I vuoti d’ aria non esistono, i miei primi USA

Fin da bambino ho sempre avuto il mito degli USA. Tutta colpa del view master che mi avevano regalato e dei dischi con le immagini di New York. Chi non è stato bambino nella metà degli anni 70 probabilmente non sa neppure cos’ è un view master. Il tenente Kojak ha fatto il resto ma il colpo di grazia me l’ ha dato un mio amico ricco che era...
Scritto da: viaggimiei.net
i vuoti d' aria non esistono, i miei primi usa
Viaggiatori: da solo
Fin da bambino ho sempre avuto il mito degli USA. Tutta colpa del view master che mi avevano regalato e dei dischi con le immagini di New York. Chi non è stato bambino nella metà degli anni 70 probabilmente non sa neppure cos’ è un view master. Il tenente Kojak ha fatto il resto ma il colpo di grazia me l’ ha dato un mio amico ricco che era stato sia a Disneyland che a Disneyworld. Devo andarci anch’ io, devo andarci anch’ io, devo andarci anch’ io… E’ diventata un’ ossessione, ma a causa dei casini in cui mi sono cacciato ho dovuto attendere il 1991 per poterci andare.

All’ epoca non ero provvisto di ragazza fissa e tutti i miei amici non volevano venire con me, allora sono andato da solo. La spedizione ha avuto luogo nel mese di Agosto 1991. Ero un povero sprovveduto e non sapevo come fare ad organizzarmi da solo. Considerate che il world wide web è stato inventato solo l’ anno dopo, così mi sono affidato ad un’ agenzia di viaggio facendomi spennare. Il programma previsto era questo: volo diretto Milano – Los Angeles (2 notti) volo per Las Vegas (2 notti) volo per San Francisco (2 notti) volo per New York (2 notti) volo diretto New York – Milano In ogni città erano previste tutta una serie di visite ed escursioni, tra cui, le più interessanti erano certamente l’ escursione nel Grand Canyon in aeroplanino ed il giro in elicottero su Manhattan. Tutti gli hotel di prima categoria, trasferimenti inclusi, un po’ di pasti già compresi, ecc. L’ intera faccenda mi è venuta a costare 6 milioni di lire dell’ epoca! Il giorno della partenza mi sveglio prestissimo per non arrivare tardi in aeroporto per poi scoprire che il volo era naturalmente in ritardo. Una volta a bordo il capitano Kirk ha annunciato 2 cose: il camion per il rifornimento aveva dei problemi e quindi saremmo partiti con un ulteriore ritardo. Avevamo una gomma sgonfia e quindi l’ avremmo dovuta cambiare. Sostituire una ruota ad un 747 non è esattamente come cambiare quella di una Panda. Morale: 4 ore di ritardo. Il nervosismo aveva raggiunto livelli critici e non eravamo ancora partiti. E il bello doveva ancora arrivare: 12 ore di volo! Ho avuto una fortuna incredibile ad avere un posto immediatamente dietro alle uscite di emergenza, così mancava una fila di sedili ed io potevo alzarmi e sedermi a piacimento senza rompere le scatole a nessuno. Finalmente ci portiamo in pista ma solo per scoprire che il vento intanto aveva cambiato direzione e che quindi saremmo dovuti decollare nell’ altro senso. Dato il peso elevatissimo Kirk non voleva rischiare di decollare col vento in coda. Ci siamo quindi fatti tutta la pista a passo d’ uomo, abbiamo pazientemente atteso che altri 10 aerei partissero prima di noi e finalmente di riposizioniamo in pista. Intanto è passata un’ altra ora… Certo che se il buongiorno si vede dal mattino questo viaggio dev’ essere proprio nato male. Finalmente Kirk inizia a portare le manette, direi ad orecchio, più o meno al 98% di N1. Dopo una corsa interminabile e dopo aver abbondantemente olrepassato il punto del GO/NO GO siamo ancora saldamente al suolo: è troppo grande e pesante questo affare, non ce la farà mai a sollevarsi. Ma incredibilmente (credo circa mezzo metro prima della fine della pista) lentissimamente il muso si solleva e pigramente ci stacchiamo da terra. Non credevo che ce l’ avremmo fatta! Non appena si spegne il segnale delle cinture vado a farmi un giro. Risalgo tutta la classe trasporto bestiame e tento di salire al piano superiore dove siedono una decina di fortunati passeggeri che viaggiano in prima classe, ma vengo bloccato da un antipaticissimo assistente di volo romanaccio che pareva quello che fa tutti quei film con Verdone & Co. Che mi dice di tornarmene al mio posto e di non rompere le scatole. Dopo un po’ mettono un film ma naturalmente l’ audio non funzionava nel mio sedile. Al diavolo. Ad un certo punto Kirk annuncia che stiamo sorvolando la Groenlandia, ed effettivamente dai finestrini si vedevano dei bei blocchi di ghiaccio. Ogni tanto portavano da mangiare ma la noia del volo era mortale. Un bel momento Kirk ha lasciato il sig. Sulu ai comandi ed il sig. Scott a sorvegliare i motori. Come noto la versione 200 del 747 prevede anche la presenza del motorista. Per cortesia non traducetemi “flight engineer” come “ingegnere di volo” perchè sareste in errore; engineer, da engine, significa “motorista” in questo caso. Allora, Kirk è venuto a farsi una passeggiata tra noi pecoroni. Sembrava uscito da una rivista di moda con la sua elegantissima uniforme. Assomigliava un po’ a Magnum PI e sorrideva ai passeggeri come per dire: “qua comando io… è tutto sotto controllo… non rompete le palle…”. Appena mi è arrivato a tiro ho tentato di dire: “Scusi…”. Deve avermi letto nel pensiero perché lui subito è partito con la risposta standard: “Sono spiacente ma il regolamento della compagnia non consente visite in cabina, ecc…” Peccato, sono sempre stato molto interessato ai vecchi aerei come questo. Vabbè era il 1991 e la versione 400, con la sua bella strumentazione EFIS, e la perdita del F.E. Sarebbe entrata in servizio solo 2 mesi dopo.

