I mille volti di Buddha
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VIAGGIO IN SRI LANKA
DAL 17 GENNAIO ALL’ 8 FEBBRAIO
VENERDI’ 17/01/2014: MILANO- COLOMBO
Quest’anno un viaggio non era veramente nei nostri progetti… l’incertezza per il futuro dei nostri figli, la casa tutta da ristrutturare, le spese che sono sempre tante mentre gli stipendi restano sempre gli stessi…
Poi, una sera a cena, con il suo abituale entusiasmo, Simona ha proposto di valutare il prezzo per un viaggio in Sri Lanka, meta già presa in considerazione un’infinità di volte ma sempre sostituita poi da un’ altra destinazione.
Titubanti, abbiamo cercato prima un volo , trovandone subito uno con un ottimo operativo voli e con un prezzo inferiore ai 500 €; ne abbiamo discusso brevemente e poi incoscientemente abbiamo deciso di afferrare quest’ occasione, perché il futuro non so cosa ci riserverà!
La mattina seguente siamo andati in agenzia ed abbiamo acquistato i biglietti aerei poi ci siamo date da fare per trovare un tour operator che ci permettesse di visitare l’ isola per intero al minor prezzo possibile .
Dopo averne consultati alcuni ci siamo affidati a Upa, titolare dell’ agenzia locale Bo-mie Tour , di cui avevamo letto ottime recensioni sul vostro sito, confermate poi da persone che avevano viaggiato precedentemente con lui.
Il detto vuole che: “di venere e di marte non ci si sposa e non si parte”, ma noi, sfidando la mala sorte non solo siamo partiti di venerdì , ma bensì di venerdì 17 !!!!!
Siamo partiti da casa attorno alle cinque, quando era ancora buio pesto sotto un acquazzone che durava già da oltre 24 ore e non accennava a smettere . Verso Alessandria la pioggia si è trasformata in neve quindi abbiamo dovuto rallentare la nostra marcia per via del fondo stradale sporco e sdrucciolevole.
Abbiamo fatto tappa a Novara dove amici di Roby e Simo custodiranno la nostra auto nel loro garage evitandoci la spesa del parcheggio; ci hanno offerto la colazione e ci hanno accompagnato in aeroporto due ore prima della partenza, tempo giusto per sbrigare tutte le formalità di viaggio.
Alle 9.40 ci hanno imbarcati e alle 10.35, puntuali come un orologio svizzero abbiamo decollato.
La Qatar è una compagnia araba ma ,malgrado ciò, ci ha servito vino per cena e champagne come aperitivo .
Siamo atterrati a Doha con mezz’ ora di anticipo , abbiamo percorso un lunghissimo tragitto in autobus per raggiungere il terminal di partenza, e dopo circa mezz’ ora ci hanno reimabarcati.
COLOMBO- ANURADHAPURA – SABATO 18/01/2014
Il volo è partito da Doha in perfetto orario e siamo atterrati a Colombo con mezz’ ora di anticipo. Recuperati i bagagli, alle 3 eravamo già nella hall dell’ aeroporto di Colombo.
Upa era lì ad attenderci con un mazzo di fiori in mano per ognuna di noi , ci ha invitato subito a cambiare un po’ di euro in rupie visto che il cambio in aeroporto, a differenza di molti altri paesi è assolutamente conveniente , e poi ci ha accompagnato al nostro mezzo di trasporto , un comodo pullmino a 9 posti; ci ha presentato Lal, suo cognato, che ci farà da guida ed autista per tutto il tempo del tour.
Sull’ aereo abbiamo riposato un pochino ma sono ormai quasi 24 ore che siamo in piedi, così, complice il buio pesto, siamo sprofondati sui comodi sedili del van e ci siamo addormentati.
Verso le 6, sul far dell’ alba, ci siamo fermati per la prima visita alla fortezza di Yapahuwa sita su di un alto sperone di roccia , oggi del tutto distrutta.
Ai piedi della rocca si trova però , ancora in ottimo stato di conservazione la scala che portava alla fortezza , una scala ripidissima dai gradini altissimi e molto stretti , dove intere famiglie di scimmie giocavano e si ricorrevano saltando qua e là tra le fronde degli alberi.
La parte più alta della scala è decorata con due grandi statue di leoni e due teste di elefante e ,poste ai lati della porta , due bassorilievi raffiguranti due apsara.
Lal ci ha proposto di salire, su per un ripido sentiero fin sulla cima della rocca, da cui si gode un meraviglioso panorama, ma oggi la giornata si preannuncia piuttosto faticosa così abbiamo rinunciato.
Ci siamo fermati a far colazione alla “Yapahuwa Paradise Resort”, dove avremmo dovuto alloggiare se fossimo arrivati ieri (Simona, infatti quando ha dato a Upa la comunicazione del nostro arrivo gli ha detto che saremmo partiti il 17 dimenticandosi però che saremmo giunti in suolo singalese il 18 ! )
Dopo esserci rifocillati con pane tostato e marmellata, succo di frutta fresco e tè abbiamo ripreso la strada attraversando paesini sorprendentemente puliti e ordinati , con file di casette in stile coloniali ad un piano , molte delle quali con un colorato tuk-tuk parcheggiato di fronte all’ ombra di grandi banani.
Il viaggio fino ad Anuradhapura è durato un altro paio d’ ore e, verso le 10.30 abbiamo preso possesso delle nostre stanze all’ hotel “Alakamanda” , un hotel nuovissimo, anzi con alcune parti ancora in costruzione, camere ampie ben arredate, con ogni confort (televisione, frigo, wifi) e una grande piscina.
Dopo una doccia rigenerante ci siamo concessi un paio d’ ore di relax prima di partire alla volta del sito archeologico di Anuradhapura .
Anuradhapura è stata la prima capitale del regno singalese dal 380 a.C e per i mille anni successivi , epoca in cui si diffuse il Buddismo nel paese.
Abbiamo pagato il biglietto d’ ingresso molto salato: 3250 rupie ( 18 € circa!) e, come constateremo in seguito gli ingressi ai siti archeologici sono carissimi in confronto al costo della vita in Sri Lanka.
Per prima cosa abbiamo visitato il museo in cui sono conservate poche statue,qualche gioiello e qualche suppellettile in terra cotta rinvenuti nel sito; di fronte al museo si trova il Jatavanarama Dagoba , un’ enorme cupola di mattoni risalente al III secolo , che , in origine avrebbe dovuto essere alta più di 100 m.,il terzo più alto monumento al mondo dopo le piramidi di Giza, ma oggi , mancando la sommità del pinnacolo, si aggira sui 70 m.
Tolte le scarpe abbiamo percorso il periplo attorno alla base su mattonelle rese bollenti dal sole , siamo entrati nel piccolo tempio in cui è custodita una grande statua di Buddha dormiente ; abbiamo proseguito verso due grandi piscine denominate “Vasche Gemelle” che venivano usate dai monaci del vicino monastero di Abhayagiri per riti di purificazione.
Percorrendo a piedi una strada sterrata affollata da una miriade di fedeli vestiti rigorosamente di bianco , colore della religiosità , contornata da numerose bancarelle che vendono carabattole tipiche di una fiera paesana , siamo giunti dinnanzi ad una statua in pietra di Buddha Seduto risalente al IV secolo e ritenuta una delle più belle statue di tutto lo Sri Lanka.
Poco distante da lì si trova l’ Abhayagiri Dagoba ,molto simile al Jatavanarama , anche qui ne abbiamo percorso la base e siamo entrati nel tempio, anch’ esso contenente una grande statua di Buddha Coricato a cui i fedeli offrono fiori,cuscini, pacchi contenenti ciotole e abiti per i monaci e dove si respirano gradevoli fragranze di fiori e di incenso che brucia quasi ovunque .
Passando in auto abbiamo visto i pochi resti del sontuoso palazzo reale , per poi fermarci a vedere i resti esigui di un tempio che però conserva una della pietre della Luna più ben conservate di tutta l’ isola.
La pietra della Luna è il primo gradino di forma semicircolare di una scalinata che porta ad un tempio , è suddivisa in 3 livelli , il più esterno decorato con fiori rappresenta la vita umana, quello successivo , decorato con animali (elefante, leone, cavallo, toro) è simbolo delle sfide della vita, nascita, malattia, vecchiaia e morte.
Il successivo è decorato con tralci di vite, che rappresenta i tranelli in cui si può essere invischiati, e i cigni, simbolo dei santi e degli antenati che possono aiutarci nel cammino verso l’ illuminazione. I petali del fiore di loto al centro rappresentano il Nirvana.
Abbiamo visitato altri due dagoba bianchi , uno dei quali con la forma a bolla d’ acqua, mentre l’ altro, il Thuparama Dagoba è il dagoba più antico dello Sri Lanka, risale al III secolo e pare custodisca la clavicola destra di Buddha.
Abbiamo gustato una sofficissima brioches comprata ad una bancarella e ci siamo avviati verso il fulcro della religiosità di Anuradhapura : il Sri Maha Bodhi , l’ albero sacro del buddismo , il Ficus Religiosa , albero sotto il quale sedeva Buddha quando ha raggiunto il Nirvana.
Ieri era notte di luna piena e oggi si tiene una processione per festeggiare la “Poya” ossia la festa della luna piena , quindi lungo il viale d’ accesso che porta al grande albero c’ è una fila interminabile di persone per lo più vestite di bianco. Seguendo Lal che zigzagava tra la folla siamo riusciti ad arrivare in testa alla processione, dove c’ erano persone riparate da grandi parasoli giallo oro che portavano in offerta abiti per i monaci e tanti fiori , altri portavano stendardi con i colori del buddismo; lunghe file di monaci dagli abiti arancioni brillanti, alcuni anziani, ma anche molti bambini di età scolare ; ballerini dagli abiti folcloristici che ogni pochi metri si fermavano a fare alcuni passi di danza al suono di oblunghi tamburi.
Ai lati della processione moltissimi fedeli salmodiavano preghiere e toccavano i monaci e i doni da loro portati quasi a carpirne la santità ; la processione termina all’ interno del piccolo tempio dove si trovano diverse statue di Buddha proprio sotto le fronde dell’ immenso albero sacro, che ha oltre duemila anni ed è una talea dell’ albero sacro sotto cui meditava il Buddha in India, portata dalla principessa Sangamitta, sorella di Mahinda, colui che ha introdotto la dottrina di Buddha in Sri Lanka .
Terminata la processione i fedeli si sono sparsi assisi in preghiera nel piazzale sotto il grande albero in cui si trovano altri alberi del Bodhi , anche se meno antichi di quello che si trova sulla piattaforma .
Ultima tappa della giornata è stata al grandioso Ruvanvelisaya Dagoba, un grande edificio a forma di campana, completamente bianco protetto da un muro con fregi di centinaia di elefanti ; anche qui la folla è tantissima anche perché c’è il presidente del paese giunto fin qua per partecipare alle preghiere.
Ormai è quasi il tramonto, il sito è immenso, vi abbiamo trascorso tutto il pomeriggio e ne abbiamo visitato solo una parte , quindi, in accordo con Lal abbiamo deciso di rimandare a domani la visita a Mihintale .
Prima di rientrare in hotel siamo andati a caricare la sim, decisamente economica, con il numero singalese per chiamare casa,; ci siamo rilassati un poco prima di cena, avremmo voluto fare un tuffo in piscina ma l’ acqua non era così calda come ci aspettavamo .
La cena è stata a buffet con cibi buoni anche se un po’ freddi e soprattutto molto piccanti, abbiamo bevuto birra locale, la Lion molto leggera ma meglio che niente…
Dopo cena quattro chiacchiere attorno alla piscina dove un ranocchio spaventato dalla nostra presenza non faceva che nuotare da una parte all’ altra della piscina , poi alle 21.30 finalmente a letto !
DOMENICA 19/01/ 2014: ANURADAPHURA –SIGIRIYA
Abbiamo dormito come massi fino alle 7 , ora in cui è suonata la sveglia, ci siamo vestiti velocemente , abbiamo chiuso le valigie e siamo andati a fare colazione che non è stata un granchè solo pane tostato e marmellata dai colori fosforescenti e tè esageratamente forte, che per berlo lo abbiamo dovuto diluire con il latte.
Puntualissimo alle 8 è arrivato Lal a prenderci per andare a Mihintale .
Attraversando il centro di Anuradaphura ci siamo accorti che oggi è giorno di mercato settimanale , così non abbiamo perso l’ occasione per fare un giro tra i banchetti . La frutta e la verdura sono disposte in modo coreografico addirittura appaiando i colori che si abbinano meglio , ma la sorpresa più grande è stata la zona adibita a pescheria: il pesce freschissimo è disposto su lastre di pietra coperte di ghiaccio il tutto talmente pulito che malgrado le temperature estive non si sentono odori sgradevoli.
Le bancarelle che vendono pesce essiccato e che notoriamente esalano odori molto intensi, hanno infilzati qua e là bastoncini di incensi accesi per mitigarne l’ odore.
Qui abbiamo approfittato per comprare due ananas da mangiare a pranzo.
Abbiamo impiegato circa 30 minuti per raggiungere Mihintale ; la strada , per l’ ultimo tratto sale decisa e cominciamo a vedere resti di colonne e muri in pietra, ruderi di un antico monastero popolato da colonie di scimmie che , incuranti dei turisti e, soprattutto dei fedeli saltano da un ramo all’ altro.
