Granada tra storia, natura e cultura
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“Granada: città del sole e dei fior”, cantava Claudio Villa commemorando la magnifica città andalusa. Nulla di più vero: sole e fiori, ma anche altro. Una città viva ed accogliente da scoprire passeggiando, lasciandosi affascinare dal connubio tra cultura europea ed influsso arabo. Sebbene il mese di agosto sia particolarmente caldo (con picchi di 48°C segnalati dal termometro di Plaza Nueva), visitare la città in questo periodo è meraviglioso: turisti e residenti (in numero non eccessivo) si integrano perfettamente e la città semi-deserta ben si offre ai suoi ammiratori.
Il viaggio, pianificato con l’ausilio di guide ed informazioni ottenute dal web (www.turgranada.es) e dall’Ente del turismo Spagnolo (www.spain.info) inizia giovedì 9 agosto: Milano Malpensa destinazione Barcellona e da lì decollo verso l’aeroporto Federico Garcia Lorca di Granada, ben collegato al centro della città con una navetta il cui percorso prevede diverse fermate, una delle quali davanti alla Cattedrale, a pochi metri dall’hotel che ho riservato. Il bagaglio è limitato all’indispensabile, ho deciso di viaggiare solo: emozioni, colori, suoni e ricordi saranno il vero “overweight” che condurrò con me al rientro dopo quattro giorni dedicati all’esplorazione della città andalusa. La mappa che mi accompagnerà è un quadro astratto, a causa delle mie annotazioni di mercati, monumenti, musei, locali, fermate di bus e bar/ristoranti, alcuni dei quali con cucina gluten-free. Nonostante conviva perfettamente con la celiachia (intolleranza al glutine), di rado viaggio con provviste di alimenti preconfezionati; preferisco nutrirmi con alimenti naturalmente privi di glutine (carne, pesce, verdura, frutta, uova, etc) e curiosare nei negozi e nei ristoranti tipici assaggiando portate a me consentite. Le intolleranze, sebbene vincolanti, non devono rappresentare una schiavitù, pertanto l’abile viaggiatore deve sviscerare una grande capacità di adattamento: il panorama di una città millenaria, i colori dei ventagli, le fontane ben curate e la musica dei gitani sono il vero cibo, per l’animo e la mente.
Inauguro il mio tour venerdì mattina: osservando le massaie granadine rimaste in città mentre affollano il mercato coperto di S. Agostino (dietro la Cattedrale), mi defilo tra le bancarelle dopo aver recuperato dell’acqua e della frutta da consumare durante l’incessante percorso che mi aspetta. Meta prescelta: il Sacromonte, da cui è possibile vedere uno splendido panorama di Granada. I bus sono frequenti, ma preferisco camminare: marciando all’ombra e con qualche sosta, in circa quaranta minuti dal centro città si giunge all’Abbazia del Sacromonte (XVII secolo), dove sono ubicate le catacombe in cui si narra il martirio di San Cecilio, patrono della città. La visita all’Abbazia (euro 3,00) è guidata ed avviene in gruppi di almeno tre persone; pertanto se viaggiate soli dovrete sperare di imbattervi in altrettanti visitatori onde evitare che dopo una faticosa camminata si rischi di rientrare alla base senza aver visitato uno dei monumenti più caratteristici di Granada. Il percorso verso il Sacromonte è particolare, sarete attratti da piatti utilizzati come ornamento disposti sulle pareti delle abitazioni e grotte adibite ad abitazione da parte dei gitani, ben integrati con la popolazione granadina. E’ questo il quartiere in cui nacque la zambra, danza caratteristica che alcuni ritengono versione primordiale del flamenco, altri una variante e nelle tipiche cuevas, la sera è possibile assistere a spettacoli variopinti e travolgenti.
