Grazie, paracalo’

Potrà mai essere significativo il fatto che ci muoviamo da Santorini con le parole di B. Dylan e la sua assurda mania di bussare a chissà quali porte celesti? Alla fine, come nella migliore tradizione, siamo partiti con il traghetto che è il tramonto. È un mare calmo quello greco, niente di incazzoso o pieno di sé. Da qui, un mare come ne ho...
Scritto da: Daniele Furlanis
grazie, paracalo'
Partenza il: 10/07/2003
Ritorno il: 20/07/2003
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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Potrà mai essere significativo il fatto che ci muoviamo da Santorini con le parole di B. Dylan e la sua assurda mania di bussare a chissà quali porte celesti? Alla fine, come nella migliore tradizione, siamo partiti con il traghetto che è il tramonto.

È un mare calmo quello greco, niente di incazzoso o pieno di sé. Da qui, un mare come ne ho visti tanti.

Quello che in realtà colpisce davvero sono i monti – che qui sono lambiti dal mare con uno strano gioco di schiume e spruzzi su scogli a volte aguzzi come coltelli.

Non so quanto la mia impressione sia vicino alla realtà, ma questi monti hanno l’impressione di essere realmente dei vecchi canuti. Sarà per via di questo colore di terra così acceso o del loro aspetto davvero friabile e stanco, non lo so.

La grecia non è il paradiso, questo è chiaro. non potrebbe esserlo, a dispetto di quanto ne dica Dylan. È troppo umana, la grecia.

troppo bella, troppo simile a certe approssimazioni tutte italiane. No, la grecia non ha il fascino disincantato e soprannaturale che dovrebbe avere l’eden.

Sembrerebbe più un purgatorio, però molto più mite e malinconico; una terra padrona di una certa rudezza sana.

Partiamo dal porto alle 8 dunque, su un’imbarcazione che non è la Doria del mare ellenico ma non è neanche una delle carrette che siamo abituati a vedere in tivvù. E poi questa è semideserta.

Ci sono molti inglesi, qualche tedesco, pochissimi italiani – grazie a dio – e poi queste due giapponesine qui che hanno davvero poco delle minute turistine tutte timori e sorrisini che ci sono da noi. Queste indossano due begli scarponcini da trekking e hanno il loro bravo zaino da campeggio con l’immancabile sacco a pelo.

Roba che io e gj, al confronto, sembriamo ancora due di quegli italiani là che tentarono la fortuna con la famigerata valigia di cartone. Entrambi assonnati, entrambi ancora tragicamente pallidi.

Intirizziti dalla brezza serale ci slumiamo comunque questo tramonto che non ha nulla di magico e poco di caraibico, ma che però è onesto.

E soprattutto è il primo.

::: —- ::: In grecia il tempo ha una logica strana che non sembra seguire i ritmi che conosciamo. Un ritmo che batte piuttosto con un movimento che è quello del mare, della terra e di tutte queste casette bianche e – parrebbe – piccolissime che sono un microcosmo di equilibrio e dignità.

I greci, almeno quelli che ho incontrato io, sono un popolo singolare.

Non parlano se non hanno nulla da dire ma riescono comunque ad esprimere una profonda cordialità.

Quello che più sorprende di questa gente è la calma immobile con cui trascorrono le loro giornate.

Ma del resto stabilire come realmente le trascorrano non è cosa facile. Difficile dirlo visto che in giro se ne vedono davvero pochi; di giorno ancor meno che di sera.

Se lavorano lo fanno discretamente; e mi risulta comunque difficile pensare che possano avere occupazioni simili alle nostre. Nonostante tutte gli sforzi e le lusinghe da civilizzazione globale – che qui si esprimono a fatica sotto forma di gadjets, teli-mare, cremine, cappellini e shirts con stampe tipo ‘survived Ios’ – oppure, dio mio, con l’orrendo ‘bungee jumping’ – l’impressione, per me davvero forte, è che sia ancora il sole a governare questa gente.

Persone tutto sommato cordiali che hanno nei confronti di noi turisti un atteggiamento di educato distacco.

Il saluto è una forma di educazione diffusissima, ma raramente queste persone raccontano qualcosa che non sia quello che vuoi sentirti dire.

Hanno imparato molto bene a conoscere noialtri maitre-a-penser del cheeseburger e della crepes alla nutella (€ 3), ma non ne sono stati toccati, non ancora. Gestiscono a meraviglia gli strumenti del perfetto ospite – neanche avessero fatto un master decennale su una delle nostre riviere in quel d’agosto – ma non li amano fino in fondo. Non ne sono persuasi, e questo è un bene. Donne greche ne vedo poche – e non mi riferisco qui delle piccole vecchine, magari baffute e di nero vestite, intente a tessere non so quale capo per un marito probabilmente già defunto. Le donne greche, irreprensibili gestrici d’ostello a parte, sembrano scomparse. Che le facciano sparire e le riconsegnino – chiavi in mano – dopo gli anta? Qualche ragazzina sì, in giro si è pur vista. Ma loro, bisogna ammetterlo, sembrano davvero le uniche a essere state irretite dalle maglie di questa Giovine Europa che punta a destra ma che strizza l’occhio, però, a un glamour che rivaluta la confusione manierista degli anni ‘80. Non le vedo forse, da dietro al banco di qualche fruttivendolo – che vende comunque dalla tessera telefonica all’infradito freak – lumare con un certo desiderio l’allure bionda di qualche iperboreo turista dell’estremo nord che qui incontri davvero ad ogni angolo di strada? Un’attenzione che a me ricorda molto l’infatuazione tipica che le ragazzine – a casa nostra – provano per i faccioni patinati delle ultime boy-band…