Al diavolo. Proseguiamo e vediamo le montagne rocciose, poi il deserto, e finalmente ho sentito i motori perdere potenza. Erano passate più di 11 ore dalla partenza, che palle. La quota diminuisce ed infine dai finestrini vediamo una città incredibilmente grande: Los Angeles. Che più chè una città è un insieme di case sparse su di un’ area vastissima. Non appena le ruote toccano terra i coatti intorno a me partono con un applauso, ma si può? E’ arrivato il momento di scendere. Intanto mi vedo lo spettacolo dei furgoni made in USA che girano per LAX. Sono distrutto ma eccitato. Lo sbirro al controllo passaporti non deve avermi giudicato un elemento a rischio perché mi ha fatto passare subito: ero ufficialmente sul sacro suolo americano! Dopo il ritiro bagagli ci attende un tipo (italiano ma residente a LA) per accompagnare me a gli altri che ho scoperto avrebbero fatto parte della mia comitiva in albergo. Il sole stava tramontando e noi eravamo su una gigantesca tangenziale tipo quelle dei Chips con macchine stranissime, camion giganteschi, e l’ aria condizionata al massimo. Il tipo ha iniziato a darci informazioni inutili sulla città, del tipo che il centro si chiama downtown e che la lingua più diffusa a LA è lo spagnolo. Arriviamo finalmente al Hyatt, un hotel molto figo (e molto caro) e ci vengono assegnate le stanze. Ho fatto subito il barbone e mi sono portato io la valigia in camera per risparmiare la mancia. Ero esausto ed assolutamente rincoglionito. Saranno state le 9 di sera, quindi per me le 6 del mattino, cioè ero sveglio da più di 24 ore.

La cena non era compresa quindi sono andato a vedere se trovavo qualcosa. C’ era una macchinetta delle bibite nella hall ed preso una coca: la mia cena. Sono risalito in ascensore ed ecco la prima sorpresa. Ho sbagliato piano e la mia stanza era tipo la 415 (per dire) ed io sono andato direttamente alla 315 ma senza rendermene conto. La porta era socchiusa… Ero certo di averla chiusa bene. Sarà la cameriera? Entro in stanza e cosa vedo? Una bellissima donna vestita solo di un asciugamano sdraiata sul letto che parlava al telefono… Sembrava una scena da film! Al momento non ho realizzato. Sono persino arrivato a credere che fosse una specie di benvenuto compreso nel prezzo, data la classe dell’ hotel, tipo il cestino di frutta o roba del genere. E il bello è che la tipa o non mi ha visto, o era una prostituta sul serio perché non ha battuto ciglio ed ha proseguito imperterrita con la sua telefonata. Ci ho messo almeno 30 secondi per capire che avevo sbagliato camera. Ero così stanco. Che faccio, ci provo? E se poi dal bagno esce un negrone nudo alto 2 metri? Me ne sono andato. In camera ho esaminato con estremo interesse la mia cena. Sulla lattina c’ erano tutte le informazioni nutrizionali che da noi sarebbero arrivate solo dopo un po’ di anni. C’era persino un numero verde per avere informazioni sul prodotto. Altra cosa che da noi all’ epoca non esisteva. Mi faccio una doccia avendo cura di allagare il bagno e me ne vado a letto senza riuscire a dormire. Non perché pensassi alla tipa sul letto, ma per via del jet lag (se non sapete cos’ è andatevelo a cercare su google) e della caffeina contenuta nella coca.

