Gli occhi del passeggero – in moto per la Turchia

GLI OCCHI DEL PASSEGGERO di Emanuela Fronda “Se la mente spazia libera anche le azioni diventano libere” Turchia agosto 2003 I primi a non crederci siamo proprio noi, in tre giorni dalla nostra casa situata a Rignano Flaminio, paesino distante trenta chilometri da Roma, siamo arrivati ad Istanbul. Decidiamo “long way” di rinunciare...
Scritto da: Emanuela Fronda
gli occhi del passeggero - in moto per la turchia
Partenza il: 09/08/2003
Ritorno il: 03/09/2002
Viaggiatori: in coppia
GLI OCCHI DEL PASSEGGERO di Emanuela Fronda “Se la mente spazia libera anche le azioni diventano libere” Turchia agosto 2003 I primi a non crederci siamo proprio noi, in tre giorni dalla nostra casa situata a Rignano Flaminio, paesino distante trenta chilometri da Roma, siamo arrivati ad Istanbul. Decidiamo “long way” di rinunciare alla tappa marina di Thassos, incantevole isola greca, credo che sia stata la scelta migliore. La Turchia è veramente grande e il nostro itinerario prevede di percorrerla in gran parte. Viaggio ambizioso, per noi, che abbiamo riabbracciato la moto solo da pochi anni. Ah… dimenticavo le presentazioni: noi non abbiamo 20 anni siamo molto più giovani, Stefano il pilota, mio marito, e naturalmente Emanuela il passeggero, due ragazzi degli anni cinquanta. La nostra moto è una Suzuki V strom 1000.

ITINERARIO E TAPPE: partenza 9 agosto 2003 rientro 2 settembre 2003 BRINDISI- porto di IGOUMENITSA- KAVALA- CONFINE TURCO A IPSALA-ISTANBUL- GOLBASI (Ankara) – GOREME (Cappadocia) – lago di BEYSEHIR- MONTI TAURI- ANTALYA- KAS- MARMARIS- EFESO E SELCUK- ECEABAT NELLA PENISOLA DI GALLIPOLI – CONFINE A IPSALA- ISOLE IONICHE GRECHE – IGOUMENITSA – ITALIA ISTANBUL Arriviamo all’imbrunire dell’11 agosto a Istanbul dopo aver passato il confine pagati i regolari visti, euro 10 a testa, non senza una leggera tensione da parte mia; il ricordo del film di Alan Parker “ Fuga di mezzanotte” è ancora vivo nella memoria. Soldati turchi ci salutano sorridendo, mi tranquillizzo.

Il paesaggio rispetto alla Grecia è più assolato, prevale il colore giallo oro delle sconfinate campagne turche, lungo la strada incontriamo piccole e grandi case colorate pastello, ben curate.

Entrando a Istanbul, il traffico è velocissimo, ci vuole molta prudenza, dirigiamo verso l’aeroporto dove è situato il camping Atakoy. Il camping non come descritto dalla nostra guida Lonely Planet, è alquanto sporco: l’odore non è dei migliori ma ci sono bellissimi alberi. Un biker tedesco ci aiuta a montare la nostra gigantesca tenda. L’indomani conosciamo Adriana e suo figlio Onur, lei è ferrarese e vive da trentaquattro anni in Turchia, lui lavoro all’ambasciata italiana, la loro ospitalità è squisita. Finalmente visitiamo Istanbul: il Topkapi, la Moschea Blu, Santa Sofia e il Gran Bazar: 4500 botteghe disposte in lunghe gallerie: tappeti, gioielli, sciarpe, uova di ceramica dipinte a mano, spezie di ogni genere, i pistacchi migliori del mondo e il Cay, si pronuncia Ciai, the turco buonissimo, ne berremo in quantità.

All’improvviso un’idea ! Perché non prendiamo il battellino per recarci nella parte asiatica, quella suggerita dal regista turco Ozpetek ( ha diretto anche le “Fate ignoranti”), nel quartiere Uskudar? Attraversiamo il Bosforo, ci troviamo in un quartiere pieno di luce viva, bianca; molte ragazze indossano soprabiti castigati ma di colore chiaro e foulardes colorati. C’è un’aria vibrante, pranziamo in un ristorantino consigliato dalla Lonely, assaggiamo delle squisite e fresche insalate variopinte. Il gestore quando gli mostriamo l’indicazione del suo ristorante sulla guida, quasi ce la strappa dalle mani! Il conto è generoso: spendiamo pochi euro.

