holi festival 2008
Il nostro viaggio è partito da molto lontano, tempo addietro ci è capitati di guardare un filmato sull’India che documentava la festa di Holi in India, una sorta di carnevale indiano. Affascinati dalla festa quello che era partita come una battuta del tipo: «Perché non ci andiamo anche noi?» è diventata poi realtà. Decisi a partire dovevamo pianificare il viaggio. La nostra scelta è caduta sulla Shambhoo Travels, uno di noi conosceva la Giordana la titolare italiana che gestisce assieme ad un indiano l’agenzia di viaggi. Abbiamo contattato l’agenzia www.Shambhoo.Com perché oltre a voler esserci per la festa di Holi 2008 volevamo soprattutto visitare l’India. Dopo avere ascoltato le sue proposte e le nostre richieste abbiamo deciso per un giro del Rajasthan, la “terra dei maharaja”, con un itinerario che a partire da Delhi -dove arrivava il nostro volo internazionale- ci porterà a Mandawa-Bikener-Jaisalmer-Jodhpur-Udaipur-Pushkar-Jaipur e prima di ritornare a Delhi siamo usciti dal Rajasthan per andare ad Agra, ci sembrava sciocco rinviare al successivo viaggio in India la visita del Taj Mahal il simbolo per eccellenza dell’India.
16 marzo: Partenza da Milano, scalo a Vienna, il tempo di riempirci lo zaino di scatole di cioccolata e siamo di nuovo in volo, diretti a Delhi. 17 marzo: arriviamo nel cuore della notte, che stordimento che ho in testa, sono lì davanti al nastro trasportatore in attesa del bagaglio con la solita angoscia arriverà o non arriverà? … passano i minuti, gli altri del gruppo Luca, Pietro, Giovanna, Alessia e Paolo hanno già raccolto i loro bagagli, ed io là che aspetto … passa ancora qualche minuto e sconsolata mi dico dentro di me “Benvenuta in India!”, tempo neanche di finire la frase che vedo arrivare la mia valigia. Passo la dogana diritta ed esco dall’aeroporto e sono immediatamente colpito da un’aria calda, in un colpo mi lascio alle spalle la gelida aria condizionata ed abbraccio la calda aria umida e appiccicosa che tanto mi piace.
Facciamo subito la conoscenza di Manish quella che sarà la nostra guida indiana, il nostro riferimento quello che ci sopporterà per quindici giorni, stupiti di scoprire che parla un fluente italiano meglio di certi nostri conoscenti italiani. Il tempo di una sigaretta e ci dirigiamo in albergo doccia e mi butto sul letto per riposare un paio d’ore.
Ci ritroviamo nella hall per mezzogiorno, mangiamo un sandwich e poi iniziamo a muoverci … ecco ho detto muoverci, forse sarebbe il caso di dire farsi trasportare, trasportare dal flusso continuo di macchine, motorini, furgoni, tuk tuk … andiamo diretti al quartiere vecchio, la Old Dheli e qui la confusione aggiunge livelli ancora più alti. È un continuo di suoni, rumori, odori, colori … siamo da poche ore in questo paese che tutto ci sembra diverso e strano, siamo positivamente storditi. È un continuo scattare con le fotocamere per immortalare scene, visi, sorrisi, vestiti, uomini e donne che si muovono in questo caos. Ci cerchiamo spesso tra noi con gli sguardi come a chiederci dove siamo capitati. Andiamo a visitare la moschea Jama Masjd, giriamo a piedi nel mercato adiacente, percorriamo piccole vicoli laterali, ci fermiamo ad osservare, a chiedere, e tutto nuovo per noi, guardiamo le colorate bancarelle, tutti ci sorridono e anche noi sorridiamo non capiamo perché ma ci fa molto bene.
In serata la stanchezza si fa sentire ci ritiriamo presto in stanza una doccia e qualche ora di sonno e saremmo nuovi.
