Honeymoon in camper

Viaggio di nozze Australia Victoria State Partenza con unico dato preciso: arrivo a Melbourne, una notte in albergo Ibis Hotel e 13 giorni di camper. Ci sarà il bagno? Le lenzuola? Qualcosa su cui cucinare? Arrivo a Melbourne dopo 20 ore circa di viaggio (nota: Quantas Airlines è davvero comoda ed il cibo buonissimo!), ci avevano detto di...
Scritto da: Fenimi
honeymoon in camper
Partenza il: 10/09/2002
Ritorno il: 12/09/2002
Viaggiatori: in coppia
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Viaggio di nozze Australia Victoria State Partenza con unico dato preciso: arrivo a Melbourne, una notte in albergo Ibis Hotel e 13 giorni di camper. Ci sarà il bagno? Le lenzuola? Qualcosa su cui cucinare? Arrivo a Melbourne dopo 20 ore circa di viaggio (nota: Quantas Airlines è davvero comoda ed il cibo buonissimo!), ci avevano detto di portarci qualcosa di caldo ma sulla scorta dell’entusiasmo derivatoci dalla visione di “Priscilla the queen of the desert” avevamo ben poca roba calda. Errore strategico: Melbourne, il 12 di Settembre, soprattutto alle 5.00 di mattina, è molto fredda e ventilata.

Dopo esserci rinfrancati all’Ibis Hotel eccoci nella città, bellissima, accogliente. Un sacco d’opere d’arte, gli omini di ferro davanti su Swanton Street, la gente sulle panchine lavorate davanti alla State Library…E poi sembrano tutti felici di potersi togliere le scarpe e mangiare sull’erba un ottimo sushi.

Distrutti dal jet lag ci spalmiamo in uno dei profumati parchi della città, una cenetta veloce (5. Dollari australiani per un piattone di riso e carni speziate varie) e poi nanna: ci aspetta l’emozione di ritirare il nostro camper e guidare “dalla parte sbagliata!!”.

Eccoci, il 13 di Settembre, sul nostro bellissimo camper per 3 persone: è nuovo, non ha il bagno, ama ha lenzuola, sacchi a pelo, cuscini e asciugamani nuovi ed in tinta, ed ha persino un cucinino ed un micronde.

Nicola è allo stremo delle forze: il traffico che paragonato a quello italiano è nullo ed iperordinato ma dal lato sinistro della strada sono troppo anche per lui, e poi abbiamo ancora il jet lag.

Direzione Grampians: parco sulla parte nord ovest dello stato del Victoria.

Dopo una bella spesa e hot dog veloce (ma come mangiano speziato questi australiani! Forse per quello hanno le facce sempre contente) eccoci in partenza: due ore di macchina, un bicchiere di vino chiraz (con relativo acquisto) in una delle rinomate winery australiane, un incontro con un lucertolone dalla lingua blu ed eccoci nel caravan park dei Grampians.

Ci sono un sacco di uccelli colorati, e dicono che di sera arrivino anche i canguri.

La curiosità ci spinge ad un breve trakking sulla cima di una montagnola, vediamo i canguri (quante pulci ragazzi) ed un paesaggio sorprendente e ventoso.

Avete mai visto “picnic ad Hanging Rock”? Cena e nanna: i negozi chiudono alle 17.30/ 18.00 e poi la sera e non C’E UN ANIMA IN GIRO.

L’indomani ci aspetta un giro stremante per 10 km su e giù per le montagne, incontri con canguri saltellanti, zero koalas ma un sacco di vento e rocce rosse ed eucalipti.

Cena a base di hamburger, birretta all’happy hour nel pub locale e nanna: ci spostami verso i Little Desert National park l’indomani.

Durante la guida attraverso strade deserte, o semi deserte, troviamo uno spazio attrezzato, ci siamo quasi abituati: toilette che ci potresti magiare in terra, barbecue elettrico e casetta con camino. La passeggiata in mezzo al bosco ci fa venire fame e così, mentre cala il sole, organizziamo un focherello e ci arrostiamo un po’ di pane e carne.

