I colori del Venezuela
Siamo sbarcati a Caracas il 23.02, la stagione in Italia si avvicinava alla primavera, ma la differenza climatica è stata la prima cosa che ci ha colpito.
Avevamo deciso di non rimanere fermi in un’unica località, la guida non era stata troppo di aiuto e quindi non sapevamo ancora le mete che avremmo fatto.
La nostra prima tappa è stato l’arcipelago di Los Roques. Queste isole ci hanno colpito per i loro colori .
I colori delle case dei pescatori che ti ospitano nelle loro stanze, il colore della sabbia, più bianca della farina, il colore del mare con le sue diverse sfumature, e persino il colore del cielo ti sembra più limpido.
Abbiamo passato in questo incanto quattro giorni, ospiti di Alfredo. Si è fatto da noi voler bene subito il primo giorno, quando ci ha accolto esordendo “fate come se foste a casa vostra”.
La Posada si chiama Estrella De Mar ed è fra le più economiche.
Il volo Los Roques /Caracas è stato ancora peggio di quello dell’andata, forse perchè all’andata ero ancora tramortita dal fuso orario.
Arriviamo dopo un’ora di aereo e cinque di auto a Santa Fè. Sono ormai le undici di sera e l’impressione che ne abbiamo non è delle migliori. Il paese è decisamente squallido e la gente non sembra molto accogliente. La mattina seguente, dopo un’abbondante colazione tutto ci sembra diverso.
La Posada dove per caso ci siamo fermati oltre a essere naturalmente come indicava la guida la più economica è anche la più carina. Fra gli ospiti della Posada vi sono anche due italiani di nome Carla e Massimo. Saranno da questo momento in poi i nostri compagni di viaggio.
Santa Fé è un punto strategico per la visita del parco del Mochima. La mattina si prende un’imbarcazione e si parte per la visita delle sole di Arapo, Arapito, l’isla Blanca, magari scortati dai delfini..
Massimo è un cuoco e decidiamo di organizzare una Matriciana, per noi, tre ragazze olandesi, due venezuelani e un argentino. Ci siamo veramente divertiti.
Il giorno dopo partiamo per Chiudad Bolivar con un autobus di quattro ore. La città risente dello stile dei coloni spagnoli, la gente è molto accogliente e la stessa sera abbiamo la fortuna di assistere a uno spassosissimo spettacolo teatrale.
Il giorno seguente a bordo di una jeep con una guida di nome Diego, io, Davide, Massimo e Carla partiamo per un tour nella Gran Sabana.
La prima notte abbiamo dormito in un villaggino di indigeni. Il secondo giorno dopo aver attraversato un tratto di foresta, si è aperto davanti ai nostri occhi il paesaggio sconfinato della Gran Sabana: chilometri e chilometri di prateria punteggiata da palme e con lo sfondo di Tepuis, montagne talmente antiche da avere la cima piatta.
Arriviamo a Santa Elena, siamo a pochi chilometri dal Brasile, ma non abbiamo il vaccino per la febbre gialla e non possiamo quindi attraversare il confine.
Decidiamo di passare insieme ai nostri compagni di viaggo, ormai inseparabili l’ultima tappa a Chichiriviche.
Il paese non è bellissimo, ma lo sono le isole del parco del Morrocoy a non più di 15 minuti di barca.
Ricordo Cayo Muerto, Cayo Sal, ma la più bella è Cayo Sombrero.
l nostro viaggio è ormai finito ed è ora di trarre delle conclusioni. Cosa ricorderò del Venezuela? I colori di Los Roques, la Caipirina al bar Acquarena, i delfini di Arapo, le cascate della Gran Sabana, la barriera corallina di Cayo Sombrero.
Cosa mi ha colpito della gente del Venezuela? La tristezza negli occhi del emigrati italiani del dopoguerra, la solitudine dei vecchi, i bimbi che giocano scalzi in mezzo alle strade impolverate e…I venezuelani che ballano e cantano come sentono la musica…