Parcheggiato il van affrontiamo la scala che ci porterà in cima alla collina ; incontriamo i resti del refettorio, della sala delle udienze e la casa delle reliquie in cui sono visibili 2 grandi lastre in pietra scritte in sanscrito dove erano elencati i beni appartenenti al monastero e una sorta di legenda su cui erano segnate le incombenze dei vari dipendenti della struttura.
Mihintale è uno dei luoghi più sacri di tutto lo Sri Lanka perché proprio qui avvenne la conversione di re Devanampiya Tissa ad opera di Mahinda , figlio di un grande imperatore buddista , con la conseguente conversione al buddismo di tutto il paese.
Una lunga scala conduce ad un piazzale dove è posto un piccolo dagoba bianco che segna il luogo preciso dove è avvenuto l’ incontro fra i due re.
Oltrepassata la piazza ci si inerpica letteralmente su di uno spuntone di roccia , la roccia della meditazione, da cui si gode un panorama bellissimo . Siamo scesi aggrappati al corrimano facendo ben attenzione a non scivolare giù per gli scalini appena accennati nella roccia, provvidenziale è stato essere scalzi !
Di fianco ci sono due piccole montagnole , su una c’ è una grande statua bianca di Buddha benedicente , sull’ altra un grande dagoba bianco .
Terminata la visita, calzati i sandali, abbiamo ridisceso le scale siamo tornati all’ auto e ci siamo diretti ad Aukana.
Abbiamo viaggiato per circa due ore anche se i chilometri non sono più di 50 ma in tutto il paese non esistono autostrade , fatta eccezione per un breve tratto che va da Galle a Colombo , e il limite di velocità è di 70 km/h su strade extraurbane .
Abbiamo attraversato paesi fatti di piccole case bentenute, le strade sono pulite, gli abitanti vestiti con gusto, alcuni all’ occidentale, molte donne indossano sari dai colori sgargianti, gli uomini lunghi sarong, dalle tonalità più sobrie ; non solo non si sentono puzze che solitamente si sentono in molti paesi del terzo mondo ma spesso vieni colpito da effluvi di profumo di incenso e di fiori. Ero estremamente prevenuta sulla pulizia che avrei trovato in questo paese ma sono rimasta favorevolmente colpita.
Prima di giungere ad Aukana abbiamo costeggiato il grande lago artificiale di Konawewa e, giunti a destinazione ci siamo inerpicati su per una ripida scala sotto il sole battente di mezzogiorno fino ad arrivare dinnanzi alla maestosa statua di Buddha alta 12 metri, scolpita nella roccia in un unico pezzo posta su di un piedistallo dalla forma di fiore di loto risalente al III secolo d.C.
La nostra giornata prosegue con la visita del monastero rupestre di Retigala.
Il sito è completamente inghiottito dalla foresta e per arrivarci bisogna percorrere una strada dissestata , così abbiamo lasciato il nostro comodo van per prendere una più spartana jeep .
Giunti ai margini della foresta abbiamo cominciato la nostra salita tra piccole parti di muro ancora in piedi e pietre scolpite rotolate giù dalla collina.
Attraversiamo un fiumiciattolo e cominciamo a salire su per un sentiero lastricato sotto i rami di alti alberi di teck, quindi fortunatamente tutta all’ ombra viste le temperature del primo pomeriggio . Siamo arrivati ad una piattaforma, forse un tempio,e, poco più in là una zona che fungeva da ospedale, dove ancora si trovano grandi vasche dove venivano effettuate abluzioni con erbe medicamentose secondo i canoni della medicina ayurvedica.
Continuiamo a salire fino a raggiungere altre due piattaforme con 2 stanze distinte una con resti di colonne l’ altra no, probabilmente una era il tempio dove si pregava e l’ altra il luogo dedicato alla meditazione.
Tornando indietro Lal ci ha proposto un fuori programma: la visita al parco di Kaudulla; noi siamo stati subito un po’ titubanti , in quanto avevamo letto che oltre allo Yala pochi altri parchi sono degni di una visita, ma poi, consultando la Lonley Planet abbiamo letto essere un parco ricco di elefanti così abbiamo accettato la proposta di Lal.
Con la stessa jeep usata per raggiungere Retigala abbiamo percorso un tratto di statale e, solo mezz’ ora dopo abbiamo raggiunto le strade di terra rossa del parco. Per parecchi chilometri abbiamo percorso la strada che costeggia il fiume non vedendo nessun animale, fino a che in una radura abbiamo visto uscire dal bosco un grande elefante maschio, anche se era piuttosto lontano .
Abbiamo incontrato alcune piccole mandrie di bufali dalle corna ricurve e poi una grande mandria di elefanti con tanti cuccioli sulla riva del fiume ad abbeverarsi ; qui abbiamo scattato decine di foto e poi abbiamo proseguito fino a che non abbiamo incontrato un altro branco veramente enorme .
Il nostro autista ha attraversato il fiume malgrado ci fossero già un paio di jeep impantanate per avvicinarsi il più possibile al grande gruppo e quindi scattare altre foto mentre il sole si faceva più basso all’ orizzonte e colorasse il cielo con mille sfumature di arancione.
Rientrando abbiamo ancora visto due pavoni, due aquile appollaiate sui rami ed uno scoiattolo gigante .
Abbiamo raggiunto il nostro hotel “Lion Rock Kassapa” alle 19 passate, quando ormai era notte piena.
Per raggiungerlo bisogna percorrere gli ultimi 2 o 3 km di una strada sterrata nella campagna ma la struttura è nuovissima e di buon livello.
Come di consueto ci hanno offerto il cocktail di benvenuto e ci hanno accompagnato alla nostra stanza tra un dedalo di sentierini tra un numero imprecisato di bungalow.
Ci siamo fatti un veloce doccia perché eravamo affamati come lupi visto che il nostro pranzo sono state solo le 2 ananas comprate stamani al mercato .
La cena è costituita da un ricco buffet con numerose pietanze più o meno appetitose ma , soprattutto c’ era un intero tavolo ricoperto da ogni genere di pane e panini .
Dopo cena il nulla… all’ interno dell’ hotel non c’ è un bar, tanto meno un posto in cui si può ascoltare musica, raggiungere il paese da lì è praticamente impossibile e, probabilmente non ne vale la pena perché pare che gli esercizi pubblici chiudano alle nove.
Abbiamo fatto quattro passi sul bordo della piscina, poi, decisi ad andare a letto siamo stati praticamente risucchiati all’ interno della gioielleria dell’hotel dove 3 simpatici ragazzi ci hanno illustrato tutte le gemme estratte in Sri Lanka , ce ne hanno mostrate alcune e ci hanno fatto anche il preventivo: sono molto convenienti ma noi abbiamo faticato a pagarci il viaggio e non possiamo concederci nulla di più!
LUNEDì 20/01/2014: SIGIRIYA
Sveglia alle 7 , colazione, stamattina con tanti tipi di brioches, biscotti, panini, curd, un magnifico yogurt di latte di bufala addolcito con melassa, uova cucinate in tutti i modi e un tripudio di frutta: quello che si dice una colazione con i fiocchi!
Oggi ci apprestiamo a visitare forse il luogo più rappresentativo dello Sri Lanka: la fortezza di Sigiriya, un sito archeologico sito sulla cima di una montagna rocciosa che ancora oggi non si sa quale funzione avesse.
Molti la ritengono una fortezza – palazzo reale costruito da re Kassapa nel X secolo, altri sostengono fosse un monastero buddista preesistente.
Il biglietto costa una follia : 9700 rupie tanto quanto quello per i musei Vaticani e i turisti che si accalcano su per la rocca sono una marea, se potete cercate di essere alle casse alle 8.30 in orario di apertura per evitare questa calca.
Prima di iniziare la scalata alla rocca si attraversano i giardini acquatici con una serie di grandi vasche e piscine unite le une alle altre da lunghi tratti di canalizzazioni e dove le piante crescono rigogliose.
La piacevole passeggiata nel giardino diventa ben presto scala ripida i cui scalini sono intagliati nella roccia, fino ad arrivare ad una piattaforma sospesa nel vuoto da cui parte un stretta scala a chiocciola che porta ad una galleria scavata nella parete rocciosa dove sono conservati splendidi affreschi del V secolo che rappresentano figure seminude femminili.
A queste figure sono state attribuite diverse identità: c’ è chi afferma siano apsara, c’è chi dice siano i ritratti della concubine di re Kassapa, c’ è chi dice siano figure divine.
Lo spazio è esiguo e i turisti tanti quindi la visita è stata accelerata da guardiani intransigenti che sollecitavano bruscamente a lasciare spazio alle persone che stavano salendo.
Tornati all’ altezza della piattaforma percorriamo un camminamento chiamato “galleria degli specchi” nome derivato dalla vernice lucente in cui è stato dipinto l’ alto muro di contenimento ricoperto di scritte risalenti a tutte le epoche lasciate come iscrizioni o come commenti.
La scala continua a salire fino alla piattaforma del Leone dove due grandi zampe sono poste di lato alla porta che porta alla sommità della collina.
Anticamente tra le due monumentali zampe c’ era una scultura in mattoni di una testa di leone con le fauci spalancate che dava accesso alla scala, oggi purtroppo crollata.
L’ ultimo tratto di scala è il più duro perché completamente sospeso nel vuoto e, per arrivare in cima ci vuole una buona dose di coraggio, per chi , come me, soffre di vertigini.
Il cuore del sito è tutto un dedalo di muretti in mattoni che delimitavano il perimetro delle abitazioni e delle altre costruzioni; c’ è anche una grande piscina, probabilmente solo usata come cisterna e una grande panca in pietra definita il “trono del re”.
Scendendo non percorriamo a ritroso la strada percorsa in precedenza ma passiamo per un’ altra via che porta alla parte adibita a prigioni, alle grotte dove risiedevano i monaci e dove rimangono ancora piccoli frammenti di pitture , una piattaforma scavata su un grande masso utilizzata come sala del consiglio e passiamo sotto alla roccia del Cobra dalla forma oblunga che pare un cobra col cappuccio aperto.
Terminata dal visita del sito ci siamo fermati ad un laboratorio in cui si lavora il legno , dove ci hanno spiegato le differenze per i vari tipi di legno e le tecniche di pittura e poi ad un laboratorio dove producevano batik, i tessuti in cotone dipinti con colori naturali e quindi ricoperti di cera per far sì che il colore venga assorbito e non si confonda con altri colori , usando una complessa lavorazione.
Entrambe i laboratori erano esageratamente cari , sapendo poi quanto è lo stipendio medio di un operaio ci siamo sentiti presi in giro !
Lal ci ha riportato in hotel dove abbiamo fatto un bagno in piscina , mangiato un po’ di frutta e siamo ripartiti per Dambulla, il complesso monastico rupestre risalente al I secolo a. C che si trova sulla cima di una montagna e che conta oltre 150 statue di Buddha.
Prima di giungere al sito ci siamo imbattuti nel “Golden Temple” dal gusto quasi grottesco , sulla cui cima è posta una gigantesca statua dorata di Buddha , che sembra un’ immagine da luna-park; poi di nuovo scale e scale fino ad arrivare al monastero scavato nella roccia , costituito da 5 caverne dove anche qui, le scimmie sono le regine incontrastate.
La prima è il tempio dei “Re dei Re”,molto buia, dove è custodita una gigantesca statua di Buddha morente; la seconda è la più grande , il tempio del “Grande Re” dove spicca un’ altra gigantesca statua di Buddha coricato e poi , lungo tutte le pareti della grotta una miriade di statue di Buddha seduto o in piedi raffigurato nei vari atteggiamenti.
C’ è anche un piccolo stupa bianco attorniato sempre da statue e le pareti di roccia che ne delimitano il soffitto sono completamente dipinte con le immagini del Dio. Al centro della grande sala c’ è un recipiente in terracotta che raccoglie l’ acqua che cade a gocce di continuo dal soffitto anche nei periodi di maggior siccità , considerata perciò sacra ed usata durante le funzioni religiose.
La terza è chiamata “Grande Tempio Nuovo” molto simile alla precedente solo un po’ più piccola e meno antica.
La quarta è la “Grotta Occidentale” molto piccola rispetto alle altre due completamente piena da una grande statua di Buddha Dormiente ; la quinta è poco più che un antro e contiene il minor numero di statue.
Dambulla è il luogo che, secondo me, esprime la più grande spiritualità avvertita in tutto il paese : c’ è pienissimo di fedeli che portano offerte e fiori, tutti nei loro abiti bianchi , regna il silenzio rotto solo da qualche urlo delle numerose scimmie e il parlottare sommesso dei pochi turisti ; è un luogo che avverti come sacro anche se si è di un altro credo religioso .
Abbiamo terminato la nostra giornata con un bel massaggio ayurvedico in un centro certificato , in quanto ne esistono moltissimi le cui condizioni igieniche non sono delle migliori e altri paiono essere “bordelli celati” .
Dopo averci diviso in uomini e donne ,ci hanno massaggiato con olio si sesamo la testa e il collo, abbiamo fatto una sauna soft e poi, sdraiate sul lettino un massaggio total body veramente rigenerante , quindi un bagno di vapore in una sorta di “sarcofago” in legno con il fondo coperto da erbe.