Verso la Cappadocia Il 14 agosto ci prepariamo per la partenza certi che torneremo in questa intrigante città, ma c’è in noi la voglia di vedere e una leggera inquietudine, sentiamo che ora inizia veramente il nostro viaggio. La strada verso Ankara è la più bella che percorreremo in Turchia. E’ una autostrada larga e soprattutto semideserta. Stefano accelera con piacere e la nostra moto ci conduce a Golbasi subito dopo Ankara, tappa scelta per la notte, a metà strada tra Istanbul e la Kapadokya (Cappadocia).

. E’ il 15 agosto. Prendiamo una scorciatoia, tagliando la E 90, ma… Finiamo in un percorso completamente sterrato ( la strada è in rifacimento) lungo circa quaranta chilometri. Quattro ore di viaggio! Completamente infarinati dalla polvere che camion di tutti tipi ci riversano addosso, superandoci a tutto spiano, come un miraggio vediamo spuntare un paesino di nome Karakacili, ci fermiamo assettati. Sono solo maschi, di tutte le età, ci circondano, offrendoci da bere del Cay, onorati dalla nostra venuta; scuotiamo per un giorno la loro immutabile esistenza, siamo fonte di curiosità e attrazione, tanto che il sindaco, avvertito dai locali, ci invita a bere nel suo personale ufficio. Mi ritrovo con Stefano e una decina di uomini, turchi, chiusa in una piccola stanza. Sono tranquilla capisco che se rispetti la loro cultura sono molto rispettosi. Così con una temperatura ambiente non inferiore ai trenta gradi mi guardo bene dal togliermi il mio fedele giubbotto di pelle nero, sotto indosso un semplice top troppo succinto per tutti quegli occhi maschili. Stefano si congratula per questo mio comportamento e con tutto gli auguri di quel piccolo mondo ripartiamo in direzione di Goreme.

C’è il tramonto quando arriviamo. Il paesaggio surreale ci saluta con una miriade di piccole luci che sbucano dalle rocce aventi forme diverse, strane ed uniche. Incontriamo persone di tutti i continenti. La notte di Ferragosto ceniamo, da bravi italiani, in un buon ristorante brindando con del vino locale, ottimo, caro e raro in Turchia, alla riuscita dell’impresa. Alloggiamo al Kemal’s Guest House, gestita da un curdo e dalla sua compagna olandese; posto che consiglio vivamente. Ai “ Camini delle Fate”, rocce fiabesche, acquisto le magliette turche per tutta la famiglia, saranno molto apprezzate, sono rosse con la mezzaluna e la stella bianca. Stefano la indosserà durante il viaggio suscitando ammirazione nei turchi, onorati e fieri della loro originale bandiera. A Goreme si dorme con la copertina e il ricordo della lunga estate rovente italiana, diventa sempre più lontano. E’ domenica, le famiglie turche la trascorrono all’aperto cucinando e mangiando l’intero giorno, per loro è un rito. Ci mischiamo a questa gente, così diversa da noi per il loro credo, andando alle Terme. Il bagno però lo farà solo Stefano. Eh sì ! E’ vietato entrare in piscina alle donne assieme agli uomini, fortuna che mi rendo conto della situazione.

I loro occhi sono compiaciuti, ricevo in regalo due pannocchie arrostite, ne sono golosa, da una signora contornata da una mezza dozzina di figli. Mi sorride dolcemente ponendo la mano destra sul cuore con un lieve cenno del capo, forte segno turco di ringraziamento. Ma di cosa? Sono commossa.

La donna è coperta completamente: non le è concesso di scoprire neanche i piedi ma sembra serena, fiera di sé. E’ strano, ma quella serenità incontrata negli occhi di molte donne turche musulmane è rara leggerla nei volti di noi donne emancipate, mi affiorano nella mente espressioni tese, visi stressati, impossibile evitare il paragone. Ceniamo da Kemal che ci cucina le famose melanzane farcite: l’Imam Bajildi, significa l’imam svenuto, per la loro bontà o pesantezza? Chissà… beviamo raky ottimo liquore di uva aromatizzato all’anice. All’alba il rumore delle mongolfiere colorate che ascendono nel cielo di Goreme ci regaleranno una piacevole sveglia: le fotografo con gioia.