Il giorno dopo il programma era impegnativo: dopo la colazione avremmo dovuto incontrarci con la nostra guida per vedere la città alla mattina (tutta Los Angeles in mezza giornata!) e gli Universal Studios il pomeriggio. La colazione era rivoltante: uova fritte nel burro (il solo odore mi fa vomitare), patate fritte nel burro, e cagate de genere. Ho preso un “caffè”. Intanto che aspettavo la guida ho fatto 2 passi nei dintorni: non c’ era assolutamente niente da vedere. C’ era la nebbia, negozi abbandonati, banche, marciapiedi giganti. La cosa più esaltante era un camion che svuotava i cassonetti. Io comunque ero eccitatissimo all’ idea di essere in California. Capito che ho detto? Ero in California! La guida è arrivata e siamo andati a vedere quel gruppetto di grattacieli che si vede in tutti i film, il palazzo del municipio (mi pare) che praticamente è quello che hanno sul distintivo gli sbirri di tutti i film girati qua. Poi ci siamo fermati in un finto villaggio messicano e a vedere una specie di scultura (ci vuole del coraggio per chiamarla così) di un certo Pomodoro. Io ero impaziente di vedere cose più serie, e finalmente ci siamo diretti verso Hollywood dove ho visto coi miei occhi la famosa scritta sulla collina, il teatro cinese, che è quello con le impronte degli attori davanti, il marciapiede con le stelle che avevo visto 1000 volte in televisione. E tutto intorno limousine che passavano, Pontiac, Chevrolet ed altre macchine assurde. Riusciamo persino ad andare a Beverly Hills in Rodeo Drive senza neppure scendere dall’ autobus con la guida che ripeteva a memoria la lezione. Poi abbiamo visto gli studi dove viene girato Beautiful, l’ albergo dove hanno fatto fuori il fratello di Kennedy, quel vialone con le palme che si vede nei film e tutto senza mai scendere. Poi la guida ha annunciato: “qui è dove hanno girato il film Donna graziosa…” Ma che …??? Ho battuto tutto il pullman sul tempo: “Pretty woman!” Al diavolo! Ci siamo visti tutta la città in mezza giornata come da programma.

Arriviamo finalmente agli Studios dove la cosa che mi interessava di più era il giro con quella specie di trenino gommato. Si, se uno non l’ ha mai fatto è davvero una figata: si vede anche un posto dove è stato girato un episodio del ten. Colombo, ma la cosa più sensazionale è stata la piazzetta di Ritorno al futuro. E’ incredibile vedere dal vero un posto visto in un film. Poi c’ era lo squalo, ET, e poi basta perché in un pomeriggio che vuoi vedere? Però tra i negozi del parco ce n’ era uno che realizzava copertine di riviste taroccate. Cioè, si sceglieva una rivista, ci si vaceva fare una foto, e si riceveva la copertina con la propria foto. Io ho optato per Metal Hummer, una rivista musicale. Mi sono fatto dare una chitarra elettrica, ed ecco: “The year’s hottest rocker!” Una bella copertina con la mia foto sopra in posa da metallaro. Intanto tra di noi si è formato un gruppetto e la sera andiamo a berci qualcosa in un locale. Sarà stato al decimo piano di un palazzo tutto vetro e si vedeva un panorama molto figo. Quando vai a bere in qualche posto se non sono certi che tu abbia almeno 21 anni ti chiedono i documenti. Sono molto severi da quelle parti: se beccano un barista che vende alcolici ad un minorenne gli creano problemi.