18 marzo: in mattinata ci dirigiamo a visitare la New Delhi, dove si nota l’influenza del precedente dominio inglese, passiamo attorno al Connaught Place, una foto sotto l’enorme arco dell’India Gate e poi ci dirigiamo al Gurdwara Bangla Sahib uno dei templi sikh più importanti e grandi di tutta l’Asia. Qui è un continuo via vai di persone che ordinatamente e silenziosamente entrano a pregare, a portare un’offerta. Tutti noi dobbiamo indossare dei vestiti per coprire le parti del corpo che non devono essere viste in segno di rispetto, ci togliamo le scarpe e iniziamo la nostra visita. Percorriamo i lunghi corridoi di marmo bianco che si snodano attorno all’enorme vasca di preghiera, saliamo le scale e in attesa entriamo nel vero tempio con al centro un altarino dove sembra ci sia una reliquia che riposi, tutti seduti a pregare sul tappeto. Io esco mi sento estranea all’interno del tempio preferisco assistere e immortalare i fedeli che passeggiano all’esterno, qualcuno si bagna il viso, altri le braccia alcuni entrano con tutto il corpo in acqua … c’è anche qualcuno che controlla, no! Non è un bagnino, è una sorta di autorità religiosa che si informa su chi veramente può bagnarsi il corpo.
Pranziamo, mangiamo cibo indiano con le mani mi sembra di essere ritornato bambino quando mi era concesso tutto anche mangiare con le mani poi crescendo sono stato istruito ad usare posate di acciaio. I cinesi usano le bacchette preferibilmente di legno e sostengono che portare alla bocca posate di acciaio freddo in qualche modo deformi il sapore dei cibi, gli indiani senza stare a pensare se anche il legno modifichi il cibo hanno deciso di usare le mani … è una mia considerazione non ha alcun valore storico o scientifico! Nel pomeriggio visitiamo il forte della città Red Fort anche detto Lal Quila. Manish la guida, che proviene da Jaisalmer ci informa che il forte è gran poca cosa rispetto a quello che vedremmo nel Rajasthan, ma per noi è bello comunque più che l’architettura in se è il via vai di indiani con i loro vestiti colorati che cattura la nostra attenzione e immaginazione.
Nel pomeriggio lasciamo la caotica Delhi e ci addentriamo in terra rajasthana per arrivare in tarda serata a Mandawa.
19 marzo: ci svegliamo e scendendo in strada scopriamo di essere in un altro mondo. Ci siamo lasciati alle spalle la caotica Delhi e ci siamo risvegliati in questa cittadina dove il colore sabbia trionfa per le strade e con tonalità più forti negli edifici, la gente, i negozi sono coloratissimi è la vita che si snoda per le strade è più tranquilla. Visitiamo la città, un intreccio di vie strette vie sulle quali si affacciano incantevoli haveli riccamente decorate, un po’ barocche, la guida ci spiega le origini -fondata dai rajput, facoltosi mercanti che hanno costruito qui le loro dimore- affrescandole con dipinti murali che riproducono spaccati di vita, personaggi del passato, animali,ecc.
Nel pomeriggio partiamo per Bikaner e arriviamo in serata.
20 marzo: ci svegliamo a Bikaner, e dopo colazione visitiamo i due templi jaisnisti uno dei luoghi di culto più importanti per gli indiani jiainisti. Costruito da due ricchi fratelli mercanti , il più grande e il Bhandeshwar, il più piccolo è il Sandeshwar. Rimango colpito non solo dall’architettura, i dipinti, le sculture molto suggestive e particolari spiegati e portati alla luce dalla guida locale, ma l’aspetto più originale di questi templi e sapere la storia di questi templi, venire a sapere che alla base delle fondamenta ci sono 40.000 chilogrammi di burro indiano, il ghee … e il mio scetticismo iniziale viene superato quando la guida mi fa notare che tra le fessure delle piastrelle si intravede il burro che con il caldo sale, anzi nei mesi più caldi da aprile-maggio ad agosto settembre i templi non sono visitabile perché il pavimento è interamente ricoperto di burro e il suo odore si diffonde anche per la città.
