I Reef lettori
Marco: 28 anni, scambiato per la moglie di Emanuela da un commerciante egiziano.
Entrambe partiti da Milano del colore “verde pascoli dei monti” e con un gran bisogno di ritrovare uno stato di pace interiore ormai perduto causa stressanti attività lavorative. Il periodo: 28 Marzo-04 Aprile 2004, non ancora alta stagione. Temevamo di trovare frescolino e che l’acqua fosse tipo era glaciale invece siamo atterrati alle 11 di mattina con 34°. Il cielo è stato per i primi 5 giorni bianco modello “riviera ligure a giugno”, gli ultimi giorni è arrivato invece un vento forte che ha mostrato i veri colori: il rosso delle montagne e dell’isola di Tiran al tramonto ma anche stellate spettacolari scambiate ripetutamente dalla Manu per aerei in sosta nel cielo.
Eravamo equipaggiati di muta per lo snorkeling ma se volete fare le bustine da the non serve. Io di solito faccio la bustina da the ma lì non si può: il bagno volenti o nolenti dura dai 40 ai 60 minuti e solitamente quando alzi la testa ti trovi a svariate centinai di metri da dove sei partito.
I turisti: tanti, forse troppi per essere a fine marzo. Sono così distribuiti: 65% italiani, 30% russi, 5% Altro. Russi contraddistinti da donne pallide, tutte ma dico tutte (grasse e magre) rigorosamente tangate e pluritatuate (ennè). Ne ho vista una che si è fatta tatuare tutto il sedere e vi assicuro che non era piccolo, facendo la ricchezza dell’egiziano tatuatore in spiaggia che a detta di alcune ragazze guadagna 10 euro per tatoo per un totale di circa 10.000 euro netti al mese. Ecco…Adesso pensate a quanto guadagnate voi e poi ditemi chi è il pirla! Considerate che lo stipendiato medio guadagna 50 euro al mese comprese le centinaia di guardie che quando Mubarak è in vacanza devono controllare tutto il giorno il deserto distanziati uno dall’altro 100 metri sotto il sole cocente e sull’attenti.
Uomini russi (solo grassi) il cui sport preferito è la camminata sul corallo affiorante (notare 150 kg di cristiano) finalizzato alla fotografia d’autore, la raccolta di conchiglie dai fondali e soprattutto l’artificiale fornitura di pane ai pesci anch’essa finalizzata alla fotografia d’autore. C’è di buono che questi russi trascorrono la maggior parte del loro tempo in piscina sotto l’ombrellone e mangiano presto sia a pranzo che a cena, insomma si vedono poco in giro.
La location: Maxim Plaza 5* vicino all’aereoporto e fortunatamente lontano da Naama Bay. Ci volevamo trattare bene e forse ci siamo riusciti. Struttura tipo residence con villette a due piani con terrazzino ben distanziate e silenziose, tutto perfettamente pulito ma soprattutto funzionante. Suggestivo il ristorante sul mare sia di giorno che di notte.
Popolato principalmente da famiglie e da coppie e penso che ognuno sia riuscito a trovare i propri spazi e il proprio equilibrio.
Aspetto positivo dell’albergo è la posizione: la poco conosciuta baia di White Knight. Un giorno abbiamo raggiunto a nuoto un pezzo di barriera e di terra non ancora cannibalizzato dagli alberghi, l’idea era quella di raggiungere a piedi la limitrofa Sharks bay ma siamo stati bloccati dal terreno del promontorio costituito da sassi e pezzettini di corallo. Ci siamo massacrati i piedi e anche ustionato le spalle. Alla fine abbiamo pensato di andarci in taxi.
Il cibo in albergo: unico tasto dolente della vacanza: primo pentolone: riso in bianco incollato, secondo pentolone: verdure cotte, terzo pentolone: patate fritte giallo fluo puntellate di tandoori, quarto pentolone: pollo e se sei fortunato trovi pure le cosce! Articoli alla griglia: pesce: sempre lo stesso ormai in via d’estinzione UFF (unidentified foregin fish), carne: fegato chissà di quale bestia e udite udite ancora pollo ma le cosce sono finite. Frutta a volontà.
Dolci intoccati per i temutissimi effetti “Dissenten”.
