Guatemala + Belize 2
In città ci si orienta facilmente: le calles la tagliano da est a ovest, le avenidas da nord a sud. Al centro della vita cittadina il Parque Central, con la cattedrale e i palazzi del potere. Le strade sono esclusivamente di ciottoli, gli edifici non vanno oltre il primo piano, spesso con facciate colorate, finestre in ferro battuto abbellite da piante e fiori, tutto estremamente curato. In questo contesto stridono i resti di chiese ed edifici crollati nei ripetuti terremoti che interessano la zona (l’ultimo violento nel 1976 ma, scopriremo più avanti, continuamente presenti). Infatti o le loro facciate sono pitturate di fresco o i loro muri sono puntellati e le loro entrate interdette.
Visitiamo qualche chiesa, quella della Merced con un bellissimo chiosco abbellito da un’immensa fontana , quella di San Francisco dove si trova la tomba di San Josè di Bethancourt, beatificato da Giovanni Paolo II nel 1980 e qui venerato. Abbiamo la fortuna di trovarci in città il giorno del mercato e non ci lasciamo sfuggire questa occasione. Tutti i “commercianti” espongono in terra la loro mercanzia, ma ci sorprende l’ordine e la pulizia. Le verdure hanno dimensioni e colori decisamente invitanti. Le bancarelle di frutta sono quelle che più ci attraggono. Ai magini del mercato un parcheggio di autobus distoglie la nostra attenzione dal cibo: decine di veicoli dai colori impossibili, sostano in attesa di riportare i campesinos ai loro villaggi (ci diranno successivamente che molti di loro sono analfabeti e proprio dal colore dei mezzi riescono a riconoscere il proprio). Ci prendiamo una sosta per il pranzo: al Quesos Y Vino ci mangiamo un’ottima pizza margherita con una birra Gallo (che oserei definire “bevanda nazionale”): ancora non ci siamo calate completamente nelle abitudini alimentari guatemalteche! All’uscita ci imbattiamo in un gruppo di turisti italiani. Sono appena rientrati da un tour nel paese e ci avvertono di stare attente negli spostamenti: sembra che i pullmann di turisti siano particolarmente appetibili per le bande di banditi che imperversano nelle strade poco trafficate (in effetti pochi giorni prima un pullmann di Avventure nel Mondo è stato portato all’interno della jungla e gli occupanti lasciati lì, letteralmente in mutande!). Decidiamo di muoverci per strade battute e con gli occhi ben aperti! Loro alloggiano alla POSADA DI DON RODRIGO, uno degli alberghi più belli della città. Ci mescoliamo a loro ed entriamo a vederlo. Sembra di essere catapultate in un telefilm di Zorro! Patii pieni di verde, pappagalli che tentano qualche parola, carrozze parcheggiate all’interno e terrazzini esterni da cui si domina il paesaggio. Splendido! Le camere sono ovviamente in stile, particolarmente spaziose e decisamente pulite… I letti sono enormi.
Salutiamo il gruppo, dopo averli interrogati su cosa fare e cosa no, ma per i nostri gusti ci sembrano troppo prevedibili .. Troppo turisti, ecco! Entriamo in un’agenzia di viaggio (qui ce ne sono a decine e ci consigliano di “fidarsi” di quelle che compaiono nelle guide. Quelle “arrangiate al momento” spesso spariscono nel corso di una nottata o se resistono vi faranno viaggiare su mezzi “improbabili” che si potrebbero fermare a metà percorso!) Fissiamo il trasferimento a Panajachel con un mezzo privato (essendo in 5 costa poco più di un “collectivo” e ci viene a prendere e ci scende direttamente all’hotel). Sono talmente gentili che dal loro ufficio ci prenotano l’hotel che abbiamo scelto per la prossima destinazione: iniziamo a guardare i nostri zaini con il cuore più leggero: forse non “uccideranno” le nostre spalle come avevamo inizialmente temuto.