Visitiamo la fortezza della città il Junagarh Fort che si trova proprio al centro della città, facciamo un giro per la città vecchia andando a zonzo qua e là ci intratteniamo con qualche mercante che ci offre la sua mercanzia, scattiamo foto molte foto, beviamo il te con il latte locale, per curiosità ci mettiamo in bocca una foglia con un mix di cose all’interno che ancora adesso non so bene spiegare, ma lo faceva la nostra guida per cui l’ho voluto provare anch’io … e poi anch’io come lui ho sputato. Paese che vai, usanza che trovi !!!.
Dopo aver pranzato, stiamo iniziando ad abituarci a mangiare con le mani -ci sono anche le forchette- ma almeno qui che posso farlo senza che nessuno mi guardi male o che mi rimproveri quanto bello è … anche il cibo è una piacevole sorpresa.
Nel pomeriggio per non farci mancare nulla chiediamo di visitare il tempio di topi il Karni Mata Temple. Avevo già sentito parlare di questo posto ancora prima di partire, negli anni passati mi era capitato di guardare un filmato forse sul programma di Licia Colò ma potrei sbagliarmi, comunque sfogliando la guida scopriamo che ci troviamo a pochi chilometri da questo tempio. La guida è felice di portarci … e l’impatto è forte. Adesso posso dire di esserci stato anch’io, ma non so se ci ritornerei o lo consiglierei … dico solo che sono entrata scalza, non avevo neanche un paio di calzini a portata di mano e camminavo in mezzo ai topi. Non so dirvi se il tempio fosse bello o no ero troppo impegnata a guardarmi i piedi, ho scattato anche qualche foto ma sono venute mosse e quando sono uscita preso da una strana fobia ho controllato una decina di volte che dentro la mia borsa tra obiettivi e occhiali da sole se non ci fosse qualche topo.
Partiamo per Jaisalmer, è un viaggio molto lungo non per il traffico, incontriamo qualche cammello che traina un carretto, molti camion, parecchi fuoristrada, diciamo che la distanza tra Bikaner e Jaisalmer è elevata … la stanchezza, il fuso orario non ancora smaltito, a rotazione dormiamo un po’ tutti. Il paesaggio all’esterno dei finestrini è desertico, arido e sabbioso, una luce fortissima che va scemando con il calare del sole, e in tarda serata arriviamo a Jaisalmer ben cotti c’è solo il tempo per una doccia e una cena e poi tutti si ritirano.
21 marzo: ci svegliamo presto, siamo in mezzo al deserto ed è meglio spendere le ore più fresche per visitare la cittadina. Saliamo sul tetto del nostro alloggio e ci troviamo in un posto da favola. Alloggiamo all’interno del forte che si trova su una piccola altura da cui si domina tutta la città. Il nostro alloggio è caratteristico come sono tutti gli edifici all’interno del forte ristrutturati mantenendo disegni e tradizioni del passato, le camere sono molte accoglienti e belle con l’arredamento da maharaja che capita di vedere nelle foto del passato, tutti gli edifici sono stretti e alti e molti di questi hanno una meravigliosa terrazza sul tetto, che nelle sere ospita dei ristoranti. Da cui il panorama è incantevole, poche volte mi è capitato di essere testimone di cotanta bellezza. Facciamo colazione e scendiamo per gli stretti vicoli, la guida ci spiega ci conduce per le vie, conosce bene questa città e questo forte lui è nato e vive qui, è molto legato alla sua terra come lo sono tutti gli indiani e ci dice che è felice di essere a casa in questi giorni perché domani si festeggia Holi la festa dei colori. Ci spiega brevemente cos’è e ci assicura che ci divertiremo molto se solo decideremmo di scendere per strada a festeggiare.