Terminata la visita dell’Abbazia ripercorro il camino del Sacromonte, raggiungendo l’Archivio di Stato (Casa del Chapiz), un luogo poco conosciuto dai turisti, cui è possibile accedere gratuitamente e visitare il cortile interno, piccolo ma ben curato giardino, ove il silenzio è interrotto solo dal rumore del getto d’acqua di una graziosa fontana. Mi dirigo verso l’Albaicin, il quartiere arabo, che, attraversato all’andata pareva deserto: è tarda mattinata e un brulichio di persone, strade piccole, vicoli ciechi e piazze poliedriche rendono difficile orientarsi. Perdersi è un piacere: modeste botteghe, balconi ben curati, marciapiedi inesistenti, un sali e scendi di viottoli e cancelli in stile moresco che delimitano le proprietà. Contrariamente ad alcune voci che lo ritengono un quartiere insicuro è in realtà un piccolo borgo situato sulla collina di fronte all’Alhambra, in cui è possibile camminare tranquillamente anche nei meandri più insoliti; è indubbio che nelle ore notturne, vista la scarsa illuminazione e il dedalo di vie, sia poco consigliato addentrarsi. Alle ore 14:00, dopo un rapido sguardo all’Iglesia del Salvador raggiungo il mirador di San Nicolas, da cui si vedono la Sierra Nevada e l’Alhambra, imponente roccaforte araba la cui visita per chi giunge a Granada è tappa obbligatoria: un panorama meraviglioso, decisamente più suggestivo di quello offerto dal mirador di St Cristobal. In Plaza Larga (cui si accede attraverso l’Arco de las Pesas) il mercatino è in pieno fermento, poche ma affollate bancarelle; trattandosi prevalentemente di generi alimentari non ritengo opportuno fermarmi e proseguo per Plaza San Miguel Bajo, verso il Monastero di Santa Isabella e il Palazzo Dar-Al-Horra: non nascondo la difficoltà nel riconoscere quest’ultimo, ubicato al termine di un vicolo cieco (sfortunatamente l’accesso al palazzo è consentito solo dal martedì al giovedì, contrariamente a quanto riportato sulla maggior parte delle guide turistiche). Procedo inerpicandomi nei meandri dell’Albaicin: la temperatura raggiunge i 43°C, è ora di una sosta poichè, complici il caldo e l’aver camminato a lungo, temo di aver perso l’orientamento. Una granita è di aiuto e l’Alhambra e la Cattedrale sono il riferimento per recuperare la bussola: giunto alla Puerta de Elvira (ingresso principale al quartiere arabo), mi concedo una pausa per pranzo. Osservo, fotografo e rifletto: viaggiare da soli è un eterno porsi domande, indagare, scrutare e scorgere dettagli che altrimenti passerebbero inosservati. Sebbene la camminata mi abbia affaticato decido di proseguire a piedi: la città non è grandissima e passeggiare è il modo migliore per carpire i segreti del luogo.
Alle ore 16:45 riprendo il cammino lungo la Gran Via de Colon, da cui raggiungo la Cattedrale (ingresso € 4,00) e la Cappella Reale, (ingresso euro 4,00) in cui sono seppelliti Ferdinando di Spagna e la Regina Isabella. Se non fosse per il cancello in ferro battuto, le arance che pendono dagli alberi ed il cartello che indica i monumenti, avrei rischiato di non vederli, considerata la perfetta integrazione con il contesto architettonico. Un fervido consiglio per risparmiare tempo e denaro per l’accesso a musei, monumenti e parchi: munitevi del “bono turistico”, un pass acquistabile (anche via internet) da ritirare in seguito presso gli sportelli bancari, uffici del turismo o biglietteria del Parco delle Scienze: per 3 o 5 giorni consente l’ingresso alle principali attrazioni ed è valido anche per alcune tratte sui bus cittadini (http://bonoturistico.cajagranada.es). Intorno alla Cattedrale è tutto un fiorire di piazze, grandi e piccole (plaza Romanilla, plaza Plasiegas, plaza Bibrambla, plaza St. Agustin) con locali, negozi e vicoli che intersecandosi conducono all’Alcaizeria, un vero e proprio bazar nel cuore della città: artigianato, seta, spezie, incenso e ceramica. Una fitta rete di pertugi in cui districarsi per sfuggire alla canicola e cercare insoliti souvenir, inebriando la vista di colori lucenti e profumi orientali: le vie d’uscita da questo labirinto conducono a vie di passeggio, su cui affacciano bar di tapas e gelaterie. E proprio in una di queste mi fermo per assaggiare un gelato, incuriosito dalla scritta “gelato halal, vegano, sin gluten”, mentre nella vivace Plaza Bib-Rambla mi soffermo ad osservare una giostra ecologica per bambini, ove il movimento è garantito dal pedalare di un atletico giovane che con la sua bicicletta aziona il meccanismo rotatorio. Fortunatamente la zona della Cattedrale pullula di locali e ristoranti tipici, per cui non è necessario percorrere molta strada per cenare e da Plaza Isabel Catòlica, dopo le fotografie di rito alla fontana che nelle ore notturne offre il suo splendore, ripercorro la Gran Via per rientrare in hotel e concedere riposo alle gambe, provate per una lunga giornata ma allenate per il giorno successivo: destinazione Alhambra.
