Giugno in Portogallo!
Partiamo da Bologna alle 12,35 e arriviamo alle 14,35 a Lisbona con un volo diretto della TAP, in tempo per poter prendere l’auto a noleggio,una Clio, solcare la tangenziale di Lisbona, trafficatissima e a più corsie,arrivare in albergo, lasciare i bagagli a mano e ripartire. Prima meta Cascais che costituisce ormai con Estoril un’unica città . Facciamo un giro per le sue stradine, la piazza del municipio, la fortezza e il lungomare su cui si affacciano belle ville in stili eterogenei, per puntare poi sicuri verso Cabo da Roca,estremo lembo occidentale del nostro continente, dove ci attende il panorama mozzafiato dell’alta costa rocciosa a picco sull’Oceano Atlantico . Tira vento e fa freddo, il cielo è plumbeo ma lo spettacolo della natura circostante è grandioso, con le onde che si infrangono minacciose contro le rocce e, alle spalle, l’intreccio di verdi colline che solo in lontananza lasciano intravedere un piccolo villaggio di case bianche. Un sentierino in terra battuta ci consente di percorrere per un breve tratto il costone e godere da più parti della splendida vista. Rari turisti, da tutto il mondo, si alternano per farsi fotografare davanti ad una stele di sassi e mattoni, con in cima una croce bianca, e poter così certificare la loro presenza in questo luogo estremo. La lapide che vi è affissa riporta un verso del poeta portoghese Camoes : “Aqui onde a terra se acaba e o mar çomeca……” Qui dove finisce la terra e incomincia il mare. Più arretrato, un faro indica la rotta ai naviganti. La strada prosegue alta sull’oceano fino a scendere , fra dune che sconfinano sulla strada, alla famosa , profonda spiaggia del Guincho, dove alcuni ragazzi si preparano a surfare mentre altri sono già in acqua e provano a cavalcare le onde con alterna fortuna. Rientrando a Cascais facciamo una sosta alla Boca do Inferno, una scheggia di roccia adagiata sul mare, quasi nascosta dalle precarie costruzioni di un mercatino fisso,e su cui si infrangono le onde con un eco cavernosa, per poi ritornare indietro parcellizzate in una nuvola di goccioline, con un singolare effetto spray. Giriamo nel mix di antico e di nuovo di Cascais, dove anche i contenitori della raccolta differenziata sono artistici e tirati a lucido, come fossero piccoli monumenti moderni, per fermarci poi in uno dei tanti ristorantini, dove mangiamo dell’ottimo pes espada a prezzi decisamente modici. Per finire beviamo una ginjinha, un piacevole liquore locale a base di ciliegie.
Mercoledì 3 giugno 2009 Partiamo prestino per Lisbona ,percorrendo l’autostrada che, più si avvicina alla capitale, più diventa trafficata. In centro posteggiamo l’auto in Praça dos Restauradores, dove troviamo un comodo parcheggio sotterraneo. Proprio lì vicino vediamo fermo l’elevator da Gloria, senza nessuno dentro, come abbandonato. Intanto che scattiamo le foto di prammatica arriva il conducente, che ci porta in cima, fino ad un magnifico belvedere sulla città. E’ una bella giornata di sole, ma non mi dispiace aver portato un golfino da indossare sul vestito estivo. Prendiamo a sinistra e, fatti pochi passi, siamo già arrivati a Sao Roque che ,dietro una facciata asciutta, nasconde un interno rutilante di ori barocchi . Visitiamo la canonica, tappezzata fuori di splendidi azulejos, con decorazioni floreali sui toni del giallo ,del bianco e del blu , e dentro di legno e quadri, senza neanche il più piccolo spazio vuoto. L’insieme dà all’ambiente una sensazione di calda accoglienza . Girando per il Barrio Alto arriviamo a Praça Luis Camoes dove svoltiamo per il Chiado, fino ad una piazzetta ingentilita da un gruppo di giacarande sottili e antiche, in piena fioritura, su cui incombono le drammatiche rovine della Igreja do Carmo, distrutta da un terremoto nel 1755.All’interno della chiesa viene oggi ospitato un museo archeologico, che non abbiamo però visitato. Girando intorno alla Igreja do Carmo, per ammirarla da