VERSO IL MEDITERRANEO A Nevsehir un bravo meccanico, che prepara le moto per le gare, cambia l’olio alla nostra Suzuki per soli 20 euro, usando il sintetico Castrol. Attraversiamo il cuore del ricchissimo granaio della Turchia, giungendo a Konia, città con tratti conservatori e quasi integralisti, quando togliendo il casco scopro il capo alcune persone si allontanano da noi, Stefano decide di proseguire per una tappa tecnica sul lago di Beysehir.

L’indomani attraversiamo i temuti Tauri, scegliendo la strada giusta, segnata in giallo sulla cartina. All’arrivo sulla costa siamo investiti da un’aria calda, di un caldo ben diverso da quello finora assaporato, questo è invadente: l’inferno, roba da strapparsi di dosso giubbotto e casco. Fuggiamo per raggiungere al più presto Kas.

Lo spettacolo al tramonto davanti ai nostri occhi è davvero uno scorcio di Mediterraneo che non si dimentica. Kas per la sua forma arcuata significa in turco sopracciglio e possiede giustamente il proprio occhio: Meis. E’ l’isola di fronte, la quale chiude il mare antistante la costa turca formando una baia. Quest’isola è però greca e si chiama Kastellorizo, protagonista del set dove Salvatores ha girato il film cult “Mediterraneo”. Qui il mediterraneo davvero non puoi non sentirlo. Dormiamo all’ottimo e grazioso Kas camping sul mare in un bungalow tra gli ulivi. Il giorno dopo, gita con le famose barche di legno all’isola di Kekova, la città sommersa, l’acqua è più verde e calda che mai, anche per i non amanti del mare diventa irresistibile. Con la moto visitiamo la famosa spiaggia di Patara, venti chilometri di sabbia incontaminata, lì di notte le tartarughe di mare “carrette- carrette” vanno a deporre le uova.

VERSO EFESO E’ il 23 agosto, sentiamo che è arrivato il momento di ripartire in direzione di Selcuk, Efeso. Siamo veramente a Sud. Scopriamo con disappunto che è molto difficoltoso e costoso traghettare dalla costa turca verso la Grecia.

Sostiamo a pranzo a Oludenize, la famosa Laguna Blu. La sola e vera Laguna Blu ha la spiaggia a pagamento, altrimenti rischiate di finire in una vera e propria fogna a cielo aperto, come stava succedendo a noi malconsigliati dal gestore di un camping. E così decidiamo di partire e mangiamo altri chilometri ed esausti facciamo tappa a Marmaris, in una pensione molto trash ma molto cip, le nostre finanze si sono assottigliate a causa del costo elevatissimo della benzina che abbiamo consumato abbondantemente. Una zuppa di fagioli, del pide e birra Efes, ci permettono di vedere solo il letto dove cadiamo esausti. Partiamo da Marmaris e in un autogrill incontriamo tre motociclisti turchi. Hanno due Bmw Gs e una V Strom simile alla nostra, gialla. Parlano un buon inglese e sono molto cordiali; incredibile ma vero: ci scortano in autostrada che conduce a Izmir, dove loro sono diretti, fino all’uscita per Selkuk. Un incontro che ricordiamo volentieri.

Giungiamo a destinazione, sulla costa Egea meridionale, scegliamo il Garden Camping situato sotto l’antichissimo castello dei Selciuchidi, immerso in un frutteto e vicino alla moschea Isa-Bey – Camii, dal chiostro splendido, tra i ruderi c’è la tomba di San Giovanni, il posto è silenzioso e mistico, regna una gran pace. Il proprietario del camping è un mercante di tappeti e kilim, sotto il portico vengono fatte essiccare le lane colorate con tinte naturali. Si possono fare ottimi affari ma il nostro mezzo non prevede acquisti di questo tipo a meno che non sia un “tappeto volante” così da trovarsi per incanto al confine turco ancora tanto lontano.