Sabato
Sveglia all’alba, assalito da un amletico dilemma: raggiungere l’Alhambra con il minibus (dieci minuti) o percorrere il cammino in salita costeggiando le mura della fortezza ed ammirare la città non ancora invasa dai turisti in orario mattutino? Non c’è fretta e mi incammino lungo Cuesta de Gomerez; dopo una ripida scalinata e una piacevole passeggiata, valicando la Puerta de Granada, in venticinque minuti raggiungo la biglietteria, terrorizzato dalla coda di persone che attendono l’apertura (alle ore 08:30); fortunatamente, avendo prenotato via web dall’Italia, devo solo ritirare il ticket al distributore automatico e convalidarlo all’ingresso riservato, senza alcuna attesa. Poiché l’ingresso ai Palazzi avviene ad orari prestabiliti ed i posti non sono illimitati, consiglio di provvedere alla prenotazione online: molti turisti, arrivati in loco, dopo un’interminabile fila hanno potuto accedere solo a parte di ciò che è possibile vedere all’Alhambra, senza poter visitare la residenza dei Nasridi, perdendosi lo spettacolo meraviglioso di questo capolavoro dell’architettura orientale, dichiarato patrimonio universale dall’Unesco (il sito ufficiale è www.alhambra-patronato.es, diffidate di siti dal nome simile con biglietti a tariffa maggiorata). La visita dell’intero complesso richiede circa tre ore e mezza (all’ingresso munitevi di audio-guida): i giardini del Generalife con fontane, il laghetto e la famosa escalera dell’agua, il Palazzo di Carlo V con il Museo dell’Alhambra e delle Belle Arti (ingresso gratuito ad entrambi), la Chiesa di S.ta Maria dell’Alhambra, l’Alcazaba e le sue torri, il Palazzo dei Nasridi (con il sublime patio dei leoni, la sala del trono, la sala degli ambasciatori ed il giardino dei mirti) e la Medina. E’ emozionante salire su tutte le torri, nonostante gli spazi angusti e talvolta poco luminosi per accedere alla terrazza panoramica, ma sarete appagati dalla vista di una città magnifica, in cui torri, chiese, monumenti ed edifici storici sono quasi tutti concentrati e raggiungibili a piedi. Abbandonato il monumento più famoso di Granada, mi incammino lungo il versante opposto a quello da cui sono arrivato e, raggiunto il Paseo de los Tristes, costeggio il fiume Darro (Carrera del Darro), che separa l’Alhambra dall’Albaicin: non mi par vero di essere da tutt’altra parte in soli venti minuti di passeggiata, e rimirare le mura che testimoniano le notevoli dimensioni di una fortezza paragonabile ad una città nella città. Dopo il rapido pranzo in un locale caratteristico, sopravvissuto all’arsura e a qualche dolore ai polpacci per via delle strade scoscese, lungo il percorso mi soffermo ad ammirare la facciata dell’ Iglesia di San Pietro e Paolo, il Convento di S.ta Catalina (chiuso per restauro) ed entro al Banuelo (ingresso gratuito – dalle 10 alle 14), un bagno arabo dell’ XI secolo. Una traversa (Calle Gloria), riporta le indicazioni per il Monastero di San Bernardo, ove l’ingresso non ha orari particolari: quando la porta è aperta è consentito l’accesso e le monache di clausura, allertate da un campanello, vendono dolci e vino di produzione propria. Proseguendo lungo il fiume Darro giungo all’Iglesia di Sant’Ana, nell’omonima Piazza, in cui si trova una sede dell’Ufficio del Turismo e dove i visitatori (soprattutto anziani) rimangono incantati da piccole vetture elettriche adibite a taxi, con cui è possibile percorrere le principali vie del quartiere. Il caldo si fa sentire ma non è opprimente e dall’adiacente Plaza Nueva in cui le bandiere spagnole sventolano dalla Cancelleria Reale e dal Tribunale si dirama una raggiera di strade; mi intrufolo in Calle Pavaneras, strada che conduce alla Casa de los Tiros (il sabato aperta dalle 09:00 alle 20:00 – ingresso libero), sede del museo delle arti e dei costumi popolari, dove cerco un po’ di refrigerio. Il museo è una villa del XVI secolo sulla cui facciata sono raffigurati eroi greci e possiede una stanza intera dedicata ai viaggiatori del XIX secolo, tra cui Washington