Rilassati e rigenerati siamo rientrati in hotel dove non abbiamo neppure fatto la doccia per far sì che gli oli spalmati sul nostro corpo andassero ad idratare a fondo la nostra pelle.
Durante la cena due figuri si aggiravano tra i tavoli con una chitarra ed un tamburo cantando, per lo più canzoni reggae anche se non mi spiego assolutamente, che cosa abbia in comune questo paese con la Giamaica e perché l’ immagine di Bob Marley sia onnipresente ovunque neppure fosse l’ eroe nazionale !
Costoro hanno dato una ventata di allegria con le loro canzoni stonate e, per ora , è stato l’ unico intrattenimento serale a cui abbiamo potuto assistere.
A fine del loro show Giò si è fatto prestare la chitarra ed abbiamo cantato alcune canzoni prima di andare a letto .
MARTEDì 21/01/2014: POLONNARUWA – SIGIRIYA
Solita sveglia alle 7 e partenza alle 8 dopo una colazione fatta di dolcetti e brioches veramente deliziosi e, che probabilmente non troveremo così facilmente visto che è un paese in cui si sente ancora molto l’influenza anglosassone in cui la colazione è fatta di uova e bacon.
Dopo quasi un’ora di strada e dopo aver rifiutato un giro a dorso di elefante propostoci da Lal come fuori programma, siamo giunti al sito archeologico di Polonnaruwa, seconda capitale del regno singalese dopo Anuradhapura dall’ XI al XIII secolo.
In principio abbiamo visitato il museo, decisamente più ricco di quello di Anuradhapura in cui sono custodite statue , suppellettili ed arnesi trovati nel sito ma la cosa più interessante sono i plastici degli edifici come erano in origine.
Il palazzo reale, di cui rimangono solo parte delle alte mura in cui si possono notare i fori delle travi su cui era appoggiato il secondo piano , pare avesse ben 7 piani, gli ultimi 3 però in legno, il tutto per una somma di oltre 50 stanze.
Camminando lungo muretti di recinzioni che delimitano porzioni di prato siamo giunti ad una grande vasca usata per le abluzioni, dove zampillava acqua da due grandi bocche di coccodrillo. Di fianco alla piscina un’ edificio adibito a spogliatoio con una bella pietra della luna all’ingresso.
Risalendo si incontra una superba sala delle assemblee dove rimangono in piedi alte colonne e vi si accede tramite una scala in pietra in cui si trovano a guardia 2 imponenti statue di leoni . Il piedistallo dell’ edificio è decorato con bassorilievi di elefanti, l’uno diverso dall’altro.
Qui, in confronto agli altri siti visitati fin’ ora c’è un discreto numero di venditori ambulanti che ti seguono salmodiando che tu compri un oggetto oppure l’ altro, veramente noiosi !
Sulla strada di collegamento incontriamo il primo tempio hindù con statue più coreografiche e, al centro , veneratissimo, un “sacro Linga”.
La zona in cui c’ è la maggior concentrazione di opere d’ arte è il “Quadrilatero”, una terrazza sopraelevata rispetto al livello stradale, chiamato così dalla forma più o meno quadrangolare cintata da mura e su cui si trovano opere veramente superbe e ben conservate.
Ci imbattiamo subito nel Vatadage un tempio circolare con 4 entrate disposte lungo i punti cardinali davanti ad ognuna delle quali si trova una statua di Buddha seduto. Il camminamento è contornato da colonne e di guardia alle scale si trovano bassorilevi di pregevole fattura rappresentanti guerrieri.
Di fronte al Vatadage si trova l’ Atadage un tempio costruito apposta per custodire la reliquia più preziosa : il dente di Buddha ; ogni sovrano che saliva al trono faceva costruire un nuovo tempio per custodirlo e, quando Pollonaruwa è decaduta come capitale è stato portato a Kandy dove si trova tutt’ ora.
Il Thaparama Gedige è l’ unico tempio che ha ancora il tetto, l’interno è così piuttosto buio e avvolge una grande statua di Buddha in piedi.
Nelle vicinanze si trova un altro tempio denominato Hatadage , che anch’ esso ha custodito per un periodo il Dente di Buddha.
Molto piccolo e raccolto è il Lotha Mendapaya tempio usato dai re come luogo di meditazione.
Il Gal Pot invece è un monumentale libro in pietra, una lastra di granito proveniente dalla zona di Mihintale alta 1, 5 m e lunga 9 m dove è scritta la storia del regno di uno dei sovrani che hanno regnato qui.
Di fianco al Gal Pot c’ è una costruzione completamente differente dalle altre una tipica pagoda a gradoni in stile kmer.
Lasciato il Quadrilatero abbiamo proseguito sulla strada fino al Rankot Vihara , un grande dagoba in mattoni, il più grande di Pollonaruwa, molto simile a quelli di Anuradhapura, con attorno piccole edicole per lo più vuote. Qui nei pressi si trovava un luogo di cura in cui sono stati rinvenuti ferri chirurgici.
Davanti ad un dagoba bianco parte una strada sterrata che costeggia uno stagno e ci porta ad uno dei luoghi più spettacolari del nostro viaggio: il Gal Vihara, un complesso fatto di 4 grandi statue in granito , scolpite direttamente nella roccia che ritraggono Buddha in 4 diverse posizioni ,di una bellezza eccezionale.
Guardando da sinistra verso destra la prima che si incontra è un Buddha benedicente, la statua successiva è molto più piccola custodita in una grotta , c’ è poi un Buddha in piedi alto 7m , la cui posizione con le braccia incrociate è molto inusuale, per ultimo un Buddha coricato che sta entrando nel Nirvana lunga 14 m.
Ci siamo spinti poi fino allo stagno del Loto, una vasca dai centri concentrici a forma di petali che faceva parte di un complesso monastico, e poi fino al Tivanka Image House , una costruzione, in fase di restauro, eccezionalmente ancora provvista di tetto , che custodisce una grande statua di Buddha però senza testa in posizione di triplice inchino, tipica delle statue femminili, e gli unici affreschi conservati in tutto il sito.
L’ esterno è decorato con fregi di nani che saltellano.
Oggi Bo-mie Tour ci ha offerto il pranzo , a detta di Lal , in una casa di locali, che si è poi rivelato un ristorante rustico di cucina tipica .
Il cibo, anziché nei piatti , ci è stato servito su grandi foglie e, le posate erano solo su richiesta visto che i singalesi tradizionalmente mangiano con le mani.
C’ erano un’ infinità di verdure o frutta cucinate con il curry (Jack-fruit, banane, tapioca, melanzane), il pesce d’ acqua dolce pienissimo di spine, la cosa migliore si è rivelato l’ onnipresente pollo anche se era eccessivamente piccante.
Al posto del pane ci hanno portato una sorta di piadina cotta sulla brace, poi il curd con il miele e le ananas che sono sempre meravigliose, i restanti dolci veramente immangiabili.
Ho sempre criticato molto gli alberghi che ti propongono cucina internazionale, preferendo sempre la cucina locale, ma se questi sono i loro piatti tradizionali sono veramente felice di non doverne mangiare tutti i giorni !
L’ ultima tappa di oggi è Medirigiriya, distante circa 30 km, per la velocità di Lal, un’ ora e mezza di strada .
Questo sito è molto piccolo e di minor importanza rispetto a quelli visitati fin’ ora, ci sono un paio di templi ed è praticamente deserto, infatti pochissimi turisti lo raggiungono .
Il tempio principale ha un architettura simile a quella del Vatadage di Pollunaruwa anche se le statue dei Buddha sono molto più rovinate ; c’ è il rudere di uno stuba e una caverna usata dai monaci per la meditazione.
Il viaggio di rientro è durato oltre 2 ore ma siamo ugualmente rientrati presto rispetto alle sere precedenti; abbiamo fatto una doccia con tutta calma, riordinato le valigie perché domani lasceremo il “Lion Rock” e poi siamo andati a cena anche se no eravamo così affamati perché oggi, a differenza degli altri giorni in cui consumavamo solo un po’ di frutta abbiamo fatto un pasto completo.
Terminata la cena ci siamo intrattenuti ancora un po’ a telefonare e a riesaminare il programma di viaggio che , in alcuni giorni non ci sembra molto equilibrato ma io non ho vagliato tutte le alternative come faccio di solito e… Upa ha fatto di testa sua !
MERCOLEDì 22/01/2014: SIGIRIYA- MAHIYANGAJANA
Lasciato l’ hotel, Lal ci ha proposto una visita ad un giardino statale delle spezie presso Metale ; un impiegato, in un italiano accettabile, ci ha mostrato tutte le piante che coltivano e ce ne ha illustrato i principi curativi e come vengono utilizzate dalla medicina ayurvedica .
Il giro è terminato con un assaggio di una tazza di cioccolata preparata con il cacao qui coltivato e un energico ma rinvigorente massaggio di testa e collo. Entusiasti dei rimedi della medicina ayurvedica descrittoci abbiamo speso una fortuna in prodotti, speriamo siano validi come ci hanno promesso !
Qui abbiamo incontrato Upa che accompagna una coppia di fiorentini che hanno adottato una bimba singalese e poi abbiamo ripreso la via per Mahiyangajana.
La strada per molti tratti è sterrata e coperta di terra rossa, disseminata di buche, tutta un cantiere , che si snoda in una campagna fatta di risaie a perdita d’ occhio, dove spesso varani attraversano la strada e si gettano nei canali indisturbati.
Anche il tempo non è dei migliori, il cielo è scuro e spesso la pioggia comincia a cadere in violenti scrosci che, per fortuna , durano solo pochi minuti.
Inutile dirlo che le condizioni della strada e del tempo ci hanno fatto avanzare alla velocità di una lumaca e siamo arrivati in hotel ben oltre le 14 .
Il nostro hotel è il “Sorobora Gedara” una struttura vecchiotta e poco curata ma pare sia l’ unica in città.
Qui è tutto addobbato a festa perché si sta svolgendo una festa di matrimonio e c’ è un via vai di persone elegantissime nei loro sari colorati e, di contro, i camerieri sono talmente ubriachi da non reggersi in piedi: alla faccia della religione buddista che predica l’astinenza dall’ alcol!
Mentre aspettavamo di ripartire siamo andati a bordo piscina ma non c’ era neppure una sedia su cui sedersi e , per di più, libero di girare un cerbiatto bellissimo ma… che ci attaccava a morsicate!
Abbiamo chiacchierato un po’ con un gruppetto di bimbe invitate a nozze che, hanno sfoggiato il loro inglese e ci hanno anche invitato ad andare a ballare con loro alla festa .
Il programma oggi prevede la visita di un villaggio di indigeni per capirne la cultura e il loro modo di vivere , ma si è rivelata una bufala tremenda!
I Vadda, prima etnia che ha colonizzato l’ isola , erano formidabili cacciatori, ma ora le loro terre sono state inglobate all’ interno di riserve naturali dove è proibita la caccia quindi per sopravvivere hanno dovuto dedicarsi all’ agricoltura.
Abbiamo percorso una strada sterrata nel bosco per raggiungere la capanna fatta di fango del capo tribù che era lì ad accoglierci assieme al figlio ed alcuni altri uomini della comunità.
Costoro hanno tutti capelli lunghi, barbe incolte, vestono con il solo sarong , hanno le labbra e i denti rosso acceso perché masticano di continuo noci di cola e foglie di betel.
Il capo ci ha accolto gentilmente ha risposto alle nostre poche domande e poi alla richiesta di Lal di mostrarci le loro danze tipiche, ci hanno risposto svogliatamente, così non abbiamo insistito, quindi il figlio del capo con lo sguardo stranito dalle sostanze stupefacenti che assumono in continuo ci ha accompagnato a visitare il villaggio. Dopo aver camminato nella foresta per un paio di chilometri siamo arrivati ad una capanna identica alla precedente con un vecchio che somigliava al primo come una goccia d’ acqua !
Presa la strada del ritorno ci siamo resi conto che le uniche due capanne di fango esistenti nella zona sono quelle che ci hanno mostrato mentre il resto della tribù vive in comode villette .
Non ci è piaciuta per nulla questa messa in scena , classica trappola per turisti; capisco che essere guardati dai turisti come fenomeni da baraccone possa non essere piacevole, ma quando lo hai scelto come fonte di reddito fingi almeno di essere cordiale con chi viene a visitarti !
Tornati in città siamo andati a visitare il grande dagoba bianco sorto dove Buddha predicò in Sri Lanka; c’ è un bel tempio con un grande Buddha seduto e pitture alle pareti, un tempio induista e il grande stuba .
E’ il tramonto e la luce soffusa avvolge questo luogo sacro , in cui noi siamo gli unici turisti e ci confondiamo tra i fedeli inginocchiati assorti in preghiera, o che offrono fiori dinnanzi alle immagini del Dio, il tutto con un sottofondo di campane e suoni ritmati dei tamburi : è stato un momento veramente suggestivo!
Vincendo le insistenze di Lal che non voleva perderci di vista neppure un momento, ci siamo fatti lasciare in città per fare quattro passi e riuscire a capire la vita di una cittadina singalese non condizionata dal turismo.
