Guida per “sopravvivere” a Formentera
Arriviamo all’aeroporto di Ibiza (Formentera per fortuna non ce l’ha), da lì ci si trasferisce al porto in taxi o in bus. Mentre ci chiediamo come raggiungeremo la nostra destinazione finale a Formentera ci scrive il padrone dell’hotel chiedendoci di avvisarlo quando ci stiamo per imbarcare; vuoi veder che viene a prenderci? e invece no, l’hotel Santi si raggiunge in taxi dal porto di La Savina.
L’hotel è semplice, pulito e situato nei pressi della spiaggia di Migjorn e questo è tutto ciò che ci serve.
La spiaggia di Migiorn è la più grande dell’isola, sei chilometri di sabbia, dune e acque turchesi.
Il motorino prenotato tramite l’hotel ci viene consegnato a domicilio, optiamo per uno Scarabeo 125. Appena partiamo ci rendiamo conto che più che su uno scooter ci sembra di essere sul dorso di un canguro che procede a balzi. Raggiungiamo a fatica il motor rent a Es Pujols dove ci cambiano immediatamente il mezzo. Ci facciamo prendere subito la mano dal senso di libertà che lo scooter ci trasmette e praticamente giriamo quasi tutta l’isola.
Nel pomeriggio ci rechiamo alla spiaggia di fronte all’hotel e ci rendiamo conto che la maggior parte delle persone indossa solamente un’ abbronzatura integrale; noi invece optiamo per il costume (con il tempo speso a cercare quello giusto, ci mancherebbe altro!).
Per il primo aperitivo ci rechiamo al famoso Piratabus che negli anni settanta era frequentato da celebrità come i Pink Floyd, Bob Dylan, King Crimson, che ogni giorno improvvisavano un concerto di chitarra.
Adesso è frequentato da vecchi e nuovi hippies e l’atmosfera rimane speciale anche se la sensazione è di essere di qualche decennio in ritardo.
Sulla collinetta antistante il chiringuito, per godersi il tramonto, si addensano decine di persone tutte con un mojito o una birra ghiacciata in mano. La musica del Piratabus (“Con te partirò” di Bocelli) è perfettamente sincronizzata con la psichedelica scomparsa del sole.
Conclusione di giornata con una paella di pesce da Pascual a Es Calò.
La mattina seguente prendiamo un ombrellone (che diventerà la mia protesi per il resto della vacanza) e visitiamo il faro di Cap de Barbaria nei cui pressi si trova una grotta in cui si è insediato un hippy che suona una specie di sitar e vende collanine.
Al ritorno ci fermiamo a Cala Saona dove l’incredibile l’azzurro del mare genera un meraviglioso contrasto con il rosso degli scogli.
Il panorama naturale è veramente bellissimo e ci chiediamo se troveremo di meglio e se cambiare spiaggia non fosse come voler rifare una interrogazione dove si è preso 10. Unico neo le molte persone che contaminano il senso di relax e tranquillità che richiediamo alla vacanza.
Per l’aperitivo optiamo per il Gecko club, purtroppo però il locale è chiuso al pubblico a causa di un matrimonio; sbirciando all’interno intravvediamo un ambiente elegante con lettini e poltroncine situate su di un prato in riva al mare.
Serata a Es Pujol nella quale troviamo una certa vita notturna e un bel numero di ristoranti e locali (niente a che fare comunque con Ibiza); facciamo una cena a base di tapas al Sa Vynia e agevoliamo la digestione con una passeggiata sul lungomare dove si trovano una serie di bancarelle.
Il terzo giorno ci rilassiamo ( e che altro c’è da fare?) sulla spiaggia di Illetes che è la più famosa dell’isola per la sabbia bianchissima e il mare caraibico.
Vicino a noi prendono il sole due ragazzi che sono chiaramente amanti della vita semplice e della natura selvaggia, rivediamo però la nostro giudizio su di loro quando arriva il marinaio con il tender per riportarli allo yatch ancorato al largo assieme a quello di tutti gli altri super ricchi.
Facciamo una splendida passeggiata sulla lingua di terra che porta fino all’isola di Espalmador dove però non arriviamo a causa dei bagnini che impediscono la traversata che ritengono troppo pericolosa a causa delle correnti. Ci ripromettiamo di trovare il modo per arrivarci.
