Huaro, la nostra scuola

Eccomi a raccontare un sogno.Un sogno colorato da volti radiosi di bimbi abbandonati che hanno conosciuto la speranza.Il sole rideva quel mattino di agosto. La piazza di Huaro era deserta; solo un gruppo di italiani spaesati calpestava il prato all’esterno della chiesa. Un tempio quasi abbandonato, mezzo in rovina, ma splendido per le...
Scritto da: gabrielepoli
huaro, la nostra scuola
Partenza il: 26/07/2006
Ritorno il: 28/07/2006
Viaggiatori: da solo
Spesa: 500 €
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Eccomi a raccontare un sogno.Un sogno colorato da volti radiosi di bimbi abbandonati che hanno conosciuto la speranza.Il sole rideva quel mattino di agosto. La piazza di Huaro era deserta; solo un gruppo di italiani spaesati calpestava il prato all’esterno della chiesa. Un tempio quasi abbandonato, mezzo in rovina, ma splendido per le decorazioni, gli affreschi, l’armonia. E abbandonato pareva pure quell’edificio fatiscente, all’altro lato del piazzale, ma così non era. Dal portone cadente, un viso di bimbo fece capolino e un sorriso illuminò gli intrusi stranieri. Fu un istante, l’inizio del sogno, il principio di tutto.Da quel mattino di due anni orsono molte cose sono accadute, molte ed esaltanti.Una promessa, il ritorno, un anno più tardi. Lo sciamano intonava una nenia, il fumo d’incenso saliva danzando, s’insinuava nelle narici, prendeva la testa e spariva lento nel cielo. Gli Apu annuivano soddisfatti: quegli italiani avevano mantenuto la promessa ed ora la posa della prima pietra sanciva l’inizio dei lavori.Un altro anno.Altro mattino di sole. Un nuovo gruppo di italiani in piazza a Huaro. Impazienti, i nuovi venuti s’incamminano lungo la strada che conduce alla scuola. Poche centinaia di metri, ma le gambe tremano. Crediamo di immaginare cosa ci attende: la nuova scuola e il ringraziamento dei bimbi. Ma non basta.Superiamo il cortile del centro scolastico statale, voltiamo l’angolo…ci arrestiamo stupiti. Una banda inizia a suonare: cento e più fanciulli formano due lunghe sponde attraverso le quali passiamo commossi, fra uno sventolio di bandiere multicolori. Rosso, bianco e rosso del Perù, rosso bianco e verde dell’Italia.Non è facile sorridere e salutare, non è facile perché una lacrima prepotente vuole scendere a forza e il tremito che percorre il corpo piega le gambe. Ma si va; scacciata per un momento quella lacrima dispettosa, riusciamo a giungere a “casa”. Sì, la nostra casa, il sogno realizzato.E’ bella la nostra scuola, è la più bella! Bella perché è frutto di sacrifici, bella perché è funzionale e pulita, bella perché è là che ci guarda ammiccando, bella perché ci sono i nostri bimbi!Ah, quanti sentimenti affiorano in questi momenti, quanti brividi accapponano la pelle. Ad uno ad uno i fanciulli della scuola Magie delle Ande ci sommergono con il calore d’affetto, salgono arrampicandosi lungo le gambe, si stringono forti al nostro petto. Ma per fortuna la cerimonia sta per iniziare e riusciamo ad allontanare il nodo alla gola.Parlano in tanti, politici, amministratori, responsabili, notabili e non so chi altri: parlano, ringraziano, ricordano, ma sono i nostri piccoli bambini coloro che animano la giornata. Accompagnati dalle maestre, ballano per noi e sono meravigliosi! Alla fine, anche tutti i presenti sono coinvolti in modo attivo nella festa e così ci ritroviamo nel mezzo del patio a tentare di muovere passi di danza, allacciati ai fanciulli che sorridono felici. Ma com’è difficile danzare ad oltre 3000 metri di altitudine!Un