ogni parte, arriviamo all’Elevador de Santa Justa , un enorme parallelepipedo stretto e lungo che sembra costruito rubando ad un gigante grandiosi pezzi di meccano. Ci tratteniamo a guardare le robuste travi d’acciaio e le filigrane fine ottocento che le ingentiliscono. Dalla pensilina che lo unisce a Largo do Carmo ci godiamo un’altra spettacolare vista della città , sui suoi tetti di tegole rosse , le artistiche piazze , le torri della cattedrale , le vie della città bassa e, in alto su tutti, il Castelo de Sao Jorge . Il passaggio in ascensore è piuttosto caro, c’è da aspettare un bel po’ e il tragitto da percorrere è breve :preferiamo scendere a piedi per le strade della città, ripide e scoscese,fatte di un acciottolato spesso gradevole, perché a originali intarsi, ma sempre piuttosto disagevole. Lisbona è una città da girare con scarpe basse e comode come quelle che , fortunatamente, indossiamo .Prima di arrivare al Rossio, il cui vero nome è Praça de Dom Pedro IV, ci fermiamo davanti a resti romani, accatastati sotto un tendone . Il piacevole suono di un organetto si diffonde nostalgico nell’aria e ci accompagna per le pittoresche strade della Baixa , la città bassa . In piazza prendiamo il tram 12 che si arrampica sferragliando di nuovo su per un’altra collina e ci lascia in cima , dove ci godiamo la piazzetta di un nuovo mirador, tutta azulejos, bouganville e bel panorama prima di salire al Castelo de Sao Jorge. Un ficus dalle radici così gigantesche da sembrare elefantiache ci fa fare un’altra piccola sosta. Il castello ha l’imponenza austera delle costruzioni medievali e sfoggia un ottimo aspetto : con l’aggiunta di giardini è stato infatti ricostruito nel 1938 . Anche se non è autentico fa comunque la sua figura ed è piacevole arrampicarsi e girare per le sue mura in questa bella giornata di sole. Ci fermiamo ad un self service all’ interno del castello per gustare dei deliziosi salgados, seduti a un tavolino all’aperto . Ci godiamo la vista e sfamiamo qualche gatto e qualche passerotto con le nostre briciole. Giriamo all’interno delle mura per le caratteristiche stradine di Santa Cruz:in questi giorni, da quello che capiamo, si festeggia una ricorrenza religiosa e le piccole case del quartiere sono addobbate con fiori e nastri gialli e rossi A piedi scendiamo fino al Sé, la cattedrale di Lisbona .Strada facendo fotografiamo uno dei caratteristici tranvetti gialli che arrancano su per la salita, con tre quattro “portoghesi” aggrappati di frodo sul retro, che ad ogni fermata scendono e si riattaccano al tram per scroccare il passaggio . Le due torri campanarie affiancate e lo splendido rosone donano alla cattedrale (Sé sta per Sedes Episcopalis) costruita in pietra bianca in stile romanico, una austera grandiosità. L’interno è semplice e quasi spoglio . Visitiamo il bellissimo chiostro per poi accedere al deambulatorio e alle nove cappelle dove riposano, nei sarcofagi in pietra, re e personaggi del passato. Ritorniamo verso il Rossio e a Praça do Commercio prendiamo il 15 fino alla torre di Belem . Manuel I fece costruire la torre fra il 1515 e il 1521 sulle rive del Tago, quale punto di partenza per i navigatori che si avventuravano alla scoperta di nuovi mondi. Scesi dal tram la vediamo in fondo ad una larga strada adornata ai lati da giacarande in fiore. La torre, che si appoggia sulla riva del fiume come se vi stesse per scivolare, quasi volesse prendere il largo per raggiungere anche lei l’oceano e intraprendere qualche rotta misteriosa, è veramente stupefacente nell’elegante intreccio di decorazioni in stile manuelino. La pietra è lavorata con elementi di derivazione marinara , con motivi floreali o provenienti dalle nuove terre. Uno stile particolarissimo , che mi rimanda con il pensiero ad alcuni degli elementi decorativi delle fantasiose e fantastiche opere architettoniche di Gaudì viste a Barcellona: chissà se non gli sono servite da ispirazione, tanti