L’ esperienza losangelina è finita perché la mattina seguente dovevamo raggiungere Las Vegas. Dato che il tour operator faceva schifo, ognuno di noi viaggiava su di un aereo diverso. L’ accompagnatrice mi fa salire su di un pullmino che mi avrebbe portato all’ aeroporto. Partiamo dall’ hotel 1 ora prima della partenza del volo ed io ero preoccupato perché temevo di perdere l’ aereo. Timori infondati perché all’ epoca si poteva fare il check in anche 15 minuti prima senza alcun problema. Anzi, all’ arrivo in aeroporto consegnavi la valigia a dei tipi sul marciapiedi e te la ritrovavi a destinazione come per miracolo. Io viaggiavo con United ed appena mi presento al banco la tipa ha attaccato a parlare come una mitragliatrice, e tra i vari “asshole” e “motherfucker”, ho capito più o meno che la prenotazione era vecchia di 6 mesi (era vero, e allora?) e intanto la compagnia aveva variato tutti gli orari e che il mio volo diretto per Las Vegas non esisteva più. Panico totale. Ero solo, abbandonato al mio destino, senza più la mia valigia, e non sapevo come proseguire il viaggio. “No problem, you son of bitch..” più o meno ha ditto così. Insomma, mi hanno spedito a San Francisco e da lì avrei preso un altro aereo per Las Vegas dove sarei arrivato nel pomeriggio. Fantastico: mezza giornata buttata nel cesso. E poi a Las Vegas qualcuno mi sarebbe venuto a prendere? Pazienza, salgo un vecchissimo 727 e parto in direzione nord risalendo la costa. In verità non è stato male il volo: molto panoramico e dura sui 3 quarti d’ ora. L’ aeroporto di San Francisco è grande ed incasinato e dovevo aspettare circa 3 ore prima di ripartire per Las Vegas. Per prima cosa ho verificato che la mia valigia fosse effettivamente diretta alla destinazione finale (pare di si) e poi, non avendo niente di meglio da fare, sono andato a mangiare qualcosa. A volte risulta problematico capirsi con gli indigeni: ho chiesto un hamburger (cos’ altro potevo mangiare???) e patatine e li ho avuti. Poi ho chiesto dell’ altro pane e cos’ ho avuto? Una bottiglietta di vino rosso della vicina Napa Valley. Ero troppo stanco e incazzato per discutere quindi me la sono scolata. Presentava le medesime caratteristiche organolettiche del Tavernello ma costava come Dom Perignon del ’59. Pazienza.

Riparto con un altro scassato 727 in orario ed arrivo infine a Las Vegas. Tutto attorno deserto. Appena metto piede fuori si è avverato il mio incubo peggiore: nessuno era venuto a prendermi. E adesso? Avevo un programma dettagliato che mi aveva dato l’ agenzia con indirizzi e telefoni degli alberghi, ma per Las Vegas ne indicava 2 perché avrebbe deciso l’ agenzia locale all’ ultimo momento in base alla disponibilità. Così ho dovuto prendere un taxi a mie spese (appena torno a casa vado in agenzia e gli spacco la testa, ho pensato) e mi sono fatto portare al Sahara. Fare il check in negli hotel di questa città è come andare sulle attrazioni nei parchi a tema: bisogna fare una fila chilometrica. Secondo voi l’ albergo era quello giusto? Naturalmente no, ma almeno il tipo ha chiamato l’ altro hotel (lo Stardust) ed abbiamo appurato che la prenotazione era per quello. Altro taxi (metto tutto in conto!) fino allo Stardust. La citta all’ epoca era molto diversa da com’ è adesso ma era soprendente comunque con tutti gli hotel e casinò, le luci e le limousine. Raggiungo finalmente la mia stanza che era veramente figa con un bagno grandissimo ed iperpulito.

Il piano terra dell’ hotel era sterminato ed ospitava un casinò, dove mi sono divertito un po’ al videopoker. Le cameriere erano in bikini e decisamente belle e mi hanno portato una coca gratis. Funziona così a Las Vegas: se ti fermi un po’ a giocare bevi gratis. In realtà il bere te lo sei pagato con i soldi che hai perso ma va bene così. Vado in piscina dove trovo ad attendermi gli altri componenti della mia comitiva più altri che si si sono uniti a noi facendo il giro al contrario, cioè provenivano da New York. Avevano tutti un Rolex d’ oro ed ho subito pensato che io ero proprio un barbone. Mi faccio un bel bagno in piscina e poi mi piazzo su un lettino a guardare le ragazze che passavano. Si moriva dal caldo e questo costringeva a bere birra in continuazione. Praticamente la sera, cioè 2 ore dopo il mio arrivo a Vegas (al diavolo il TO!) ero già ubriaco. Dopo la consueta doccia mi faccio 2 passi sullo strip ed avevo l’ espressione del povero provinciale ignorante che se ne va in giro con la bocca aperta. La sera ho cenato nel ristorante a buffet dell’ albergo dopodiché mi hanno convinto ad andare al Riviera a vedere uno spettacolo. E’ costato un patrimonio ma ne è valsa la pena: c’ erano prestigiatori, acrobati, ballerine con le tette al vento, ecc.

