Hull/Londra: l’Inghilterra in carrozzina!

La vista dall’alto dei tetti e delle case a schiera e di quelle macchine minuscole che guidano in un senso tutto loro, dà sempre la stessa emozione. I battiti del cuore sono più veloci, cercano di seguire il motore dell’aereo che vortica e le ali che planano tuffandosi dentro le nuvole bianche e nere cariche di pioggia. “Sono a Londra”:...
Scritto da: Francesca Bertoni
hull/londra: l'inghilterra in carrozzina!
Partenza il: 25/03/2005
Ritorno il: 29/03/2005
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 500 €
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La vista dall’alto dei tetti e delle case a schiera e di quelle macchine minuscole che guidano in un senso tutto loro, dà sempre la stessa emozione. I battiti del cuore sono più veloci, cercano di seguire il motore dell’aereo che vortica e le ali che planano tuffandosi dentro le nuvole bianche e nere cariche di pioggia. “Sono a Londra”: arrivata, quasi casa, quasi patria. Uno dei momenti che mi piace di più, è quando – dalla prima fila di sedili – vedo passare davanti a me in fila tutti i passeggeri che scendono dall’aereo – le loro facce un po’ tirate da novellini viaggiatori di aereo, o sorridenti a denti larghi che non vedono l’ora di tuffarsi nell’orgasmo dei divertimenti londinesi. Un bambino mi passa davanti, mi guarda “mamma perché lei non scende?” – la mamma non lo sa e lo spinge verso il portellone, non vede l’ora di scendere da quel mostro di acciaio dentro il quale è rimasta intrappolata per due ore e mezza, glielo si legge in faccia.

Io aspetto. La prima volta anche a me è venuto un leggero attimo di perplessità “perché non mi fanno scendere?” – ma dopo quattordici volte che prendo l’aereo, so che me ne devo stare lì buona buona ad aspettare che i passeggeri scendano e si apri il portellone laterale, con lo staff addetto che mi porta la carrozzina, mi ci fa sedere con un “all right, love?”, e mi scarica dolcemente a terra sul ripiano elettrico.

Ci sono, sono sul suolo britannico, e non mi fermerò a Londra insieme agli altri miei connazionali che spasimano la frenetica visita turistica ad una delle città più belle d’Europa. Me ne vado al nord, io, nello Yorkshire, dove pochi andrebbero, dove c’è solo terra brulla e pecore e nebbiolina fitta, e piccole città di un’Inghilterra meno cosmopolita ma più vera.

L’addetto lascia me e la mia compagna di viaggio all’inizio del “serpentone” di corridoi che conduce al ritiro dei bagagli, seguiamo le indicazioni e aspettiamo davanti al nastro di individuare la nostra valigia. Una volta recuperata, ci avviamo verso lo sportello informazioni dei treni, e chiediamo un biglietto per Hull. Costa quanto l’affitto di un mese, c…O!! 55 sterline… e grazie a dio che ho avuto lo sconto disabili!! Avendo bruciato così in un biglietto andata e ritorno metà del nostro budget per questa vacanza di quattro giorni, ci avviamo verso i binari. Non facciamo in tempo ad avvicinarci al binario previsto, che ci avvicina il capostazione (o chi per lui) chiedendoci se abbiamo bisogno di aiuto…Ora devo dire che i treni inglesi hanno uno scalino baaaasso basso, ma visto che in quattr’e quattr’otto ti tirano fuori una rampa, perché non utilizzarla? E’ facile, semplice, liscio come l’olio qui, se paragoniamo il tutto a prendere un treno in Italia (segnalazione 24 ore prima, poi arrivi in stazione e magari non c’è nessuna assistenza…).

Il treno è diretto, nessun cambio: dritti dritti ad Hull in tre ore. Hull – nome che sa di vichinghi, e di un posto dove ci ho trascorso nove mesi della mia vita universitaria, in Erasmus lì, a conoscere e vivere con giovani provenienti da tutto il mondo. Quando arrivo alla stazione, nulla è cambiato. E. Dopo cinque anni, mi viene incontro un amico inglese – John – sorride, e quel sorriso cancella subito l’imbarazzo di essere diventati quasi due estranei dopo tutto questo tempo.

Andiamo a casa del mio amico, che vive fuori Hull, al di là dell’Humber Bridge, a Barrow Upon Humber. Le case inglesi sono l’inaccessibilità incarnata, con i loro due piani e i bagni stretti stretti con la doccia dentro la vasca, ma in qualche modo, ogni sera, mi “arrampico” su per le scale ripide verso la mia camera da letto (ad onor del vero, spesso le scale le ho fatte in braccio al mio amico John, che non ha nessun problema a sollevare i miei 40 Kg! J). I due giorni in Hull li abbiamo trascorsi a fare “pub crawling” (letteralmente: andare a quattro zampe da pub a pub), e il termine dice tutto!: L’ospitalità inglese consiste nel far ubriacare il proprio ospite con innumerevoli pinte di buonissima birra! La domenica di Pasqua partiamo per Londra, arriviamo alle 7 di sera alla stazione di Kings Cross, all’uscita ci aspetta un altro nostro amico inglese, il quale ci porta dritte in un pub e poi a ballare, con le valigie e tutto. Il nostro alloggio a Londra è in una casa privata gentilmente messa a disposizione da un’amica di Clio, la mia compagna di viaggio. La casa si trova nel quartiere di Hampstead, nove fermate di metropolitana da Leicester Square, dove c’era la discoteca dalla quale siamo uscite a mezzanotte, stanche e anche un po’ ubriache. La metropolitana è decisamente inaccessibile per chi si sposta in carrozzina! Ma se potete fare le scale (e ce ne sono tante!), ci sarà sempre qualcuno che vi darà una mano con la carrozzina o che vi darà qualsiasi tipo di aiuto abbiate bisogno, ed è questo il bello di una città così variegata come Londra! Proprio per l’esperienza non esattamente felice con l’underground londinese, io e Clio decidiamo di spostarci in autobus…Ed è tutta un’altra cosa! Gli autobus sono tutti predisposti con una pedana che si abbassa, il conducente ti chiede qual’è la tua fermata, e quando è ora di scendere attiva di nuovo la pedana, con l’inconfondibile suono. Siamo scese al London Bridge e abbiamo camminato fino ad arrivare a Piccadilly Circus, senza una meta precisa, godendoci tutto quello che la magnifica e magnificente Londra ti offre allo sguardo. Il giorno dopo, martedì, siamo ripartite. L’aereo di ritorno era alle 9,50, e siccome dovevamo essere al check-in almeno due ore prima e non volevamo più affrontare la metropolitana ad un’ora così presto del mattino, abbiamo chiamato un taxi e ci siamo fatte portare fino alla stazione di Liverpool street… come soluzione non è certo delle più convenienti (20 sterline!), ma non ci andava di affannarci troppo alle cinque del mattino! Il treno Stansted Express porta dritti all’aeroporto di Stansted, e una volta lì, dopo il check-in, ci rivolgiamo al banco assistenza disabili per segnalare la nostra richiesta di assistenza all’imbarco. Qualcuno dello staff addetto ci ha aspettato al gate e poi ci ha fatte salire sull’aereo di ritorno.

Insomma, una vacanza all’insegna dei ricordi e di buona birra bevuta in compagnia di vecchi amici! Ho lasciato la “mia” Inghilterra con la promessa di tornarci presto, e di non fare passare altri cinque anni…Nel frattempo sto organizzando un viaggio in Irlanda per l’estate, perciò…Al prossimo diario di viaggio!



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