Ah però a colazione se vuoi c’è la peperonata, il bancone dei formaggi di capra e al bar della spiaggia a 35° fanno in continuazione degli sfiziosi spuntini di stagione a base di patatine fritte e hot-dog con senape serviti con granita liquida. Ovviamente in coda ci sono solo i russi! Abbiamo mangiato meglio in barca: pasta e pasticci vari cucinati dal nostro mitico cuoco-meccanico egiziano.
Una sera, presi dallo sconforto, siamo andati a mangiare al ristorante El Fanar quello dove c’è il faro, la spiaggia di El Fanar e la relativa discoteca all’aperto che ospita diversi DJ famosi. Ecco consiglio la discoteca sul promontorio e non il ristorante. La località è Ras Um Sid e durante una gita abbiamo fatto anche una sosta in barca. Gli Egiziani: “Allah, Allah is a God, command us to be friendly with foreign people” questa frase, scandita alla Apu dei Simpson è l’emblema degli egiziani. Lasciamo stare i possibili commenti e le contraddizioni evidenziate dalla frase successiva “We dont’t like Russian, they are not so polite, they are rude, cold, and they drink a lot of Vodka”. Immergiamogici invece nella favola di questo popolo simpatico e assolutamente incomprensibile.
Le guide: alcune addirittura laureate conoscono perfettamente tre lingue: arabo, inglese, italiano o russo. Sono dei personaggi sempre allegri e molto disponibili soprattutto a ripetere sempre le stesse cose.
I tassisti ve ne sono di due categorie: quelli subito fuori dall’albergo autentici ladri per turisti e quelli a 100 metri dall’albergo con auto scassatissime con più di 200.000 km sulle ruote. Ovviamente noi abbiamo preso quello per turisti ma solo perché il driver era Sajed soprannominato da tutti “Sajed Shumacher”. Sajed ci ha preso subito in simpatia con la sua parlata inglese sempre tipo Apu dei Simpson: grassoccio, risata rumorosa, green eyes, ascella fotonica, sposato con italiana ma non conosceva l’italiano (strana cosa, no?), noto per la guida sportiva al buio e per l’impossibile sorpasso a destra tra due auto segnalato da intermittenti colpi di clacson. “Are you afraid Emanuella?”. “Nooo” Maxim Plaza-Naama Bay (15 km circa) in 5 minuti, la navetta ce ne mette 25. Sajed ci ha raccontato molte cose della sua famiglia e del suo popolo e con musica araba a manetta come colonna sonora e il vento nei capelli ci ha allietato i trasferimenti. Ovviamente ci siamo messi le cinture anche se seduti nei sedili posteriori e non mi interessa sapere se per questo si sia offeso o meno. Alla fine ci siamo salutati con baci e abbracci: “Egyptians love you: Emanuella!” I negozianti: appiccicosissimi ma con una capacità comunicativa e d’imbroglio degna del miglior mix tra Arsenico detto Lupin e il premio Agente Commerciale 2003. Non avevamo intenzione di comprare nulla ma solo di passeggiare nelle folcloristiche strade di Naama Bay ma una sera, dopo l’ennesimo “No Grazie” anche un po’ sgarbato, ci siamo fatti volutamente incastrare da un esperto in essenze per ascoltare cosa ci avrebbe raccontato e infine proposto. Dopo averci offerto un ottimo the alla menta e aver riconosciuto tra le migliaia di essenze esposte quelle corrispondenti al nostro profumo personale relativamente: Chanel Allure (per lei) e XS di Paco Rabanne (per lui), ci siamo fatti vendere una boccetta di essenza alla Genovese come diceva lui ovvero quella più piccola.
Le escursioni: ne abbiamo fatte tre. La prima è stato il Safari nel deserto che in estate si fa a 50°. Partiti con 5 jeep da 8 persone, dopo pochi minuti ci siamo addentrati nel “nulla roccioso” e subito i simpatici autisti, galvanizzati dalla loro musica a manetta, si sono messi a competere in modo assurdo per il premio “beduino dell’anno”. Prima sosta davanti a delle dune di sabbia dove siamo stati accolti da un ragazzo con la maschera dell’ Okley e un vero e proprio snowboard sotto braccio. Ci ha affittato per 1 euro la tavola di legno con gli strep per provare l’emozione della discesa sulla sabbia fino ad ora vista solo in televisione. C’è voluta un po’ di Wax (vasellina) per farci scivolare sulla sabbia ma direi che l’attrito non è proprio quello della neve oppure le tavole non erano proprio adatte oppure io non sono capace ( e sì che sullo snowboard domino). La sostanza è che sono caduto e alle 8.30 di mattina ero già sudato da fare schifo e pieno di sabbia finissima in ogni orifizio del mio corpo.