Irving, autore del romanzo “Racconti dell’Alhambra”. Osservo la mappa della città, ormai logora per l’uso e la temperatura, e scopro che ho raggiunto il quartiere del Realejo, l’ex quartiere ebraico: mi imbatto in un bar molto caratteristico, “MundoManila”, un locale ad impatto zero in cui si organizzano serate molto divertenti e in cui vige la cultura dell’eco-sostenbile/eco-compatibile. Una meta da non tralasciare, non solo per studenti universitari! I vicoli del quartiere mi aggradano, mi ricordano molto la Montmartre Parisienne e decido, mentre rincaso, di ritornarci per cena: l’atmosfera di Plaza Campo del Principe con i suoi caffè, il parco adiacente con i cani che si rincorrono, gli scarsi turisti presenti rendono magica la sera. Mi siedo a “El Trasgu”, un locale molto carino la cui cucina (asturiana) offre anche piatti vegani e gluten-free (attenzione alle portate: sono molto abbondanti!): segnatelo sulla mappa per rapporto qualità/prezzo e simpatia del personale ! E mentre cammino per smaltire la cena luculliana mi pare di percepire una musica, forse c’è una festa! Seguo le note della rumba e mi ritrovo in Plaza del Carmen: una folla di persone danza freneticamente nella piazza, intorno alla quale sono state posizionate delle sedie di legno. C’è aria di fiesta, i sorrisi si sprecano, i ventagli colorati sventolano nonostante il sole sia calato e l’atmosfera è caliente. Mi spiegano che i pensionati, il sabato sera, si ritrovano davanti al Palazzo dell’Ayuntamiento per sconfiggere la solitudine, fare nuove amicizie e soprattutto danzare: un evento meraviglioso dominato dallo spirito di aggregazione e dal desiderio di liberare quel fuego interno del popolo andaluso. Soli o in coppia, non vi sono limiti di età: tango, mazurka, flamenco, valzer: un esibizione all’aperto ove nessuno si preoccupa dell’anagrafe bensì del puro divertimento. La nostalgia dei nonni ahimè scomparsi mi pervade ma quest’immagine di vita sociale e di contagiosa allegria mi accompagnerà per l’intera notte, epilogo di un’ intensa ed appagante giornata.
domenica 12 agosto
Ore 9: l’itinerario odierno prevede la zona a sud della città con il Parco Garcia Lorca, la Casa-Museo (Huerta de S. Vicente) ed il Parco delle Scienze. Per ottimizzare i tempi, considerando che la casa del poeta spagnolo si può visitare dalle 10 alle 14.30 ed il Parco delle Scienze dalle 10 alle 15, usufruisco del bus n°6, che dalla Gran Via de Colon mi conduce fino alla fermata Neptuno, dove si trova un Centro Commerciale. Da qui, a piedi, seguendo Calle Arabial, raggiungo il Parco Garcia Lorca ed una gentile guida mi conduce nella casa estiva-museo (ingresso euro 4) mostrandomi cimeli, scritti e ricordi del poeta. Conclusa la visita, attraversando il parco quasi deserto, mi dirigo alla Ciudad de la Ciencia, un museo interattivo ove inizierò il mio “percorso culturale” dal padiglione della prevenzione, un’esposizione molto bella dedicata alla prevenzione in ogni ambito: incidenti domestici e sul lavoro, prevenzione dalle malattie di ogni genere, sicurezza stradale, pericoli per i bambini, etc. Ma tra tutti i padiglioni il più bello è dedicato all’esposizione temporanea “Titeres: 30 anos de etcetera”, in cui sono esposti marionette, pupazzi, libri di teatro e in cui sono organizzati laboratori di restauro e creazione di fantocci per lo spettacolo: luci, colori ed effetti speciali non mancano di stupirmi. Piacevole anche la visita del padiglione dedicato ai rapaci, alla medicina, alle farfalle e all’antropologia, anche se meno coinvolgente dell’analogo museo di Valencia che visitai due anni orsono. E’ ora di pranzo e per trovare refrigerio passeggio nei giardini del campus universitario di Avenida Fuente Nueva: il tempo scorre, le strade sono deserte e dopo venti minuti eccomi in Plaza de Toros, ove un tempo veniva organizzata la corrida. L’arena è attualmente utilizzata come cornice architettonica per bar e ristoranti segnalati dalle indicazioni turistiche “via delle tapas”, decidendo di approfittarne