Aperitivo al Beso beach dove si arriva tramite una passerella in legno immersa nella profumata macchia mediterranea. Il disk jockey propone una base musicale ballabile e un ragazzo con il violino elettrico sale sui tavoli e suona trascinando tutti presenti in un ballo sulla sabbia o sui tavoli.
Il quarto giorno decidiamo di rimanere nella spiaggia di Migjorn nei pressi dell’hotel perchè è sicuramente la più tranquilla di tutte.
Qui mettiamo a punto la nostra tecnica per difenderci dal sole e passare il tempo in sintonia con lo spirito dell’isola.
Apriamo due ombrelloni e li colleghiamo con un telo-pareo per creare una zona d’ombra più ampia possibile. Nelle orecchie ovviamente le cuffiette con musica rock anni 70.
Il pareo con il gecko (grande da spiaggia o piccolo usato a mo’ di sciarpa) è uno dei must di Formentera gli altri sono gli occhiali camouflage e il costume indossato molto ma molto basso a far vedere le parti che necessiterebbero invece di copertura.
Per l’aperitivo passiamo al Amore Iodio dove una calca di persone balla e canta con il mare come sfondo. Sembra di assistere alla pubblicità di un aperitivo.
Per cena pizza a Sant Ferran che è la seconda località per importanza a Formentera, dopo cena ci sediamo sul “muretto dei filosofi” del locale Fonda Pepe.
Il quinto giorno ci rechiamo alla spiaggia di Llevante che è separata da Illetes da una striscia di terra. Anche qui il mare è strepitoso.
Al ritorno ci fermiamo a Sant Francesc dove passeggiamo nell’area intorno alla piazzetta, dominata dalla Chiesa del XVIII secolo. La località è la capitale dell’isola e a differenza degli altri centri possiede ben tre strade.
Per cena decidiamo di concederci una serata al 10.7, locale sponsorizzato dalla stilista Patrizia Pepe. Il posto è in riva al mare ed è arredato con molto gusto; anche qui godiamo di uno splendido tramonto con musica lirica perfettamente sincronizzata con il sunset; il panorama non ha prezzo (in questo caso però è solo un modo di dire).
Il sesto giorno andiamo in una caletta nei pressi di Es Calò che abbandoniamo piuttosto velocemente perchè troppo protetta e quindi per niente ventilata.
Decidiamo di vagare con lo scooter (una delle nostre attività preferite) e mentre stiamo facendo una ripresa per documentare la pace e il silenzio dell’isola sentiamo alle nostre spalle una voce possente che ci “rovina” la ripresa, ci voltiamo ed è l’amata Gianna Nannini che comunque dobbiamo “punire” facendole di nascosto una foto.
Nel pomeriggio visitiamo il mercatino hippy di El Pilar della Mola (che si tiene ogni mercoledì e ogni domenica). Giriamo tra le bancarelle ascoltando la musica di un concerto dal vivo e compriamo qualche braccialetto (speriamo non fatto in Cina) e una maglietta con la scritta Enjoy the silence.
Sunset all’originale Blue bar e cena al Fonda Pepe entrambi ritrovi hippies degli anni ’70 (giusto per rimanere in tema). Il Fonda Pepe che si trova a San Ferran è il primo locale costruito sull’isola ed è un ambiente semplice con travi nel mezzo dove mangiamo l’immancabile salsa ali y oli, gli ottimi chipirones (moscardini) fritti e insalata formeterense (con pesce secco).
Trascorriamo gli ultimi giorni visitando i luoghi (la spiaggia di Illetes) e i locali (Piratabus e Beso beach) che ci sono piaciuti di più, il faro di El Pilar della Mola dove un locale reclamizza un party a base di music and paella in occasione del fullmoon rising e con un giro organizzato in gommone dove finalmente veniamo portati a Elspalmador e in una serie di cale e grotte dove il colore e la limpidezza dell’acqua non hanno confronti.
Ci concediamo la cena conclusiva al Gaucho di Es Pujols dove raccontiamo con una certa eccitazione ai nostri vicini di tavolo di aver visto una vip; questi ci guardano con un sorriso e ci dicono di guardarci intorno e ci indicano una serie di calciatori e personaggi dello spettacolo che proprio non avevamo riconosciuto. Mi sa che come paparazzi avremmo fatto la fame. A noi però le bellezze naturali dell’isola e l’aura di serenità non sono sfuggite di certo.
Peace and love