poco discosti, quasi emarginati, stanno gli operai che per lunghi mesi hanno lavorato senza sosta, domeniche e festività comprese. E’ anche grazie al loro impegno se ora siamo qui, in questo lunedì 25 luglio 2005, ad inaugurare la scuola. Senza indugiare, ci avviciniamo e li abbracciamo ad uno ad uno, ringraziandoli come meritano. E poi i nostri splendidi architetti, Josè Everardo Rodriguez, Josè Luis Alvarez e Gary Arredondo, che pur di terminare in tempo la costruzione hanno lavorato anche di notte e, soprattutto, si sono tassati in attesa dell’arrivo delle sovvenzioni dall’Italia: amici che non dimenticheremo.Lo sciamano intona la nenia, gli Apu ammiccano soddisfatti: sì, questi italiani hanno mantenuto la promessa. I monti vicini pare ci vogliano abbracciare: sono loro gli Apu, le divinità tutelari che ci hanno adottato ed ora tutti noi ci sentiamo parte di Huaro, di questi rilievi, del cielo terso; siamo parte dei nostri bimbi.Tutto ciò, è giusto ricordarlo, non sarebbe stato possibile senza l’aiuto di tante persone ed istituzioni:Il Comune di Bolzano, la Regione Trentino Alto Adige, la Provincia di Bolzano, il Consorzio Lavoratori Studenti di Bolzano, con in primis il suo presidente onorario, l’amico sincero Armando Polonioli, gli amici di cisonostato.it e tanti, tantissimi simpatizzanti e soci di Magie delle Ande Onlus. E poi, la Presidente di Magie delle Ande del Perù, Phyllis Tepperman, la Responsabile del Progetto Huaro, Camila Chàvez, la Direttrice della scuola, Rufina Romero, le nostre Yolanda Yulca e Angelica Rojas, il Sindaco di Huaro, Juan Carlos Ribero Escobar, il Direttore agli Studi, Mario Paredes Ojeda. A tutti va il ringraziamento della nostra associazione e il mio personale grande affetto. Gabriele ***************************** Ciao a tutti! Di ritorno dal Perù, vi propongo un aggiornamento della situazione a Huaro. Tre giorni a Huaro Vivere con i nostri bimbi Il 25 luglio 2006 la grande festa per l’anniversario del Centro Scolastico Magie delle Ande di Huaro ha coinvolto emotivamente tutti i presenti, autorità cittadine, provinciali e internazionali comprese. La partecipazione alla cerimonia, tuttavia, non poteva bastare. Desideravo conoscere meglio i nostri bimbi, partecipare alla loro vita quotidiana, essere in qualche modo parte di questi fanciulli che stanno arricchendo la mia esistenza. Quale modo migliore potevo pensare se non di condividere ore, giornate e notti, soggiornando alcuni giorni nella scuola? Gli impegni, le riunioni, gli incontri si sono susseguiti durante tutto questo mio viaggio in Perù, così il tempo a disposizione era limitato, ma almeno tre giorni dovevo riuscire a trovarli per spenderli nella maniera più soddisfacente e, forse, più utile. I bimbi, mi dicevo, hanno bisogno di me o, meglio, io di loro. E allora eccomi, maturo fanciullo fra i fanciulli. La mattina del 26 luglio giungo alla scuola, zaino in spalla, accolto con il consueto calore dai ragazzi che, felici per la diversione, si distraggono dai loro compiti per abbracciarmi. Rufina, la direttrice, d’improvviso si trova sola nell’aula abbandonata dagli alunni ed esce leggermente adombrata. Mi rivolge uno sguardo di rimprovero, ma subito il viso si addolcisce e un sorriso a stento contenuto si disegna sulle sue labbra: è fatta, la mia intrusione è già perdonata. Anche le aule adiacenti si svuotano e mi trovo circondato dai bimbi, ma solo per qualche minuto perché, poi, Rufina e le altre insegnanti richiamano all’ordine i ragazzi che riprendono a lavorare con diligenza. Approfitto