Verso le 16.30 del pomeriggio il cielo si fa improvvisamente e velocemente buio, pesanti nuvoloni neri minacciano pioggia; ci siamo! Tiriamo fuori le nostre mantelle impermeabili e raggiungiamo alla meno peggio il nostro albergo. Un’ora e mezzo più tardi, è già buio pesto ma non piove più. Facciamo due passi e scegliamo il locale per la cena. Caffe Panchoy, qui proveremo la cucina del paese. Mi lascio tentare dalle tortillas che mi vengono portate avvolte in panni umidi e caldi. A differenza dell’aspetto invitante il sapore non è un gran che: sanno di farina stantia. La carne è buona ma dura come una suola …Ne usciamo non molto soddisfatte: il locale è consigliato da tutte le guide ma noi abbiamo trovato alto solo il prezzo. A nanna, domani ci attende il primo trasferimento interno.
Sveglia e veloce colazione al Caffè Condesa, sotto i portici del Parque Central. Qui come daltronde in tutta Antigua si respira un’aria magica. Vecchi libri polverosi, strane lampade etniche, tovaglie dai caldi colori si sposano idealmente con sapori speziati e pane caldo appena sfornato: un paradiso! Peccato che fuori dall’hotel ci aspetti il pullmino per Panajachel altrimenti ci saremmo godute di più questa atmosfera.
Ci allontaniamo da Antigua e raggiungiamo Los Encuentros: iniziamo a vedere un po’ di “vera vita guatemalteca” infatti finora siamo state circondate per lo più da turisti come noi. Colori, colori, colori, ovunque ti giri vieni “colpita” da righe, fiori, verdura, cartelli … Chissà che penseranno di noi e dei nostri sobri completini … Immaginiamo di venir considerate delle “tristi ragazze europee”! Durante il tragitto le altre siedono sui sedili posteriori: io, per parlare con loro, volto le spalle all’autista. Improvvisamente il mio viso cambia colore e anche loro lo notano. L’autobus è seguito da una moto con due tipi completamente vestiti di nero e nascosti da un passamontagna “Ci siamo” penso “adesso tocca a noi, stiamo calme, consegniamogli soldi e quanto chiedono e poi qualcuno ci aiuterà …”. Ci sorpassano, non riesco a togliergli gli occhi di dosso “adesso freneranno in un luogo più deserto e …”. Non gli incontriamo più! Molto probabilmente il passamontagna era solo per proteggere il viso dall’aria “pizzichina” che c’è quassù a oltre 2000 mt di altitudine: maledico la mia paura pregiudizievole e ringrazio Dio … Che ci accompagni per il resto del viaggio, un’occhio di riguardo non fa mai male! Arriviamo a Pana (familiarmente chiamata così: ci accorgeremo che tutti i nomi lunghi e, per noi decisamente difficoltosi a pronunciarsi vengono accorciati o chiamati con i vecchi nomi indios… Attenzione! I Guatemaltechi non amano essere chiamati indios: indigeni o locali va molto meglio!). Una stradina stretta e lunga, completamente invasa da negozietti turistici ci porta fino alla riva del lago Atitlan. Calme e profonde acque azzurre riflettono un cielo sereno e hanno per cornice verdi vulcani; se ne contano almeno quattro ma la forma di ogni più piccolo rilievo ne ricorda molti altri erosi dal tempo. Arriviamo al Sueno Real, piccolo alberghetto a 10 mt dalla riva. Le camere non sono splendide, un tantino vecchiotte ma i gestori sono quanto di meglio potevamo aspettarci. Ci accolgono con sorrisi, ci mostrano le camere, un terrazzo con vista sul lago dove rilassarci, un terrazzo con i fili stesi, le mollette e il lavandino dove fare il nostro bucato. Ogni mattina troveremo 1 bottiglia di acqua sigillata per persona e … Almeno due rotoli di carta igenica per camera, questa sembra essere una rigida regola e “regolarmente” ci controllano la quantità disponibile: che voglia dir qualcosa? Facciamo due passi sul lungo lago. Come il giorno precedente e, come verificheremo successivamente, alle 16.00 / 16.30 di ogni pomeriggio, il tempo si rannuvola velocemente e per un’ora e mezzo sembra esserci la fine del mondo; pioggia, lampi e fulmini, salvo rasserenarsi verso le 18 e ripetere il tutto il pomeriggio successivo. Approfittiamo del brutto tempo per visitare la POSADA DI DON RODRIGO di Panajachel. E’ la stessa gestione di quella di Antigua, ma questa è molto più bella. Ci sono 29 camere standard e 11 superior, tutte con arredamento in stile e caminetto, una bella piscina, sauna, un arioso ristorante e un museo che raccoglie i reperti trovati in fondo al lago, lago che altro non è che un vecchio cratere di un vulcano …Ma va?!!! Scegliamo per la cena un localetto in legno direttamente sul lago. Finalmente pesce … Freddo e duro come il marmo … Iniziamo a innervorsirci per il cibo! A nanna. Appena sveglie facciamo colazione e, anche all’interno del locale, veniamo “aggredite” da barcaioli che ci propongono escursioni ai paesini sulle sponde del lago Atitlan. Ne scegliamo uno che per 50 quetzal a persona ci fornisce una barca privata e due soste, il tutto per circa 6 ore di escursione. Il tragitto per raggiungere il primo paesino (San Pedro) dura circa un’ora. Le acque del lago sembrano essere olio tanto sono calme. Avanziamo in un blu profondo, in una cornice di verde e con un’aria tanto tersa che si fa fatica a tenere gli occhi aperti! Sbarchiamo a San Pedro e rimaniamo a bocca aperta davanti ai primi muri che troviamo. Su tutte le pareti disponibili (case, scuole, locali in genere) “manifesti” dipinti direttamente sui muri inneggiano a Dio, al suo amore per gli uomini, al fatto che sia l’unica speranza per la salvezza. Entriamo in paese, scortate da gruppi di bambini che sorridenti ti chiedono un chewingum, e ci troviamo in mezzo a un mercatino. Qui i turisti sono davvero pochi e assistiamo alle compere delle casalinghe guatemalteche: due pomodori per il contorno, un pezzo di carne, un metro di stoffa per confezionare la gonna o il huipiles (normalmente le gonne delle donne sono in pesanti stoffe tessute a mano con motivi a righe verticali dai colori impossibili: i huipiles sono camicette con un solo foro per la testa e abbastanza stoffa per venir drappeggiate intorno al busto, ricamate manualmente con coloratissimi motivi floreali. Le diverse provenienze delle indigene si lasciano riconoscere dai diversi addobbi della testa: nastri di diverso colore, strane trecce o cappelli con nappe o in velluto viola caratterizzano le donne dei paesini che abbiamo visitato.) Abbiamo finito i soldi che avevamo cambiato a Antigua ed entriamo in banca per cambiarne di nuovo: sulle pareti esterne della banca un cartello ci incuriosisce: “si invitano i signori (con tanto di nome e cognome alla faccia della privacy) a venire presso i nostri sportelli per regolare la loro posizione debitoria nei confronti della banca … Mah?!! Riprendiamo la barca e dopo una ventina di minuti attracchiamo a Santiago. Anche qui innumerevoli negozietti ci danno il benvenuto e ci “scortano” fino alla piazza principale. Gruppi di ragazzini ci propongono per pochi quetzal una visita a Maximon. Un fantoccio con un cappello da cowboy, un sigaro in bocca e una bottiglia alcoolica tra le mani, viene ospitato in una diversa casa privata spostandosi ogni anno. Rappresenta un santone che, in vita, elargiva grazie solo quando era ubriaco …Per questo motivo lo si prega offrendogli monete, candele e … Alcool! In Guatemala, come ci confermerà ancora di più la visita a Chichicastenango, la religione cattolica non ha del tutto spazzato via i riti ad essa precedenti e si sono formate delle strane tipologie di culto che mischiano vari aspetti delle due religioni dando vita a curiose funzioni. Subito dopo pranzo (un hamburger cotto in un cucinino che sarà bene dimenticare presto) riprendiamo la barca per il rientro a Pana: si è alzato un “allegro venticello” e iniziamo a ballare … Per fortuna riusciamo a raggiungere le sponde prima che piova di nuovo. Relax in camera e ricerca del ristorante per stasera … Una “chica” dà forfait, la VENDETTA DI MONTEZUMA miete la prima vittima. Ceniamo al Sunset caffè, una bella terrazza sul lago con tanto di gruppo musicale dal vivo … Davvero splendido. Prima della nanna ci fermiamo sul terrazzo più alto dell’albergo ad ammirare le stelle che sembrano caderci addosso, tanto sono numerose e splendenti.