Abbiamo fatto qualche acquisto e poi abbiamo dovuto rincasare perché attorno alle sette tutti gli esercizi commerciali chiudono, anche i bar, che, non vendono alcun tipo di alcolici neppure la birra, che, per inciso, fa 4 gradi!
Gli alcolici ,birra compresa, vengono venduti, come all’ epoca del proibizionismo, in appositi locali chiusi da grate, tanto da sembrare la cosa più illegale al mondo acquistarne un paio di bottiglie.
L’ autista di tuk-tuk che ci ha riportato in hotel , ci ha accompagnato prima in uno di questi locali dove abbiamo comprato 2 birre da bere come aperitivo seduti in terrazza.
La cena questa sera non è stata a buffet ma servita: la zuppa era ottima ma il pesce immangiabile .
GIOVEDI’ 23/01/2014: MAHIANGAYANA- KANDY
Partenza alle 8 per Kandy; lasciata la città , la strada comincia subito a salire in una serie interminabile di tornanti tra risaie, foreste e campi coltivati.
Attraversiamo pochissimi paesi, e dopo due ore e mezzo senza soste, fatta eccezione per alcune foto fatte ad una sposa in abiti tradizionali, arriviamo a Kandy, ultima capitale singalese prima di Colombo e roccaforte per aver resistito a lungo al dominio portoghese.
Questa è la città più popolosa dopo la capitale con tutto il traffico e il via vai che ne consegue: siamo disorientati dopo una settimana di piccoli centri tranquilli!
Per prima cosa abbiamo raggiunto il hotel “Change” : una cosa terribile!
Innanzi tutto l’ ubicazione: dista almeno un quarto d’ ora di macchina dal centro città posto su di una collina e, per raggiungerlo, bisogna percorrere una lunga strada sterrata disseminata di buche ;la sala d’ ingresso è stata in parte restaurata anche se i fili elettrici pendono dai muri come fastidiose ragnatele.
A mezzogiorno, malgrado il numero esiguo di stanze e quindi di clienti , non avevano ancora le stanze pronte, così abbiamo dovuto attendere quasi un’ ora prima di prenderne possesso.
La stanza, tutto sommato era carina, con un balcone che si apriva su di un giardino ma il bagno era uno sfacelo: sporco,i rubinetti e la tavoletta del water rotti, formiche morte nel bicchiere degli spazzolini e ….una puzza di muffa da togliere il fiato !
Posso accettare che quello di ieri non fosse il top , anche se di livello decisamente superiore, perché sito in un buco di paese e quindi unica alternativa, ma non a Kandy, seconda città dello Sri Lanka, che conta centinaia di hotel! Chiusa parentesi! La nostra visita è cominciata nel giardino botanico, un parco di 80 ettari di progettazione inglese, che conta un numero infinito di alberi e fiori, disposte con gusto nelle aiuole spaziose; ci sono piante di bambù enormi,altissimi pini, anche se completamente diversi dai nostri, jack fruit, alberi di teck, palme, cactus, agavi, molte piante da noi considerate piante d’ appartamento qui di dimensioni enormi; fiori colorati dai delicati profumi e una serra con una miriade di orchidee.
Usciti da lì, Lal incurante delle nostre proteste ci ha accompagnato nell’ ennesima gioielleria che ci ha sciorinato di nuovo l’ elenco di tutte le pietre preziose dello Sri Lanka che noi avevamo già sentito in hotel a Sigiriya.
Volendo tagliare corto non ci siamo quasi degnate di guardare ciò che i commessi solerti ci proponevano e ci sembra veramente strano che queste pietre così pure vengano tutte montate su argento.
Loney Planet alla mano abbiamo chiesto a Lal di accompagnarci ad un mercato dell’ artigianato ma egli ci ha condotto in un grande mercato di abbigliamento per locali, assolutamente di pessima qualità.
Passeggiando per le strade affollate del centro ci siamo fermati in un negozio che avevano magliette un po’ più carine e ne ho comprata una per Enrico e una per Giorgia.
Alle 17 siamo andati a vedere uno spettacolo di danze tradizionali, i danzatori di Kandy sono molto quotati e ballano a ritmo dei tamburi; danzatori e ballerine vestiti con abiti tradizionali si esibiscono in balli ritmati, quasi acrobatici e l’ esibizione è terminata con una passeggiata sui carboni ardenti ; quello che pensavamo fosse il classico spettacolo noiosissimo di danze popolari si è rivelato interessante .
Alle 18 abbiamo fatto il nostro ingresso all’ interno di uno dei luoghi più sacri di tutto il paese : il Tempio del Dente Di Buddha.
La costruzione dal tetto d’ oro è protetta da due fila di mura divise dal corpo centrale da un fossato pieno d’ acqua.
Tutti i giorni alle 12 e alle 18 si svolge la cerimonia in cui il Sancta Santorum che custodisce la reliquia apre le porte mostrando una piccola pagoda d’ oro ultima di 7 custodie posta l’ una dentro l’ altra come scatole cinesi in cui è custodito il Sacro Dente .
Siamo entrati nel santuario tramite una scala con i dipinti sui muri, si arriva in un grande chiostro dove suonatori di tamburo si esibiscono con ritmi festosi e, da qui si ci mette in coda per salire al piano superiore dove i monaci per 45 minuti tengono aperta la porta del piccolo tempio e si può vedere brevemente la reliquia mentre si passa davanti sempre camminando.
Molti fedeli sono in ginocchio pregando , altri portano fiori sicuramente disturbati e infastiditi da questa moltitudine di turisti che spesso non rispettano la sacralità del luogo.
Siamo così scesi nel piccolo tempio del Buddha d’ Oro, quindi siamo entrati nella biblioteca dove sono custoditi testi antichi scritti su fogli di palma .
Di fianco al corpo antico del monastero è stato costruito in epoca più recente un altro tempio molto più ampio del precedente in cui fa bella mostra di sé una statua dorata di Buddha donata al governo singalese dalla Thailandia. La grande sala è decorata tutt’ attorno da rappresentazioni delle varie peregrinazioni del Dente di Buddha.
E’ ormai notte piena quando usciamo dal tempio mentre le fiammelle dei ceri votivi si stanno spegnendo, anche i fedeli che si aggirano sono molto pochi.
Durante il breve tratto di strada che ci separa dalla nostra auto ci siamo potuti accorgere di quanto sia cambiata Kandy nel giro di un paio d’ ore: quelle strade così trafficate ed affollate sono pressoché deserte, poco illuminate, silenziose, non c’ è un bar o un ristorante aperto, sembra che tutti i suoi numerosi abitanti si siano asserragliati in casa in una sorta di coprifuoco: un mutamento veramente incredibile!
Siamo rientrati in hotel e la cena è stata ottima e abbondante e terminata con il gelato .
VENERDì 24/01/2014: KANDY- DALHOUSIE
E’ stata una notte terribile, in cui la puzza di muffa ti attanagliava le narici, su di un materasso di pietra e alle 6 siamo stati svegliati dall’ abbaiare furioso di cani che, incuranti dell’ ora, giravano indisturbati in giardino a pochi metri dalla nostra stanza.
Dopo una colazione degna della cena di ieri sera che ci ha rimesso in pace col mondo , appena incontrato Lal gli abbiamo fatto la nostra proposta di itinerario verificata ieri sera sulla guida, visto che il programma prevedeva di andare subito a Dilhousie, campo base per la scalata all’ Adam Peak e quindi un paese, credo, completamente privo di attrattive.
Titubante ha chiesto l’ autorizzazione ad Upa e , ricevuta risposta affermativa da quest’ ultimo , ci ha accompagnato alla scoperta degli altri templi di Kandy.
La prima tappa è stata al tempio induista di Kataragama Devale a cui si accede tramite un’ alta torre decorata con divinità hindù.
L’ interno è molto vasto disseminato di cappelle ognuna con al centro una divinità diversa vestita con abiti di seta colorati con offerte di fiori ai loro piedi.
Molti fedeli sedevano a terra o portavano frutta , fiori e latte in busta che poi versavano in un grande secchio davanti ad una sorta di sacerdote che impartiva benedizioni a gran voce.
Di fianco al tempio del Dente di Buddha c’ è un complesso di 3 templi induisti, in uno si trova un grande albero del “Bodhi” , dove una folla di fedeli gira attorno con ciotole piene d’ acqua che , dopo 7 giri andranno versate ai piedi del grande albero.
Un secondo ha due stanze, l’ una in cui si venera Buddha e l’ altra in cui si venera Shiva .
Nel grande cortile legato sotto un grande albero c’ è un elefante, uno di quelli usati per la grande festa dell’ “Esala Perahera” che si tiene durante la poya del mese di agosto, oggi qui solo per ricevere le offerte dei turisti che si avvicinano per scattare qualche foto.
Usciti da qui siamo andati nuovamente in cerca del famigerato mercato dell’ artigianato ma, malgrado Lal avesse chiesto informazioni al gestore dell’ hotel, non è riuscito nell’ intento.
Abbiamo comunque fatto un giro tra i mille colori e i mille profumi del mercato della frutta e della verdura e del pesce ed abbiamo percorso una parte del lungo lago in cui sono situate bancarelle d’ abbigliamento, di scarpe , di borse , di dolciumi.
La Lonly Planet indicava un paio di templi degni di nota alla periferia di Kandy, templi che Lal non conosceva così , visto il tempo che abbiamo impiegato a raggiungerli, abbiamo sbagliato strada sicuramente più di una volta.
Il tempio buddista di Embakka Davale , risalente al XIV secolo ha una spettacolare sala delle udienze con colonne e il soffitto di legno intagliato, con immagini tutte differenti le une dalle altre.
Poco distante si trova il Lankatilake Devale ubicato su di una collina rocciosa e per raggiungerlo si sale su per una ripida scala scavata nella pietra.
E’ una costruzione bianca con il tetto spiovente del XIV secolo più simile ai templi induisti ; entrando si percorre un’ anticamera con immagini di leoni dipinte sui muri, l’ interno ha il soffitto di legno dipinto con immagini di Buddha, un grande Buddha seduto a cui fanno da corona bassorilievi raffiguranti divinità indù.
Il terzo tempio minore rispetto ai precedenti non ci siamo fermati a visitarlo perché comincia ad essere tardi e ci sono ancora parecchie ore di viaggio prima di raggiungere Dalhousie.
Ritornati verso Kandy abbiamo affrontato per l’ ennesima volta il traffico caotico del centro e poi ci siamo inoltrati in una tranquilla strada di campagna tra le risaie , che, appena la strada ha cominciato a salire, sono state sostituite da immense piantagioni di tè , da boschi di pini e di alberi di “mara” dalla singolare chioma che si sviluppa in orizzontale.
La strada è tutta curve , strettissima , se si incontra un altro mezzo ci si deve fermare , quindi abbiamo impiegato un’ eternità ad arrivare a destinazione.
L’ hotel , che pensavamo fosse poco più che una bettola, si è rivelato 100 volte meglio di quello di ieri: è nuovo con grandi stanze, bagni confortevoli e una terrazza rivolta verso la cima dell’ Adam Pick, che alla luce del tramonto è veramente suggestivo !
Lal , prima di cena ci ha accompagnati a vedere dove parte il sentiero che porta sulla vetta , qui c’ è una miriade di bancarelle, negozi, ristorantini, una vita mai vista nelle altre città in cui abbiamo soggiornato finora !
La cena, per permetterci di riposare un po’ più a lungo, ci è stata servita alle 18.30, abbiamo gustato dei noodles superbi e la solita birra ci è stata servita in teiera e tazze da tè , perché qui è considerato un luogo sacro, quindi non si dovrebbero servire alcolici, ma se mascherati ….
Abbiamo puntato la sveglia alle 1.30 e ci siamo ritirati nelle nostre stanze.
SABATO 25/01/2014: DALHOUSIE- NUWARA ELIYA
Sveglia all’ 1.30 , siamo saltati nel nostro abbigliamento da montagna e prima delle 2 eravamo già in strada.
Transitando per il paese ci siamo accori che tutti gli esercizi commerciali rimanevano aperti tutta la notte, perché il flusso dei pellegrini è continuo.
La strada serpeggia fra le case del paese poi comincia a salire dolcemente alternando sentiero a tratti di scala; Dalhousie è situato a 1500 metri d’ altitudine e temevamo un freddo polare, invece cominciando a salire ci saremmo quasi spogliati .
Abbiamo attraversato una porta con a fianco un tempio dedicata a Buddha e uno a Ganesh e poco oltre, probabilmente all’ inizio della strada che porta al tempio alcuni monaci dispensavano benedizioni e anche noi siamo stati benedetti .
Man mano che si prosegue i tratti di semipiano sono sempre meno mentre le scale dagli alti scalini irregolari sono sempre di più.
Moltissimi sono i pellegrini che affrontano questo viaggio, la maggior parte fedeli singalesi imbacuccati in voluminosi berretti di pile , con coperte sulle spalle e, le infradito nei piedi, cosa che ci ha fatto assistere a più di una caduta; i pochi turisti hanno invece un abbigliamento più consono.