Seconda tappa: il Blue Hole vicino a Dahab, acqua fredda, milioni di pesci e barriera stupenda anche se ci siamo immersi proprio in un momento di cielo nuvoloso.
Da lì è iniziata la cammellata fino a Abu Galum chiamato dalla Manu Abu Gollum quello del Signore degli Anelli: il mio tessoro!. Dicono sia trascorsa un’ora e trenta ma io non me ne sono accorto. A qualcuno è pesato ma io mi sento particolarmente in simbiosi con i cammelli e ho trovato un po’ di pace in questa passeggiata cullato dal movimento ondulatorio del cammello con il vento nei capelli. (e per fortuna che c’era il vento altrimenti saremmo morti!) Tutto sulle rocce a pochi centimetri dal mare e a un paio di metri d’altezza. Momento romantico: il mio cammello e quello della Manu erano probabilmente marito e moglie perchè si inseguivano al trotto pur di stare vicini.
Arrivati a destinazione in un paesaggio irreale in mezzo al nulla con il mare davanti ci siamo rinfrescati e abbiamo mangiato un boccone sotto delle tende di bambù. Lì avremmo voluto passare il resto del pomeriggio ma eravamo solo a metà dell’itinerario. Abbiamo ripreso le jeep che intanto ci avevano raggiunto percorrendo una strada alternativa, e dopo un’altra ora di rally su sterrato dove due concorrenti hanno forato, abbiamo raggiunto un’oasi, un’oasi di quelle vere ma senza miraggi e piscine da cartone animato. Lì abbiamo bevuto il the beduino più buono che abbiamo mai assaggiato, noto per i suoi effetti eccitanti e fortunatamente non fatto con acqua di pozzo. Non vi dico se l’effetto sperato si è fatto sentire o meno.
L’ultima tappa è stata a Dahab, ridente località di mare poco toccata dal turismo o meglio dai Resort. Subito siamo stati colpiti dalla tranquillità dei ristorantini sulla spiaggia, e dalla gente molto stile “take it easy”. Non ho visto il mare e la barriera perché ormai era buio e quindi non posso valutare se sia un posto meritevole o meno. Comunque ci ha dato un piacevole senso di libertà. Il ritorno all’albergo è trascorso in semi abbiocco sia per i safaristi che per il pilota e soprattutto a luci spente al buio totale e nella corsia di sorpasso…Non capiamo ancora il perché! La seconda escursione è stata a Ras Mohammed con la barca del diving in occasione del battesimo del mare. Per me non era la prima volta che mi immergevo con le bombole. Avevo fatto un mini corso alle Maldive di due giorni ma ho voluto accompagnare la Manu in questa esperienza. Di conseguenza per me è stata una passeggiata a pochi metri (6) quasi raggiungibile in apnea. Tra le altre cose quasi preferisco fare apnea, anzi farò un corso. Quello sì che è uno sport estremo! E’ stato forte il nostro istruttore, di Napoli, che con pochi concetti è riuscito a sconfiggere la paura di molti.
Il resto della giornata è trascorsa a fare snorkeling in quel acquario naturale che è il parco marino. Prima di buttarci il capitano egiziano della barca, in inglese molto maccheronico, ci dice di andare liberamente, e che ,una volta stanchi, sarebbe bastato muovere le braccia e lui ci sarebbe venuto a prendere. Nessuno ci credeva: 4 gli snorky. Dopo un’oretta nelle acque alla ricerca del pesciolino Nemo proviamo a sbracciare. Sorprendentemente il capitano, a distanza grosso come un puntino e con una maglietta rossa, scatta in piedi, inforca il timone e ci viene a prendere. Ci stava curando a vista…Veramente inaspettato tanto che la seconda uscita ci sentivamo più sicuri e appena la Manu ha visto lo squalo tigre a svariati metri dalla barca ci siamo messi in salvo chiamando il nostro capitano.
