Good morning Vietnam 2

CAMBOGIA
Li abbiamo visti partire, la loro fuga in stracci figli della giungla, madri della notte un bambino di dieci anni giace sul ciglio della strada e sente il suo futuro nei sussurri e nelle grida e stringendo un’immaginetta di Buddha un neonato muore tra le braccia della madre
C’è solo dolore in Cambogia? C’è solo dolore in Cambogia?
Abbandonando le tombe dei vostri avi dopo mille anni abbandonando le vostre poche cose dopo mille lacrime come avete fatto a non partire prima tra i bombardamenti, la carestia e le inondazioni? E i fiumi sono inutili adesso, grondanti di sangue?
C’è solo dolore in Cambogia? C’è solo dolore in Cambogia?
Mi dicono che ci sono pochi bambini tra uno e cinque anni ci vuol più delle foglie della giungla per tenerli in vita mi dicono che un po’ di riso è passato attraverso i tentativi di mandarvelo e là sedete tra le rovine della guerra e i medici aspettano alle vostre porte
Cercheremo di nutrirvi, cercheremo di venire da voi popolo di Kampuchéa, Cambogia
Poco oltre la frontiera, nei campi affollati ho visto madri partorire, begli orfani danzare un vecchio si gira e si copre gli occhi, mai avreste immaginato che piangesse con i suoi figli, le figlie, la casa e la moglie che gli sono stati portati via nell’autunno della vita
Dovremmo cercare di nutrirti e poi di dirti addio, vecchio di Kampuchéa, Kampuchéa, Cambogia?
Indite un’altra conferenza, scrivete un’altra canzone consegnate un’altra tonnellata di riso sperando che arrivi dove deve e gruppi rivali di banditi sono davvero l’unica scelta anche se il popolo avesse la pancia piena, anche se il popolo avesse voce
E nel frattempo, gli innamorati sono presi nel fuoco incrociato i bambini sono presi nel filo spinato il militare affonda nel pantano lasciate che ve lo mostri
C’è solo dolore, solo dolore in Cambogia? Non c’è domani, non c’è domani in Cambogia? Ma ancora cercheremo di nutrirvi, e di farvelo vedere popolo di Kampuchéa, Kampuchéa
We Are You Now, My Son? It’s walking to the battleground that always makes me cry I’ve met so few folks in my time who weren’t afraid to die But dawn bleeds with the people here and morning skies are red As young girls load up bicycles with flowers for the dead
An aging woman picks along the craters and the rubble A piece of cloth, a bit of shoe, a whole lifetime of trouble A sobbing chant comes from her throat and splits the morning air The single son she had last night is buried under her
They say that the war is done Where are you now, my son?
An old man with unsteady gait and beard of ancient white Bent to the ground with arms outstretched faltering in his plight I took his hand to steady him, he stood and did not turn But smiled and wept and bowed and mumbled softly, “Danke shoen”
The children on the roadsides of the villages and towns Would stand around us laughing as we stood like giant clowns The mourning bands told whom they’d lost by last night’s phantom messenger And they spoke their only words in English, “Johnson, Nixon, Kissinger”
Now that the war’s being won Where are you now, my son?
The siren gives a running break to those who live in town Take the children and the blankets to the concrete underground Sometimes we’d sing and joke and paint bright pictures on the wall And wonder if we would die well and if we’d loved at all
The helmetless defiant ones sit on the curb and stare At tracers flashing through the sky and planes bursting in air But way out in the villages no warning comes before a blast That means a sleeping child will never make it to the door
GOOD MORNING VIETNAM dicembre 2010 SMILE CAMBODIAN Le parole di Joan Baez nelle sue canzoni melanconiche, insieme a quelle di Bob Dylan, sono state per me come per migliaia di giovani negli anni 60/70 motivo di contestazione di sogni ancora da venire di discussioni mai finite di progetti per poter cambiare il mondo. Come erano romantici quei tempi ai nostri occhi ingenui, mentre nelle stanze del potere si decidevano le sorti di popolazioni inermi con la scusa del comunismo o di minacce mai esistite. La storia la conosciamo come ce la hanno voluta raccontare, ma nel mio cuore e’ sempre rimasta aperta quella ferita, dopo la lettura di “PEUW una bambina cambogiana” che raccontava gli orrori del genocidio verso la popolazione inerme da parte dei Kmer Rossi, o il genocidio inutile e disumano a My Lai di un intero villaggio da parte del comandante Americano W.L. Calley in seguito condannato ma rilasciato dopo soli tre anni dal governo Nixon.
Ok, scusate le premesse, ma queste sono le motivazioni che mi hanno portato in questi due paesi, dunque, vi costringo alla lettura di questo viaggio come sacrificio in nome di tutte le sofferenze vissute da queste popolazioni.
Ora in Vietnam c’e’ ancora un esercito che combatte sulle strade ogni giorno, ma di questo vi parlero’ in seguito.
Londra, Heathrow, il rombo possente dei quattro motori del jumbo al decollo mi ha inchiodato al sedile mentre la bestia volante rullava per staccarsi dalla pista come un fenicottero abituato a correre e innalzarsi in volo. Questo e’ l’unico momento in cui si sentono solo i motori, i passeggeri sono tutti in religioso silenzio, e credo che qualcuno dica anche qualche preghiera come io ho fatto. Qunado si riaccendono le luci e l’aereo ha preso quota, la vita di bordo riprende come se niente fosse.Finalmente ricompaiono le hostess della Cathay Pacific che riassicurano tutti con il loro sorriso professionale e la loro bellezza da passerella di moda in quanto sono tutte magrissime. Dopo lo stop over di due ore ad Hong Kong, siamo ancora in volo per Ho Chi Minh City ex Saigon. Questo tratto di due ore e mezza ci sembra una passegiata dopo le 12 ore da Londra. Arriviamo comunque stanchi, ma ancora non e’ finita, bisogna pur conquistarselo a fatica questo Vietnam. I’obbligo del Visa, ci impone ancora una bella coda che insieme a quelle del controllo dei passaporti e del ritiro bagagli, fanno moltiplicare le ore di viaggio.