Trascorriamo la giornata a visitare la città e le sue bellezze. Nel forte visitiamo mattinata i templi jiainisti il Parswanath Temple e il Neminath Temple con le sue statue e fine decorazioni, usciamo e visitiamo il centro di Jaisalmer, sopranominata la “Città d’oro” Rientriamo per mezzogiorno pranziamo e ci rilassiamo un po’, non c’è fretta di vedere e visitare abbiamo scelto di spendere qualche giorno in più qui per trascorrere qui la festa, e Manish la guida non ha mai smesso di ringraziarci perché lui e la sua famiglia sono di Jaisalmer e ci teneva a trascorre la festa nella sua città. Nel pomeriggio visitiamo il forte con tutte quelle stanze che ti fanno perdere l’orientamento, sono cinque piani di questo imponente edificio che è stato trasformato in museo, accuratamente restaurato con le classiche finestre e balconi a griglia. All’interno ci sono migliaia di reperti storici catalogati con attenzione, un labirinto ci stanze, corridoi e scale. Terminata la visita siamo liberi: c’è chi ne approfitta per controllare la posta elettronica, chi per rilassarsi un po’ con un massaggio e una dormita qualcuno ne approfitta per passeggiare senza meta all’interno del forte.
La guida ci avvisa che già dal mattino la città è in agitazione, e più passano le ore più la febbre cresce, perché si oggi è il primo giorno della festa di Holi, la “festa dei colori”. Apro una parentesi per spiegare cos’è l’Holi. È una delle feste più care a attese dagli indiani per il lo spirito gioioso e allegro che anima la festa. Originaria del nord dell’India negli anni si è diffusa in tutta l’India e adesso viene festeggiata ovunque, non ha una data precisa ma secondo il calendario indù si festeggia il giorno di luna piena nel mese Phagun che cade tra febbraio e marzo, e i festeggiamenti si protraggono per due tre giorni. Nel primo giorno si celebra il Holita Dahan. Nella serata di questa vigilia vengono accesi dei falò dove si brucia il fantoccio di Holika, per tutta la città si allestiscono carretti allegorici che vengono portate in processione per la città seguiti da una folla disordinata di locali che canta e balla. Come tutte le feste in india sono legate ad antiche leggende e per questa ricorrenza si narra che Holika sorella di Hiranyakashipu re dei demoni fosse stata incaricata dal re ad uccidere il nipote Prahlad figlio del re dei demoni, perché quest’ultimo era devoto a Vishnu e questa situazione non era sopportata dal crudele padre. Holika conduce Prahlad in una fornace, ma ad ardere non è quest’ultimo ma Holika che quindi finisce incenerita.
Il giorno successivo si celebra Dhulhendi, è il giorno della vera e propria festa, uomini, donne, bambini e anziani si riversano per le strade per danzare e cantare, lanciandosi addosso acqua colorata, la leggenda per questa occasione narra che Krishna geloso della sua amata Radha per la lucentezza e bellezza della sua pelle decide di coprirle la faccia con dei colori, da allora la festa è una ricorrenza molto sentita soprattutto dagli innamorati che colorano le facce del proprio partner come segno di amore reciproco.