Appena sveglie, fortunatamente tutte in discrete condizioni di salute, partiamo per un’escursione giornaliera nei dintorni. Prima tappa San Andres Xecul: per arrivarci l’autista che abita da queste parti ci guida per una stradina in mezzo ai campi approfittando dell’occasione per salutare zie e cugini! La facciata della chiesa di San Andres è … È un huipiles! Su di un muro giallo esagerato, figure in gesso di uomini e donne dai colori sgargianti offrono frutta e verdura e venerano i santi … Sembra che l’architetto che l’ha progettata fosse in quel momento sotto effetto di allucinogeni e non è difficile credere che sia vero. Lasciamo la strada principale per prenderne una ripida e piena di curve. Attraversiamo piccolissimi appezzamenti che sembrano giardini (in effetti i confini tra un campo e l’altro sono riconoscibili da file di gladioli). Decine di campesinos, curvi, raccolgono della verdura (cipolle, carote, patate) la lavano accuratamente e ne fanno sacchi di notevoli dimensioni.
Saliamo, pian piano la nebbia ci avvolge e finalmente arriviamo alla cima. Qui ci accoglie uno strano paesaggio: l’aria è fredda, grigia di nebbia ma carica anche di caldi vapori dovuti alle acque termali di origine vulcanica delle FUENTES GEORGINAS. Spogliarci diventa un’impresa ma il premio per le audaci è un magnifico bagno in una vasca naturale con acqua a 38/40 gradi, circondata da ripide montagne coperte di felci giganti …L’ingresso costa 10 quetzal a persona ma li vale tutti e assai di più. Ci rammarichiamo di non aver prenotato uno dei dodici bungalow vicino alle terme: sono si fuori dal mondo ma dentro hanno tutta l’attrezzatura necessaria per un breve soggiorno, compreso un simpatico caminetto che non guasta … Vista la temperatura! Nel ridiscendere verso Zunil ritroviamo i campesinos che nel frattempo hanno caricato il raccolto su numerosi pick up e ci accompagnano in paese. Qui, inaspettatamente, assistiamo ad un mercato all’ingrosso di verdura che ci ubriaca. Gesti, parole in gergo, sguardi regolano quello che è lo scambio dei maggiori produttori nonché fornitori di verdura per il centro America … E noi neppure lo sapevamo! Risaliamo sul pulmino giusto in tempo per evitare l’ormai familiare temporale pomeridiano. Ci rechiamo a Quetzaltenango (Xela per gli amici!) seconda città dopo Città del Gualtemala della nazione. Numerosi giovani che vengono qui a studiare lo spagnolo donano alla città un clima pimpante ma … Non è questo che ci piace del Guatemala. Facciamo dietrofront e ce ne torniamo a Pana; domani ci aspetta un nuovo trasferimento, destinazione Chichicastenango detta Chichi! Come per i precedenti soggiorni avevamo prenotato il giorno precedente l’albergo dove alloggiare ma, arrivate a Chichi abbiamo un amara sorpresa. Le camere del “Giron” non sono male ma l’acqua è razionata e disponibile solo poche ore al giorno. Siamo spartane ma è davvero troppo scomodo. Ci accorgiamo che lo standard degli alberghi in paese è davvero basso e non ci resta che scegliere il più bello … Che non ha niente a vedere con gli altri. Il Santo Tomas sembra un vecchio convento (si tratta invece di un edificio di pochi anni) con lunghi corridoi stracolmi di statue religiose, paramenti sacri, nicchie e addobbi di chiesa … Mi fa quasi paura. Ci accolgono in una camera che sembra un appartamento! La camera tripla è composta da due grandi stanze con tre letti matrimoniali, un bagno, un balcone, il solito caminetto e pure una sedia a dondolo! All’esterno, in netto contrasto con il luogo dove ci troviamo, una moderna piscina e lettini per l’abbronzatura che a queste altitudini è assicurata (pioggia permettendo!). Ci aspettano tre giorni da nababbe! Scendiamo in paese: è davvero