Aiuto! Il silenzio è totale e così, spinti dal terrore del buio totale, del silenzio e della mancanza di una qualsiasi cosa, ci auotoconvinciamo che se ci trovano i ranger ci fanno la multa (siamo in un parco ed in teoria non si può dormire) e partiamo di fretta: 50 km di sera (sono le 21.30 circa) schivando i canguri che a grappoli, appena vedono una luce, decidono che devono attraversare la strada, ci fermino in un parcheggio sulla highway e, tristezza e vergogna, protetti dal rumore dei tir crolliamo sfiniti.

Guido io stavolta, non mi sento molto bene ma arriviamo al Little Desert: vento (sono nervosa come un gatto), sterpi…Nicola è in un brodo di giuggiole e decide di gironzolare ulteriormente nel nulla mentre io stramazzo in branda.

La necessità di pagare per sostare nel mezzo del deserto, con uno sparuto gruppo di pazzi che campeggiano senza acqua ne’ luce, nonché la mia nausea ci portano ad anticipare la discesa verso sud e l’oceano.

Solito pernottamento nel caravan park tipico: pulito, efficiente, affollato, sebbene faccia freddo, soprattutto di pensionati.

Solita colazione a base di bacon and eggs e pane tostato mud cake e, siamo italiani, caffè latte.

Iniziamo la Great Ocean Road: stupenda nei suoi paesaggi sospesi tra la montagna e un oceano burrascoso a tratti, incantevole nelle lunghe passeggiate sulla battigia.

Il tempo non sempre ci assiste e soprattutto nelle numerose fermate, doverose ma piene di turisti, il solito vento ci sferza lasciandoci bagnatici e salmastri.

Molto romantico e spassoso, su questo…Non ci piove! Le tappe sono, come i grani d una collana di corallo: Portland (consiglio culinario: “Waterfront cafe’ and Restaurant”) con il suo faro e le spiagge, Warrnanbool e le sue balene, Port Fairy (consiglio culinario “Rebecca’s”: zuppa di zucca e pollo splendida mentre il consorte riposava) con il suo faro, l’isola incantata e il mitico negozietto del nonnino di libri usati, iniziamo la raccolta! Il viaggio ci porta poi, seguendo pedissequamente i cartelli alle attrazioni rocciose, non vi voglio rovinare la sorpresa, a Port Campbell, un paesino con 7-dico-7 strade ma un pub accogliente e pieno di fauna locale allegra e ciarliera. Il nostro arrivo ha provocato un po’ di scombussolamenti: due moretti in un popolo color semolino, nonostante i mix razziali, fa sempre effetto.

Ancor a sulla strada verso Otaway National park, finalmente vediamo i koala!!!! Ancora un faro ed ancora passeggiate sulla spiaggia, il tempo migliora finalmente, ma non ci leviamo ne’i pile ne’le giacche a vento.

Apollo bay ci accoglie di sera con la sua mezzaluna di spiaggia piena di gente che corre, nuota (?????), scivola sull’acqua su un tondo di legno o semplicemente si beve una birra in compagnia di bipedi o quadrupedi.

Consiglio culinario: “Sea grape wine bar” di proprietà di un greco, vino ottimo (“Four sisters” chardonney) e pesce sfizioso, il tutto accompagnato, as usual, con verdure semicrude e tonnellate di patatine fritte.

Il sole del giorno dopo ci spinge, dopo un doveroso shopping nei negozi dei surfisti, spesuccia mangereccia e foto alle bellissime opere di legno intagliato, ad un breve bagno con quasi semi assideramento degli arti.

Direzione Lorne: un paio di fermate per passeggiate sulla spiaggia e ricerca del caravan park. Cena in una spaziale fish and chippery e passeggiata con luna meravigliosa (sono le 20.00 al massimo).

Lorne-Angleasea ci vede a passeggiare tra impressionanti felci arboree in un’atmosfera di altri tempi sospesa tra il silenzio della foresta pluviale e la voglia di parlare e commentare quello che ci sta succedendo.