del momento per visitare la scuola con tranquillità, accompagnato dalla nostra magnifica volontaria Giovanna Tondini. Il nostro centro, adiacente alla scuola statale perché così abbiamo voluto per favorire l’integrazione, è circondato da un basso muro di cinta utile a contenere Tombo e Jerry, i due cani che aiutano Mary e José, i guardiani, nel loro compito di vigilanza e quale forma di dissuasione contro eventuali malintenzionati durante le notti. Tombo è uno splendido esemplare maschio di pastore tedesco, docile e giocherellone –provate a contendergli un sasso: impossibile strapparglielo!- ma severo e baluardo insuperabile per chiunque desiderasse entrare nella scuola e senza invito la notte. Jerry, al contrario, è un giovane bastardino curioso la cui occupazione principale pare essere quella di scroccare coccole in ogni momento. Il centro scolastico è composto di cinque moduli, quattro ad un solo livello ed uno a due piani; è verso quest’ultimo che Giovanna mi accompagna. Saliamo le scale esterne in legno ed entriamo nella stanza dei volontari. La struttura, come tutte le altre, è costruita in adobe –mattoni di paglia e fango cotti al sole- e legno, in armonia con l’ambiente, sia per salvaguardare l’impatto ambientale ed estetico, sia per praticità, infatti edifici di questo tipo possiedono caratteristiche antisismiche, fattore importante sulle Ande dove i movimenti tellurici sono frequenti, pur se raramente di grave intensità. Solo le fondamenta sono in cemento armato, mentre le basi sono costruite con grosse ed eleganti pietre. La grande stanza dei volontari contiene due letti a castello ed altri due a doppia piazza, ma, all’occorrenza, è possibile aggiungerne due ulteriori. Separata da un arco, alla stanza è annessa la zona bagno tutta piastrellata d’azzurro, con i lavabi, i servizi e le docce calde, una novità per il villaggio. Contigua alla camera dei volontari, vi è la stanza dei maschietti, identica alla precedente, dove sono ospitati al momento sei dei nostri bimbi. Il piano terra è pressoché identico al superiore, con la camera per le fanciulle e quella per l’amministratrice e l’infermiera notturna. Assieme ai bimbi, tuttavia, dormono sempre alcuni dei volontari o l’infermiera e Sara, la nuova amministratrice. Ripongo le mie poche cose in camera e proseguo nella visita: conosco bene la scuola, naturalmente, ma non so quando potrò avere un’altra occasione per osservare tutto con tranquillità e per controllare con cura il buon esito dei lavori. Nei pressi della scala si apre un grande cortile al quale si accede attraverso una porta priva di infissi: è la zona adibita a lavanderia, a serra –non ancora in funzione- e al forno per la cottura delle ceramiche prodotte dai ragazzi. Qui vi è pure la camera con bagno dove risiedono il guardiano e Mary, la moglie cuoca. Rientrato nella struttura scolastica vera e propria, incontro il modulo adibito ad amministrazione che accoglie pure la cucina e la sala da pranzo. Ai fornelli, la dolce Mary, coadiuvata a turno dalle nostre fanciulle, prepara pranzi e cene ben equilibrati, grazie alla consulenza di Giovanna, esperta nel settore che, da buona italiana, ha insegnato a cuocere pasta, pizza e pane utilizzando il funzionale ed eccellente forno in adobe costruito dal sindaco nel patio esterno alla cucina. La sala pranzo, completa di bagni, funge spesso anche da “balera”, soprattutto la sera, dopo cena, quando i bimbi –perfino quelli sordi!