solo l’idea di passarci dentro m’intimorisce. Fermo la moto e cerco di fare il punto della situazione, avvicinandomi a piedi e cercando di capire se sia possibile o meno attraversarlo in moto. Purtroppo la profondità m’impone di non correre eccessivi rischi. Sconfortato giro i tacchi e punto verso Landmannallaugar. Ripercorrendo tutta la strada mi fermo a fare delle foto e alcune riprese, la giornata è calda e molto luminosa, il tempo non mi manca. La pista F208 è davanti a me e sono ansioso di vedere Landmannallaugar, le letture fatte sulla zona mi hanno affascinato sin da subito, forse è la zona che più desidero vedere di tutto l’itinerario preparato. La pista, che corre lungo le sponde del fiume Skafta, è una lunga e morbida striscia nera di sabbia lavica. Il rumore delle ruote è ovattato come se scorressero sulla neve, cerco di immaginarmi dall’alto, un puntino giallo che lentamente insegue il suo sogno…. Quando viaggi in solitaria in questi luoghi cosi remoti e lontani,senti la vita scorrere dentro di te, senti di esistere veramente. Non fai parte di una comunità, di un insieme di persone che ti toglie la consapevolezza di essere unico, tutto dipende solamente da te… Mi fermo a guardare il torrente davanti a me. Non è largo e neanche profondo, provo ad attraversarlo a piedi, l’acqua mi arriva all’altezza del ginocchio. Sento la corrente attraversarmi, il fondo sabbioso e compatto da fiducia, proseguo verso l’altra sponda ma la corrente aumenta e l’equilibrio diventa precario. In quel tratto, il torrente si restringe aumentando notevolmente la velocità dell’acqua, non sono ancora a metà del guado e non ci penso neanche ad arrivarci, però l’acqua non è fredda come mi aspettavo. Torno alla moto e rifletto sul da farsi. Ho 2 possibilità: 1) rinunciare e tornare sui miei passi. 2) accamparmi e aspettare la notte L’abbassamento della temperatura dovrebbe diminuire il disgelo e di conseguenza il livello dei fiumi. Chiaramente decido per la seconda e mi cerco un posticino dove piazzare la tenda e passare la mia prima notte INTO THE WILD… Sono passate quasi due ore quando sento arrivare un fuoristrada. Una coppia di ragazzi tedeschi a bordo della loro jeep camperizzata si dirigono verso Landmannallaugar. Facciamo due chiacchiere e spiego loro che sono in attesa che si dividano le acque hehehe. Senza perdere tempo la ragazza si toglie le scarpe, prende un bastone da trekking e si butta in acqua per sondare il terreno. Decidono di guadare più a valle, dove il torrente schiuma per la presenza di numerose pietre che affiorano, cosa impossibile da fare in moto. Ci salutiamo e mi godo la loro traversata con la telecamera in mano. Non faccio in tempo ad aprire la tenda che vedo tornare indietro la jeep, rimango in attesa di capire cosa stia succedendo. Un presentimento si insinua nella mia mente! Infatti, a due kilometri da qui, la neve sbarra la strada ed è impossibile proseguire! Saluto i ragazzi e rimango a guardare quel torrente mentre i miei pensieri corrono velocemente senza meta. Sono a 25 kilometri dalla meta e sono costretto a girare i tacchi e tornare sui miei passi, per la seconda volta in un giorno. Guardo la cartina per capire come rimettere a posto il giro. Il programma prevedeva che dormissi nel rifugio di Landmannallaugar e il mattino seguente mi sarei portato, attraverso la F225 e la 26, sulla Ringroad in direzione la capitale REYKJAVIK. Invece torno indietro e riprendo la Ringroad in direzione sud ovest fermandomi per la notte a Vik. Il pallottoliere segna 296 kilometri.
12 Giugno ore 6.00
La solitudine è per lo spirito, ciò che il cibo è per il corpo. Seneca
Il sole già caldo mi sveglia di buon’ora, il campeggio è semplice, ma molto bello. Un grande prato verde intenso a ridosso di un imponente crinale che sovrasta VIK. Alta circa 200mt questa lunga formazione rocciosa è invasa di gabbiani e pulcinella di mare che rumoreggiano incessantemente, compagnia gradita della notte passata..hehehe. Davanti l’oceano Artico, dove troneggiano i due faraglioni di Reynisdrangur, simbolo di questa cittadina di pescatori. Faccio colazione e consulto la cartina stradale, voglio tentare di raggiungere Landmannallaugar esattamente da dove sarei dovuto venirne via. In serata devo essere a Reykjavik dove ho previsto di passare tre notti. Sarà una lunga giornata densa di situazioni ed emozioni che metteranno alla prova i sensi. Parto, dopo una breve visita della cittadina, sono sulla Ringroad, faccio una breve deviazione per vedere il lago di Heidarvatn, che sembra tratto da jurassic park e filo via dentro una giornata di sole che scalderà non poco il mio cammino. Lungo la strada una cascata di proporzioni fotografiche uniche mi obbliga ad una sosta. Skogafoss. Questa cascata getta in modo spettacolare da un pendio roccioso di oltre 60mt con una mole d’acqua colossale. La leggenda vuole che dietro di essa si trovi uno scrigno d’oro pieno di ricchezze, purtroppo io non l’ho trovato. Lascio la Ringroad e m’immetto sulla 26, direzione nord est, in pochi kilometri mi trovo ai confini del deserto, sarà la strada che percorrerò fra alcuni giorni per compiere la traversata del deserto più grande d’Europa. Una sterrata larga 2 corsie, velocissima, mi