minuscolo e si sviluppa intorno alla piazza della cattedrale (Santo Tomas). Niente ci fa immaginare quello che sarà questo posto domenica mattina, insieme al giovedì giorno di mercato dei Maya Quichè, etnia che abita nei dintorni. Davanti alla chiesa una scalinata in pietra accoglie diverse “piattaforme” Sull’ altare più basso bruciano già ora incensi e offerte, su quello più vicino all’entrata i chuchkajaus fanno roteare barattoli in latta contenenti incenso. Si tratta di bizzarri officianti che per pochi quetzal si propongono come intermediari delle preghiere rivolte a Dio, usando a tal fine “formule precise”. Ci dicono che per rispetto ai fedeli del luogo dovremo usare la porta secondaria per entrare in chiesa e non la scalinata principale. Ci atteniamo alle indicazioni ed entriamo. 7 altari in legno sono anneriti dal fumo che a momenti ci soffoca. Davanti ad ognuno di essi si prega per motivi diversi: uno per i bimbi, uno per le partorienti, uno per la raccolta del mais, uno per gli ubriachi…
Nel corridoio centrale della chiesa, 7 basse pedane in legno raccolgono quali offerte candele, petali di fiori e, come al solito, alcool! Le candele sono di diversi colori (10 per l’esattezza): sembra che ogni colore equivalga ad una richiesta specifica … Per non far torto a nessuno le accendiamo tutte! I pochi venditori che sono in paese ci consigliano di fare acquisti oggi, il giorno del mercato i prezzi saranno più alti. Ci fidiamo e diamo il via ai borselli acquistando quanto di più strano possiamo immaginare (maschere in legno, coperte, sciarpe, portacandele, un presepe in terracotta!)… Comprese delle grosse borse per poter trasportare tutti i souvenir! Ci ritagliamo un attimo per un pranzo veloce. In piazza troviamo la Casa San Juan, delizioso localino pulito e con personale gentilissimo … Ci torneremo più volte. Dopo la passeggiata pomeridiana ed un’ora di abbronzatura a bordo piscina, la solita pioggia ci costringe ad un relax in camera. Fa freddo. Decidiamo di rimanere in hotel per la cena. Solerti camerieri in costume ci accolgono e ci trattano da regine! Ci tratteniamo dopo cena al bar dell’hotel e facciamo due chiacchiere con Armando, il direttore. Ci propone di mandarci qualcuno ad accendere il caminetto in camera. L’idea mi spaventa un po’ ma … Ci lasciamo convincere e ne siamo felici. Fa davvero freddo e … Pernsare che in Italia si boccheggia dal caldo! La domenica mattina ci alziamo di buon’ora, rimandiamo a più tardi la colazione e ci tuffiamo nel mercato di Chichi. Ci hanno detto che la messa in cattedrale vale una visita. Entriamo come al solito dalla porta laterale e ci accomodiamo nelle ultime file. Siamo circondate da un’umanità a colori, di tutte le età, che “emana” una partecipazione a noi sconosciuta. Tra nubi di incenso si prega. Il rito è in lingua spagnola ad eccezione dell’omelia che viene officiata anche in una strana lingua, immaginiamo locale, per noi decisamente incomprensibile. Per fortuna il rito riprende in spagnolo il che ci permette di capire che viene richiesta una preghiera speciale per i vivi, per i morti, per un bimbo che compie 11 anni, per un uomo che si trova negli Stati Uniti per lavoro, per un tipo che ha iniziato un’attività di autotrasporti … Dopo oltre 2 ore la funzione non accenna a terminare; mezze soffocate dall’incenso decidiamo di uscire e gettarci nella calca del mercato. E’ praticamente impossibile decidere in che direzione andare! Un fiume di persone, tutte sistematicamente sotto il metro e mezzo (mi sento una stangona!) ci spinge a suo piacimento in ogni direzione … Meno male che abbiamo comprato ieri, oggi sarebbe stato decisamente impossibile anche solo fermarsi per vedere qualcosa. Ubriache di folla