In serata al calare del sole qua e là si accendono falò, si sente cantare e si vedono processioni di indiani che sfilano per le vie della città in una sorta di chiassoso carnevale, con davanti un carro allegorico dove sopra c’è spazio per un’imponente impianto acustico da cui si sprigionano watt di musica caratteristica. Tutta la gente è contagiata, giovani e meno giovani, e anche noi che all’inizio ci troviamo in disparte ci uniamo al gruppo facendo attenzione a non perderci di vista … è una festa e come tutte le feste c’è qualcuno che alza il gomito, chi festeggi in maniera più chiassosa e colorita ma è una bellissima festa … dopo un po’ usciamo dal corteo di persone la nostra guida Manish ci spiega e illustra i mille significati dei gesti, simboli che vengono portati in processione. La festa continua fino a tarda notte, e in alcune parti della città continuerà per tutta notte. 22 marzo: la gente è già in festa alle prime ore del sole, non c’è ancora l’euforia della sera precedente ma con il passare delle ore sale la temperatura dell’aria e della festa e nel pomeriggio i vicoli all’interno del forte di Jaialmer si colorano. La gente corre, balla, danza, si rincorre per le strade ognuno con polveri in mano da cospargere addosso alla faccia dell’altro … se nel nostro carnevale vengono usati coriandoli e stelle filanti per il “carnevale indiano” si usano polveri, acqua con polvere colorata che vengono sparse ovunque e su tutto. Tutti vengono imbrattati, scendiamo in strada anche noi e veniamo accolti da un assalto di colori, in un breve i nostri vestiti hanno perso il loro colore originale e in questa festa dei colori dove prevale il rosso con le sue tonalità anche noi iniziamo a spargere colori. Il rosso perché è il colore principale della festa, il colore della fertilità, della passione e dell’amore, un colore questo che ritorna spesso in oriente quando si deve festeggiare infatti in più paesi asiatici si ricorre al colore rosso con rifinizioni dorate. La festa dura tutto il giorno, l’eccitazione e la baldoria sale, anche qui come nelle nostre sagre paesane c’è qualche ubriaco che barcolla, non si tratta proprio di alcool perché la religione indù lo vieta ma è una strana bibita con qualche droga locale almeno è quello che riesco a sapere dalla guida locale. La festa continua tutto il giorno e noi ci buttiamo più volte dentro la mischia, riusciamo a fotografare e riprendere con la telecamera i festeggiamenti e anche la nostra guida che fino ad adesso si era mostrata molto seria e professionale si lascia andare.
Festeggiamo all’interno del forte e poi usciamo per le strade tutte bloccate dalla folla in festa, uno spettacolo di colori, con i bambini tutti imbrattati, che si rincorrono e anche le donne di solito impegnate a lavorare almeno per oggi si abbandonano a festeggiare e a lanciare polveri e acqua tra di loro. Continua così per tutto il giorno, e ancora durante la sera e a notte inoltrata 23 marzo: ci svegliamo prima dell’alba per andare a fare un giro con i cammelli nel vicino deserto, per i vicoli del forte e le strade della città si vedono ancora i segni della festa del giorno prima. Riusciamo a vedere l’alba sulle dune del deserto, il tempo per delle foto e per il più classico giro con i cammelli. Rientrando i dintorni di Jaisalmer, dove si trovano fiorenti allevamenti di cammelli –una delle cose più preziose in queste aride terre – visitiamo Khuri uno sperduto villaggio locale e rientrando a Jaisalmer c’è tempo per visitare alcune havelis nel centro della città.
Il pomeriggio è libero per riposarci e dormire, alcuni di noi non hanno in pratica dormito la sera prima e la stanchezza si fa sentire. 24 marzo: di primo mattino partiamo alla volta di Jodhpur, la “città blu”, lasciamo non senza rimpianti Jaisalmer che con le sue bellezze e allegrie ci ha ospitato per qualche giorno. Arrivati a Jodhpur rimaniamo subito colpiti dal blu che domina la città, quasi che qui si fosse consumata la festa di Holi in versione blu. Fa uno strano effetto vedere questo azzurro dominante, ma è una piacevole sensazione infonde sicurezza e pace, in realtà la città è blu in onore di Krishna. Visitiamo in successione il Forte di Meheraangarth, qualche tempio, e poi ci buttiamo tra il mercato locale ricco di spezie e di colori, percorriamo le strette vie e apprezziamo le havelis, e giorno dopo giorno scopriamo nuove cose e impariamo a conoscere e a capire meglio ciò che vediamo e visitiamo.
La giornata scorre in fretta tra una visita, una foto, una spremuta fresca al mercato un te al latte speziato e arriva sera il tempo di una doccia una cena caratteristica con danzatori e cantanti indiani che con le loro canzoni allietano la serata e, grazie alla guida mi faccio tradurre le parole e scopro che anche qui il tema dell’amore lo fa da padrone.