- danzano scatenati. La musica da queste parti è elemento essenziale per la vita quotidiana e nemmeno i nostri bimbi, per fortuna, ne sono immuni. Oltre l’uscio del refettorio, separato da un muretto si apre l’attuale orto dove i ragazzi coltivano cipolle e zucche. Nel prossimo futuro, tuttavia, la coltivazione sarà spostata nella serra, mentre in questo spazio i bimbi avranno l’opportunità di allevare piccoli animali quali polli e galline, ma anche il cuy, il porcellino d’India che sulle Ande costituisce un piatto prelibato. Oltre l’orto vi è la struttura con due ampie aule scolastiche –entrambe, come tutti gli altri moduli, provviste di bagni- dove in questo momento i bambini sono nuovamente distratti dalla mia presenza: un ghigno non troppo amichevole di Rufina mi induce ad allontanarmi in fretta. Di fronte alle aule si apre l’ampio patio adibito alle cerimonie e al corso di danza e teatro, mentre a fianco vi è il parco giochi, ancora povero, ma che presto completeremo con scivoli, altalene sicure e altro. Dall’altra parte del patio, s’alzano le due più recenti strutture, inaugurate lo scorso 25 luglio 2006 con il rito tenuto dal curandero, lo sciamano del villaggio. La prima costruzione è l’aula Armando Polonioli. Si tratta di un edificio molto grande, a due esagoni –tutte le strutture del centro sono esagonali- divisi da un’ampia porta scorrevole che, all’occorrenza, fa sì che la costruzione si trasformi in un paio di aule aggiuntive. Qui si tengono le conferenze, gli incontri di aggiornamento per tutti gli insegnanti della provincia e le riunioni conviviali, le feste, soprattutto le romei frequenti visite di gruppi di turisti, amici e soci di Magie delle Ande. Di fronte, oltre un ulteriore patio, sorge l’ultimo modulo, forse il più innovativo, composto di una bellissima sala di idroterapia con tanto di piscina in maiolica e annesso bagno spogliatoio, dalla sala di psicologia e da quella di logopedia. La visita termina qui; vi è ancora tanto da fare, dal momento che mancano parecchi mobili, il telefono, i computers che permetteranno una comunicazione diretta con l’Italia, soprattutto con le nostre scuole alcune delle quali già pensano ad un gemellaggio, ma non dubito che a breve riusciremo a completare l’opera perché sempre più spesso stanno arrivando risorse, grazie in particolar modo a tutti i viaggiatori che hanno scelto e sceglieranno di visitare il Perù con la nostra associazione. Mary suona la campanella, le lezioni sono al momento terminate ed è giunta l’ora del pranzo. I ragazzi escono a frotte dalle aule, ridendo e spingendosi, tuttavia sanno qual è il loro dovere e, pur in disordine e schiamazzando, si dirigono ai bagni dove diligentemente si lavano le mani. Il pranzo è semplice, ma buono e nutriente. Le ragazze più grandi aiutano a distribuire i piatti, intanto che il resto dei fanciulli attende paziente a tavola. Siedo accanto a loro, anche se le panche e i tavoli non sono certo adatti alla mia statura; tuttavia, con le ginocchia all’altezza del torace, mangio con appetito la zuppa di quinua e legumi che fuma nella scodella. Dopo pranzo, Irene, la nostra psicologa, raduna tutti attorno a sé e inventa giochi che distraggono i ragazzi per un’oretta, prima di riprendere le attività scolastiche. Dei ventiquattro bimbi ora presenti nel centro, quattordici dormono nella scuola a causa di differenti problemi quali l’eccessiva lontananza dalle abitazioni e l’abbandono o, perlomeno, l’indifferenza da parte dei genitori. Alcuni dei fanciulli, inoltre, da qualche tempo hanno smesso di frequentare il nostro centro il mattino, in quanto una norma li obbliga all’inserimento