dopo un po’ ce ne torniamo in albergo. Cena, partitone a carte per sbarcare la serata e a nanna. Ad un’ora non ben precisata (ci diranno le 00.30 circa) qualcosa ci sveglia …Il letto sta ballando! Ci metto un attimo a capire …Terremoto! Il cuore va a duemila, mi aggrappo al cuscino e aspetto che smetta. I secondi sembrano secoli. Le altre sembrano dormire, poi una luce si accende. Siamo tutte sveglie e terrorizzate. Nel silenzio della notte si sentono solo decine di cani che continuano ad abbaiare. Attendiamo il silenzio convinte che rappresenti la fine di tutto. Finito. Ognuna, nel suo letto pensa mille cose (ce lo racconteremo il mattino seguente) e aspetta trepidante le prime luci dell’alba. Ci alziamo. Usciamo ed incontriamo Armando che ci guarda e sorride. Mediamente ne capita uno ogni settimana, ci dice, per cui … Siamo in media ma, nessuno ci aveva avvertito!!! Chichi ha riassunto l’immagine di isolato paesino montano. Hanno sbaraccato tutte le improvvisate bancarelle e si respira un’aria indoletente e pigra. Ce ne possiamo andare, destinazione Città del Guatemala ma solo per prendere un piccolo aereo che ci porterà in poco più di un’ora nel nord del paese, Flores per l’esattezza.
Durante il volo, partito nel pomeriggio, balliamo un po’. Il cielo è come al solito nero e minaccioso. Arriviamo che, come al solito, piove! Scese dall’aereo ci sorprende però un’aria caldissima e appiccicosa … Una volta in albergo potremo nascondere in fondo allo zaino gli indumenti pesanti usati finora! Flores si trova su una penisola nel lago Peten Itza. E’ il luogo dove soggiorneremo per poter poi raggiungere il sito Maya di Tikal, che si trova a circa un’ora e mezzo di autobus, in mezzo alla jungla. Sulle rive del lago si può scegliere, in alternativa per il soggiorno, il paesino di Santa Elena, meno caro ma anche meno attrezzato. All’arrivo all’aereoporto decine di ragazzi (pagati dall’agenzie del posto) ci propongono di accompagnarci ad un albergo che soddisfi le nostre esigenze e lungo il tragitto ci presentano l’escursioni per Tikal … Certi che siamo lì solo per questo e non per il caldo umido e le migliaia di zanzare che brindano allegramente con l’Autan! Scegliamo un tour che parte alle 7 del mattino: dicono sia particolarmente suggestivo trovarsi a Tikal quando ancora ci sono poche persone per cui, carichiamo la sveglia e prepariamo il “guardaroba anti mosquitos”! Il pullman che ci accompagna a Tikal non è privato e lungo il tragitto carica guatemaltechi che si recano a Tikal per lavoro (c’è infatti un tourist office, due o tre alberghi, qualche ristorantino). E’ mattino presto ma … Piove! Dobbiamo cambiare il nostro “orologio meteo”, infatti sia qui che successivamente in Belize, “l’ore pioggia” interessano la prima mattinata, dalle 05.00 alle 09.30 circa. Per fortuna al nostro arrivo all’ingresso del sito non piove più. Munite di cartina ci addentriamo nella jungla ancora ignare del paesaggio che di lì a poco ci lascerà senza parole. Tikal è stata per 2000 anni la più importante città maya. Dopo che fu abbandonata, per motivi ancora sconosciuti nel IX secolo, la jungla ha ripreso il suo territorio, coprendo 176 km quadrati, più di 10.000 strutture, delle quali solo il 15% riportato alla luce. Il sentiero è battuto, si snoda per qualche kilometro all’interno di un “mondo verde” nel quale riconosco le nostre piantine da appartamento ma mediamente 100 volte più grandi … Se solo la mia mamma le vedesse, lo sai che invidia … Appaiono i primi altari maya, le prime steli ma il bello deve ancora arrivare. Dopo una mezz’ora di cammino restiamo di stucco davanti alla Plaza Mayor. Due altissime piramidi si fronteggiano, il tempio del Gran Giaguaro con i suoi 97 