secoli dopo. Lo stile manuelino durò poco , una trentina d’anni a cavallo fra il 400 e il 500 e le spese sostenute all’epoca per celebrare la potenza marittima del Portogallo furono tali da mandare in rovina le casse dello stato. Ci tratteniamo a lungo, dentro, fuori, sopra e sotto e ci dispiace lasciarla. Poco più in là, sul largo piazzale che costeggia il fiume , un’altra opera in pietra bianca, questa volta moderna, si tende verso l’acqua come la prua di una caravella. E’ il monumento alle scoperte, costruito nel 1960 per celebrare i 500 anni della morte di Enrico il Navigatore. Sull’imponente prua del bastimento si susseguono in fila le statue dei principali eroi portoghesi dell’epoca delle scoperte, con in cima appunto Enrico il Navigatore . Nonostante le critiche allo stile del Pedrao a me pare bello, nobile,efficace ed in moderna sintonia con la barocca Torre de Belem. Attraverso un piccolo parco arriviamo al Monsteiro de Jeronimos che possiamo solo visitare velocemente perché sono ormai quasi le cinque, orario di chiusura a cui non avevamo fatto attenzione. Ritorniamo con il 15 al punto di partenza e a piedi risaliamo verso il Chiado per andare ad assistere ad uno spettacolo di fado, scelto tra uno di quelli proposti dai tanti volantini che ci avevano allungato in mattinata. Lo spettacolo è piacevole e generoso, con un’ alternanza di cantanti accompagnati da un paio di musicisti che suonano anche tipici strumenti a corde oltre alla chitarra. Concludiamo la serata in un ristorantino poco distante dove mangiamo bene e spendiamo poco. I negozi e i locali di Lisbona,come degli altri posti che vedremo poi, non sembrano soffrire di quella necessità di modernizzazione che ha trasformato i cugini europei. Qui tutto è fermo a cinquanta, sessanta anni fa. I tavolini sono microscopici, giusto lo spazio per il piatto, le posate e i bicchieri. I soffitti bassissimi e niente di nuovo a portata di vista. Il tutto è molto piacevole e autenticamente retrò. Torniamo che è già buio ripercorrendo un’altra volta le trafficate arterie di Lisbona fino ad Estoril.
Giovedì 4 giugno 2009. Oggi abbiamo in programma il tour della Sierra de Sintra, un percorso panoramico ad anello, della lunghezza di circa 35 chilometri, in mezzo ai boschi,su e giù per le colline, che sarà punteggiato da varie tappe. Il cielo è blu, trapuntato solo da qualche nuvoletta qui e là, e il sole splende caldo. Non possiamo perdere questa occasione:abbiamo tenuto d’occhio le previsioni del tempo e sappiamo che il futuro é grigio. Dopo colazione lasciamo dunque Estoril e, viaggiando piacevolmente in un bel paesaggio boschivo, arriviamo a Sintra, una ridente cittadina incastonata nel verde delle colline della sierra. La prima tappa è il Palacio Nacional de Sintra , detto anche Paço Real, iniziato nel XIV secolo e più volte rimaneggiato. Posteggiamo abbastanza vicino,all’ombra degli alberi, prima che si scateni l’orda dei turisti in pullman, e siamo in prima fila alle 10 in punto, quando il palazzo apre i battenti. Già avvicinandoci la costruzione ci colpisce per il suo insieme articolato e per i due imponenti camini conici che si innalzano sopra al palazzo con le loro pance tonde. Gli interni sono uno più bello dell’altro, per le decorazioni molto particolari,per lo stile personalissimo e molto curato in ogni angolo, per gli originali soffitti, come nella sala das pega o in quella dos cignes. La più spettacolare è la Sala dos Brasoes, con le pareti ricoperte da meravigliose piastrelle di maiolica stile Delft del ‘700 e il soffitto a cupola con cervi e blasoni di una settantina di famiglie nobili portoghesi. E poi le cucine, la cappella, i piccoli giardini. Molti stili, compreso quello moresco, si fondono armoniosamente. Risaliamo in macchina e in cima al punto più alto della sierra de Sintra arriviamo al Palacio de Pena, costruzione originalissima, quasi antesignana, a suo modo, dello stile disneyano. Venne commissionato