Su tutto il tragitto si trovano tende o bancarelle che fungono da bar e che offrono cibi e bevande calde; anche noi ci siamo fermati verso le 4 per un tè caldo, buonissimo, veramente a pochissime rupie , quindi ci siamo avventurati su per il tratto più ostico del percorso.
La scala con doppio corrimano sale diritta fino alla cima della montagna, gli scalini sono altissimi e in alcuni tratti sferza un vento gelido. Qui le persone vanno veramente al passo della lumaca quindi questo affrontare un passo alla volta ci dà l’ opportunità di prendere fiato .
Siamo giunti in cima alle 5.30 che era ancora notte, la piattaforma su cui è posato il piccolo tempio è veramente piccola e la folla immensa , rimaniamo pressati come sardine tra il camminamento e il muro di cinta ad aspettare l’ alba, ricevendo spintoni e gomitate da chi voleva passare per andare chissà dove.
Schiacciati da questa folla abbiamo atteso che il cielo pian piano rischiarasse ma prima che apparisse ad est la palla infuocata del sole ci è voluta quasi un’ ora e a 2200 metri d’ altitudine faceva un freddo polare !
Appena sorto il sole una piccola processione di monaci accompagnati da tamburi e altri strumenti a fiato si è fatta largo tra la folla di fedeli fino ad arrivare alla scala che conduce al piccolo tempio per poi incominciare la preghiera che investiva tutto il sagrato grazie ed un paio di gracchianti altoparlanti ; molti fedeli si sono inginocchiati in preghiera , quindi siamo rimasti nuovamente imbottigliati senza più riuscire andare né avanti né indietro ma abbiamo assistito ad uno spettacolo straordinario: il monte dalla forma precisa di piramide forma un’ ombra sulla valle sottostante ancora avvolta dalla nebbia.
Congelati dal freddo, non avendo la certezza che si potesse visitare l’interno del tempio , districati dalla folla abbiamo cominciato la discesa , interminabile, molto più dura che la salita; gli alti ed irregolari scalini rompono le ginocchia e fanno dolere le articolazioni delle caviglie .
La giornata è magnifica , il sole splende alto nel cielo e abbiamo quasi subito tolto giacca e maglioni e il tragitto a ritroso, vuoi per la stanchezza, vuoi per il caldo ci è sembrato eterno .
Verso le 9.30 abbiamo raggiunto il paese , fatto una sostanziosa colazione, una bella doccia rigenerante e verso le 11.30 siamo partiti per Nuwara Eliya.
Il viaggio è durato circa 3 ore, abbiamo percorso a ritroso la strada stretta tutta curve per Dalhousie per poi tornare quasi a Kandy prima di trovare la deviazione per Nuwara Eliya.
Anche questa valle che si inerpica in salita è totalmente votata alle piantagioni di tè. Ci siamo fermati in una delle numerose fabbriche per la lavorazione del tè che si trovano sulla strada.
Una simpatica ragazza ci ha mostrato il tè nelle varie fase della sua lavorazione , la fermentazione, l’ essiccamento e la suddivisione tra le varie miscele; ci hanno offerto una tazza fumante di tè e poi ci siamo fatti tentare dagli acquisti perché , vista la qualità del tè sono molto convenienti.
La periferia di Nuwara Eliya è disseminata di eleganti villette in stile coloniale, dove la presenza inglese è ancora tangibile, mentre il centro è molto più caotico e per nulla caratteristico.
Qui, però, si trova un interessante mercato di abbigliamento sportivo di marca, che a detta dei commercianti, viene prodotto in Sri Lanka; e, se non è autentico sono copie quasi perfette.
Gli inglesi hanno lasciato un ippodromo mal tenuto, ricoperto di erbacce, anche se ancora in uso, un campo da golf e una romantica passeggiata sul lungo lago .
Siamo a 1900 metri di altitudine , è il tramonto , abbiamo passeggiato un po’ sul lungo lago , scattato qualche romantica foto e poi ci siamo fatti venire a prendere da Lal perché le temperature sono realmente montane.
Il nostro hotel il “Trevene” è sito in una vecchia casa coloniale con arredi dell’ epoca e un grande camino in salotto. La stanza è spaziosissima , ha anche un piccolo spazio adibito a salotto.
La proprietaria è una signora gentilissima che ci ha accolto familiarmente e , dopo pochi minuti che eravamo in stanza ci ha avvertito che il camino era acceso.
E’ strano pensare , dopo tanti giorni di caldo torrido, di godere nello stare dinnanzi alle fiamme di un fuoco.
In questo elegante salotto , assieme ad una coppia d’ inglesi, abbiamo atteso che ci servissero la cena, che è stata ottima ed abbondante e poi, come dessert, ci hanno servito il curd davanti al camino acceso.
Alle 9 eravamo già, esausti, sprofondati sotto un piumone bianco soffice come una nuvola : domani ci toccherà l’ ennesima levataccia !
DOMENICA 26/01/2014: NUWARA ELIYA- ELLA
Sveglia alle 5 , di nuovo nel cuore della notte; è stato difficilissimo lasciare il tepore delle soffici coperte per uscire, poco dopo, al gelo; la signora ieri sera ci ha preparato un sacchetto con la colazione, quindi in punta di piedi abbiamo atteso Lal nell’ ingresso della casa.
Il cielo era tutto una stella e pian piano ha cominciato a schiarire ma faceva un freddo da battere i denti malgrado avessimo addosso tutto ciò di più pesante in nostro possesso.
Le Horton Pains sono un parco nazionale situato ad oltre 2000 metri d’ altitudine ed è un grande altipiano fatto di boschi e radure .
Stamattina si presentava davanti a noi uno spettacolo che mai avremmo immaginato di vedere in Sri Lanka: i prati erano bianchi di brina , come se avesse appena nevicato.
C’ è un’ unica strada sterrata che compie un giro ad anello di quasi 10 km che passa tra cespugli di rododendri, piccoli laghi in cui si specchia il turchese del cielo; camminiamo a passo spedito con il collo della giacca tirato fin su le orecchie per difenderci dal freddo, ma serve a poco .
Verso le 8, quando il sole era ormai alto la brina ha cominciato a sciogliersi e la temperatura ha cominciato a salire , così abbiamo potuto finalmente togliere le giacche .
Ci siamo inoltrati in un bosco umido e siamo scesi a vedere una cascata non altissima ma che saltava giù da grandi rocce nere.
Il sentiero scende ancora un po’ nel bosco fino a sbucare un una grande radura soleggiata in cui la strada rossa prosegue tra cespugli d’ erba alta fino al punto panoramico chiamato “World end” uno sperone di roccia con uno strapiombo di oltre 880 metri sulla valle sottostante.
Il panorama che si gode da qui è grandioso, dicono che nelle giornate particolarmente terse si possa vedere il mare.
Questa escursione si fa molto presto il mattino perché, dopo le 10.30 il “World end” si ammanta di nebbia che impedisce di godere di questo spettacolo meraviglioso.
Abbiamo proseguito per un sentiero quasi pianeggiante fino ad un altro punto panoramico il “Little World end” , con uno strapiombo meno imponente del primo e poi un tratto in salita disseminato di grandi rocce.
Malgrado sia un parco naturale la presenza di animali descritta dai vari cartelli esplicativi è pressoché assente, non abbiamo visto che un paio di uccelli simili ai passeri, anche le onnipresenti scimmie sembrano nascondersi qui .
Dopo circa 3 ore e mezza di cammino ci siamo trovati al punto di partenza , ci siamo fermati su di una panchina al sole a mangiare i panini che ci hanno preparato come colazione e poi siamo scesi nel paese a valle per prendere il treno che ci porterà ad Ella .
Abbiamo atteso più di un’ ora in una vecchia stazione dove la biglietteria apriva solo 10 minuti prima che arrivasse il treno , qui ,di treni che vanno verso Colombo, ne passano 3 in tutto il giorno.
Finalmente alle 13.30,lento lento ,sferragliando è arrivato un vecchio treno stracarico di persone dove non abbiamo trovato posto a sedere, ma pagando un supplemento abbiamo potuto sederci nei posti riservati.
Il viaggio tanto decantato da tutti ci ha lasciato alquanto indifferenti perché , per i primi 40 minuti la ferrovia attraversa un bosco senza particolari caratteristiche , quando si incontrano le piantagioni di tè sono lontane e fotografarle da un treno in movimento è difficile, anche se il treno va letteralmente a passo d’ uomo !
Verso le 15.30 eravamo alla stazione di Ella dove abbiamo trovato Lal ad attenderci per portarci in hotel.
L’ hotel “Sky Green” , come di consueto, è fuori dal mondo civile su per una collina e, per accedervi, bisogna inerpicarsi su per una ripida scala ma è una bella struttura nuova con belle stanze ampie con il letto a baldacchino e soprattutto una grande terrazza che guarda sulle cime verdi delle Country Hills .
Ella è una piccola cittadina che non offre nulla dal punto di vista turistico, quindi ci siamo fatti una doccia e ci siamo fatti portare in un centro ayurvedico per un massaggio: viste le performance degli ultimi 2 giorni siamo realmente a pezzi.
Questo centro è decisamente migliore rispetto al primo, ci hanno massaggiato a coppie , ogni coppia nella propria stanza , c’ era musica orientale in sottofondo e il massaggio è stato ancora più rilassante, ma il prezzo era il medesimo !
Tornando in hotel abbiamo visto che nel centro di Ella ci sono alcuni localini veramente carini ma alle 21 chiudono tutti,e, visto dove è ubicato il nostro hotel, non ce l’ avremmo mai fatta a scendere dopo cena a bere qualcosa.
La cena è stata buona, ottimi i noodles ma il fatto che non avessero birra e non la si potesse consumare ai tavoli è stato un inconveniente spiacevole !
LUNEDì 27/01/2014: ELLA- TISSAMANAHARAMA
Stanotte abbiamo avuto freddo, avevamo una sola coperta sul letto e il tetto della stanza è solo un’ ondulina di eternit posata sulle pareti con tutte la prese d’ aria e visto che qui siamo ancora in montagna le temperature di notte sono abbastanza rigide.
Dopo un’ ottima colazione siamo partiti e la prima tappa è stata alla “Rawana Ella Fall” una cascata di oltre 19 metri ritenuta la più alta di tutto lo Sri Lanka, e poi abbiamo proseguito per Buduruwagala.
Abbiamo lasciato la statale per una strada sterrata molto panoramica contornata da risaie dove alcuni pavoni passeggiavano indisturbati facendo la ruota.
Abbiamo costeggiato un grande lago fermo come uno specchio, coperto da fiori di loto di un bel rosa acceso, dove aironi e pellicani nuotavano indisturbati e dove grandi alberi affondavano le radici nell’ acqua.
Incontriamo un grande complesso monastico in ristrutturazione da cui parte un sentiero che si inoltra nel bosco e dopo poco si arriva davanti ad un’ altissima parete rocciosa scolpita con un bassorilievo di Buddha alto 15 metri, con ancora evidenti tracce di una precedente colorazione.
Di fianco a questa grande immagine ci sono scolpite altre 6 figure di dimensioni minori , 3 a destra e 3 a sinistra; a destra c’ è un immagine di Buddha della Compassione, di Tara, la consorte e di un principe. A sinistra le divinità sono indù, un Buddha benedicente, Vayrapani e Visnù .
Tornando indietro per quella strada amena abbiamo fatto fermare Lal un’ infinità di volte per fotografare pavoni e scorci da cartolina.
Alle 12.30 abbiamo raggiunto Tissamahanarama ,una cittadina animata dove ci siamo fermati a comprare un po’ di frutta per il pranzo e quindi abbiamo raggiunto il nostro hotel l’ “Ibiscus”.
Anche qui , per raggiungerlo abbiamo dovuto percorrere una strada dissestata ma siamo stati ripagati da una struttura nuova dove le stanze sono situate in piccoli bungalow disposti attorno alla piscina in un giardino pieno di bouganvilles dai diversi colori.
La stanza è grande, confortevole, così il bagno, dotata di televisione, frigo e aria condizionata.
Abbiamo consumato il nostro frugale pranzo seduti al tavolino dinnanzi ai nostri bungalow , con l’ intento di trascorrere un po’ di tempo al sole a bordo piscina, ma appena terminato di spalmarmi la crema, il cielo si è fatto scuro ed ha cominciato a piovere, così non ci è restato che rintanarci in camera.
Alle 16 avevamo appuntamento con Lal per andare a visitare il tempio di Kataragama e, essendo presto, ci siamo fermati in un laboratorio dove un anziano scultore scolpiva statue in legno massiccio veramente bellissime e noi non abbiamo resistito alla tentazione di comprare una splendida statua di un’ apsara in mogano.
Prima di entrare nel complesso abbiamo acquistato un cesto di frutta da portare in offerta al tempio come ringraziamento per una speciale benedizione .
Il tempio è sacro per 3 religioni : l’ islamismo, il buddismo e l’ induismo ; sulla strada per raggiungerlo ci sono tante bancarelle che vendono piatti di frutta, ghirlande, fiori, olio per i lumi, si attraversa un ponte su un fiume considerato sacro, in cui molti fedeli fanno un bagno purificatore prima di recarsi al tempio.
Il primo edificio che incontriamo è una piccola moschea, che però non è visitabile, si susseguono poi cappelle più sobrie buddiste ad altre più colorate spesso con luci intermittenti quasi da luna-park induiste.