per assecondare il mio stomaco, i cui richiami sono sempre più frequenti. Sono le 15:30, il caldo non cessa ma non mi arrendo: voglio raggiungere a piedi il Monastero della Cartuja, e rimarrò estasiato dalla bellezza dei dipinti ospitati, dalla precisione delle decorazioni in stucco bianco della chiesa ma abbastanza deluso dal chiostro. Il fresco dei locali mi rigenera e affronto il percorso di ritorno, costeggiando l’Hospital Real fino ai Giardini del Triunfo; non è la prima volta in cui viaggio solo, eppure in tali circostanze pare che il tempo sia infinito e l’orologio sia perennemente fermo: intravedo dei campanili e mi lascio condurre in una strada stretta che mi condurrà alla Basilica di San Juanes de Dios ed al Monastero de San Jeronimo. La stanchezza accumulata nei giorni precedenti inizia a manifestarsi e non volendo camminare ulteriormente rientro in hotel, da cui uscirò in serata per una semplice e leggera cena consumata presso un noto buffet, dove, per la modica cifra di 11 euro si ha possibilità di mangiare a piacere con bibita inclusa. Alle ore 23:00 il termometro segna 32°, il clima è sopportabile e mi addentro nella ventilata e orientaleggiante Calle Elvira (parallela di Gran Via de Colon) per curiosare nei negozi etnici e facilitare la digestione sedendomi in una delle innumerevoli gelaterie presenti a Granada. Ore 01:00, la città è piena di vita, i bar si riempiono, la Cattedrale è magistralmente illuminata e le luci di Plaza Nueva e Plaza de Isabel la Catòlica sembrano voler impedire al buio di oscurare la città; l’Alhambra pare dipinta d’oro e numerosi bus la raggiungono per la visita notturna.
lunedì 13
Mi propongo di dormire più a lungo lunedì 13, giornata che voglio dedicare allo shopping, ma il fascino di un luogo da scoprire mi impedisce di rimanere a letto e sebbene abbia visto molto, alle ore 09:00 – terminata la colazione – in attesa dell’apertura dei negozi, mappa alla mano, cerco i luoghi che non ho ritenuto importanti nei giorni precedenti. A poca distanza da Plaza Isabel la Catolica, abbastanza nascosto, visito il Corral del Carbon (entrata gratuita), in passato magazzino per il carbone e attualmente centro culturale ove la sera vengono organizzati spettacoli di vario genere; nel dirigermi verso Acera del Darro, via costellata di negozi e boutique di ogni genere, mi imbatto nuovamente in Piazza del Carmen: niente nonni danzanti ma una folla di persone che accedono al Palazzo dell’Ayuntamento in cui si trova l’Ufficio del turismo e sbirciano nei cortili, sfortunatamente inaccessibili al pubblico. Da Puerta Real, crocevia delle vie dello shopping (Calle Reyes Catolicos, Calle Recogida e Acerra del Darro) percorro il viale principale fino alla Chiesa di Nostra Signora de las Angustias, in cui gli ex-voto consistono in fototessere dei “miracolati” incollate sulla roccia in cui è ricavata una nicchia che ospita la statua della Vergine. Se i giorni scorsi il tempo appariva anestetizzato, tra un acquisto e l’altro l’orologio avanza con rapidità: una sosta per degustare un ottimo yoghurt-gelato (preparato al momento scegliendo il tipo di frutta o di cioccolato) e poi in fretta in hotel a preparare il bagaglio, l’indomani – ahimè – si parte prestissimo. La valigia, inizialmente minimal, ora acquisisce una fisionomia da bagaglio familiare, Ma dopo cena, abbandonata volutamente la mappa in camera, vago ulteriormente per il centro e per l’Alcaizeria, è un labirinto che mi affascina ed i colori della notte rendono ancora più misterioso il connubio tra tradizione araba e cultura occidentale. Dalle piazze risuonano le note delle chitarre degli artisti di strada e i giovani gremiscono i vicoli alla scoperta della vita notturna. Granada: una città dove è quasi impossibile distinguere il giorno dalla notte. La sveglia suona, e alle ore 06:00, mentre siedo sul bus per raggiungere l’aeroporto, estraggo dallo zaino la mia guida, verificando di non aver dimenticato alcun luogo da visitare, con un forte desiderio di ritornare presto.