nell’adiacente scuola statale. La nuova legge che regolamenta il percorso scolastico, infatti, mira all’integrazione e ciò è buona cosa, solamente che, a mio parere, le leggi si applicano ove esistano risorse adeguate e purtroppo questo non è il caso, al momento. Quattro dei nostri ragazzi, quindi, trascorrono il mattino nelle aule statali seguiti poco o nulla da insegnanti impreparati al problema dell’handicap. Al termine delle lezioni, però, i fanciulli tornano da noi per il pranzo, le attività pomeridiane e per trascorrervi la notte. Abbiamo preso a cuore anche questo problema. Con il Provveditore agli Studi della provincia, abbiamo avuto un lungo e produttivo colloquio che si è concluso con un accordo: i bimbi, com’è ovvio, adempieranno gli obblighi di legge frequentando la scuola statale, ma tutti i docenti pubblici saranno sensibilizzati ed invitati a seguire corsi di aggiornamento specifico sull’handicap tenuti da Rufina e da formatori di Cusco e Lima presso la nostra aula Armando Polonioli. Speriamo che tale iniziativa possa dare i frutti sperati. La sera, dopo cena e il consueto carosello di musica, canti e danze, inizia il rito, che assomiglia più ad una baraonda, della doccia e della buona notte. Le femminucce da una parte, i maschietti dall’altra, seguiti, o meglio rincorsi, dall’infermiera, da Giovanna, Mary e me entrano ed escono dalle docce, infilano i pigiami –chi è in grado di farlo; agli altri pensiamo noi- e impugnano gli spazzolini da denti. David, Alvaro e Michael fanno a gara nel dilungarsi, invano da me rimproverati, mentre Sergio osserva con un dolce sorriso stampato sul volto. Sergio Nestor è un ragazzo molto affettuoso, ma con gravi problemi di ritardo mentale e non è neppure in grado di lavarsi i denti da solo, così mi armo di pazienza ed inizio a pulirglieli con una buona dose di dentifricio…solo che dopo un po’ mi accorgo che, sempre sorridendo, il bimbo anziché sputare, inghiotte. Desisto. Finalmente i ragazzi dormono tutti, o almeno così pare e ora una meritata birra non me la toglie nessuno, in compagnia di Giovanna, Mary, José e dell’infermiera. Rufina, le altre insegnanti e Irene sono tornate a Cusco, a casa loro e le rivedremo l’indomani. Le cinque del mattino. Tutto tace intorno a me, ma non riesco più a dormire; in realtà, quasi non ho dormito tutta la notte. Forse perché alla scuola si sapeva del mio arrivo, il pavimento dell’alloggio che mi ospita è stato tirato a lucido, solo che la cera da legno usata è certamente di scarsa qualità, tanto da emanare un forte odore di cherosene che mi ha tolto il respiro impedendomi il sonno. Ho cercato di ovviare aprendo le finestre, ma il freddo pungente della notte andina rischiava di provocarmi una polmonite, così ora sono qui seduto sul letto con gli occhi gonfi. Per non rischiare un’altra nottata insonne, oggi lascerò aperte le finestre tutto il giorno. Tuttavia, questa levataccia ha i suoi lati positivi, infatti mi posso godere la levata del sole nel cielo limpido delle Ande. Gli Apu –divinità tutelari andine, identificati con le montagne, le sorgenti, i fiumi e i laghi- di Huaro ammiccano spogliandosi delle tenebre e la luce di Inti, il dio sole, colora le loro cime d’arancio, intanto che in lontananza il canto di un gallo annuncia il nuovo giorno e Tombo mi spinge con il capo invitandomi a giocare. La sveglia dei ragazzi giunge due ore più tardi; forse perché ancora assonnati, questa mattina sono meno esuberanti rispetto alla sera precedente, ma sempre dolci e affettuosi. Dopo colazione, i quattro