gradini e quello delle Maschere con 59. La salita a questi due è proibita ma ci rifaremo con i prossimi … Infatti proseguendo il cammino se ne incontrano altri sui quali possiamo salire, non dalle scale in pietra principali (troppo ripide e troppo pericolose) ma da scale in legno costruite ai lati senza “offendere” troppo la sacralità del luogo. Dall’alto lo spettacolo è magnifico … Un mare di verde, interrotto solo dalle punte delle piramidi più alte. La paura per le scale ripidissime ed il sudore per arrivare lassù sono pienamente ripagati! Riprendiamo il cammino attraverso la jungla, accompagnate dai rumori più strani … Scimmie urlatrici ci dicono ma a noi tutto sembrano fuorchè scimmie! Quasi al termine del giro, individuato come “complesso N” troviamo forse il pezzo più importante di Tikal: un vecchio altare scolpito mostra due personaggi, uno Maya, l’altro stranamente di sembianze … Asiatiche. Gli archeologi si sentono smarriti davanti a questo “pezzo” che proverebbe una connessione tra oriente ed occidente risalente a molti secoli fa. … La cosa mi affascina, se mai ce ne fosse stato bisogno! Usciamo, non prima di aver fatto di nuovo un “passaggio” alla Plaza Mayor … Sarà suggestione ma si respira un’aria … Magica, di nuovo?, ma che cosa ha questo paese per stregarci cosi tanto????? Torniamo a Flores, ci “regaliamo” una cena spagnola al ristorante La Luna, che oltre che essere carinissimo, offrirci buoni piatti (mi ero scordata di quanto buono fosse il pane!) … Accetta gli euro! Così facciamo fuori qualche spicciolo in quetzal, saldiamo il conto in euro e … Domattina ci aspetta il Belize! Ci arriviamo con un pullman di linea, in 5 ore circa, a 20 Usa$ a persona. A pochi kilometri dal confine ci propongono di cambiare a bordo i quetzal residui. Sembra ci facciano un favore dandoci 2 dollari beliziani contro 1 dollaro americano … Meno male che non ci caschiamo! In banca ci tratteranno meglio! Ci accoglie un mondo decisamente diverso. Abbiamo percorso appena un po’ di strada che sento già la mancanza dei “miei picccoletti guatemaltechi”. Il popolo beliziano è formato prevalentemente da persone di colore, che secondo me, scimmiottano antipaticamente gli Statunitensi. Arrivate a Belize City scendiamo alla Marina per prendere la prima lancia per Ambergris Caye … Nugoli di ragazzetti con il cavallo dei pantaloni ai ginocchi canticchiano motivi rap e ti guardano con un’aria … Meno male che partiamo subito, l’impatto non mi piace! Dopo un’ora e mezza di lancia a motore e uno scalo a Caye Caulker arriviamo a San Pedro, la “isla bonita” di Madonna. Scendiamo dalla barca e usiamo dei piccoli moli in legno per arrivare a terra. La spiaggia è stretta, il mare pulito ma pieno di alghe, i moli si susseguono vicini .. … Io qui ci resisto due ore!! Cerchiamo un albergo per i 4 giorni che abbiamo deciso di trascorrere qui … Ci parlano in inglese … Ah i miei piccoletti!!!! La vita qui è molto più cara rispetto al Guatemala: una tessera telefonica costa 5 dollari beliziani e dopo un numero infinito di numeri da comporre (!) ti permette solo un minuto scarso di conversazione. Lasciamo i bagagli e passiamo il pomeriggio alla scoperta del posto. In fondo non è poi così male: le piccole strade sono in “sabbia battuta”, circolano solo poche macchine elettriche, di quelle usate nei campi di golf, le abitazioni sono piccole, basse e quasi tutte in legno, le persone sono calme e sorridenti. La spiaggia è veramente stretta ma ha sabbia bianca e fine: piccole palme assicurano “conforto” contro il sole tropicale (consigliabili protezioni oltre il fattore 20!!!) e l’acqua, nonostante la presenza di alghe a riva, è pulita e caldissima … A fine serata sono già innamorata di questo