I villaggi berberi dell’Antiatlante, Marocco
E poi via in fuoristrada, tra oasi e kasbah fino al primo dei villaggi berberi, Tizgui. Cena presso una famiglia, in casa di veri berberi il cui nome non a caso assomiglia… a “burberi”. Un po’ come i nostri montanari, sono gentilissimi ma molto riservati. Si chiacchiera fino a tardi sotto un cielo stellato come solo il Sahara sa offrire, e forse grazie anche alla magica stellata nascono amicizie che dureranno anni, anche se ancora non possiamo saperlo.
3° giorno: TIZGUI – TAGMOUT Colazione “berbera” con miele portato con il favo intero: squisito, però mi sento come l’orso Yoghi a prenderlo con le mani dal favo. Divertente comunque, dopo aver assaggiato questo, il miele in barattoli sembrerà finto. Visitiamo uno splendido Agadir e passeggiamo in mezzo alle coltivazioni del villaggio, mentre Suad ci spiega insieme al capo villaggio gli interventi fatti per migliorare l’irrigazione e traduce in berbero ogni nostra domanda. Una torma di bambini e ragazzini ci segue ovunque e scherza con noi, alla fine improvvisiamo giochi, canzoni e girotondi con loro.
Dopo un buon tajin di pollo con relativa lezione su come si mangia con le mani, anzi la mano destra, si riparte per Tagmout su di una strada un po’ sconnessa che ci regala splendide viste sull’Atlante e sul deserto. Siamo accolti dall’Associazione del Villaggio e da una splendida sorpresa: oggi è la festa del villaggio, e questa sera potremo assistere all’hawash, la danza tradizionale berbera. Mangiamo dunque eccitati dall’imprevisto e, vestiti dagli abiti migliori che troviamo in valigia, nel senso di meno stropicciati, eccoci seduti in prima fila al posto d’onore. Le danze ed i canti iniziano sul tardi e continuano fino al cuore della note, lo spettacolo è bellissimo ed ipnotizzante. La stanchezza per le giornate lunghe ed intense però ci fa cedere ad uno ad uno, verso l’una cedo anch’io e vado a dormire ma la festa continuerà ancora per ore. Al mattino quando ci alziamo il villaggio è già in piedi da un po’, le persone nei campi a lavorare… altra fibra, i berberi! 4° giorno: AGNI’N FED Oggi finalmente abbiamo fatto l’incontro con l’albero dell’Argania, che cresce solo qui e da cui si ricava il noto olio elisir di bellezza e giovinezza. A dire il vero le donne berbere non sembrano molto giovanili, ma tenuto conto della vita che fanno e di quanto restano al sole… Cena con un ottimo cous cous. Ormai inorgogliti per la perizia acquisita nel mangiare con le mani il Tajin, ci scontriamo con una dura realtà: il cous cous con le mani, anzi con una mano sola, è molto più difficile! Formare palline e tirarsele in bocca usando solo la destra è roba da circo, non abbiamo mangiato molto ma abbiamo riso tantissimo! 5° giorno: L’OLIO D’ARGAN – IFRI A colazione gustiamo l’Amlou, una crema di miele, olio d’Argan e mandorle che Youssef chiama scherzosamente “Nutella berbera” ed che in effetti non fa rimpiangere la più celebre spalmabile. Assistiamo alla produzione dell’olio di Argan con mezzi ancora tradizionali (mortaio di pietra, ecc.) e facciamo rifornimento sperando di liberarci da rughe e segni del tempo. Dopo un lauto Tajin ed una altrettanto abbondante siesta eccoci in 4×4 alla volta di Ifri. Siamo nella zona dello zafferano, una visita alla cooperativa dei produttori ci permette di scoprirne i segreti e di comprarne una bella quantità, visti i prezzi imbattibili e la qualità garantita (quello in commercio è tutto diluito da curcuma o altre spezie, qui si comprano i pistilli interi invece!). Purtroppo non è stagione di raccolta e quindi i Crocus nei campi non li vedremo, ci consoliamo con un the allo zafferano che scopriamo essere un’alternativa davvero squisita all’onnipresente the alla menta (fino a qui ne abbiamo già bevuti quasi 20 a testa!).
La sera le donne del gruppo si fanno accompagnare in cucina da Souad per socializzare con le donne berbere e porre loro un po’ di domande. Per noi uomini quella è una zona proibita, rimaniamo in “salotto” a chiacchierare con il padrone di casa e le guide. Che risate quando tornano Sandra e Francesca abbigliate alla berbera, quasi non le riconoscevamo! 6° giorno: IFRI – LE FALESIE DI ASRAGH Al mattino attraversiamo il villaggio a piedi per passare a casa della famiglia dei guardiani dell’Agadir: qui infatti questa “banca di villaggio” è ancora in uso, anche se con funzioni ridotte. Ma dov’è l’Agadir? Di solito troneggia in mezzo al villaggio, ed invece non ne vediamo traccia. Lo scopriamo seguendo la guardiana berbera, un’anziana donna vestita in costume tradizionale allacciato con una bellissima ed antica fibbia berbera d’argento. Scopriamo così che l’Agadir di Ifri è appoggiato ad una imponente falesia a lato del villaggio ed è in buona parte scavato in cunicoli, gallerie e stanze dentro di essa. Indugiamo nell’esplorarlo con l’aiuto di torce mentre Suad ci spiega che è uno dei meglio conservati del Marocco e ci indica le bellissime serrature di legno intagliato che ancora qua e là chiudono le stanzette.