della scuola statale salutano e si avviano, mentre tutti gli altri guadagnano il cortile e iniziano i giochi, in attesa delle insegnanti che presto arriveranno. E così trascorre una nuova giornata sino alle quattro del pomeriggio. Irene, che ha deciso di fermarsi per questa notte, entusiasma i bimbi e noi con una bella idea: costruire semplici aquiloni, uno per ciascun ragazzo, per farli volteggiare nel parco giochi del lago di Urcos. La proposta scatena grida di felicità, così, vedendo la gioia nei volti dei nostri fanciulli, invito tutti dopo il volo delle comete –come sono chiamati qui gli aquiloni- a cena in una polleria di Urcos: pollo a la brasa (pollo allo spiedo) e patatine per tutti! Pensavo che confezionare venti aquiloni richiedesse parecchio tempo, invece Irene è brava ed esperta e in una sola ora, coinvolgendo tutti noi, sforna comete una dopo l’altra. Al lavoro partecipano anche Phyllis Tepperman (presidente di Magie delle Ande del Perù) e il suo compagno Roberto Ochoa, giornalista de La República di Lima, che oggi ci hanno raggiunti e che si fermeranno sino a domattina. E’ una nuova festa, ma questa volta spontanea e più intima: siamo solo noi, assieme ai ragazzi, sotto al cielo infinito dei tremila metri. Reyna, Esther, Olinda, Orlando e David fanno a gara con i propri aquiloni, tutti gli altri, invece, presto si stancano e optano per gli scivoli e le altalene. Tutti? No! La piccola Rosmery, una bimba down di cinque anni che ancora non parla, si appropria della mia mano e mi trascina per ogni dove. Non c’è verso di convincerla a desistere e così cammino lungo il lago, scalo collinette, salgo scale di pietra, mi infilo in bassi cunicoli, seguendo la mia mano che pare incollata alla sua. Infine, quando già le stelle pulsano in cielo e sembrano ridere della mia situazione, la carico in braccio e, resistendo a calci e pugni sullo stomaco e sul petto, la “convinco” a rientrare in gruppo. Ogni promessa è debito –e certe cose i ragazzi non le dimenticano…- così ci avviamo a piedi al ristorante. Altra festa: mi si apre il cuore nel vedere quanto poco ci voglia per far felici questi nostri piccoli. Ritorniamo a scuola in allegria: buona notte dolci fanciulli. E’ il terzo giorno, venerdì 28 luglio, festa dell’Indipendenza del Perù. Dopo colazione, ad uno ad uno i ragazzi salutano e lasciano la scuola; per i prossimi quindici giorni rimarranno a casa in vacanza. Il mio impegno, tuttavia, non termina qui: il sindaco ha invitato Rufina e me in piazza per la tradizionale sfilata. Devo accettare, pur se già annoiato al solo pensiero di sorbirmi il “passo dell’oca” di tutte le organizzazioni di Huaro. La sorpresa è grande quando, dopo due ore di sfilata, l’alcalde ci conduce alla Sala della Giunta dove, dopo il consueto inno nazionale, alla presenza di tutte le autorità mi vengono ufficialmente consegnate le chiavi della città. Non me l’aspettavo, è un grande onore per me. Al termine e dopo il pranzo offerto dalla comunità e condito da un’eccessiva quantità di brindisi, Juan Carlos Ribero Escobar, il sindaco, mi comunica di aver trovato un terreno per Magie delle Ande ad un prezzo corretto. Si tratta di 5.000 metri quadrati pianeggianti e in ottima posizione dove costruiremo una nuova casa famiglia, laboratori, un piccolo allevamento di capre e alpaca e il tanto sognato hotel-ristorante nel quale impiegare i nostri ragazzi. E’ un sogno che si avvera, ma ora ci sarà da lavorare con impegno…e da trovare i fondi per pagare le costruzioni. Arrivederci a presto Huaro: sei nel nostro cuore.