paesino! I giorni che passeremo qui saranno all’insegna del mare, della calma, del relax. Rubiamo qualche minuto di questo tempo prezioso per andare a curiosare al Ramon’s Village, struttura commercializzata dai tour operator Italiani. Si tratta di un complesso di una cinquantina di palafitte, alcune con vista mare altre su di un bel giardino tropicale, in perfetto stile caraibico, tutte in legno, con aria condizionata. C’è una boutique e una bella piscina ma … Vuoi mettere il mare (spiaggia attrezzata con lettini e sdraio gratis per gli ospiti), ! Al ristorante si mangia bene, non troppo caro e ci si può accedere anche come “ospiti esterni”. Il molo del Ramon’s è lungo una ventina di metri. A metà percorso una baracchina in legno funge da centro diving, noleggio di surf, e base di partenza per le escursioni in catamarano. In fondo al molo una pedana quadrata in legno permette tuffi laddove l’acqua è più alta e più limpida. Parlando di diving conviene ricordare che la barriera corallina del Belize è seconda per estensione solo a quella australiana. Questo ne fa una metà di prim’ordine per gli amanti delle immersioni e dello snorkling. Durante il giorno passiamo pigre ore dividendoci tra “sotto la palma” e “ammollo in acqua”, le calde serate sono coccolate da ritmi raggae e onde che si infrangono a riva. Una mattina scegliamo per la colazione un locale che espone in vetrina una pubblicità della Lavazza … Farà poco “viaggiatore del mondo” ma abbiamo una gran voglia di un sano caffè!!!! Non tardiamo a scoprire che il titolare è un … Grossetano, trapiantato in Belize, dopo aver girato mezzo mondo, alla fine degli anni novanta. Ci racconta che qui la “burocrazia” è quasi del tutto inesistente, che la vita si svolge con ritmi calmi e ripetitivi, senza scosse … A parte gli uragani che di tanto in tanto “sparecchiano” le coste! Questi sono comunque tenuti costantemente sotto controllo e quando il pericolo si avvicina, c’è sempre qualche annuncio prima che l’uragano colpisca … Inoltre a San Pedro c’è anche un piccolo aereoporto turistico che permette fughe più veloci!!!! Il costo della vita è molto più caro rispetto agli altri paesi del centro America, fortemente influenzato dall’obbligo di importare quasi tutto e dagli alti dazi d’importazione (ci parla di un 40% circa).
I giorni volano … Passiamo l’ultima serata allo Shark Bar, locale situato “in mare” in una baracchina in fondo al molo, così chiamato perchè in un “recinto” visibile dai bordi, nuota un vero squalo … Molto discutibile! Comunque un rasta ci saluta cantando affascinanti melodie raggae … Arrivederci Belize! La mattina seguente in un’ora e mezzo di tragitto una lancia ci accompagna a Belize City, un taxi all’aereoporto e li, per fortuna, ci forniscono le carte d’imbarco anche per il volo successivo in partenza da Miami e ci spediscono direttamente le valige a Firenze … Avevamo temuto, visto i ritmi e le burocrazie statunitensi, di dover prolungare la nostra vacanza a Miami!!! Dopo una notte quasi insonne in aereo, con lo stesso film trasmesso nel volo di andata, arriviamo finalmente a Parigi … Quasi a casa!… Magari! L’aereoporto è bloccato, non è permesso andare da un terminal all’altro. Un’ora più tardi ci lasciano passare. Trapela che c’era una valigetta sospetta fatta “brillare” dagli artificieri. Arriviamo finalmente al check in: si parte! … Macchè, overbooking! Propongono di farci salire sul volo successivo (in fondo spostato solo di un’ora e mezzo), rimborsandoci il disagio con 150 euro in contanti a testa, un buono per il pranzo ed una scheda telefonica per avvertire a casa del ritardo. Accettiamo ed, in attesa del volo di rientro, svaligiamo il duty free con l’inaspettato introito!!!!!