Macachi saltano da un ramo all’ altro adocchiando i cesti di frutta portati dai fedeli ; ci siamo fermati in uno dei templi, abbiamo lasciato la nostra offerta, che poi ci è stata restituita , quindi un “sacerdote”ci ha impartito una benedizione .
Al centro c’ è un grande albero del Bodhi addobbato da una miriade di bandiere colorate con i colori del buddismo e, da qui parte un lungo viale che porta ad un grande stupa bianco, dove abbiamo acquistato dei fiori di loto da portare come offerta.
Nel camminamento attorno al dagoba c’ è una gran folla di fedeli seduti a terra in preghiera, molti monaci, intere famiglie offrivano fiori alle statue di Buddha e accendevano lumini posti in appositi contenitori che sembravano giganteschi candelieri.
Lasciato il dagoba siamo tornati nel centro del santuario dove in una delle varie cappelle si teneva una cerimonia il cui significato non ci è stato molto chiaro, c’ erano due anziane che benedicevano con una lampada accesa, quindi un sacerdote passava da una parte all’ altra del cortile con delle offerte .
Abbiamo lasciato Katagarama che era ormai notte e malgrado ciò c’ erano ancora molte persone che accedevano al tempio.
Tornati in hotel, doccia e cena: stasera di nuovo noodles…meravigliosi!
MARTEDì 28/01/2014: TISSAMAHANARAMA
Stamattina ci siamo svegliati con il verso stridulo dei pavoni che popolano la campagna attorno all’hotel, colazione e partenza per il sito rupestre di Situlpahuwa.
Quasi subito abbiamo svoltato per una strada di terra rossa coperta di pozzanghere dopo il temporale di stanotte , una strada che percorre il territorio del parco dello Yala .
Durante tutto il tragitto abbiamo potuto vedere un numero incredibile di animali, tantissimi uccelli: un piccolo uccellino dal verde acceso con il becco giallo, martin pescatori blu , egrette bianche che si aggiravano tra mandrie di bufali, aironi dal collo lungo, ibis dal becco ricurvo, pavoni maschi che facevano la ruota mostrandosi alle femmine dai colori smorti .
In una radura ci siamo imbattuti in una mandria di cerbiatti che non appena hanno sentito il rombo del motore sono fuggiti verso il fitto del bosco .
Diverse manguste ci hanno attraversato veloci la strada, così 2 grossi cinghiali, iguane, mandrie di bufali neri e di mucche pezzate… ci sembrava già di essere nel pieno di un safari !
Abbiamo impiegato quasi due ore nel percorrere questo tratto di strada , anche se in realtà non occorrerebbe più di un’ ora , ma ad ogni animale avvistato facevamo fermare Lal per poter scattate alcune foto .
Il complesso monastico risale al I secolo a. C e pare ospitasse fino a 12000 monaci, è attorniato da grandi cisterne d’ acqua in cui è severamente proibito fare il bagno perché infestate dai coccodrilli, che, però , non si sono fatti vedere.
Il territorio è disseminato di colline di roccia nera con caverne scavate alla base dove vivevano i monaci in preghiera; sulla cime delle 2 più alte ci sono 2 stupa bianchi, poi si scende una scala in pietra fino ad entrare in un tempio scavato nella roccia, simile a quelli di Dambulla , che contiene un’ enorme statua di Buddha Dormiente.
Da qui abbiamo affrontato una scala dissestata dagli alti scalini irregolari su per il bosco fino a giungere sulla cima all’ altro dagoba, popolato da una colonia di macachi che saltellavano sulla cupola e sulle balaustre mentre gli unici esseri umani eravamo noi 3, si sentiva solo l’ ululare del vento e gli strilli delle scimmie !
Da quassù il panorama sul verde del parco è superbo e all’ orizzonte si scorge il mare .
Ridiscesi nel piano , abbiamo preso l’ auto per tornare in hotel ed abbiamo percorso a ritroso la strada percorsa stamani ma è quasi mezzogiorno e, anche se la giornata non è delle più calde non abbiamo più incontrato animali che, con il caldo, rimangono riparati nel folto del bosco.
Abbiamo acquistato in paese un po’ di frutta e una brioches che abbiamo consumato a bordo piscina, un po’ di relax distesi sui comodi lettini e poi alle 14 la jeep che ci porterà a fare il safari è venuta a prenderci .
La jeep è estremamente confortevole con comodi sedili rialzati , tetto coperto, completamente aperta ai lati, in modo da non dover rimanere in piedi per tutto il tempo.
Giunti all’ ingresso del parco ci siamo resi conto in che bolgia ci siamo trovati: jeep ovunque: in coda per fare il biglietto , ferme ai margini della strada, che si avviavano in fila indiana l’ una dietro l’ altra per le strade rosse dello Yala, vista la confusione creata dal rombo dei motori e dalle grida dei turisti la nostra speranza di poter vedere qualche animale, tra cui il leopardo si è affievolita di molto !
I vari circuiti si snodano tra piccoli tratti di radura e grandi macchie di bosco quasi impenetrabile, quindi , o gli animali si trovano sul margine della strada o non li vedi !
Abbiamo visto tantissimi uccelli, molti dei quali già visti stamani, marabù dalle lunghe zampe e dal lungo becco procurarsi il cibo nelle numerose pozze d’ acqua; pellicani appollaiati sui rami, aquile in volo.
Sulle rive degli stagni, fermi come tronchi d’ albero ci sono tanti coccodrilli che si godono il tepore del sole.
Abbiamo visto tanti bufali, per lo più completamente sommersi nell’ acqua, in cu spuntano solo le narici e le corna ricurve , gli onnipresenti macachi, un branco di cinghiali, qualche mangusta, qualche iguana, un branco di cervi e 5 o 6 elefanti, un paio visti veramente a pochi metri dalla nostra jeep .
Il nostro autista ci ha indicato un puntino nero stagliato all’ orizzonte e ci ha detto essere un orso, ma a quella distanza avrebbe potuto essere anche un gatto !
Come già prevedevamo di leopardi neppure l’ ombra, ci è stato spiegato che è più facile vederli nelle giornate di sole e oggi invece, per alcuni minuti è anche piovuto, ma io credo che la maggior parte degli animali si vedano all’ alba e poi l’ affollamento del parco faccia fuggire il più lontano possibile i 35 leopardi che lo popolano !
Delusi siamo rientrati in hotel, abbiamo fatto la doccia e siamo andati a cena, che è stata superba: il buffet offriva, oltre ad altre pietanze, noodles saltati al momento, tonno grigliato e spiedini di gamberi…. In Sri Lanka abbiamo mangiato ovunque veramente bene !
MERCOLEDì 29/01/2014: TISSAMAHANARAMA- MIRISSA
Stamane colazione servita al tavolo con ogni leccornia poi alle 8.30 Lal è venuto a prenderci per accompagnarci a Mirissa dove ci saluteremo, fra una settimana non sarà più lui la nostra guida per gli ultimi due giorni di tour perché tra 3 giorni ripartirà per lo stesso giro con una coppia in viaggio di nozze.
La strada è piuttosto scorrevole, attraversa piccoli paesini con il loro via vai di biciclette, di tuk-tuk, di carretti e di pedoni fino a che all’ improvviso si trasforma in una sorta di autostrada a 3 corsie, con uno svincolo per l’ aeroporto non ancora aperto al pubblico e palazzi imponenti a più piani.
Disorientati da questo concentramento di modernità abbiamo chiesto spiegazioni a Lal che ci ha detto essere la città natale dell’ attuale presidente !
Abbiamo attraversato Tangalla, una cittadina balneare piuttosto animata, poi Matale una città caoticissima dove le auto e gli autobus strombazzano di continuo e i tuk-tuk sorpassano a destra e a sinistra senza ordine .
Verso mezzogiorno eravamo a Mirissa e ci hanno accompagnato al nostro hotel, il “Mirissa Bay Resort” che è stato cambiato all’ ultimo perché pare che quello scelto da Simona non avesse accettato la prenotazione e, a detta di Upa di livello superiore al precedente .
Varcata la soglia ci siamo trovati in un cantiere aperto con calcinacci e muratori che giravano con secchi e cariole , abbiamo cercato di non farci influenzare e ci siamo recati alla reception che è un gabbiotto posto di lato al bar.
Ci siamo seduti, fiduciosi, abbiamo bevuto il cocktail di benvenuto offertoci ed abbiamo aspettato.
Abbiamo notato Lal piuttosto agitato telefonare più volte e ogni volta che chiedevamo spiegazioni ci diceva che andava tutto bene.
Dopo più di un’ ora d’ attesa ci hanno mostrato le camere… E ci sono cadute le braccia!
Non si affacciano sulla spiaggia ma bensì sul cantiere e per di più sono piccolissime , con un letto ad una piazza e mezza ,non c’ è armadio, solo un piccolo tavolino su cui appoggiare una delle nostre due valigie , senza contare che qui dovremmo trascorrere una settimana !
Abbiamo fatto le nostre rimostranze, Lal, poverino, ha telefonato immediatamente ad Upa per cercare di farci avere una sistemazione migliore ma essendo un periodo di grande afflusso di turisti non si trova nulla di decente.
Dopo aver discusso con camerieri e personale di poco conto siamo giunti al compromesso di cambiare la stanza a Roby e Simo in quanto ancora più piccola della nostra, con la promessa di cambiare la sistemazione domattina.
Finalmente alle 14.30, dopo quasi 3 ore abbiamo posato i piedi sulla sabbia , abbiamo pranzato ai tavolini di uno dei tanti bar sulla spiaggia e poi visto che anche il cielo si era rannuvolato, come il nostro umore abbiamo passeggiato per tutta la lunghezza del litorale fermandoci ad ogni bar per confrontare i prezzi e leggere il menù .
Ci siamo rivestiti e siamo andati a fare 4 passi nel centro, che si riduce ad un paio di negozi sulla via principale, uno dei quali gestito da un ragazzo di Verona che ci ha dato alcune informazioni su ciò che c’ è da fare e da vedere qua attorno.
Mentre eravamo lì ci ha sorpreso un violento temporale così siamo tornati di corsa in stanza e qui ci attendeva l’ ennesima brutta sorpresa della giornata: la camera di Roby e Simo non aveva acqua calda!
Abbiamo chiamato un cameriere per farglielo notare, dopo di lui ne è arrivato un altro e poi ne è stato chiamato un terzo, nessuno che sapesse darti una risposta né che sapesse risolverti il problema.
Infuriati siamo usciti per annegare i nostri dispiaceri nell’ alcol, qui , infatti, i bar servono alcolici !
Abbiamo cenato al Wadiya dove avevamo appuntamento con i 4 inglesi conosciuti a Sigiriya ; il mohito era ottimo e il pesce alla brace superbo .
Abbiamo mangiato con i piedi posati sulla sabbia a lume di candela e la serata è stata piacevolissima ; abbiamo conversato a lungo con queste 2 coppie di amici una delle quali australiana, il cui marito è un attore di discreta fama.
Per la prima volta in 2 settimane ci siamo ritirati alle 23 !
GIOVEDì 30/01/2014: MIRISSA
Abbiamo passato una notte da incubo nel nostro loculo , sembrava di aver il letto posizionato sulla corsia di un’ autostrada, poi, prima delle 8 i muratori hanno ripreso a lavorare tra chiacchiere e colpi di martello.
Quando siamo andati a fare colazione abbiamo telefonato a Upa per raccontargli tutti i disagi a cui siamo stati sottoposti, così mezz’ ora dopo ha organizzato il trasferimento nell’ hotel in cui avremmo dovuto essere se non avessimo fatto richieste specifiche : il “Silan –Mo” , poco distane dal primo , sito al di là della strada ma corredato di spiaggia privata.
Questo è un hotel degno di tale nome ,ha una hall accogliente, le stanze sono spaziose, arredate con gusto e con un grande terrazzo che da sul mare ; all’ ultimo piano c’ è anche una bella piscina.
Liberati da un grande peso siamo finalmente andati al mare nella spiaggia dell’ hotel, dove ci siamo stesi su comodi lettini a prendere il sole che stamattina splende.
Abbiamo trascorso l’ intera mattinata a poltrire e fare lunghi bagni per difenderci dal caldo.
Il mare è pulitissimo ma non cristallino e con grandi onde tipiche dell’ oceano, molto diverso dall’ ideale maldiviano .
Abbiamo pranzato al bar poi posizionati i lettini all’ ombra abbiamo fatto un rilassante pisolino; verso le 15 il sole se n’ è andato e noi, malgrado la crema , eravamo rossi come aragoste così abbiamo preso un tuk-tuk e ci siamo fatti accompagnare alla “Snakes Farm” .
Il viaggio sobbalzante, stretti stretti sul sedile posteriore del tuk-tuk, è durato più di un’ora; abbiamo attraversato la campagna con tante risaie e qualche piantagione di tè, disseminata qua e là di stuba bianchi e dove i contadini camminavano sul ciglio della strada intenti nelle loro faccende.
Arrivati a destinazione ci ha accolto un ometto con il sarong , un medico ayurvedico da generazioni (lo erano anche suo padre e suo nonno ) ci ha spiegato che viene chiamato in tutte le parti del paese a catturare serpenti velenosi che tiene in gabbie e a cui prende la pelle della muta per farne un antidoto.