nel XIX secolo dal marito della regina Maria II ad un architetto tedesco cui fu affidato l’ incarico di costruire un palazzo estivo con parco , raccogliendo stranezze da tutto il mondo. Arrivando nel folto della boscaglia non si capisce bene dove posteggiare e dove inizia la salita al palazzo. Dopo un po’ di dubbi e avanti e indietro troviamo finalmente l’entrata. Aspettiamo un piccolo autobus che ci porta su per il giardino fino alle porte del palazzo. Un frastuono di rosa e di gialli , di torri e torrette merlate,di mura bugnate, di porte moresche, di ponti con archi gotici ci aspetta per sorprenderci ad ogni angolo:l’insieme è stupefacente, sembra di essere in un reame da cartone animato diventato realtà . Chissà se Walt Disney è mai passato di qui. Mangiamo qualcosa in uno dei punti ristoro all’aperto, su una delle tante terrazze da cui si gode una bella vista del circondario, prima di scendere, questa volta a piedi, attraverso il bel parco. Sotto le grandi e antiche piante di camelie il suolo non è verde, ma colorato dell’intenso colore rosso dei petali caduti ,un’immagine di grande impatto che non possiamo dimenticare. Riprendiamo il nostro giro in macchina:la strada si snoda a strette curve nella fitta boscaglia che oscura il sole. Arriviamo a Monserrate,una magnifica tenuta con un palazzetto in stile moresco circondato da una giungla di alberi esotici ed essenze di ogni provenienza,prati verdi e gigantesche camelie in fiore. Nel tempo i proprietari sono stati tutti inglesi, come il curatore dei giardini che furono immortalati da Byron in una della sue opere, il Childe Harold’s Pilgrimage. Il palazzetto è ben tenuto, ma vuoto. Quando arriviamo, unici visitatori, c’è un gran da fare di persone che puliscono per una importante conferenza internazionale che domani si terrà qui. Saranno pochi i partecipanti, supponiamo, viste le dimensioni del palazzetto. Ci fanno capire che non possiamo restare, ma poi non dicono niente e ci fanno fare le foto per le salette e i corridoi in perfetto stile moresco. Proseguiamo in macchina verso il Convento dos Capuchos. Il bosco si dirada a tratti, e massi di roccia si alternano di tanto in tanto agli alberi. Lasciamo la macchina in un ampio posteggio tutto per noi: è evidente che i giri turistici si focalizzano solo sui due palazzi reali di Sintra. All’entrata due grandi massi accostati fanno da portone d’ingresso. Il monastero è del 1560, ma girando fra le piccole celle, dodici in tutto, scavate nella roccia e rivestite di sughero, dove entriamo piegati in due, sembra di essere ritornati se non all’età della pietra, almeno al medioevo. Gli ambienti oltre che angusti sono bui e un cordone luminoso si snoda dentro e fuori dalle cellette per dare un po’ di luce e indicare il percorso da seguire . Il luogo è suggestivo , all’estremo opposto della ricchezza sfavillante e della futilità terrena dei palazzi appena visti , specie del Palacio de Pena. Unica frivolezza un piccolo altare rivestito da azulejos. Lasciamo l’orticello e le casupole di questo austero convento per andare verso Peninha, sbagliando spesso strada, nonostante il navigatore che ci siamo portati appresso da casa. Siamo a circa 500 metri di altezza e la vista spazia grandiosa dalla costa atlantica all’entroterra ; c’è una cappella del ‘600 , ma è chiusa. Siamo all’ultima tappa della giornata, di nuovo sui nostri passi, al Castelo dos Mouros, costruito nell’ottavo secolo in cima alla Sierra da cui domina Sintra .Percorriamo in lungo e in largo i suoi camminamenti di torretta in torretta su cui sventolano bandiere ognuna diversa dall’altra. La vista è magnifica, su Sintra e il Paço Real .Più in alto , di lato , spuntano dal verde i rosa e i gialli del Palacio de Pena . E’stata una gita veramente bellissima, un peccato per chi debba limitarla solo ai due palazzi reali di Sintra. La giornata si conclude con un’ottima cena a base di pesce in un ristorantino di Cascais.