guida verso Landmannallaugar. La stabilità della moto è eccezionale, corro via ad oltre 100km orari, gli ondeggiamenti esaltano la guida e l’adrenalina comincia a scorrere. Gli occhi corrono veloci tra il roadbook e il gps senza perdere d’occhio la ruota anteriore, le braccia ammortizzano leggere l’avantreno e le mani tengono strette la presa sul manubrio, le gambe ammortizzano il peso del corpo e tengono stretta la moto, mi alzo sulla sella come una danza avanti e indietro per controllare al meglio la direzione e le buche che di tanto in tanto si parano davanti. Tutto accade in una frazione di secondo, all’unisono… Arrivo lungo all’incrocio con la pista F225, frenatona con una nuvola di polvere che mi lascia al buio e tutto imbiancato, torno indietro. Fermo a questo incrocio improbabile in mezzo al nulla assoluto, controllo la cartina e mi rendo conto di essere alle pendici di sua maestà HEKLA ! Questo vulcano è sicuramente il più famoso dell’Islanda, la sua sommità di ben 1491mt rimane spesso avvolta da nubi minacciose, infatti il suo nome vuol dire “ incappucciata”. Attualmente è l’unico vulcano ancora attivo dell’Islanda e gli studiosi hanno previsto una sua prossima eruzione che dovrebbe essere imminente. Nel corso della storia la furia di questo gigante è esplosa numerose volte, tanto che si riteneva che fosse la porta d’accesso per gl’inferi. Punto il gps su Landmannallaugar e mi addentro in quell’inferno di sabbia nera… La pista a tratti è soffice e devo necessariamente aumentare la velocità, sono carico come un mulo e sprofondo immediatamente, cosi carico corro rischi in continuazione. Il paesaggio lunare intorno a me è indescrivibile, alla mia destra sua maestà HEKLA osserva il mio passaggio ,la vetta ricoperta di neve è sgombera dalle nubi e questo mi rende più tranquillo, come se quel bestione vegliasse su di me….
Sono lontano da ogni cosa, ancora INTO THE WILD, se avessi bisogno d’aiuto sarebbe un gran casino. Il silenzio di questi spazi infiniti mi spaventa. Non si vede nulla, non si sente nulla e tuttavia qualcosa risplende nel silenzio. Mi fermo accaldato a fare due foto, stappo una Redbull e brindo con Hekla, spero che le foto riescano a catturare la magia di questo luogo extraterreno. Mi rimetto in cammino verso il mio orizzonte, Landmannallaugar, quando davanti a me all’improvviso una ripida salita di sabbia finissima mi blocca il respiro. Con questa luce e questa sabbia nera è difficile riconoscere a colpo d’occhio dove stai per mettere le ruote. Spesso è la sensazione trasferita alle chiappe che ti permette di capire cosa hai sotto. Se mi fermo non potrò ripartire, fare manovra per tornare indietro sarebbe come andarsela a cercare, se la moto mi cadesse da un lato non sarei più in grado di rialzarla! In un millesimo di secondo decido di aprire il gas. In piedi sulle pedane cerco di far scivolar via quella moto troppo pesante per questa sabbia, spingo sulle pedane, il mio casco sbatte sul cupolino, la ruota posteriore scava e sbandiera impazzita alla ricerca di un appiglio dove spingere quella massa di 400 kg. Cerco di mantenere la direzione, alla mia sinistra il vuoto, arranco gli ultimi metri e penso al ritorno… penso a quando dovrò affrontare in discesa questo tratto di strada, il peso della moto cercherà d’infossare la gomma anteriore, sto sudando ma non è il sole! Arrivato in cima a questi 100 metri di salita mi fermo e guardo quella discesa. Sono le 4 del pomeriggio e Rekyavik è lontana. Chiaramente decido di proseguire, dopo mezzora incontro una jeep dell’ente strade Islandese, mi fermo a chiedere informazioni sulle condizioni della strada per Landmannallaugar, nel frattempo un rumore assordante arriva dalla strada, nascosta da una curva un’ enorme pala gommata lavora per ripristinare quella pista di sabbia, in previsione dei turisti che tra 15gg passeranno con le loro jeep. L’ente delle strade Islandese è davvero efficiente, tiene monitorate tutte le strade e le piste interne comunicando sul sito internet, quasi in tempo reale, l’effettivo stato delle stesse. Arriva il palista, è chiaro dalle occhiate che si danno cosa pensano: “ma dove va sto matto?” Parlottano tra di loro senza che io capisca un accidente, poi si rivolgono a me e allora capisco tutto, “the river is very deep”, ” You can not cross it with the motorcycle” il respiro si ferma, non posso attraversare il torrente perché troppo profondo. Non ci posso credere, ancora una volta fermato! Mancano 12kilometri a Landmannallaugar, proseguo giusto un kilometro e vedo li davanti a me un muro d’acqua…. Il mio orizzonte sparisce…. Landmallaugar rimarrà un ricordo amaro di questo raid. Bene, non ci penso su due volte, mi faccio una Redbull, sono quasi le 17.00 e davanti a me un sacco di strada da fare, cosi non mi perdo d’animo e punto su Reykjavik.Gli ultimi 50 kilometri li faccio sotto l’acqua con 5° gradi. Arrivo alla Guesthause intorno alle 20.30, mi fiondo sotto la doccia e vado a nanna senza cenare, giusto una birra, mi attacco a internet e spedisco il resoconto di questa lunga giornata in Italia, riesco anche a parlare in videoconferenza con la mia famiglia… viva la tecnologia. Domani mi concederò l’unica pausa di questo raid e andrò a fare il turista in città. E’ stata una giornata indimenticabile, Quello che ho vissuto non sarà facile da raccontare…. Anche oggi il mio pallottoliere ha girato faticosamente e segna quasi 400km
