I portici di Bologna, un tunnel spazio-tempo
La città, insolitamente deserta e muta, ora pare scomparsa: delle case e dei palazzi non restano che macchie nere, qualche ritaglio luminoso che fugge dalle imposte delle finestre. Un’aria fiabesca e magica pesa sulle cose. Il mio passo si scava un richiamo dentro il rincorrersi dei portici.
Dagli archi, agili e snelli o incupiti e tozzi nascono il colore e il calore di Bologna. La tinta sembra molle, slavata e triste, deturpata dai tentativi artistici degli spray, patetici messaggi di un’umanità che urla ma non sa parlare o che forse nessuno vuole ascoltare. Perchè si corre, perchè si ha fretta.
Evocate dalla magia di un’atmosfera silente e strana, carrozze e ricche gualdrappe di damasco sembrano apparire dal nulla e parrucche e cappelli a tricorno, tabarri sdruciti e scarpe scalcagnate.
Complice la fitta nebbia che occulta auto parcheggiate e ogni altro segno di quest’epoca, mi pare di sentire il ritmico scalpiccìo degli zoccoli e il grido dei venditori e dei facchini di un vicino mercato di frutta e verdura. Pagine di una memoria storica che conducono all’immagine di una città senza tempo, che nella sua essenza non invecchia mai.
Questo perenne stato di adolescenza crea un particolare quadro architettonico, una stabilità che acquista carattere e, rimanendo fermo nei secoli, fissa una maschera, così che le leggende e le storie, pur essendo quelle di ieri, servono anche per oggi. Non ci sono più ponti sotto cui strisciano colonne d’acqua, non più file di lavandaie chine sui panni: fiumi e canali sono inchiodati nel calcestruzzo di un’esibita conquista di civiltà e corrono sotto i nostri piedi, ignorati e bui, degradati al ruolo di cloache. Pur tuttavia Bologna ha mantenuto la sua caratteristica e il suo “sapore”, assomiglia alle sfumature delle antiche incisioni, dal segno preciso e pieno di poesia.
Se le strade sono larghe e i palazzi massicci e squadrati, i portici hanno un luminoso respiro d’aria. Se invece sono strette, gremite di case, di colonne grosse e corte e di auto in sosta, i portici sembrano cupi e tenebrosi. Da lontano, voltandosi a guardarle, tutte le costruzioni paiono ricamate. Ogni quartiere ha una sua fisionomia particolare, un documento che si sfoglia ad ogni passo. Le diverse architetture mostrano capitoli interi di storia e il moderno intercalare delle costruzioni recenti e l’alluminio e le insegne al neon non inficiano, non sanno nascondere antiche lotte, tracce di bastioni, muri possenti ed esili baldacchini. Trasformazioni e contrasti lasciano comunque negli occhi il ricordo del passato.
Tutte le città hanno un proprio aspetto fotografico: Bologna ti mette subito la sua anima nel palmo della mano e i portici, che a tutti offrono immediata ospitalità, donano in anticipo l’essenza cordiale del suo spirito.
Arrivando all’improvviso in certe viuzze dove ancora un odore medievale sembra sia rimasto in agguato dalle finestre o dalle porte ferrate, si scopre l’intima essenza di gente che adoperava la spada, lieta che la sua casa assomigliasse a un fortilizio. In altre piazze e slarghi, invece, vi sono nei ritagli dei portici, nel pacato silenzio dei palazzi avvolti dal sole, motivi mistici che fanno pensare ai conventi. Quest’aria liturgica si sprigiona dalla compostezza delle linee, dal verde allegro di un rampicante, dai colori delicati di un glicine in fiore ma poi tutto è travolto dallo strepito di una brigata di studentelli o dal passaggio rumoroso di un motorino.
La vita corre comunque, piena di promesse, nuovi e sempre più frenetici ritmi stringono gli uomini ma lasciano le ali al pensiero, la città diventa quasi una “cosa” comune e i portici un corridoio che divide una casa dall’altra. Quando capita che una via abbia i portici da una sola parte, l’altro lato sembra segnare un confine, un limite. Ogni cosa, qui, assume un suo volto, un taglio netto, deciso. Nella notte, mentre cammino trasportato dall’onda dolce dei miei pensieri, in mezzo agli occhi dei portici i rari passanti assomigliano a figurine da presepe, le voci hanno mitiche rispondenze e l’intera città pare legata da un nastro traforato.