Venerdì 5 giugno Come previsto dal meteo piove. A catinelle. L’unica speranza di una schiarita è prevista verso nord e perciò prendiamo l’autostrada in direzione di Mafra. Piove talmente tanto che i tergicristalli a fatica contrastano la massa d’acqua che si riversa sul vetro. Saliamo ancora,superiamo un’altra tappa a cui tenevamo, Obidos , ma piove troppo e continuiamo la nostra corsa verso nord. In prossimità dell’uscita per Alcobaça la pioggia incomincia finalmente a diminuire e, un po’ esasperati e un po’ speranzosi, lasciamo l’autostrada. Posteggiamo l’auto in un grande spiazzo sopraelevato a ridosso del centro e ,sotto un cielo cupo che non promette niente di buono , entriamo nella piazza dove sorge il grandioso Mosteiro de Santa Maria de Alcobaça dichiarato patrimonio dell’umanità dall’Unesco .La costruzione di questo monastero cistercense risale al XII secolo, ma la facciata fu ricostruita in stile barocco nel 1725. All’interno della chiesa , austera ed essenziale, ci colpiscono le dimensioni delle navate, strette e altissime. Ci soffermiamo davanti ai sarcofagi di Pedro e Ines che raccontano nel marmo la loro tragica storia, di amore e di morte, e davanti ad un bellissimo e ricco presepe di terracotta policroma del ‘600 . Rimandiamo a dopo pranzo la visita della parte a pagamento del monastero. Giriamo per i negozietti che si affacciano sulla piazza e ,visto che ottimisticamente siamo partiti dall’Italia senza, anche se ha smesso di piovere, compriamo un ombrello, che non si sa mai, prima di sederci a pranzare all’aperto, sotto un robusto intreccio di ombrelloni, in un affollato ristorantino prospiciente il monastero. Scegliamo specialità locali, mangiamo come al solito bene e rientriamo nel monastero, per visitare il chiostro e i locali interni. L’ingresso è costituito da una ampia sala adorna di splendidi azujejos bianchi e azzurri su cui dominano le statue di regnanti e condottieri. La visita prosegue sotto le arcate del bel chiostro mentre nell’aria si diffonde il canto dolcissimo di una voce femminile, la cui provenienza cerchiamo di rintracciare ,quando sentiamo degli applausi. Non si tratta di un soprano ma di un giovane uomo che canta con voce d’angelo splendidi brani d’epoca in una suggestiva sala ornata da archi gotici e statue barocche di marmo . Lo spettacolo, dopo una breve pausa, ricomincia e ci fermiamo rapiti ad ascoltare. Riprendiamo il nostro percorso all’interno del monastero:il posto ha un fascino austero e meditativo con i suoi archi gotici e le sale che, piccole o grandi, trasmettono sempre un senso di raccoglimento,i claustri e le gallerie, il silenzioso giardino interno . Un panteon regale accoglie otto sarcofagi gotici. Restiamo, come gli altri visitatori, sbalorditi dall’ incredibile cucina tutta piastrelle bianche profilate di blu, con un camino dalla cappa monumentale alta come un palazzo di svariati piani. Ce ne andiamo con il bellissimo ricordo di un posto incantevole, che siamo grati di aver potuto visitare, dato che non era in programma, grazie al maltempo. Intanto, visto che scaramanticamente ci siamo dotati di un ombrello, il cielo si è aperto e il sole è tornato a farsi vedere. Sulla strada del ritorno decidiamo di andare verso la costa,a Nazarè , passando per Batalha, ma il navigatore equivoca il nome o non ce l’ha segnato e, dopo averci fatto impazzire, lui e le indicazioni stradali che ci portano e riportano sempre nello stesso posto che Batalha non è,abbandoniamo l’impresa e tiriamo dritti verso il mare. Nazarè è un grazioso paesino di pescatori, dove mettiamo i piedi nell’acqua gelida dell’oceano. Lungo la spiaggia il pesce azzurro pescato è steso a seccare al sole , su una sfilza di graticci. Dall’altra parte della strada le anziane del luogo, vestite in abiti tradizionali, siedono con in mano grandi cartelli per reclamizzare l’affitto di stanze e appartamentini . Ritornando verso casa salutiamo da lontano la bianca città di Obidos con le sue mura e con il suo castello.