13 giugno ore 9.00
BB44 Guesthouse – Kopavogur – Reykjavik
Queste Guesthouse sono abitazioni private convertite, quindi spesso i bagni sono in comune con altri ospiti, come pure la cucina e la sala tv, alcune accettano anche ospiti con il proprio sacco a pelo. Sono ben pulite e i proprietari accoglienti e disponibili, spesso fungono anche da ufficio informazioni con cartine del posto e programmi di escursioni di ogni tipo. In Islanda ne esistono molte e in sostanza sono come i nostri B&B. Dopo aver fatto il bucato, zaino in spalle vado a prendere l’autobus, che non prendo dall’82, che mi porterà a Reykjavik. Reykjavik, una città unica al mondo, è la capitale più settentrionale del globo, una combinazione di edifici colorati e personaggi eccentrici. Durante l’estate la zona è illuminata dal sole per ben 22 ore al giorno e sono molte le cose che si possono fare, ma non mi dilungherò oltre, non sono qui x fare il turista ma per portare a termine il mio raid in Islanda, posso aggiungere solo che vale la pena venirci. Ho mezza giornata a disposizione e mi butto nel caos cittadino! Dopo giorni di viaggio solitario sono frastornato, il traffico è caotico, ma devo cercare il mio contatto per avere informazioni in tempo reale sulla situazione interna delle piste. Ho appuntamento in un negozio del centro, nella via dello struscio la ”Laugavegur”, il negozio si chiama 38Trehp, lui, Ingo, è una guida locale che collabora con il 90°est di Milano (www.90est.it), purtroppo per me, è stato chiamato dalla Land Rover per lavoro…Quindi non rientrerà fino a domani. Faccio il turista in visita, ma non è il mio massimo, sono qui per la natura selvaggia e tutto questo caos mi ha stancato…..Basta cosi, torno in Guest…Mentre cammino verso casa incontro la proprietaria della Guesthause che torna in macchina, mi fa segno di saltare su e non me lo faccio ripetere. Comodamente seduta sgranocchia delle succulente coscette di pollo, mi passa il contenitore per un assaggio, sinceramente non ho molta fame ma accetto l’invito, ci salutiamo sotto casa con le mani appiccicose e vado in camera a prepararmi per il giorno dopo. ”Il centro della terra” sarà il mio nuovo orizzonte! Il pallottoliere sogna…..
14 Giugno Ore 9.00 Discendi nel cratere dello Jokull di sneffels Che l’ombra dello scartaris viene a lambire prima della calende di luglio, scendi viaggiatore audace, e perverrai al centro della terra. La qual cosa io feci. Cosi narra la pergamena del famoso alchimista danese Arne Saknussemm, trovata casualmente dal dott. Otto Lindenbrock, nel romanzo più famoso di Giulio Verne “ Viaggio al centro della terra”, titolo che ha dato il nome anche a questo Raid Motociclistico in solitaria. La calotta glaciale dello Snaefellsjokull si trova nel parco di Snaefellsnes nell’Islanda occidentale, una zona poco frequentata dal turismo e molto esposta alle intemperie meteo. Lungo la costa, il paesaggio glaciale è particolarmente suggestivo e alterna fjordi a penisole disseminate di remoti villaggi di pescatori. Una zona pressoché disabitata e selvaggia, punto di partenza delle baleniere ancora oggi impegnate in sanguinose attività di pesca. Le spiagge dorate, punto di riposo di numerose colonie di foche, fanno da richiamo ai pochi turisti che vengono da queste parti. La tappa di oggi segnerà il giro di boa di questo lungo Raid. Nove gradi e piove, sotto il cielo nero che non promette nulla di buono mi muovo in direzione nord ovest lungo la Ringroad che lascio a Borgarnes per proseguire sulla 54 fino alla penisola dello Snaefellsness. Senza il peso dei bagagli viaggio leggero e agile, il vento, che a tratti mi investe con raffiche fortissime, mi fa sbiancare il pizzetto….All’altezza di Hvalfjordur decido di tagliare il fjordo e prendo il tunnel, a pagamento, che passa sotto il mare, circa 6km anziché gli oltre 80, sicuramente panoramici, ma che salgono verso il cielo minaccioso. Il tunnel, in generale, non è mai il massimo da fare in moto specie se controllato da televelox e limite dei 50km! Una bella tirata di gas di scarico ed esco affumicato dal tunnel. Scorrono veloci i kilometri lungo la costa, la strada è solo lastricata di grossa ghiaia e a tratti improvvisi sterrata, una gioia per le gomme, ma sicuramente molto drenante in caso di pioggia. Intorno a me sono numerosi i crateri che incontro, tutto il resto è campi di lava vestiti di muschio, nell’aria umida il profumo di terra bagnata e a sinistra il mare nero dell’Islanda. Mi fermo lungo le spiagge a fotografare gruppi di foche in bella mostra e il sole inizia a colorare il paesaggio, tutti quei toni in bianco e nero prendono vita, E’ stupefacente vedere l’effetto che crea il sole là dove si poggia. Alcuni kilometri prima di arrivare ai piedi dello Snaefellsjokull una grotta, con la volta crollata, forma un gigantesco cratere che sembra uscito dal giurassico. L’ingresso alla sua base è poco invitante, ci si addentra attraverso una stretta fessura, osservo alcuni escursionisti sparirvi dentro e decido di ripartire. Sono ormai vicino, guardo