Al ritorno i guardiani ci preparano pranzo e ci offrono un the aromatizzato con un’erba che dopo lunghe dissertazioni decidiamo essere forse limonina, e che lo rende senza dubbio il migliore gustato in questa vacanza. Le emozioni della giornata non sono però ancora finite: risaliti sui fuoristrada ci inerpichiamo tra paesaggi brulli fino al villaggio di Asragh, dall’apparenza simile a molti altri. Una passeggiata tra le sue vie e sbuchiamo su una larga balconata di roccia che strapiomba in verticale per centinaia di metri . Sotto, un’oasi di palme che si estende a perdita d’occhio tra le scoscese pareti di roccia della valle. E’ il tramonto e la roccia delle montagne ha un colore rosso che si fa sempre più acceso: non provo nemmeno a descrivere la bellezza di quello che ci circonda, è il gran finale di una giornata memorabile.
La sera il piccolo hammam del villaggio ci permette persino di lavarci a fondo e con acqua calda, ci sdraiamo sui tappeti e quando arriva la cena siamo così rilassati che che nessuno parla più! 7° giorno: ASRAGH – TINFAT A colazione siamo tutti impazienti di tornare alle falesie, forse per controllare di non averle sognate. Scarpe da trekking nei piedi, indugiamo nuovamente di fronte a questo fantastico panorama e poi Suad ci dirige verso un sentiero che dalla sinistra delle falesie scende tagliato sul fianco della valle fino all’oasi sottostante, tra scorci di incomparabile bellezza. Vediamo le auto che scendono la pista sull’altro lato della valle per venirci a prendere: guardando la pendenza e l’assenza di parapetto ci rallegriamo tra noi per non essere a bordo! Nell’oasi le persone sono cordiali, alcuni ci invitano a casa per un the. Con nostro sollievo le guide declinano l’invito (in questa vacanza abbiamo ormai superato quota 30 the alla menta). Dopo pranzo percorriamo le brulle piste che ci portano fino a Tinfat dove possiamo ammirare alcune donne intente a produrre i celebri kilim berberi. Alla sede della cooperativa possiamo comprarne a prezzi imbattibili e senza l’onere della contrattazione, che per questo tipo di prodotti solitamente è difficile, lunga e senza scampo per un turista. I tappeti sono così tanti e così belli che indugiamo a lungo, ed alla fine ne usciamo quasi tutti carichi. Ora che mi circondano in casa, alcuni appesi ed altri sul pavimento, mi pento di non averne comprati di più! 8° giorno: TINFAT – MARRAKESH Attraversiamo di nuovo l’Alto Atlante, questa volta la strada è più agevole dell’andata ma i panorami sempre belli. Arriviamo a Marrakesh nel tardo pomeriggio, costeggiando in auto le antiche mura e penetrando fino al cuore della città: il nostro hotel è uno splendido riad (casa tipica marocchina affacciata su un cortile interno) a pochi passi dalla piazza principale. Ci rinfreschiamo e poi fuori, a goderci il tramonto fra i cantastorie e gli strani personaggi che animano la celeberrima piazza Djemaa-el-fna mentre già si montano le centinaia di chioschi che di notte trasformano questa piazza in un unico gigantesco ristorante. Inutile dire dove abbiamo cenato… 9° giorno: MARRAKESH Visitiamo la piazza affollata tra incantatori di serpenti, saltimbanchi, “farmacisti” tradizionali, venditori d’acqua… Il suq di Marrakesh si rivela essere accogliente e tranquillo rispetto a Tarouddant, un bel posto dove rilassarsi facendo gli ultimi acquisti.
Youssef ci porta all’hammam: questa volta è uno vero, di città, e possiamo goderci e comprendere il rito che accomuna tutti i marocchini, berberi o arabi che siano. Gli inservienti che ci strofinano con la spugna abrasiva ridono facendoci vedere quanto siamo sporchi, capiamo che la doccia in hotel e tutte quelle precedenti non puliscono certo come questo lungo bagno di vapore con “strigliata” finale! Se qualcuno ritiene che i marocchini siano più sporchi degli europei vada all’hammam Polo di Marrakesh e gli faranno cambiare idea! L’atmosfera del gruppo è gioiosa e rilassata, questa città un po’ a cavallo tra le culture è il posto ideale dove terminare il nostro viaggio davanti all’ultimo cous cous, tra commenti e scambi di indirizzi. Addio Marocco, anzi arrivederci! ———————- Questo è il racconto di un viaggio di turismo responsabile, che ho effettuato insieme ad un mini-gruppo di 7 persone tramite l’organizzazione della cooperativa Onlus VIAGGI SOLIDALI di Torino, che mi sento di raccomandare in modo particolare sia per la professionalità dei servizi offerti che per la trasparenza e la serietà dell’impegno etico nel sostegno allo sviluppo delle comunità visitate – www.Viaggisolidali.It – info@viaggisolidali.It