Riesco finalmente a dormire un po’ ma il giorno dopo mi attende un’ esperienza dura: l’ escursione nel Grand Canyon. Alle 8 del mattino sono già in strada e vengo subito abbordato da 2 testimoni di Geova che tentano di spiegarmi come sarebbe bello vivere in un mondo migliore, ecc. Li ho interrotti e mimando il gesto di defecare me ne sono andato al galoppo. Ho atteso pazientemente davanti all’ hotel il pulmino che mi avrebbe condotto all’ aeroporto, dove vengo scaricato davanti ad un ufficio della compagnia che ci avrebbe portato al Grand Canyon. Gli aerei erano bimotori a pistoni della Cessna da 10 posti e prima di salire siamo stati pesati in modo da sederci nel posto giusto per avere i pesi distribuiti in modo corretto. Io ero seduto proprio di fianco all’ “autista”, un energumeno con i RayBan e naturalmente i baffi quindi quasi certamente omosessuale. Subito dopo il decollo ha attaccato ad illustrarci, non a voce ma con cassette, tutto quello che c’ era da vedere nell’ ora di volo che ci vuole per raggiungere l’ aeroporto di Gran Canyon National Park.

A bordo c’ erano americani, francesi ed io, e dato che le spiegazioni erano registrate su nastro il tipo doveva cambiare 3 cassette ogni volta e contemporaneamente pilotare l’ aereo. Dopo una ventina di minuti è iniziato il divertimento. Il sole riscaldava il terreno. Il terreno riscaldava l’ aria su di esso. L’ aria calda è più leggera di quella fredda. L’ aria leggera sale verso l’ alto sotto forma di bolle chiamate termiche. Quando la bolla raggiunge una determinata altezza si raffredda e ridiscende verso il basso di fianco alla termica. Questo movimento di aria prende il nome di moti convettivi. Quando un aereo leggero entra in una termica tende a salire. Quando un aereo esce dalla termica ed entra nell’ aria fredda discendente tende ovviamente a scendere. Gli incompetenti ignoranti chiamo erroneamente questo fenomeno “vuoto d’ aria”. Ma lo volete capire che i “vuoti d’ aria” non esistono? Secondo voi è possibile che ci un posto nell’ atmosfera privo di aria? E che diamnine… Al diavolo. Allora, immaginatevi un po’ di fare un ora di volo in un continuo su e giù: insomma, ho passato la metà del viaggio con la testa infilata nel sacchetto per vomitare… Quando sono io ai comandi non ho alcun problema di cinetosi, ma quando volo come passeggero in queste condizioni si. Per quello che sono riuscito a vedere il panorama era sensazionale. Il canyon non solo è lungo, ma anche larghissimo. Comunque una volta arrivati veniamo caricati su di un autobus che ci ha portati in un punto panoramico per le foto di rito. L’ Arizona ha un diverso fuso orario rispetto al Nevada ma per nostra comodità l’ autista dell’ autobus ha fissato l’ appuntamento con l’ ora di Las Vegas per evitare di perdersi un po’ di pecoroni. Ci mangiamo qualcosa e poi dobbiamo ripartire. Io non avrei voluto mangiare per timore di stare ancora male nel volo al ritorno, ma mi sono fatto convincere dagli altri. Risultato: uguale all’ andata. E il pilota doveva combattere con le termiche, cambiare le cassette, parlare alla radio, e tutto con con un pirla seduto di fianco intento a vomitare. Arrivati a Las Vegas non sono mai stato così contento di avere i piedi per terra. Si è fatta quasi sera così torno in albergo e poi incontro un altro del mio gruppo. Dopo cena decidiamo di vederci uno spettacolo di strip tease, così