Tenendoci a debita distanza ha tirato fuori dalle gabbie un cobra bianco, il più pericoloso, al cui morso non si sopravvive più di un’ ora se non si inietta l’ antidoto; il cobra giallo e quello nero.
Quest’ ultimo , ogni volta che alzava il capo gonfiando il cappuccio pronto per attaccare, emetteva dei soffi raccapriccianti e, se non gli avesse tenuto un piede sulla coda sarebbe sicuramente fuggito , perché è velocissimo.
Abbiamo visto inoltre 3 vipere ed un crotalo , uno scorpione e una tarantola.
Abbiamo potuto accarezzare e metterci al collo un pitone, un serpente verde degli alberi dal singolare muso triangolare simile a quello di un coccodrillo e un altro serpente arancione dal colore bellissimo.
Siamo rientrati a Mirissa che era ormai buio e sulla strada del ritorno ci ha sorpreso un violento acquazzone che ci ha costretti a chiudere il tuk-tuk con teli di plastica per non bagnarci tutti, ma , per fortuna, quando siamo tornati in hotel era già cessato.
Siamo scesi subito in spiaggia per andare a cena e stasera abbiamo scelto il “N° 1 Reggae Bar” un bar arredato con tavolini, lampade e il bancone dipinti di giallo rosso e verde, i colori della Giamaica.
Durante la cena siamo stati allietati da un gruppo che cantava canzoni popolari (chissà perché “Guantanamera”) a ritmo di reggae ; il mohito era annacquato ma il pesce superlativo.
Dopo cena abbiamo ancora fatto quattro passi sul bagnasciuga ed abbiamo incontrato per l’ ultima volta i nostri amici inglesi che domani partiranno per Bentota.
VENERDì 31/01/2014: MIRISSA
Sveglia un po’ più tardi finalmente, la stanza è confortevole, silenziosa, si sente solo l’infrangersi delle onde: ora è tutto perfetto, tranne le colazioni!
Fino ad ora siamo stati abituati a buffet abbondanti e vari, qui ci sono un paio di vassoi di frutta mezzi vuoti, pancarrè, marmellata , burro e il cuoco che ti cucina le uova; i succhi di frutta sono totalmente artificiali e dai colori sgargianti.
Alle 9.30 avevamo appuntamento di fronte all’ hotel con Jaga, il ragazzo del tuk-tuk e ci siamo fatti portare a Polenha , una spiaggia a circa 6 km da Mirissa.
E’ una lingua di sabbia bianca in cui le palme arrivano fin quasi sulla riva, il mare è molto più calmo e il fondale è bassissimo, si tocca per metri e metri; al largo le onde si infrangono sulla barriera corallina , che a detta di un locale che affitta maschere e pinne, sia ricchissima di pesci e tartarughe ma Giò che è andato fin laggiù non ne è rimasto entusiasta.
Ci siamo subito stesi sulla spiaggia candida a pochi passi dal mare ma l’ ustione di ieri non ci ha permesso di rimanervi a lungo, abbiamo così trascorso l’ intera mattinata in acqua, perché qui, a differenza di Mirissa non ci sono lettini e ombrelloni .
Verso l’ una non ne potevamo più di sole così ci siamo rivestiti e siamo andati in cerca di un bar dove poter mangiare un panino ma i pochi locali che si trovano qui fanno solo ristorante e non servono snacks.
Ormai convinti di dover saltare il pranzo , abbiamo fatto un ultimo tentativo al “Coral Blue” che più che un bar sembra una casa privata e, dopo più di un’ ora d’ attesa ci hanno portato 4 tramezzini.
Quindi il nostro fido tuk-tuk ci ha portati a Matale a vedere il tempio di Weherahena, dove un simpatico signore, un insegnante in pensione, accompagnandoci nella visita, ci ha spiegato in un inglese abbastanza comprensibile un sacco di cose sulla vita di Buddha e sullo Sri Lanka in genere.
Il tempio è stato costruito su di una serie di gallerie ricoperte da dipinti sulla storia di Buddha ; queste gallerie in leggera salita, illuminate da lucernari e specchi che riflettono la luce ci hanno portato fino al piano del tempio dove , in una specie di cripta è custodita una piccola statua di Buddha in oro massiccio.
A questo punto abbiamo cominciato a salire scale anch’ esse decorate con immagini della storia del Dio e della religione, immagini tutte uguali in rettangoli regolari, quasi fossero fumetti, sicuramente contemporanei.
Quando siamo arrivati in cima su di una grande terrazza ci siamo trovati di fianco ad una gigantesca statua di Buddha dai colori vivaci , seduto dinnanzi a fontane con enormi fiori di loto in gesso .
Tornando verso Mirissa ci siamo fermati ad visitare un altro piccolo tempio la cui particolarità è l’ essere sito su di un isolotto ed è collegato alla terra ferma da un ponte sospeso.
Transitando per il centro di Matale abbiamo chiesto al nostro autista se conosceva un mercato dove poter fare acquisti ma non ha capito e ci ha portato in un laboratorio di batik, che rispetto a quella visitato in precedenza era decisamente più economico e con disegni più belli, anche se comunque cari.
Terminata la visita, quando abbiamo chiesto a Jaga quanto gli dovevamo per il tour di oggi egli ci ha risposto di dargli quanto volevamo: ci ha lasciato spiazzati così abbiamo fatto un forfait di 3000 rupie , con l’ accordo che domani lo chiameremo di nuovo.
Dopo la doccia siamo scesi in spiaggia a cercare un ristorante dove cenare , stasera abbiamo preferito un locale di fianco al nostro primo catastrofico hotel dove abbiamo mangiato un tonno fantastico e bevuto un’ altrettanto fantastica cahipirina.
SABATO 1/02/2014: MIRISSA
Anche stamattina colazione scarna con piatti mezzi vuoti e poi in spiaggia. Siamo ancora doloranti dopo l’ imprudenza del primo giorno così siamo rimasti per la maggior parte del tempo all’ombra ma il caldo è comunque tanto e non si resiste a lungo fuori dall’ acqua.
Ci siamo fermati fin nel primo pomeriggio, poi abbiamo chiamato Jaga e ci siamo fatti portare a Welligama, un piccolo paese a 6 km da Mirissa.
E’ un piccolo centro molto animato, caotico, dove mucche attraversano la strada facendosi largo tra una miriade di tuk-tuk colorati, dove ci sono ovunque negozi e botteghe con cose carine non prettamente turistiche, cosi abbiamo fatto gli ultimi acquisti.
Abbiamo chiesto a Jaga di poter cambiare un po’ di euro in rupie ma oggi è sabato e le banche sono chiuse, così ci ha portato in una casa apparentemente privata con annessa gioielleria e, visti i prezzi, stavolta abbiamo fatto acquisti.
Abbiamo passeggiato fino al mare dove stormi di corvi neri svolazzavano al posto dei gabbiani e dove arenati sullaspiaggia c’ erano moltissimi catamarani colorati appena arrivati dalla pesca con lo scafo completamente pieno di pesci, quasi tutti piccoli tonni.
Rientrati in hotel, non ancora paghi, siamo saliti fino in piscina ed abbiamo fatto un rilassante bagno nelle calme tiepide acque sotto un cielo coperto che neppure stasera ci ha regalato il rosso di un tramonto.
Alle 8 avevamo appuntamento con Fabio e Grazia, i coniugi di Voghera conosciuti ieri, nella hall e siamo andati a cena nel ristorante di ieri.
Abbiamo passato una bella serata chiacchierando con questi nuovi amici, soprattutto di viaggi visto che anche loro sono buoni viaggiatori.
Stasera è stata la volta del barracuda, ottimo anche questo!
DOMENICA 2/02/2014: MIRISSA
La notte è stata alquanto movimentata perché la festa in spiaggia è durata fino in piena notte e ci sembrava di avere il letto al centro di una pista di una discoteca!
Il tempo è bellissimo, il cielo è color cobalto, il sole splende e c’ è il vento che increspa ulteriormente le onde del mare.
Come già preannunciato stasera dobbiamo lasciare il “Silan-Mo” perché occupato da prenotazioni precedenti la nostra , così, dopo la solita magra colazione abbiamo salutato Grazia e Fabio che partiranno per Hikkaduwa,e siamo stati accompagnati nell’ hotel che ci ospiterà questa notte, il “Mirissa Palace” , che, a detta di tutti pare sia la sistemazione migliore della città.
In effetti la struttura è molto bella, fatta di tanti bungalow disseminati in un giardino curato, c’ è una bella piscina, le stanze di forma ottagonale sono spaziose, con il soffitto dipinto, bagni confortevoli, con una bella terrazza affacciata sul mare, televisione, frigorifero ma per arrivarci c’ è una salita ripidissima, tanto che i tuk-tuk non riescono a salire e poi è parecchio lontano dalla spiaggia.
Ci siamo incamminati sulla spiaggia, per poi fermarci nuovamente sulla spiaggia del “Silan-Mo” , dove però non abbiamo potuto aprire gli ombrelloni per il vento forte, quindi per vincere il caldo siamo rimasti quasi tutta la mattina in acqua.
Passata l’ una ci siamo seduti al bar per uno spuntino e ci siamo accorti , dopo più di un’ ora di attesa che non avevano birra perché consumata tutta durante il party di ieri sera; stufi di attendere tra un servizio fatto di camerieri ancora sbronzi da ieri sera ci siamo spostati nel bar di fianco dove anche qui per un panino abbiamo aspettato un’ eternità.
Nel pomeriggio siamo andati a Koggala a visitare l’ antico tempio di Kateluwa Parwarama, sito nella campagna dove c’ è un’ interessante galleria alquanto buia di dipinti rappresentanti scene sacre e con al centro un tempio contenente una grande statua di Buddha Dormiente ed alcune divinità indù .
A guidarci nella visita un anziano monaco traccagnotto dallo sguardo allucinato e dall’ inglese talmente incomprensibile che anche due australiani si guardavano attorno disorientati!
Abbiamo percorso poi per un lungo tratto la strada che costeggia il mare , dove ci avevano detto si potevano ancora vedere i pescatori sui pali . In effetti qualcuno c’ era, ma come letto sulla Lonley Planet passano appollaiati l’ intero pomeriggio per farsi fotografare dai turisti e chiedere un obolo. Infatti appena abbiamo rallentato ci è corso incontro un tipo a chiedere un’ offerta, non ci siamo così fermati evitando di aggiungere un falso al nostro book fotografico.
Abbiamo bevuto un frullato di frutta di fronte all’ oceano ed abbiamo ripreso la via di casa sotto la luce rosata di un tramonto, il primo visto in Sri Lanka .
Abbiamo fatto una breve sosta al mercato del pesce di Welligama e poi l’ ardua salita alle nostre stanze per poi ridiscendere per la cena .
Stasera abbiamo cambiato ristorante e qui cahipirinha e pesce sono stati ancora migliori rispetto alle sere precedenti.
LUNEDì 3/02/2014: MIRISSA
E’ stata una notte tranquilla nella nostra camera dalla singolare forma da cui si udiva solo l’ infrangersi delle onde sulla scogliera.
La colazione ci è stata servita in giardino vista mare dotata di ogni ben di Dio; rientrati in stanza per recuperare le valigie abbiamo fatto un fortuito incontro con… un serpente caduto da un albero e che poi , spaventato ha trovato rifugio in un buco nel terreno ! Se questa scena si fosse svolta ieri sera non so dove Giò e Roby sarebbero andati a dormire !
Ci siamo ritrasferiti al “Silan-Mo”e quindi ci siamo fatti venire a prendere per andare ad Una Watuna , considerata il gioiello della costa sud.
Il viaggio è stato piuttosto lungo e scomodo incastrati sul sedile posteriore del tuk- tuk e poi , arrivati alla meta, come spesso succede in Sri Lanka siamo rimasti delusi; infatti quando le aspettative sono alte sono spesso deludenti , mentre quando non ti aspetti nulla di che ti trovi dinnanzi a spettacoli da restare a bocca aperta.
La spiaggia non è tanto più lunga di quella di Mirissa, vuoi che la tsunami del 2004 ne abbia spazzata via una buona porzione , ma soprattutto è un assemblamento di lettini ed ombrelloni cosi vicini gli uni agli altri che riesci a leggere il giornale del tuo vicino.
Qui, al contrario che a Mirissa, c’ è un via vai continuo di venditori che ti si piazzano di fronte e ti mostrano le loro mercanzie anche se tu non sei per nulla interessato, se per caso si accorgono di un minimo interesse non riesci più a scollarteli di dosso!
Il mare è naturalmente pulito anche se a riva si infrangono miriade di alghe e poi, ormeggiate a pochi metri dalla riva ci sono moltissime imbarcazioni tra le quali devi fare lo slalom quando nuoti per evitarle .
Siamo rimasti sulla spiaggia fino alle 14 poi siamo andati a fare quattro passi nella strada principale dove ci sono tanti piccoli negozietti che però hanno tutti le stesse merci e, visto uno visti tutti !
Ci siamo fermati in un negozio di tessuti , dove, non avendo la taglia desiderata, tempo un’ ora ci hanno confezionato con il tessuto scelto, una camicia e una gonna .