Ovviamente lo squalo era un tonno pinna gialla un po’ vecchio e quindi con l’andatura basculante! Un plauso allo staff della barca di una gentilezza veramente imbarazzante.
Piccola sfiga: siamo dovuti rientrare in porto alle 16.30 perché il Presidente Mubarak era in villeggiatura e se avesse mai voluto farsi un giro per Rhas Mohammed al tramonto non avrebbe dovuto trovare nessuna imbarcazione sulla sua rotta…Peggio del Berlusca. A proposito, il Berlusca è conosciuto anche lì visto che gli egiziani vedono più volentieri le reti italiane di quelle locali. Dicono che il telegiornale è più divertente (chissà come mai!!) per non parlare delle mitiche trasmissioni tipo Grande Fratello, la talpa etc, etc.
Altra sfiga: la barca ha rotto il motore appena partita e quindi le tappe non sono state proprio quelle programmate Per esempio Jolanda Reef chiamata così perché abitata dal relitto di una nave chiamata appunto Jolanda trasportante cessi. Ovviamente il fondale è pieno di cessi. Sarebbe stato bello andare a Rhas Mohammed in motorino o con un’auto noleggiata ma ancora non mi fidavo anche perché di solito io buco sempre nelle situazioni più assurde. Come quella volta che nel mezzo dell’isola di Sal e al tramonto non riuscivo a sostituire la gomma bucata della jeep perché incastrata.
La terza escursione è stata all’isola di Tiran ma non più con la barca del diving center. Tiran è un posto stupendo molto simile alle Maldive. Eravamo in 12 su una barca da 30 quindi decisamente larghi. Ancora un plauso alla guida che ci ha lasciato fare quello che volevamo e allo staff della barca che ci allietato l’attesa di un barca d’appoggio improvvisando una bongata a base di musica araba accompagnata dalla ciurma. Ho detto barca d’appoggio perché anche il secondo giro in barca è stato caratterizzato dalla rottura del motore e quindi siamo stati trainati per un pezzo prima che il nostro fidatissimo cuoco-meccanico uscisse dalla sala macchine tutto sporco di grasso dicendo “it’s OK” e siamo ripartiti con il nostro motore. Comunque gli egiziani sono un popolo di meccanici perché girano su auto con minimo 250.000 km, i motori vengono aggiustati un paio di volte al giorno e le gomme vengono sostituite in pochissimi minuti.
La quarta escursione o meglio gita è stata a Sharks Bay, spiaggia pubblica, lontana dai Resort. Lì ci siamo goduti il più bel tramonto vista isola di Tiran sotto una tenda comodamente adagiati su cuscini e tappeto fumando un narghilio e bevendo the alla menta. Andati e tornati con Sajed Shumacher che ci ha purgato 5 euro per 1 minuto di trasferimento a 150 km/h. Sharks bay è esattamente al di là del promontorio che avremmo voluto superare a piedi qualche giorno prima.
Birra: l a birra si trova solo nei villaggi e analcolica nei supermercati. Per rispetto nei confronti delle usanze del popolo ospitante non mi sono accanito neanche a cercarla in quei posticini di contrabbando ma comunque basta seguire gli inglesi e il loro fiuto vi porterà proprio davanti a una bella Sakara alcolica e ghiacciata.
Le serate: a parte la serata al Fanar, siamo stati due volte a Naama Bay. Continuo a non capire come sia strutturata e comunque non mi ha fatto una grande impressione. Molti negozietti con tanto di “butta dentro”, posti dove fumare il narghilè e bere un the, qualche discoteca, il lungo mare è veramente tipo Sestri Levante con balere e ombrelloni.
Consigli utili: Assicurate il bagaglio all’andata. La coda per il controllo passaporti sfiora l’ora abbondante e intanto le valigie ti aspettano una sopra l’altra alla mercè di tutti. Gli egiziani sono un popolo onestissimo ma la possibilità di smarrimento è molto elevata.
Girate il più possibile con i taxi locali cioè quelli scassati perché hanno più bisogno di soldi. Sajed ci diceva che era proprietario di 4 auto, e una casa dignitosa.
A parte questo: “nessun consiglio” come dice Adriano Pappalardo.
Fate voi Ciao ciao