prendiamo un taxi e ci facciamo consigliare. “This is the best in town!” ha detto il taxista, e noi ci abbiamo creduto. Poi con gli anni e l’ esperienza ho imparato che quando un taxista ti porta in un locale zozzo è solo perché si prende una percentuale dal locale. Ogni taxista è per così dire affiliato ad un locale e sono tutti “il migliore in città”. Comunque noi entriamo al Palomino e ci vediamo uno spettacolino di strip standard, senza niente di particolare. Le ragazze erano belle e bisognava fare 2 consumazioni obbligatorie, nel senso che se chiedi un coca te ne portano 2, non è che puoi prendere una coca e una fanta. No, funziona così. Intanto non posso fare a meno di fissare il Rolex d’ oro del mio nuovo amico: “Che bell’ orologio che hai…”. E lui: “Bello, vero? 15 dollari a New York!” Ma va! Adesso ho capito perchè ce l’ avevano tutti! A me sembrava vero… All’ uscita prendiamo un altro taxi e l’ autista secondo voi cosa chiede a 2 turisti che escono da un locale di strip? Naturalmente ci ha proposto di portarci in un bordello… Allora, la spiegazione del taxista è stata che il puttanesimo è ufficialmente proibito a Las Vegas, nonostante sui marciapiedi distribuiscano i cataloghi con le ragazze che si possono far arrivare direttamente in camera (le escort girls). Lui ci avrebbe portato invece appena fuori città al Chicken Ranch: 10 dollari di taxi più 100 dollari per una prestazione. La tentazione c’è ma sia io che il mio socio preferiamo lasciar perdere. Il taxista insiste che sono ragazze mega per tutti i gusti ma io non riesco più neppure a tenere gli occhi aperti e sono esausto per il volo disastroso al Grand Canyon. La mattina dopo la colazione è tempo di andare a San Francisco. Il volo era verso mezzogiorno e naturalmente nessuno è venuto a prendermi: altro taxi a mie spese. In ogni caso riparto puntuale ed arrivo a San Francisco prima dei miei compagni che sono andati con un’ altra compagnia. Come previsto all’ aeroporto non trovo nessuno così aspetto 2 ore l’ arrivo dell’ altro volo da Las Vegas con gli altri ed ecco arrivare anche un pullmino per il nostro albergo. Un’ organizzazione davvero impeccabile! Mai più viaggi organizzati negli USA. Durante il tragitto la nostra guida (italiana anche stavolta) ci spiegava un po’ di cose. Passiamo su di un mega ponte e tutti a dire: “il Golden Gate!” E lei con pazienza a dire che quello era il Bay Bridge e che il Golden Gate era da un ‘altra parte. Raggiungiamo il Ramada ed immediatamente andiamo alla scoperta della città: la cosa che mi interessava di più era Chinatown perché l’ avevo vista in quel film con Kurt Russel. Per prima cosa però andiamo al Pier 39 a vedere i soliti negozietti e i leoni marini sul molo e poi ci facciamo anche un giro in cable car. E’ stato veramente bestiale, proprio come si vede nei film. Raggiungo infine Chinatown, che tolto l’ ingresso, fa veramente schifo. Assolutamente niente di interessante da vedere. Peccato. Si è fatta ora di cena e poi in 4 prendiamo un taxi per fare un mega giro notturno in città. E’ stato proprio bello, e siamo passati anche per Lombard Street, e la cosa mi ha molto esaltato dato che l’ avevo vista anche in diversi film. Ma ad un certo punto sono crollato e mi sono addormentato in taxi, così i miei compagni di viaggio mi hanno portato in un bar con musica dal vivo. Finalmente me ne vado al letto a collassare.