verso quella vetta, e il ghiacciaio, le basse e scure nuvole ne coprono la cima, una strada sterrata si inerpica verso quella sommità che dai suoi quasi 1500mt dovrebbe garantire una spettacolare vista sulla penisola. Non mi perdo d’animo, attacco a salire e la nebbia mi costringe ad avanzare lentamente, l’eccitazione, mista all’ansia di non sapere cosa troverò lungo la strada, mi fa sentire piccolo in quello spazio invisibile intorno a me. Continuo a buttare gli occhi verso quella vetta che non vedo, finche non esco da dentro quel cielo troppo basso e davanti a me si apre il sipario, uno spettacolo stupefacente!!!! Il ghiacciaio sovrasta tutta la zona, il candido bianco che acceca la vista, tutto intorno alla zona un deserto nero di sabbia e pietre laviche ,un contrasto che ferma il respiro, le nuvole coprono distese come un soffice velo il mare e le spiagge a valle. Difficilmente scorderò questa momento di stordimento e incredulità. L’emozione è grande, un appuntamento che aspettavo fin da quando, preparando questo viaggio, sognavo l’incontro. “Il centro della terra”. Come spesso mi succede, quando mi trovo ad assistere a qualcosa che so che mi segnerà per sempre nella mia vita, mi trovo a sorridere come un bambino che fa il suo primo goal, orgoglioso di esserci riuscito e con gli occhi lucidi e il cuore in apnea cerco in ogni dove di espandere i miei sensi per assimilare più possibile quel momento che difficilmente vivrò ancora. Salgo ancora qualche kilometro fino al piazzale dove l’estate arrivano comodamente anche i turisti in pullman. Dopo è impossibile procedere, la neve abbondante ricopre la strada, cosi mi fermo ai piedi di sua altezza Snaefellsjokull. Più su di cosi non è possibile andare, ci vorrebbero delle motoslitte. Nel frattempo la visuale si è aperta e le nuvole sono sparite, la vista sulla spiaggia dorata e incantevole. Mi siedo su una roccia a contemplare il panorama, sono a circa 1000mt di altitudine, ci sono 11 gradi è la giornata è bellissima. Sono passati solo 8 giorni da quando ho lasciato l’Italia, mi sono gustato ogni giorno un orizzonte diverso, confrontandomi ogni giorno con l’ incognita di cosa mi aspetta. L’adrenalina dell’imprevisto e della solitudine che ogni viaggiatore amante dell’avventura cerca in questa terra trova la sua massima espressione. Seduto su di un masso ammiro lo scenario a valle e cerco di capire cosa mi spinge a raggiungere luoghi cosi lontani, a correre rischi, per questi pochi attimi. Ma la sensazione di realizzazione ti appaga di tutte le fatiche, sentirti completamente parte integrante di tutto quello che ti circonda, una sensazione di potere e di libertà unica… Adesso penso a domani, le tappe più difficile devono ancora arrivare, il deserto interno, un luogo non adatto agli uomini, che intendo attraversare in 2 giorni, percorrendo la pista F26” Sprengisandur”. Spero che le condizioni della pista mi permettano attraversarlo in sicurezza, il tempo delle ultime 2 settimane non è stato dei migliori e i dubbi sulla fattibilità sono reali. Il mancato appuntamento con Ingo mi lascia questa incertezza e la sensazione, che diventerà realtà, di dover ancora una volta cambiare l’itinerario previsto e improvvisare ogni giorno il nuovo orizzonte. Ore 21.00, Preparati i bagagli ,mi metto su internet e prendo contatti Paolo Cortini, di 90est, che è stato il mio faro guida durante l’elaborazione del percorso da seguire, che nel frattempo ha potuto parlare al telefono con Ingo il quale ci comunica solo cattive notizie!!!!! La Sprengisandur è chiusa a causa della neve. All’altezza del lago di Kvislavatn un vasto tratto di neve e fango ostruisce il passaggio…..non so che fare, la mente si ferma confusa, non potrò fare la traversata che ho preparato con ore di studio meticoloso e ricerche. La moto è carica di attrezzatura che sarebbero servite per i prossimi 5 giorni…. Il deserto, le cascate, Story Geyser, fiumi glaciali, i ghiacciai e vulcani. E’ bastato un secondo per disintegrare mesi di preparazione !!!! Ma questa è L’Islanda, dove tutto cambia velocemente e i contrasti sono devastanti. Un vecchio proverbio locale recita cosi: “ Se non ti piace il tempo Islandese Adesso, aspetta 5 minuti: probabilmente peggiorerà”.
Detto questo, cerco una via d’uscita verso Nord est e valuto la F35 che sembra libera da impedimenti. Questa pista è l’unica di tutta l’Islanda che presenta lungo tutti i suoi 200 kilometri un susseguirsi di ponti che permettono di evitare i numerosi guadi. La pista si snoda tra le calotte glaciali del Langjokull e dell’Hofsjokull, non lontano dal monte Kjalfell. Purtroppo, dopo una breve ricerca sul sito ufficiale dell’ente strade Islandese, www.vegagerdin.is, sono costretto ad abbandonare l’idea Quindi non mi resta che seguire, ancora una volta, la Ringroad che in senso orario mi guiderà fino al lago di Mivatn, esattamente dove passa il 17° Meridiano ed esattamente dove avrei fatto tappa dopo i primi 2 giorni nel deserto più vasto dell’Europa. Cosi, passato il momento di sconforto, studio attentamente il percorso del giorno dopo e con l’aiuto della mia Lonely Planet mi faccio un’idea di quello che troverò sul mio cammino. Oggi il mio Pallottoliere ha fatto un bel giro di 430km.