25 marzo : il giorno successivo ci rimettiamo in viaggio per Udaipur, e lungo il tragitto sostiamo a Ranakpur per visitare il complesso di templi jainisti che rende celebre questo luogo isolato. Imponenti di un bianco accecante sono caratteristici perchè costruiti su più livelli dove tutto è finemente scolpito. Il più imponente e importante è il Chaumukha Temple letteralmente “tempio delle quattro facce”, ma accanto vi sono altri templi minori tutti molto belli e suggestivi. Ripartiamo e nel tardo pomeriggio arriviamo ad Udaipur, la città considerata dagli indiani la più romantica, che con i sui laghi, i suoi palazzi che si affacciano sul lago, le sono valsi il nomignolo di “Venezia indiana”. Ceniamo all’interno dell’hotel che ha una splendida terrazza che guarda il lago Pichola, è una piacevole serata si mangia bene iniziamo a conoscere e scegliere i principali piatti indiani, la cucina è sempre molto buona anche se a volte questo forte uso delle spezie uniforma i sapori, ma è solo la sensazione di un attimo perché già dal boccone successivo riscopri gli originali sapori e gusti.
26 marzo: giornata dedicata alla visita della città, muovendoci vicino al lago notiamo le lunghe scalinate che si affacciano al lago i ghat, che da qui in avanti diventeranno una presenza costante del nostro viaggio. Iniziamo con un giro in barca finché il sole non è alto, al centro del lago ci sono due isolette Jag Mandir e Jag Niwas che ospitano due lussuosi alberghi, con la nostra barchetta continuiamo la nostra visita percorrendo le coste ed osservando la vita in prossimità del lago di donne che fanno il bucato e uomini che si lavano o che fanno le abluzioni. Ritornati a terra visitiamo il City Palace, un‘imponente palazzo la cui visita ci impegna per qualche ora, anche perché non c’è fretta e la bellezza e la grandezza del palazzo meritano la sua attenzione.
Abbiamo il pomeriggio libero per riposare, passeggiare lungo le strette vie in un continuo saliscendi su cui si snoda Udaipur. Un giro nel tempio cittadino, una visita immancabile al locale bazar, una sosta qua e la e c’è tempo anche per un massaggio per rilassare e sciogliere il corpo un po’ irrigidito.
27 marzo: nel mattino partiamo e ci dirigiamo a Puskar una città sacra, dove c’è l’unico tempio dedicato a Braham di tutta l’India. Arrivati e dopo aver posato i bagagli usciamo per visitare il tempio che come ci viene spiegato e sempre affollato e i controlli per accedere sono più rigidi che dalle altre parti. Pranziamo e passiamo il pomeriggio per le vie di Pushkar, camminando per il lungo mercato del centro che fiancheggia il lago sacro da cui partono per scendere verso il lago più di cinquanta ghat. È una bella città Pushkar, un po’ troppo turistica per i nostri gusti, mal sopportiamo la folta presenza di stranieri che scorazzano per il centro, ma forse anche loro ci guarderanno nella stessa maniera. È un posto ideale per acquistare souvenir dagli incensi, a qualche vestito indiano a qualche finta pashmina in modo da riuscire ad accontentare tutti quelli che a casa chiedevano un pensiero un regalo? … che brutta abitudine, ho già poco spazio e devo pensare agli altri? … ho deciso ci sono troppe cose belle che voglio per me, mi inventerò qualcosa ed egoisticamente penserò solo a me! La giornata vola in fretta, c’è tempo per una doccia e siamo a cena.