Anniversario della nostra scuola di Huaro Martedì 25 luglio 2006 Il sole splende su Qosqo, l’antica capitale Inca. Splende, ma ancora non riscalda. A 3.400 metri di altitudine il clima della città imperiale di Cusco, ora che è inverno, non concede sconti, soprattutto alle sette del mattino quando, ancora assonnato, chiamo a raccolta gli amici italiani giunti con il gruppo turistico Magie delle Ande del 15 luglio scorso. Ma il freddo non fa paura perché oggi i nostri cuori si scalderanno presto: partiamo per Huaro dove troveremo ad attenderci i nostri meravigliosi bimbi. E’ martedì 25 luglio 2006, data storica per Magie delle Ande Onlus. Dopo una rapida sosta alla bella chiesa di Andahuaylillas, percorriamo trepidi gli ultimi cinque chilometri fino alla piazza principale di Huaro. Lì, ad accoglierci, troviamo il sindaco o alcalde, dott. Juan Carlos Ribero Escobar con tutta la Giunta comunale. L’incontro è come sempre cordiale. Come primo approccio alla comunità, non possiamo esimerci dalla visita del piccolo, ma ben tenuto e assolutamente interessante museo, dove sono esposti reperti antichi di migliaia di anni, quali pietre lavorate e resti di acquedotti preinca, oltre alla mummia di una giovane fanciulla ritrovata nei paraggi ricchi di storia. Anche la chiesa è di rilevante interesse, forse ancora più bella di quella precedentemente visitata. Si tratta di un tempio cattolico che conserva affreschi di Tadeo Escalante, uno dei maggiori pittori della Scuola di Cusco, raffiguranti il Giudizio Universale e l’inferno. Ma qualcosa di più urgente ci attende ed allora, senza esitare oltre, attraversiamo la Panamericana che divide in due il villaggio e, dopo una rapida sosta in una tetra abitazione andina dove assaporiamo la chicha (bevanda lievemente alcolica a base di mais, tipica della tradizione), giungiamo alla nostra scuola, il Centro Scolastico per bimbi e ragazzi con disabilità di Magie delle Ande Onlus. Il sole ora riscalda, ma ad infondere nel nostro gruppo ancor più calore è l’abbraccio festoso dei fanciulli: Orlando, Jaqueline, Michael, Rosmery, Reyna, Sergio…tutti, indistintamente tutti, i bimbi si accalcano attorno a noi, abbracciandoci, baciandoci, scalando le nostre gambe per piazzarsi fra le braccia, ridendo, piangendo di gioia. La felicità più grande è tuttavia la nostra, perché capita molto di rado dalle nostre parti di essere accolti con tanto entusiasmo e tanto amore. La musica, imprescindibile in ogni festa che si rispetti, libera le sue note da flauti e charangos dichiarando che la cerimonia deve iniziare: è l’anniversario della costruzione del centro scolastico e l’inaugurazione degli ultimi due moduli, la sala di idroterapia e l’aula polifunzionale. Il curandero –lo sciamano- del villaggio accende il fuoco nel patio, fra le due nuove costruzioni, attorniato da tutti gli ospiti. Nel silenzio più assoluto, egli intona l’invocazione alla Vergine Maria, a Gesù Cristo, ai Santi cattolici, ma pure alle divinità andine, Pachamama, la madre terra, Illapa, il dio dei fulmini e agli Apu, i numi tutelari del villaggio. Il sincretismo religioso è evidente, ma non infastidisce: e come potrebbe? Nel rito si mescolano le tradizioni di due culture, l’europea e l’inca, entrambe antiche e radicate, compenetrate, ma al tempo stesso distinte. Lo sciamano procede bruciando l’involucro, dono propiziatorio, contenente le magiche foglie di coca e altri oggetti che sicuramente le divinità vorranno accettare con favore, quindi chiama i presenti, uno per volta, a cospargere il terreno con la chicha e, dopo un ultimo ringraziamento con le braccia rivolte al cielo, invita tutti a dirigersi al patio principale per la cerimonia “politica”. Rispetto allo scorso anno, qualcosa è cambiato: i monotoni discorsi di tante personalità sono ridotti al minimo per lasciare