Sono le 18.30 ad Angleasea, non c’è niente di niente, tiriamo tardi e poi ceniamo splendidamente a base di muscoli in un sughino piccante in cui fare abbondante scarpetta e una montagna di patatine fritte (io) e pollo fritto con riso basmati e salsa di yogurt e aglio (Nicola), birra, passeggiata in mezzo al buio e nanna.

La giornata inizia lenta, non abbiamo molto da fare e così, dopo aver cucinato i panckaes ci dirigiamo verso Torquay. Altezza Point Addis facciamo un deludente percorso koori (ovvero aborigeno) e spinti dalla giornata splendida ci spalmiamo sulla spiaggia. Un pazzo ci supera facendo jogging, si spoglia nudo spolto e si butta tra i flutti: la sfida è raccolta, anche noi! L’acqua è gelata e non siamo tranquilli: la moltitudine di jelly fish non ci rende tranquilli.

Asciugati abbiamo ripreso la via fino a Torquay dove lasciamo il van nel solito caravan park, fatto due passi, delusi dalla nostra scelta sbagliata del luogo dove pernottare (c’è un campeggio con una piscina calda di legno immersa nel verde) ci strafoghiamo di fish and chip.

L’indomani una sorta di pellegrinaggio agli outlet delle fabbriche di roba da surfisti ci lascia sconvolti e in direzione Melbourne, si torna a “casa”! Meno male che abbiamo prenotato il backpacker: una sorta di ostello senza necessità di tesseramento.

Abbiamo due giorni a Melbourne. Il backpacker la Nunnery ci accoglie calda, pulitissima e con tea a profusione da gustare nella lounge room con gli altri backpacker.

Melborune è sempre meravigliosa e il quartiere dove siamo, Fitzroy, è il più divertente, multirazziale e giovane dell’intera città, che si sta preparando al Fringe Festival: non vediamo l’ora inizi, una botta di fortuna ci rende presenti il primo giorno.

La cena del penultimo giorno, speso tra negozietti, librerie di seconda mano per continuare la raccolta e parchi, ci vede gustare al “Guru da Baba” un iperpiccante pollo con riso.

Al ritorno c vediamo un po’ di “Moulin Rouge” con gli altri nella lunge room e poi nanna nella nostra cameretta fiorata che da su un giardinetto primi novecento profumatissimo.

Colazione con sprint nella cucina comune e chiacchierata con un ragazzo della Tasmania che ci racconta, con nostro stupore, di come l’Aquila sia gemellata con Hobart, capitale della Tasmania.

Una coppia di mezza età si inserisce nel discorso: loro hanno vissuto per alcuni mesi in Abruzzo!!! Shopping nei negozi dell’usato e ricerca del “Barberella” dove mi taglierò i capelli nel primo pomeriggio mentre Nicola spigozza nella lunge room della Nunnery.

Mi piaccio da morire e siamo pronti ad incontrare il fratello di una ragazza che avevo contattato dall’Italia: un paio di bicchieri di ottimo chiraz e poi via ad uno spettacolo di pupazzi (“Tiurannosaurus sex”) che ci lascia divertitissimi e con un ancora aumentato amore per questa città.

I nostri ospiti ci conducono al “Penang Affair”, ristorante malese gestito da un loro amico.

Non ci portiamo da bere (la formula B.Y.O. Bring Your Own ti permette di portarti da bere autonomamente) ma ci ingozziamo educatamente di riso e carne spinaci piccantissimi. Tra una chiacchera e l’altra si intende.

E’ mezzanotte, salutiamo i nostri ospiti e andiamo a cercare un “Seven Eleven”, negozi dove puoi acquistare giornali, cibo ed altre amenità tutto il giorno e tutta la notte. Un paio di barattoli di Vegemite, estratto di lievito da mangiare a colazione su pane abbrustolito spalmato di burro e poi a nanna, domani partiamo aimè.

Nessuno dei due è di ottimo umore.

L’unica speranza è di tornare.

Ci riusciremo.

Intanto ci guardiamo a ripetizione “Priscilla- la regina del deserto” e “ Picnic ad Hanging Rock” e “Holy smoke” e…



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