15 Giugno ore 7.00 Qualunque cosa sogni d’intraprendere, cominciala. L’audacia ha del genio, del potere, della magia. Johann Wolfgang von Goethe Mi lascio alle spalle i ghiacciai della costa sud e sotto un acqua battente punto verso nordest, sempre sulla Ringroad, unica strada percorribile per attraversare l’isola. I 5 gradi che mi accarezzano durante la marcia non mi recano nessun fastidio, quello che invece è insopportabile è il Vento!!!!! Penso al mancato appuntamento con la cascata Gullfoss e al famoso Story Geyser. Mentre mi allontano dall’itinerario che avevo previsto. Mi aspetta una lunga maratona attraverso la regione dell’Islanda nord occidentale, fatta di fjordi e piccoli paesini sperduti dove il vento incessante fa scappare i pochi turisti che vengono in queste parti. La vicinanza con la Groelandia ha permesso quest’anno a due orsi polari di raggiungere l’isola a bordo di iceberg alla deriva. Il primo è rimasto intrappolato su un iceberg prima di finire in acqua e aver nuotato per un centinaio di kilometri ma appena arrivato sull’isola è stato accolto da una bella fucilata di benvenuto!! Il secondo lo ha seguito a ruota…. Grande prova di civiltà ha saputo dare, anche in questa occasione, il popolo Islandese… che ancora una volta dimostra UNA SCARSA SENSIBILITA’ verso gli animali che popolano la regione Artica…. Sono rattristato per la loro sorte e mi auguro di non trovarmene uno davanti. A causa della pioggia sono poche le cose che ho visto e fotografato oggi, la strada viscida e i kilometri da farsi hanno fatto il resto. Questa tappa è solo di avvicinamento all’area ben più interessante che visiterò domani, per fortuna l’unica fermata che farò mi permetterà di godere all’asciutto di quella cascata che gli islandesi chiamano “ degli dei” Godafoss!!! Esattamente all’incrocio con la pista F26, quella che avrei dovuto fare in origine, tanto per capirci. Le nubi d’acqua attirano l’attenzione verso quella zona, la cascata gioca a nascondino dietro quelle nubi e questo impedisce di vederne le reali dimensioni. Nonostante sia più piccola di altre cascate d’Islanda è probabilmente la più fotogenica. La storia racconta che intorno all’anno 1000 vi siano state buttate le statue delle divinità pagane, dopo che l’allora popolo decise di diventare a tutti gli effetti una nazione cristiana. Mi trovo a circa 70km da Myvatn e sono in riserva, anche se ho con me le due taniche piene, spero di arrivare a destinazione senza farne uso. Il tempo sembra che si stia aggiustando anche se da queste parti è cosa fuori dal mondo fare queste considerazioni. Ho notato che gl’Islandesi conducono la loro vita senza curarsi minimamente delle condizioni meteo. I bambini negli asilo sono in giardino con tute hitech, c’è chi fa jogging sotto l’acqua, chi va in mountain bike e anche i campetti da calcio sono gremiti di spettatori, persino nei campi da golf c’è chi gioca. Arrivo finalmente a destinazione, sono esausto, il freddo e l’acqua mi hanno sfiancato,cerco subito l’unico distributore di Myvatn per fare il pieno ma in alcuni secondi vengo assalito da milioni di moschitos. Questi piccoli insetti sono irritanti e fastidiosi, ti entrano nel naso in bocca nelle orecchie, ti si attaccano ai capelli e nei vestiti.
Mi rimetto in fretta e furia il casco lasciandone dentro alcuni che schiaccio contro le pareti interne del casco, chiudo visiera, giacca e metto i guanti, sembra un film di hitchcock si attaccano dappertutto, la moto ha cambiato colore e muove sotto lo sbattere convulso d’ali, una cosa pazzesca! Scappo letteralmente e insieme a me due motociclisti tedeschi che rinunciano a fare benzina. Un bel cottage in riva al lago mi aiuterà a rilassarmi dopo una faticosa tappa e un tramonto Dantesco, si fa per dire visto che in questo periodo il sole non tramonta mai, mi dà la buona notte, senza sapere che il resto deve ancora arrivare. Anche oggi il pallottoliere non si è risparmiato segnando la tappa più lunga effettuata in Islanda, 536km.