spazio ai bimbi e alle loro madri, veri protagonisti della giornata. Le mamme, intimidite dagli ospiti giunti da lontano, arrossiscono quando Irene, la nostra giovane e brava psicologa che oggi funge da maestra di cerimonia, le invita accanto a lei per cantare un motivo in quechua (meglio sarebbe dire Runa Simi o lingua degli uomini), l’antico idioma inca. Tra un sorriso, un rossore accentuato del volto e simpatiche stonature, le donne cantano la nenia andina in fretta, quasi a voler schernirsi, non abituate al numeroso pubblico, invitando di seguito i presenti a seguirle al tavolo imbandito di tipiche pietanze da loro stesse preparate. Le mamme hanno cucinato piatti della gastronomia andina, forse strani per noi italiani, ma sicuramente appetitosi, infatti di lì a poco del cibo non rimane traccia… E la festa prosegue. Ora è la volta dei bimbi proporre canzoni commoventi: le fanciulle si contendono il microfono, ridono e accennano passi di danza, intanto che Michael, vestito da cow boy, mima un suonatore di charango, la piccola chitarra a dieci corde. Ancora qualche canzone, un altro ballo, poi Rufina, la direttrice della scuola, richiama tutti all’ordine perché deve iniziare la cerimonia protocollare. L’inno nazionale del Perù è d’obbligo in questi casi e Irene lo intona in modo splendido, seguita dai presenti, poi tocca al sindaco pronunciare parole di ringraziamento per la grande opera portata a termine ed infine ancora Rufina alla quale spetta il compito di ricordare la storia di questo nostro cammino assieme. Si commuove, gli occhi luccicano, ma alza la testa con orgoglio, quando abbraccia con lo sguardo la bella scuola fiammante. Al termine, le mie gambe tremano quando la direttrice mi chiama accanto a sé e Orlando, uno dei fanciulli, mi consegna un bellissimo intaglio in pietra lavagna raffigurante il Giaguaro Dorato, simbolo di Magie delle Ande. Tocca a me parlare, ora, ma fatico a trovare le parole perché troppo grande è la commozione. Parlo poco, ringrazio…poi mi ricordo che la nostra opera non termina con la costruzione della scuola, così l’emozione lascia il posto alla fermezza e chiedo con forza alla popolazione di Huaro di aiutarci ad aiutare, di non permettere che pochi scellerati approfittino di noi per far crescere a dismisura il prezzo dei terreni. Ricordo, infatti, che è nostra intenzione, ora, acquistare un appezzamento di terra ove costruire una casa famiglia per i fanciulli che a poco a poco diverranno adulti, un hotel ristorante dove essi possano trovare lavoro, laboratori nei quali abbiano l’opportunità di imparare un mestiere, un allevamento di alpaca e capre. Un paio di giorni più tardi, questo mio sfogo pare aver dato i frutti sperati ed ora l’acquisto del terreno (cinquemila metri quadrati) sembra essere cosa fatta. La giornata prosegue con il pranzo comunitario nella nuova aula polifunzionale, rallegrata dalle canzoni di Rosa, consigliere comunale dalle grandi doti artistiche. Anche il Console d’Italia a Cusco, dott. Fedor Rubatto è presente; è pure lui commosso, felice, ammirato, tanto che la sua promessa di aiutare il nostro progetto coinvolgendo il Rotary Club della capitale inca sono certo non rimarrà lettera morta. Grazie a tutti, amici e soci di Magie delle Ande Onlus, perché senza il vostro appoggio nulla di tutto questo sarebbe potuto diventare realtà. Ringrazio con tutto il mio cuore, inoltre, Phyllis Tepperman, Presidente di Magie delle Ande del Perù e Camila Chavez, Responsabile del Progetto Huaro. Ma il mio ringraziamento più grande, più sentito, più affettuoso va al nobile amico Armando Polonioli, Presidente Onorario del Consorzio Lavoratori Studenti di Bolzano al quale è dedicata per sempre l’Aula Polifunzionale, da oggi Aula Armando Polonioli.



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