Loro, i biondi figli dell’europa che ha ritualizzato (e teorizzato) l’aperitivo – ma purchè sia dopo le 8.00 – non lo sanno. Non lo sanno del desiderio di queste ragazze qui. Troppo presi dall’esibizione della nuova shirts – bella o brutta non importa purchè copra un’abbronzatura di giornata – non lo sanno. Non lo sanno perché le ragazze che poi si faranno – in spiaggia piuttosto che su uno stuoino lurido o su un muletto tipico – se le portano da casa.

Bionde anch’esse, queste ragazzotte – già panciute per una dose eccessiva d’alcool – salutano i loro boys all’aereoporto di oslo per ribaciarne poi un altro – che magari è soltanto un po’ più piccolo del precedente – ma che comunque parla lo stesso idioma.

Ma anche tanti inglesi, tedeschi, americani e israeliani (palestinesi pochi), insomma un melting-pot di lingue e faccettine a punta.

Potrei mai vivere in un posto come questo? Tra questa gente? Su questa terra continuamente battuta dal vento? Temo di sì, e sarebbe la mia rovina.

Ios è davvero un’isola troppo turistica; ma basta noleggiare un motorino (€ 12 al giorno) per scoprire straordinari scorci di una bellezza davvero straziante.

Vivere qui significherebbe sincronizzarsi con vento.

::: —– :::: La facilità con cui è possibile perdersi su quest’isola è davvero strabiliante. È sufficiente inforcare il motorino e spingersi nello sterrato che porta all’interno dell’isola per trovare un paesaggio che se non è proprio lunare, molto lo ricorda.

Senza segnaletiche o cartelli, queste strade – che sono comunque abbastanza grandi perché il pulmann di turisti possa passare – tessono una tela che ispeziona l’isola come sonda. Una sonda, però, guidata da mani greche visto che senza troppa segnaletica il pavido turista è spesso costretto a battere in ritirata poco dignitosa. Sono queste le strade polverose e poco frequentate – e come non possono venirmi in mente certi racconti meno famosi del vecchio Soriano? – che bisogna percorrere per scovare quelle spiagge isolate al di fuori della portata psicologica dei teorici della diet coke.

Io e gj ci attrezziamo per queste scorribande con una perizia approssimativa ma tutto sommato commovente. Lui armato di marsupio e io della borsa militare, che abbiamo provveduto a riempire di frutta, acqua, maschera con boccaglio e di una crema a protezione 20 – perché il sole greco è traditore – lasciamo i motorini sul costone e affrontiamo una discesa brulla di rovi e pietre aguzze.

Non ho ancora la visione completa dello splendido quadretto ma posso già comprendere la determinazione con cui gj mi parlava della spiaggia in questione.

È una stretta lingua di mare incuneata tra due costoni scoscesi – una vera perla – direbbero certe guide poco consumate.

La sabbia non è zucchero ma importa poco perché il cielo, in compenso, ha i colori di un quadro naif. Un azzurro bruciato e perfetto. A tinta unita. C’è stato un momento, a pomeriggio inoltrato, in cui era impossibile stabilire dove fosse la linea che separa cielo e mare. Un perfetto orizzonte mancato. -qui ci hanno girato alcune scene di quel film con la tipa che stava con il tennista… Come si chiama… -laguna blu? -quello A prescindere, la splendida cornice paga davvero. Oltre a noi, sulla spiaggia, vediamo solo una donna sui trentacinque anni che prende il sole, completamente nuda. Registra la nostra presenza come registrerebbe l’arrivo di una metropolitana. Con la stessa, indifferente perizia. La presenza di due maschi – potenzialmente aggressivi – sul suo territorio sembra non disturbarla.

Mi faccio l’idea che sia un’olandese molto attaccata alla vita. Figlia di una pittrice d’avangarde e di un professore universitario. Entrambi rifugiati politici.

Ha un uomo che non ama e che del resto non la merita. Non beve. Non fuma e cerca di fare sesso almeno due volte a settimana. Ha simpatie reazionarie ma non riesce a fare a meno del lusso. – perché se fossi povera – sostiene lei ridendo di se stessa – non avrei più tempo per rileggere mao.

Guarda al futuro con poco interesse e ed è generalmente troppo impegnata a rimuginare sul tempo perduto. Il suo futuro prossimo non è macchiato da dolori inconsolabili, la sua adolescenza sì, il che l’ha resa una donna malinconica.