28 marzo: partenza, destinazione Jaipur, la “Città rosa” per via del colore delle sue mura e dei suoi edifici, dipinte di rosa colore che mi dicono dell’accoglienza proprio per fare gli onori all’ambasciatore inglese che all’inizio del 1800 venne qui in visita. Jaipur è una città caotica e polverosa, molto grande con una parte vecchia al centro della città circondata dalle antiche mure che dove ci sono tutti i suoi monumenti più famosi e all’esterno delle mura c’è la parte nuova della città un cantiere in continuo fermento. Visitiamo l’osservatorio astronomico il Jantar Mantar il Palazzo dei Venti Hawa Mahal con la facciata tipica di finestre e balconi a “grata”, e nel tardo pomeriggio giusto prima che cali il sole saliamo il sentiero che ci conduce al Tempio del Sole o di Galta, dai locali più conosciuto con il termine Galta, per la numerosa comunità di scimmie che vive nei paraggi. Se il tempio non è un granché, il panorama al tramonto che si apprezza dalla sommità della collina è notevole e ne vale la sgambata. 29 marzo: di prima mattina andiamo ad Amber, e passando sulla destra vediamo il palazzo sull’acqua il Jal Mahal Water Palace possiamo solo fotografarlo dalla riva, non si può visitare e a prendere la barca perdiamo troppo tempo. Arrivati ad Amber, ci dividiamo: alcuni salgono a piedi il sentiero che porta alla fortezza, altri provano l’esperienza del passaggio in groppa sull’elefante, l’elefante che ha la proboscide ed orecchie colorate, che porta una portantina sulla groppa dove siedono i visitatori. Quelli che hanno provato hanno raccontato che tanto comodi non si stava anche perché si era sballottati ed avevano paura di cadere. Detto questo il Forte di Amber è un immenso insieme di palazzi, sale giardini uniti tra loro da corridoi, in perfetto stile moghul. Il forte ma tutto il paesaggio che sta attorno è espressione dei passati fasti che ha vissuto questo palazzo e questa terra.
Terminata la visita ci dirigiamo verso Agra, usciamo dal Rajasthan ed entriamo nella vicina Uttar Pradesh e prima di arrivare ad Agra visitiamo Fatehpur Sikri che come riporta la guida è una città fantasma abbandonata nel XVI secolo si è ben conservata e rappresenta uno splendido esempio dell’architettura moghul, ma la sensazione che ho avuta io è che la mancanza di vita si faccia sentire per il distacco che il visitatore avverte visitando l’opera.
Terminata la visita ci dirigiamo ad Agra dove arrivati in hotel ci togliamo di dosso la sabbia e ceniamo.
30 marzo: è il nostro ultimo giorno in India, e il modo migliore per congedarci dall’India è quello di visitare il monumento che più degli altri rappresenta l’India all’estero il Taj Mahal. Lo visitiamo alle prime luci del sole, posticipando la colazione a dopo la visita. La luce del mattino che si riflette sul bianco Taj Mahal è una cosa unica, si cerca di immortalare, di catturare il momento con uno scatto fotografico nella speranza che poi rientrati in Italia di riuscire a riguardare la foto e cercare di rivivere l’esperienza, ben sapendo che non sarà mai come dal vivo. È molto bello e poetico nel modo in cui si erge sopra questa piattaforma su cui poggia, e tutto l’ambiente naturale che sta attorno sembra essere in perfetto equilibrio con il Taj Mahal. Quando usciamo c’è una folla di gente che si prepara ad entrare e la guida ci dice che stanno arrivando i pullman di turisti da Delhi. Rientriamo in albergo per una rapida colazione visitiamo la città, abbiamo un po’ di tempo libero per dedicarci agli ultimi acquisti e nel pomeriggio con calma ci dirigiamo a Delhi.
In tarda serata dall’aeroporto internazionale di Delhi ripartiamo con il volo di rientro per l’Italia.
È stata una meravigliosa vacanza, un viaggio indimenticabile per quello che abbiamo visto e per le fantastiche persone che abbiamo conosciuto, soprattutto l’essere riusciti ad interagire con gli indiani in così pochi giorni, e il merito è di questo straordinario popolo, gente calda, accogliente, amichevole, gentile e disponibile nei confronti del prossimo.
Un viaggio che consiglio a tutti. Un saluto e ringraziamento finale alla nostra guida Manish che ci ha sopportato per tutto il viaggio rispondendo e assecondando in ogni momento le nostre richieste anche quelle più bizzarre. Un grazie alla Shambhoo Travels per l’efficienza, la competenza, i consigli che ci ha dato nel programmare il nostro viaggio.
Arrivederci India, a presto.