Visitiamo le rovine romane e greche di Efeso, appena un chilometro da Selcuk, non si può non visitare questo luogo, un percorso di 3 km a piedi percorrendo la via dei Cureti su lastre di marmo ben conservate, un anfiteatro tra i più belli del mondo e la famosa Biblioteca di Celso, governatore romano, costruita in suo onore all’inizio del II ° secolo dopo Cristo. Visitiamo anche Meryemana, la casa di Maria, sembra che la Madonna abbia vissuto qui gli ultimi anni della sua vita, e’ molto amata dai musulmani come madre, per loro, di un importante profeta.

VERSO GALLIPOLI E’ il 26 agosto e la mattina alle 7.30 siamo già operativi, abbiamo deciso di tornare al confine attraverso la penisola di Gallipoli. Piena di energia, mi accingo a montare una delle due valigie laterali, sono diventata un’esperta, ma non ci riesco ( strano, penso, forse sto ancora dormendo) accorre Stefano brontolando e di cosa ci accorgiamo? Il gancio della Givi che sostiene il baule non c’é più! Il panico! Solo un minuto perché penso: siamo in Turchia e per le abili mani dei turchi, lavorano il ferro in modo sorprendente,non deve essere un problema.

In sole due ore e per soli 20 euro un fabbro riproduce il gancio esattamente. Una vera fortuna! Arriviamo in vista della penisola appena in tempo per prendere il traghetto per Eceabat attraversando lo stretto dei Dardanelli.

Il mare è calmo al tramonto: in lontananza si vede bene il monumento eretto ai caduti turchi durante la prima guerra. Nella penisola di Gallipoli si sono consumate sanguinose battaglie. La foto del vincitore, il colonnello di allora Ataturk, il padre della patria turca, regna indiscussa quasi dappertutto.

VERSO IL CONFINE E’ il nostro ultimo giorno in Turchia, il 27 agosto, nelle prime ore del mattino la moto corre che è una meraviglia la strada che attraversa la penisola è buona e regna un gran silenzio. Uno strano silenzio, un silenzio pieno di rispetto per i tredici cimiteri dei soldati che combatterono qui. Mio marito velocemente guida come per allontanarsi da quella strana aria, attraversando quell’ultima parte di Turchia che tanto ci ha assorbito, nel fisico e nella mente. Al confine, Ipsala, c’è un turbinio di auto in prevalenza con targhe francesi e tedesche; sono i turchi che rientrano nei paesi dove lavorano e vivono con le loro famiglie. Dopo i regolari controlli, in un attimo, con la moto riusciamo ad evitare la fila, siamo di nuovo in Grecia. Dove trascorreremo i nostri ultimi giorni di vacanza al mare sulle isole ioniche sino al primo settembre. Il 2 saremo di nuovo a casa.

IL MITO Che dire? Il viaggio è durato ventiquattro giorni e abbiamo percorso 6700 chilometri, vivendo una esperienza che ho provato a raccontarvi. Il posto che più ha scosso la mia anima è stata l’Anatolia con i suoi immensi spazi senza fine, un mare giallo oro e il celeste pulito del cielo, attraversati in moto, vissuti pienamente. Mi viene in mente una piccola poesia di Ungaretti “M’illumino d’immenso”, due parole significative di quello che ho provato.

I Turchi con me, donna occidentale, sono stati di una gentilezza estrema quasi timorosi quando ho chiesto loro qualcosa; la polizia non ci ha mai fermato, né multato, anzi ci ha fatto sempre cenno di proseguire tranquillamente. I bambini si sono avvicinati sorridendo curiosi della moto facendosi accarezzare.

Inevitabilmente si è sciolto il mio pregiudizio nei confronti di questo popolo, del resto ancora oggi sovente si sente dire: “E’ una roba turca, fumi e bestemmi come un turco!” Sono felice che Stefano abbia tanto insistito per portarmi in questa terra. E’ stato un bravissimo pilota.

Esperienza quindi profonda? Certamente sì.

Del resto: il cielo, il vento, la moto e cos’altro? “Gule! Gule!” E’ il simpatico arrivederci turco.



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