Il giorno seguente sono impegnato per una escursione al parco delle sequoie giganti ed a Sausalito. Raggiungiamo il parco in pullman passando finalmente sul Golden Gate e fermandoci dall’ altra parte per le solite foto panoramiche sulla baia. Il ponte è veramente figo e dopo averlo visto in un’ infinità di film è una bella soddisfazione attraversarlo. Il parco con le sequoie è stato interessante, alcune superano persino i 100 metri di altezza, inoltre nel parco c’ erano i rangers, come quelli dell’ orso Yogi, avete presente? Ce ne andiamo a Sausalito, che si trova sulla baia di San Francisco, ma sul lato opposto. E’ una bella e tranquilla cittadina e su consiglio della guida (ma guarda un po’…) siamo entrati in un bar gestito da italiani dove con 2 dollari abbiamo bevuto un espresso esattamente uguale a quello italiano. Una rarità in America. Infine prendiamo un battello per attraversare la baia vedendo l’ isola di Alcatraz ma solo di passaggio. Per poterci andare bisognava prenotare almeno il giorno prima a causa del numero elevatissimo di visitatori che vogliono vedere il posto dove Clint Eastwood ha fatto la famosa evasione.

Sbarchiamo a terra e ci facciamo una bella passeggiata in centro dove c’ è anche quel famoso grattacielo triangolare che si vede nei film. Non era però aperto ai visitatori. Peccato. La sera dopo cena, io e altri 2 vogliamo vedere un po’ di zozzo, così ci facciamo portare da un taxista in un locale squallidissimo che però prometteva uno spettacolo veramente hard. In effetti non è stato male. Le ragazze erano carine, non sconvolgenti, ma carine e hanno fatto dei numeri davvero interessanti, tra cui quello con la sigaretta. Ora ve lo illustro. Io ero seduto naturalmente in prima fila e a 20 centimetri di distanza avevo una ragazza completamente nuda che a gambe aperte mi fumava una sigaretta in faccia. Solo che non la fumava con la bocca… Non ci potevo credere ma era tutto vero: non so come facesse ma riusciva ad aspirare il fumo e a ributtarlo fuori. Davvero notevole. Usciamo da quel locale per entrare in quello a fianco che era una specie di peep show. In pratica c’ erano delle cabine con un vetro davanti e dalla parte opposta del vetro c’ era una ragazza. Il vetro veniva chiuso da una specie di saracinesca che si poteva aprire infilando dei dollari in una macchinetta. Più banconote infilavi e più la saracinesca rimaneva aperta consentendo di vedere la ragazza dall’ altra parte. Si poteva comunicare con lei con un citofono ed ordinando quello che doveva fare. Cioè faceva tutto lei ma il vetro impediva qualunque contatto. Ma si, abbiamo visto anche questa ma tutto sommato si può anche evitare.

Ce ne torniamo in hotel perché la mattina alle 8 abbiamo il volo per New York. Ho detto all’ addetta alla reception di svegliarmi e quella non l’ ha fatto! Alle 7 sento suonare il telefono perché erano venuti a prendermi per portarmi all’ aeroporto. Ma accidenti! Ho impiegato 4 minuti esatti per orinare (senza lavarmi le mani), vestirmi, fare i bagagli e teletrasportarmi nella hall. Partiamo sgommando in limousine! Avete capito bene, era una limousine. Però a San Francisco sono un po’ più corte di quelle che girano per New York per via delle colline che ci sono in città. Arriviamo in aeroporto alle 7.45… non ce la farò mai. Invece parto regolarmente come se fossi arrivato 3 ore prima. Bei tempi quando si poteva andare in aeroporto all’ ultimo momento e i controlli erano ridicoli.

Il volo dura 5 ore a cui bisogna aggiungere le 4 del fuso orario, significa che sono arrivato a NY alle 5 del pomeriggio. Giornata persa. La cosa agghiacciante del volo è stata che l’ aereo era un DC10 con la fila centrale a 5 posti ed io ero seduto proprio nel mezzo: 2 tipi a destra e 2 tipi a sinistra. Non mi sono potuto alzare per tutto il volo, e inoltre continuavano a portarmi da bere. Stavo per esplodere. Se ci avessero messo in holding prima di atterrare mi sarei probabilmente pisciato addosso. Non è piacevole girare con jeans zuppi di orina. Appena fuori dal tubone mi sono infilato in un cesso ed ho attaccato a orinare. Ci avrò impiegato sui tre quarti d’ ora per svuotare tutta la vescica. Avevo la fronte appoggiata alle piastrelle e gli occhi chiusi. Non avete idea del piacere provato in quel momento. Ahhh, che liberazione. Trovo un energumeno con un biglietto col mio nome sopra: o era un serial killer o era il tipo che mi doveva portare in hotel. Ha iniziato: “Mio father italian, but io don’ t speak italian, capisci a mmia?” Si, si , capisco… Ma va al diavolo, brutto scemo… Intanto che andiamo all’ albergo mi guardo finalmente New York: che mega figata! Penso di aver fatto male ad aver iniziato il mio primo viaggio in USA dalla costa ovest: se uno viene per la prima volta è New York che deve vedere per prima. Il mio hotel era sulla 7^ Avenue ed era molto bello, frequentato anche dagli equipaggi delle compagnie aeree e da gente danarosa. Non appena preso possesso della stanza lascio i bagagli e mi avventuro a piedi per la grande mela. Scendendo lungo la 7^ ed arrivo in brevissimo tempo a Times Square, che praticamente è il vero centro di New York. Dato che si sono fatte le 8 di sera torno in hotel per vedere se sono arrivati i miei compagni. Infatti sono tutti nella hall che stanno decidendo dove andare a mangiare. Ci facciamo un bisteccazza in una steck house li vicino. Paghiamo una cifra incredibile ma la carne era davvero ottima. Dopo cena ci facciamo un lunghissimo giro in taxi. Io come sempre collassavo ma il taxista ci ha portato nei luoghi che secondo lui meritavano una visita, e cioè: la casa di Madonna, il luogo dove hanno fatto fuori John Lennon e un quartiere frequentato da prostitute. Io volevo andare nel Bronx perché all’ epoca era ancora un posto rischioso ma gli altri avevano paura così non ci siamo andati. Vado a letto e ci rimango secco.