16 Giugno ore 8.00 Nessun vento è favorevole per chi non sa dove andare, ma per noi che sappiamo, anche la brezza sarà preziosa. Rainer Maria Rilke Una ricca colazione mi darà energia sufficiente per arrivare fino a sera. Da quando mi trovo sull’isola salto sistematicamente il pranzo e la sera sono troppo stanco per cucinarmi qualcosa. Morale della favola al mattino mi riempio come un orso e tiro dritto fino al tramonto. Quello che vedrò oggi mi dà eccitazione e motivazione a sufficienza per ignorare il freddo e soprattutto il vento, che sarà il mio incubo lungo tutta la giornata. La tappa di oggi prevede il raggiungimento di una delle zone più mistiche e solitarie dell’intera isola. Lungo la pista F88 passerò ai piedi della regina del deserto, Herdubreid, una vetta formatasi in seguito a eruzioni vulcaniche subglaciali e a seguire la caldera dell’Askia. Pur essendo la regione più isolata dell’isola, è anche la zona più frequentata dal turismo di massa. Questo cratere dell’estensione di 50kmq è il risultato di un cataclisma avvenuto abbastanza recentemente, 1875. L’eruzione portò le sue ceneri fino in Europa, uccidendo migliaia di animali e alterando inesorabilmente tutto l’ecosistema della zona. Prima di avanzare verso questo mostro vulcanico una breve deviazione mi condurrà verso il parco nazionale di Jokulsargjufur. La pista F862 mi accompagnerà fino ad ammirare una delle cascate più belle del mondo, la Dettifoss. Sicuramente una zona piena di attrazioni naturalistiche che meriterebbero da sole una vacanza. Prima tappa all’ufficio del turismo locale, devo prendere informazioni sulle condizioni delle piste interne che intendo percorrere! Come da consuetudine le risposte sono negative!La pista per l’Askia è chiusa. Le abbondanti piogge e nevicate recenti hanno si che l’apertura delle piste sia stata posticipata al 25 Giugno!! Il tratto che separa L’Herdubreid dall’Askia è intransitabile anche dai fuoristrada. Questa notizia mi riempie di felicità Ancora una volta dovrò cambiare l’itinerario e ancora una volta dovrò rinunciare al mio Orizzonte! Decido di fare il giro del lago Myvatn, lungo la strada che compie il suo periplo medito sul da farsi. Numerosi sono i crateri che incontro sulla strada, il vento incessante mi obbliga a una guida attenta e le medie si riducono drasticamente. Riprendo la Ringroad e subito alla mia destra il campo geotermale, color ocra, del Hvenir. Il paesaggio marziano che si vede è singolare, pozze di fango ribollente, soffioni, depositi sulfurei, sorgenti di acqua bollente e fumarole… Nell’aria un intenso odore di zolfo che pizzica in gola e che mi porterò fino a casa. Tutta la zona è delimitata da passerelle e funi per evitare che qualche turista si faccia allo spiedo, siamo ai piedi del monte Krafla. Tutta la zona può considerarsi un’enorme bocca del vulcano Krafla. Una vasta area ancora attiva, piena di spaccature nel terreno sotto le quali si trova un grande serbatoio magmatico dell’Islanda, pronto ad esplodere. Questa zona è molto a rischio, probabilmente la più pericolosa di tutta l’isola. La crosta terrestre da queste parti è piuttosto sottile, in alcuni punti il suolo è veramente caldo. Poco prima di arrivare alle pendici del Krafla mi trovo improvvisamente davanti alla centrale geotermica, una delle più importanti dell’isola. Immersa nella nebbia dei suoi vapori è alquanto sconcertante, enormi tubazioni formano figure geometriche che corrono dappertutto a 360 gradi, un arco di tubazioni in mezzo alla strada sembra limitare l’accesso in quella zona e l’odore di zolfo è nauseante. La pista che scorre veloce verso la cascata di Dettifoss, un misto di ghiaia e sabbia a tratti stretta tra due muri causati dall’avvallamento della stessa. Il vento oggi è stressante! Dopo circa 30 kilometri arrivo al piazzale, adibito a parcheggio, di Dettifoss, da qui bisogna camminare in mezzo a roccia e sabbia per arrivare in cima al canyon dove il fiume Jokulsà à Fjollum si lancia nel vuoto. Il rumore della cascata annuncia l’arrivo a destinazione. La terra trema per la forza delle acque che, dall’altezza di quasi 50 mt. Deflagrano al suolo, la portata d’acqua è tale da renderla la più potente d’Europa. I vapori che si generano da quel salto nel vuoto è visibile a un kilometro di distanza, impressionante! Mi trovo sottovento,sembra che piova da quant’acqua viene portata nella mia direzione. In breve tempo sono tutto bagnato ed è difficile fotografare questo spettacolo da questa riva, le rocce sono viscide e il precipizio è vicino. Dall’altra parte del canyon un gruppetto di turisti si gode lo spettacolo ben protetto dal vento e dagli spruzzi. Raggiungere l’altra sponda vorrebbe dire dedicare tutta la giornata a questa zona e purtroppo il tempo stringe Lungo questo canyon sono numerose le cascate che guidano le acque verso il mare. Mentre faccio ritorno verso la Ring road le nuvole nere iniziano a far sentire la loro presenza, la pioggia! Dopo alcuni kilometri di asfalto incrocio la pista F88 che porta verso il cratere dell’Askia, i cartelli di divieto di transito creano un ché di sinistro, decido di ignorare i cartelli e inforco la pista verso l’Askia. Percorro una decina di kilometri, il tempo è decisamente brutto, non tanto per la pioggia, ma per il vento che faccio fatica a sopportare, la guida è impegnativa, il fondo sabbioso, il pericolo di finire per terra è concreto, non posso rischiare oltre. Quando viaggi in solitaria devi sempre fare delle scelte dettate dalla sicurezza, quindi anche se l’istinto mi dice di proseguire torno sui miei passi.. Il tratto di strada che mi separa dalla Guesthouse, che mi ospiterà questa notte, sarà il più difficile e faticoso di tutto il viaggio. L’idea è quella di raggiungere Egilsstadir attraverso gli altopiani desertici dell’interno. Il senso d’isolamento e l’atmosfera misteriosa e soprannaturale di questi luoghi è difficile da descrivere. Il panorama offre vedute a perdita d’occhio, la sabbia finissima sollevata dalle raffiche di vento mi smeriglia la moto, impossibile usare le attrezzature per fotografiche per immortalare quest’atmosfera surreale che mi circonda, a tratti la pioggia fittissima m’impedisce di vedere la strada. La striscia di asfalto recente si confonde con tutto il resto di sabbia nera, non riesco a guidare per via del vento, proseguo a velocità prossime a quelle di parcheggio….il termometro segna meno 2 gradi, impiego cinque ore per coprire meno di 140km. Sono esausto e congelato, era dall’82 che non passavo una giornata del genere hehehe, questa è l’Islanda, mi dico, sorrido felice di essere qui. Mi fermo in una Guesthouse 50 kilometri prima di Egilsstadir stremato…Preso possesso della camera Indosso l’accappatoio e mi dirigo verso i bagni per una doccia calda. Mi viene indicata una zona all’esterno della Guest, circa trenta passi, vicino alla piscina, piscina? Ma io voglio solo una doccia..! Intirizzito e stanco mi dirigo sotto la pioggia verso la piscina.