Tornando verso casa ci siamo fermati a Willigama per fare ancora acquisti nella gioielleria e nella farmacia ayurvedica e poi dinnanzi al “Silan-Mo” abbiamo salutato Jaga perché, probabilmente domani non usufruiremo dei suoi servizi avendo deciso di trascorrere l’ ultimo giorno al mare in completo relax.
Abbiamo nuovamente preso possesso delle nostre vecchie stanze e poi siamo scesi in spiaggia per l’ ultimo bagno della giornata e per poter finalmente godere di un tramonto essendo oggi una serata limpida.
La spiaggia è gremita di persone armate di macchine fotografiche pronte ad immortalare inabissamento del sole, che a pochi minuti dal tramonto si è nascosto in una coltre di nubi sul pelo dell’ acqua .
Doccia veloce e poi siamo scesi in spiaggia per la cena; stasera siamo affamati come lupi perché il nostro pranzo è stato un gelato !
Ho assaggiato i gamberoni reali ma non sono speciali come immaginavo e poi, rispetto al pesce, la porzione è minima ; però i noodles erano eccezionali!
Oggi a Mirissa ci deve essere stata una mareggiata incredibile perché la sabbia era bagnata fino al limitare dei banconi dei bar.
MARTEDì 4/02/2014: MIRISSA
Oggi completo relax, anche se la spiaggia sarà più affollata del solito perché oggi è festa nazionale.
Uscendo dall’ hotel abbiamo trovato Jaga che ci aspettava per farci conoscere la sua famiglia , la moglie e i 2 figli: un bimbo di 11 anni e una graziosa bimba di 5 .
Abbiamo trascorso l’ intera mattinata al sole essendo finalmente guarite le ustioni dei primi giorni e facendo bagni tra le onde alte .
Il nostro pranzo è stato un bel piatto di frutta comprato dalla sorella di Jaga che ha un banchetto poco distante e poi di nuovo a poltrire .
Per terminare in bellezza la vacanza ci siamo regalati ancora un massaggio in una spa consigliatoci dai due signori di Voghera.
Il posto è molto carino, ti hanno accolti in una elegante sala che profuma di incenso per poi passare in piccole capanne di fango contenenti 2 lettini dove è possibile fare il massaggio a coppie; il massaggio però è stato molto intenso in alcune parti del corpo addirittura doloroso, decisamente meno rilassante degli altri fatti fin’ ora .
Per la terza sera consecutiva siamo andati a cena al “Sunshine Beach” , a parer nostro il miglior locale in rapporto al prezzo , alla varietà di pesce e alla freschezza di quest’ ultimo ; ottimo è il servizio ristorante e i cocktails.
MERCOLEDì 5/02/2014: MIRISSA- BENTOTA
Siamo scesi un po’ prima delle 9 per fare ancora un breve giro sui banchetti lungo la strada ma la nostra nuova guida era già lì ad attenderci così siamo partiti subito per Galle.
Un’ ora di viaggio e siamo arrivati nell’ antica città coloniale di origine olandese , il cui centro è racchiuso dalle mura di una poderosa fortezza.
All’ interno si trovano tutta una serie di casette ad un piano in stile coloniale restaurate con gusto ,oggi per lo più adibite a bar, ristoranti, guest house, negozi eleganti; qui non ci sono i soliti negozi di carabattole da turisti, ma le merci sono esposte con gusto, hanno tutte il cartellino con il prezzo e non si contratta, ci sono moltissime gioiellerie.
Abbiamo percorso una delle strade sotto un sole cocente di mezzogiorno, abbiamo raggiunto le mura a cui, ad una delle estremità si trova il faro , e ne abbiamo percorso un tratto costeggiando il mare ,qui ,cristallino come alle Maldive .
Sarebbe stato davvero bello percorrere l’ intero camminamento lungo tutte le mura inframmezzate da torrette d’ avvistamento ma il caldo era veramente insopportabile considerando che tutto il tragitto era completamente al sole.
Siamo, quindi rientrati nel dedalo di stradine parallele su cui si affacciano spesso delle chiese, le prime viste in Sri Lanka, in gotico abbastanza pesante, molte delle quali chiuse, l’ unica trovata aperta era molto maltenuta e sporca.
Abbiamo quindi chiamato il nostro autista che stamane ci ha lasciati passeggiare per le strade delle città da soli (Lal non lo avrebbe mai fatto!) e ci siamo fatti portare in un negozio segnalato dalla Lonley Planet come un bazar di capi firmati ma si è rivelato solo un magazzino di merci di infima qualità.
Abbiamo ripreso la via per Bentota e abbiamo rifiutato la proposta del nostro autista di andare a fare un’ escursione in battello lungo le rive coperte di mangrovie di una laguna.
Verso le 14 eravamo in hotel il “Bentota Village” nuovissimo, con poche stanze, con ogni confort e la spiaggia privata .
Ci siamo subito liberati dei vestiti e siamo corsi in spiaggia stesi su comodi lettini a godere degli ultimi raggi di sole della nostra vacanza.
Il mare è molto più agitato che a Mirissa, è impossibile nuotare e andare al largo senza il pericolo di essere trascinati via dalla corrente , ma non si resiste senza bagnarsi, così ci siamo divertiti come bambini a tuffarci tra i cavalloni e farci trascinare a riva dalla forza delle onde.
La spiaggia si perde all’ orizzonte, abbiamo fatto una lunghissima passeggiata per raggiungerne la fine ma più andavamo avanti e più la linea bianca della rena si estendeva a perdita d’ occhio, solo ogni tanto un bar o una spiaggia privata di pochi hotel .
Abbiamo assistito ad un magico tramonto sorseggiando una caipirinha , pregustando, già con un po’ di nostalgia nel cuore , la fine di questo grande viaggio.
La cena ci è stata servita direttamente in spiaggia, in una location molto bella ma il pesce era veramente pessimo.
Essendo una località balneare abbiamo dato per scontato che il pesce cucinato fosse fresco e invece era pesce secco con il suo tipico sapore forte, lo abbiamo fatto notare e, dopo aver tentato invano di negare, hanno riparato portandoci una porzione di noodles.
GIOVEDì 6/02/2014: BENTOTA- COLOMBO
Ci siamo volutamente alzati un po’ prima per poter godere degli ultimi raggi di sole prima di essere ricatapultati nell’ inverno, abbiamo fatto una colazione con i fiocchi e poi siamo scesi in spiaggia.
Il sole , a quest’ ora era ancora tiepido ed abbiamo goduto del suo tepore sdraiati sui lettini , unici avventori della spiaggia; ci siamo concessi un ultimo bagno tra le calde acque mosse dell’ oceano e poi via, doccia veloce , chiuso le valigie e siamo partiti alla volta dell’ ultima tappa del nostro viaggio: Colombo.
Ci separano dalla capitale non più di 70 km ma la strada è trafficatissima , vige l’ anarchia totale: tutti strombazzano, si tagliano la strada l’ un l’ altro, invadono la corsia opposta; spesso si ci trova a fare lo slalom tra le auto e ad essere 4 mezzi appaiati !
Ci siamo imbattuti in tre cortei di propaganda politica essendo imminenti le elezioni amministrative: file interminabili di van e tuk-tuk con le foto dei vari candidati sfilavano a passo d’ uomo per i paesi bloccando il normale transito dei veicoli.
Vuoi per il traffico vuoi per la vicinanza tra i vari paesi aggiungiamo la periferia di Colombo senza accorgercene , dopo più di tre ore .
Giunti in città abbiamo attraversato la zona del Fort, una zona più o meno piana affacciata sul mare dove c’ era il forte olandese nei primi dell’ ottocento e ora c’ è una passeggiata a mare.
Abbiamo chiesto alla nostra guida di condurci nel quartiere di Pettah dove pare sia il centro dei bazar della città . Il quartiere è affollatissimo di persone e ci sono negozi l’ uno al fianco dell’ altro per lo più divisi per generi :la zona dove si vendono tessuti a metraggio, la zona dove si vende passamaneria, di chi vende orologi, ma sono tutte merci locali , non ci sono laboratori artigianali.
Abbiamo camminato un po’ sotto un caldo torrido, poi, non avendo trovato nulla di ciò che cercavamo ci siamo fatti venire a prendere e siamo andati a mangiare un boccone. Ci ha condotto in un centro commerciale elegante con tanti piccoli bar che servivano snack e poi ne abbiamo approfittato per fare un giro tra i negozi eleganti e dar fondo alle poche rupie rimaste .
Nel tardo pomeriggio siamo partiti alla volta dell’ aeroporto che dista circa 30 km dal centro città.
Abbiamo fatto una breve tappa su piazza dell’ Indipendenza, la più grande piazza di Colombo tra giardini e verdi parchi , in cui troneggia una costruzione moderna sullo stile della sala delle udienze di Kandy .
Abbiamo percorso a passo d’ uomo le strade di Cinnamon Tree , il centro residenziale e, da qui abbiamo imboccato l’ autostrada , che , in breve, ci ha portato all’ aeroporto .
Appena entrati , per far spazio nei bagagli a mano, abbiamo indossato gli abiti invernali, fatto il check-in, passato tutti i controlli, quindi abbiamo passeggiato per i numerosi negozi, che hanno prezzi sbalorditivi rispetto a quello che noi abbiamo pagato per la stessa merce.
Siamo decollati in orario alle 20.50 e alle 23.30 eravamo a Doha, per uno scalo di un paio d’ ore, trascorso, letteralmente trascinandoci tra le varie lussuosissime boutiques e gioiellerie .
All’ 1.30 siamo ripartiti per un viaggio di oltre 6 ore in cui abbiamo cercato di dormire il più possibile e siamo atterrati sotto la pioggia milanese alle 6.
Gli amici di Simona sono venuti a prenderci e, dopo un vero caffè italiano preso a casa loro, abbiamo affrontato le ultime due ore di viaggio che ci separano da casa .
CONCLUSIONI
Sono partita alquanto prevenuta perché pensavo che lo Sri Lanka fosse l’ anticamera dell’ India sia dal punto di vista igienico che per la scaltrezza dei suoi abitanti , ma ho dovuto subito ricredermi : la pulizia delle strade e delle città è paragonabile alla nostra , anzi si è spesso sorpresi da profumo di incenso provenire da templi ed abitazioni ;e la gentilezza e la cortesia dei singalesi è veramente encomiabile.
E’ un paese che ti colpisce per la sua grande spiritualità , per chi cerca divertimenti notturni lo Sri Lanka non è il paese adatto .
Viene definito “Serendipity” cioè terra delle cose che non ti aspetti, che spesso offrono emozioni maggiori rispetto a quelle da cui si hanno grandi aspettative.
Alcuni consigli in breve
- Non valgono la pena il viaggio in treno che da Newuara Elia porta ad Ella perché l piantagioni di tè si possono ammirare meglio lungo la strada percorsa in auto e neppure la visita al villaggio dei Vadda.
- Concedetevi almeno una volta un massaggio ayurvedico rilassante , un’ esperienza indimenticabile!
- Se intendete noleggiare un’ auto tenete conto della guida a sinistra e del modo scriteriato che hanno di guidare e delle condizioni pessime dei mezzi.
- Durante il vostro soggiorno al mare optate per una soluzione di bad & breakfast , non rinunciate al piacere di cenare sulla spiaggia consumando pesce freschissimo cucinato sul momento.
- Non perdete tempo a Colombo che non offre nulla, è caotica, trafficata , senza alcuna attrattiva turistica, un paio d’ ore sono più che sufficienti.
- Nei ristoranti con menù alla carta , ordinando il pesce ci è sempre stato portato pesce secco facilmente riconoscibile per il forte sapore di “Stoccafisso”, accertatevi che il pesce sia fresco prima di ordinare !
- Inutile dirlo che nei posti più turistici i prezzi sono gonfiati : la miglior fabbrica di batik l’ abbiamo trovata a Matara, con prezzi dimezzati rispetto a quelli di Sigirya e il miglior laboratorio di legno a Tissamahanarama , dove un vero artista scolpisce statue bellissime a prezzi assolutamente concorrenziali.
- Se decidete comunque di intraprendere il viaggio in treno per Ella ricordatevi di occupare i posti alla sinistra perché il panorama è decisamente il migliore.
- Fatevi accompagnare alle 8 a Sigiriya per evitare la calca dei turisti su per le strette scale del sito.
- Anche se è decisamente meno stancante andare il pomeriggio, chiedete di visitare il parco dello Yala la mattina all’ alba , sono sicura che si vedano molti più animali e soprattutto il numero delle jeep sia minore perché la levataccia scoraggia un buon numero di visitatori.
- Abbiamo visitato Galle nell’ ora peggiore, sotto un sole cocente, una notte in città secondo me vale la pena perché è ricca di locali e una passeggiata al tramonto sulle mura deve essere un’ esperienza da provare.
- Lascio l’ indirizzo del nostro autista di tuk-tuk di Mirissa e l’indirizzo dei sopracitati laboratori artigiani:
A.Rathanayaka
Gamuda Junction
4 Kataragama (laboratorio del legno)
Jez Look Batik
12 st Yehiya Mawatha
Matara ( negozio batik)
Jaga Tuk-Tuk service
Tel.0774033076
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