Per la mattina dopo avevo prenotato un giro in elicottero su Manhattan così io ed un altro tipo raggiungiamo l’ eliporto sul East River. Il volo è durato circa 15 minuti ma è stato veramente incredibile. Abbiamo risalito il fiume fino al Central Park, poi virando a sinistra siamo ridiscesi lungo l’ Hudson fino alla statua della libertà dove abbiamo fatto un paio di giri, ed infine siamo tornati all’ eliporto. Veramente bestiale. Fatto questo siamo andati alla portaerei Intrepid a dare un’ occhiata: non mi dilungo nelle spiegazioni perché ne ho già parlato nel racconto “New York in un weekend: si può!”.

E’ pomeriggio ed andiamo prima in Central Park e poi a fare 2 passi sulla 5^, ed infine al World Trade Center. Da lì la classica occhiata al Battery Park ed intanto si è fatta l’ ora di cena. Ci fermiamo in un’altra steck house con tutta la comitiva perché questa era l’ ultima cena del viaggio. Al tavolo eravamo in 13 ed io ero seduto al centro. Ho anche passato il pane ad uno di fianco a me. Ho avuto come una sensazione di deja vu… Dopo la cena ho visto 2 sbirri che passeggiavano sul marciapiede. Non potevo farmi scappare una simile occasione, così mi sono fatto una foto insieme a loro. Mi sono sentito veramente un pirla! La mattina dopo le cose prioritarie sono 2: comprare il “Rolex” ed i Ray Ban (il modello per eterosessuali). Non ho fatto molta fatica a trovare l’ orologio, dato che c’ erano un sacco di bancarelle che l’ avevano. Il modello che volevo era il Day-Date d’ oro e il tipo è partito con 50 dollari. Dopo un po’ sono riuscito a tirare 18 ma non 15. Vabbè, l’ ho preso ed effettivamente era molto bello ed ha funzionato per diversi anni. Avevano anche altri modelli, tipo il Daytona o il Submariner che erano tali e quali agli originali, ma partivano dai 300, quindi probabilmente li si poteva portare via con 100 dollari. Per gli Occhiali sono andato in un grande magazzino tipo la Rinascente di Milano (non era Macy’s) e ne ho presi un paio risparmiando un bel po’.

La mattina della partenza avremmo dovuto fare un giro per la città con un pullmino e la guida (tutto già pagato dall’ Italia) ma non si è presentato nessuno! Anche questa era una cosa da mettere in conto al ritorno. Così ci siamo organizzati da soli ed abbiamo scorrazzato in taxi per tutta la città, compresa una puntata a Brooklyn. Girare per New York è veramente bello (o almeno lo era). A mezzogiorno al Greenwich Village a mangiare. Non sapevo che prendere così sono andato sul sicuro ordinando hamburger, patatine e una Bud. Tipico piatto americano.

Il trasferimento per l’ aeroporto invece ha funzionato e raggiungiamo il Kennedy a metà pomeriggio. Nessun controllo di sicurezza, niente di niente. Persino il passaporto non è stato visionato da sbirri ma solo dall’ addetto al check in. Incredibile.

Dopo il check in stavo andando verso la zona di imbarco quando all’ improvviso sento alle mie spalle: “DON’T MOVE, DICKHEAD!!!”, seguito dall’ inconfondibile rumore di otturatori che andavano in chiusura. Ma che …??? Non sapevo se ce l’ avessero con me in ogni caso mi sono paralizzato. Mi stavo grattando lo scroto ed avevo un dito nel naso, quindi sono rimasto immobile così. Se ti dicono di non muoverti, non ti devi muovere. Ho iniziato lentissimamente a ruotare gli occhi e poi la testa per scoprire che un gruppetto di sbirri stava arrestando un povero pirla una decina di metri dietro di me. Ho tolto il dito dal naso e la mano dalle palle, e mi sarebbe piaciuto fotografare la scena, ma i tipi erano piuttosto nervosi, quindi magari avrebbero arrestato anche me o peggio.

Ripartiamo puntuali ancora con Alitalia ed il volo notturno è passato in un attimo. All’ arrivo ero in parte soddisfatto per il viaggio ed in parte incazzato perché il viaggio era finito. Una bella soddisfazione in ogni caso. Un viaggio in America dovrebbero farlo tutti. E non preoccupatevi se non parlate inglese: non lo parlano nemmeno loro! (la versione integrale del racconto sul sito www.Viaggimiei.Net)



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