Con piacevole sorpresa scopro che la piscina è di acqua termale calda e attorno ad essa vasche idromassaggio fanno da richiamo come sirene…..il resto lascio a voi immaginarlo… Mi godo questo tepore sotto la pioggia con temperature sotto lo zero, in solitaria visto che sono l’unico ospite della Guest. Un bel piatto di specialità locali sarà la mia cena nel deserto ristorante della guest, dove spendo una fortuna per un misto di carne di renna e agnello. Sono stanco come se avessi fatto la Parigi Dakar e il mio pallottoliere mi guarda per il verdetto finale, 230km
17 Giugno ore 9.00 Volevo il movimento, non un’esistenza quieta. Volevo l’emozione, il pericolo, la possibilità di sacrificare la mia passione, il mio amore. Avvertivo dentro di me una sovrabbondanza di energia che non trovava sfogo in una vita tranquilla Lev Tolstoj
Come si dice, non c’è due senza tre. Decido di inseguire il mio orizzonte, L’Askia. Cosi mi preparo ad affrontare la pista F910 che da sudovest di Egilsstadir s’inerpica velocemente verso l’altopiano del ghiacciaio dello Sneafell, tentando di raggiungere l’Askia esattamente da dove sarei dovuto venirne via. Sono le ore 15.40, il termometro indica -2°, la pioggia, mista alla neve, è ghiacciata. Mi trovo a un’altezza di 800 mt., alla base del monte Snaefell che con i suoi 1833mt è il monte più alto dell’Islanda, se si esclude il massiccio del Vatnajokull. Anche se non è chiaro se si tratti di un vulcano estinto o solo addormentato è sicuramente la zona più inospitale di tutta l’Islanda, una terra pericolosa per l’uomo. Lungo la strada qualche renna selvatica e Intorno a me solo una vasta distesa di tundra umida e radi cespugli, un vento sferzante cerca di disarcionarmi dalla moto. Chiaramente la strada che porta all’Askia è chiusa, cosi cambio strada e dinanzi a me il mio nuovo orizzonte….la diga di KARAHNJUKAR. Percorro circa 90 km in totale isolamento, solo la nebbia intorno a me, improvvisamente la moto emette un lamento che mi fa gelare il sangue…..un rumore che proviene dalla zona del cardano, rimango impietrito, rallento, mi fermo è difficile stare in piedi, il vento soffia con una violenza che non so descrivere, ho paura di scendere dalla moto, non si vede niente e sono in mezzo alla strada, se sopraggiunge un veicolo il rischio di essere investi è certo. Riparto. Lentamente il rumore sparisce, non saprò mai cosa sia stato. Questa diga è la risposta tecnologica dell’Islanda al mondo intero! Le dimensioni mostruose del progetto di questa centrale idroelettrica serviranno ad alimentare una imponente fonderia di alluminio della multinazionale americana l’Alcoa. Tutte le associazioni ambientaliste e anche artisti di fama mondiale si sono mossi per fermare quest’avanzata di cemento e fumi, ma purtroppo con scarsi risultati. Il bacino artificiale che creerà la diga sommergerà oltre 57kmq di aree naturali incontaminate. L’immensa fonderia sta nascendo nella zona portuale di Reydarfjordur, più a sud della diga, dove fanno da richiamo ai turisti le foche. L’Islanda è uno degli ultimi angoli di natura rimasti ancora intatti in Europa e mi auguro che possa rimanerlo ancora… anche se per la prima volta nella sua storia questo viene messo in dubbio.
Sono le 17.35 quando lascio questa gigantesca diga in costruzione. Camion, escavatori e macchinari vari si vedono ovunque, centinaia di operai sembrano piccolissime formichine che lavorano nella terra fino a perdita d’occhio. La zona è chiaramente vietata, ma nessuno mi dice nulla, la mia presenza deve averli lasciati INCURIOSITI. Fermo una jeep che passa e mi faccio fare una foto dal conducente. Le nuvole mi lasciano sgombra la strada e il sole asciuga velocemente l’asfalto, divoro i kilometri precedenti fatti fino ad arrivare alla pista che costeggia il Lagarfljot, ma questa volta decido di percorrere la sponda occidentale dove c’è l’unico bosco presente in Islanda. Questo bosco è davvero minuscolo e una barzelletta locale recita; “che cosa fate se vi perdete in un bosco islandese? Ci alziamo in piedi” Infatti, dato le condizioni climatiche dell’Islanda, questi piccoli alberi non superano il metro e cinquanta di altezza. Trovo un’economica Guest in riva al lago Lagarfljot, sono l’unico ospite, tanto per cambiare, la cucina è tutta per me. Mi faccio una bella cenetta guardando la partita Italia Francia che vince L’Italia e vado a dormire annotando le ultime dal pallottoliere, 341km.