Sua mamma è ancora viva e vive in campagna. Ha un gatto.

Si chiama Totò.

Il gatto, non lei.

Lei si chiama Remì, con accento e tutto.

:::: —– ::::: Gj è un compagno di viaggio praticamente perfetto. Ha una giusta dose di malinconia e vivacità. Da bravi fratellini dividiamo le spese e nessuno dei due si incaponisce sui centesimi. È un buon parlatore e una testa che ragiona bene. E soprattutto non concepisce i silenzi come terribili vuoti da riempire a tutti i costi.

Fuma pochissimo per godersi l’aria buona – come dice lui – e difficilmente non si riempie il bicchiere se prima non l’ha riempito a voi. E queste sono cose che contano.

Con le fighe non è l’italiano in vacanza che ci prova biascicando un pessimo inglese e toccandosi il pacco. L’approccio è timido ma valido. Ispira tenerezze, il nostro.

Di sé stesso non ha una considerazione né alta né bassa.

Ferma, piuttosto.

Anche lui, proprio come me e come te, magari non sa quello che vuole, però sa esattamente di che colore lo vorrebbe.

In vacanza ha dei ritmi meridionali che condivido molto. Si cena tardi e si esce di stanza non prima dell’una.

Nel frattempo si chiacchiera di tutto e ci si filtra lentamente una bottiglia di avana ghiacciato.

Mi racconta di lui, del suo primo (e quindi sempre tragico) amore, mi racconta dell’olanda e della sua disillusione. Non è triste, è stanco.

È un ragazzo che ne ha pensate tante, il nostro gj e credo che anche lui sia roso dal tarlo di voler dare alla sua pellaccia un senso che abbia senso, se capisci cosa intendo.

È un sognatore moderato ma tenace.

Gli piacciono molto le biondine nordiche che bazzicano quest’isola ma sente parecchio il gap della lingua. Però non si da per vinto, e questo va bene.

È una persona sincera e molto diretta. Siamo ben assortiti e piano piano prendiamo un colore più consono alle tonalità del luogo.

Qui, quest’anno, va molto la maglietta della nazionale italiana. :::: —– ::::: Per i ragazzi che vengono qui, l’ubriachezza è uno stato praticamente costante. Il tintinnio delle bottiglie di birra e superalcolici nelle sportine di plastica è diventato, per me e gj, un tormento di questa vacanza. Questi ragazzi si muovono a gruppetti, come in spedizione. Hanno una logica precisa: trovare il commerciante con i prezzi più bassi (che poi sono tutti uguali visto che è impossibile una concorrenza in un villaggio così piccolo) e comprare una quantità d’alcool assolutamente indegna. Poi tornano nelle loro stanze con l’ambaradan e si stonano come delle zucchine dalle sette di sera fino alle sette di mattina. Senza fermarsi. Per tutto il tempo che stanno qui.

È delirante. Non ho mai visto tanta gente ubriaca e tanti ragazzi addormentati per terra in vita mia. Sembrano gusci vuoti che qualcuno non si è ricordato di portare via. E del resto qui è facile che gli amici dimentichino gli amici. Perdersi e andare alla deriva in una comitiva di gente fusa dall’alcool non è così infrequente. La storia è piena di gente che si è risvegliata nella vasca di casa. A gj è successo, ad esempio.

E parecchie di queste biondine ne portano i segni: hanno questi pancini alcolici davvero tristi che non si preoccupano affatto di nascondere…

Si scolano bicchierate di gin come se fosse cola e poi barcollano pensosamente verso il letto con i capelli scomposti e le scarpe in mano.

A me, ad esser sincero, queste biondine con gli occhi da gatta non fanno né caldo né freddo. Alla fine preferirò sempre la morettona spudoratamente italica – procace o meno non importa.

::::: —– ::::: In greco, per favore, si dice Paracalò.

::::: —– ::::: I signori che a Ios arrivano con i cabinati e che attraccano al porto non sono, alla fine, molto di versi da noi. Per la maggior parte composti da giovani comitive, gli equipaggi di queste barche non danno l’impressione di essere figli di papà. Ubriacarsi si ubriacano come tutti gli altri, con le stesse bottiglie.

Solo lo fanno con il culo a mollo. ::::: —– ::::: Riscontro in gj un’aggressiva idiosincrasia per la categoria degli insetti volanti e una diffidenza istintiva nei confronti dell’aria condizionata. L’ho sorpreso, e non sto scherzando, a nascondermi il telecomando del condizionatore.

Come se non bastasse trova di pessimo gusto il fatto che io mi compri un giornale italiano e qui, del resto, se ti pescano tra le mani un quotidiano ti guardano come se fossi il cacchio di babbuino albino.

Però poi gj, la notte, quando non lo vede nessuno, il mio giornale se lo legge. Gli piace soprattutto sghignazzare con la pagine delle previsioni metereologiche sotto il naso. L’idea che in italia ci sia un tempo schifoso mentre qui il sole splende lo fa godere un casino.

E del resto anche io ne sono sommessamente soddisfatto.



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