18 Giugno ore 9.00, Egilsstadir Continua ciò che hai cominciato e forse arriverai alla cima, o almeno arriverai in alto ad un punto che tu solo comprenderai non essere la cima. Seneca La stanchezza si fa sentire sui muscoli e dentro le ossa, anche la mente è stanca, il clima gelido ha appesantito i miei sensi e la mia carne …. Non ho molta voglia di uscire, il freddo, la pioggia perenne e il vento incessante mi inchiodano davanti alla finestra…. I miei pensieri tornano indietro ai giorni passati sull’isola, le centinaia di foto rubate per ricordare questo estenuante raid meteorologico …..heheheh, leggo la mia Lonely Planet cercando una meta vicina dove fare una breve escursione, magari al chiuso hehehe, l’ultima prima della partenza. Domani la nave mi aspetta alle 16, non so se esultare o rattristarmi, il viaggio è finito. Raccolgo le ultime energie, sono le 11.00 e Parto verso un’amena località a circa 60km da Egilsstadir. L’obiettivo sono le foche e i numerosi uccelli che popolano la zona. Husey, si trova nei pressi delle sponde dell’Hèradflòi, il panorama circostante è brullo c’è solo una fattoria che funge da hotel, ma anche oggi il vento e la pioggia fanno sfoggio della loro potenza e m’impediscono di fare foto e riprese. Non arrivo a destinazione, sono spossato, la strada è una pista di ghiaia spessa dove la moto fatica a galleggiare, anche perché è impossibile tenere alte le velocità per colpa del vento che amabile cerca di buttarmi per terra… Alle 16.00 sono in guest, al caldo, poco dopo arrivano una coppia di ragazzi tedeschi, anche loro esausti delle condizioni meteo. Una spaghettata da lì a poco renderà più gradevole quest’ultimo giorno in Islanda. Verso sera inizia a nevicare copiosamente, stento a crederci, tutto s’imbianca in pochi minuti ed io penso al mare dell’Italia che dolcemente bagna le spiagge … è ora di partire. Il giorno successivo, 19 Giugno, è da dimenticare, i trenta kilometri che mi separano dalla nave sono interminabili …. Tutto l’altopiano è bianco immacolato, siamo a meno due gradi e piove veramente forte, la strada viscida invita alla scivolata. Il tratto finale è un susseguirsi di tornanti in discesa con pendenza del 10%, fino all’ultimo minuto d’Islanda il clima glaciale mi tiene stretta la presa. Rimaniamo in attesa davanti all’imbarco per oltre due ore sotto la pioggia, siamo in 6 motociclisti, infreddoliti e completamente bagnati, dei ragazzi mi passano un ombrello dalla macchina, chiudo con una risata questo interminabile raid in Islanda, Ciao Islanda. Ultimi 30 km in terra Islandese.
A volte dobbiamo fuggire nelle solitudini aperte, nell’assenza di scopi, nella vacanza morale consistente nel correre puri rischi, per affilare la lama della vita, per saggiare le difficoltà ed essere costretti a sforzarsi disperatamente, vada come vada… G. Santayana Dopo 3 giorni di nave, di cui una notte da panico per la forza del mare, sbarco ad Hamstolm, Danimarca, alle 18, in perfetto orario. Mi metto subito in movimento e percorro i primi 450 kilometri fino in Germania, dove arrivo a mezzanotte. Il resto del viaggio verso l’Italia è un alternarsi di pioggia e caldo afoso, finalmente l’estate… Adesso è tempo di pensare al prossimo viaggio…. Ringraziamenti Un’altra avventura portata a termine grazie all’aiuto di alcune persone che hanno creduto nel progetto e hanno permesso che la raccolta fondi per la Onlus di Sanremo, Arma di Taggia, avesse successo. Un ringraziamento particolare al Dott. Paolo Cortini, del 90est di Milano. Grande conoscitore di questa terra, Geologo e guida ambientalista è stato il mio faro guida nella stesura dell0intero itinerario, quanto mai determinante nella riuscita del viaggio e sempre presente, grazie Paolo. Riviera24, nella persona di Nicola Amelio che con Laura Bissolotti mi hanno fatto compagnia portandomi, via internet, il calore di chi seguiva in diretta da casa il mio vagare, e che ha gestito la raccolta fondi per l’ospedale per anziani di Arma di Taggia Onlus. Gli sponsor che hanno sostenuto economicamente il progetto, nell’ordine; Aromatic, Benfante, Galtrans, Vernazzautogru, Vegom Service Infine la mia famiglia, che in silenzio mi sta vicina nei mesi precedenti e successivi ai viaggi che intraprendo, rubando loro il mio poco tempo libero e le mie energie, grazie. La guida turistica Lonely Planet, che con precisione mi ha dato tutti i suggerimenti necessari al viaggio e dalla quale ho tratto le informazioni che descrivo in questo racconto di viaggio. tot. Km. 6700 Tot. Km. In islanda 2800