Sabato 6 giugno 2009 Dopo due giorni di Estremadura oggi andiamo a sud,nell’Anteljo, perché il bel tempo è previsto da quelle parti. Attraversiamo Lisbona passando il Tago sul lungo e moderno ponte 25 de Abril in direzione della Costa da Caparica dove il panorama si apre su immense spiagge ed un immenso oceano. La gente passeggia, fa surf, guarda, pattina, porta a spasso i bambini, va in bicicletta. L’aria è frizzante, il sole brilla , il cielo è blu e il vento corre. Coperti da una k-way si sta proprio benino e ci fermiamo per una piacevole sosta a goderci pigramente lo spettacolo. Poi costeggiamo in auto la riva, dove si alternano campeggi e lunghe spiagge ancora deserte con frasche e baretti, presso uno dei quali ci fermiamo per un caffè e una pipì. E’ giusto ricordare, e va ad onore dei locali, che dovunque ci siamo fermati per una sosta alla toilette, abbiamo sempre trovato una pulizia impeccabile , anche nel posto più modesto e meno frequentato. Costeggiamo la Lagoa de Albufeira, un pezzo intatto di natura dai panorami suggestivi e saliamo al Capo Espichel, un luogo emozionante, dove a picco sull’oceano, il santuario de Nossa Senhora do Cabo, allarga le sue braccia per accogliere i rari visitatori. La chiesetta, fuori modesta, ha un interno che ricordo spettacolare, ricco di bei dipinti ed ex voto,dove è proibito fotografare. La si raggiunge attraversando un vasto piazzale costeggiato a destra e a sinistra da due lunghi edifici ad un piano con portici. Dipinti di bianco ed ora disabitati convergono sul santuario , come fosse il premio finale della passeggiata sotto il sole. A poca distanza, da una parte il faro e dall’altra una cappelletta piastrellata di blu e bianco, a precipizio sul mare. Il luogo è molto suggestivo e da solo vale la pena del viaggio. Da lassù si gode una bella visione del mare e dell’interno. Scendiamo a Sesimbra dove rimaniamo intrappolati nel traffico di un matrimonio , prima di venirne fuori e andare a posteggiare in riva all’oceano, non lontano da piacevoli ristorantini arroccati su per una stradina in salita. Ne scegliamo uno che mette in mostra un bel numero di pesci appena pescati. Come al solito mangiamo benissimo per un prezzo davvero modesto, all’aperto e con la bellissima vista dell’oceano davanti agli occhi . Passeggiamo per il paesino e poi risaliamo di nuovo in auto, immersi nella natura quasi incontaminata della Serra de Arrabida,fra paesaggi di grande effetto. Facciamo una piccola sosta al microscopico Portinho, dove il transito è consentito solo a pochi autorizzati, ma noi l’abbiamo capito solo il tempo di arrivare e tornare indietro, senza che nessuno facesse obiezione. Poi in direzione Setubal con vista dall’alto sulla peninsula de Troia, luogo ormai decisamente troppo antropizzato per mantenere quel fascino segnalato dalla guida. Facciamo una sosta nel piacevole paesino di Alcochete, dove passeggiamo, mangiamo delle pasteis de nata seduti all’aperto, rimpiangendo di esserci accorti troppo tardi che, nella minuscola pasticceria che abbiamo scelto, preparavano anche le lumachine che molti altri avventori si stavano gustando. Il paesino si affaccia sul Tago, ampio e limaccioso. Lisbona è poco distante:torniamo a casa attraversando il fiume sul ponte Vasco da Gama .
7 giugno 2009 Il nostro viaggio è già finito:la mattina abbiamo giusto il tempo di riconsegnare l’auto all’aeroporto e decollare alle 9,25 in direzione Monaco per proseguire poi verso Bologna. Ci rimane tanta voglia di tornare presto per vedere tutto quello che non abbiamo potuto questa volta .Portiamo con noi tanti magnifici ricordi e la vivida impressione di un bellissimo paese con una storia artistica di grande valore, modesto ma orgoglioso, pulitissimo, rispettoso del passato , la cui gente con noi è stata gentile senza essere invadente.
Abbiamo prenotato su Expedia volo , albergo ad Estoril ,comprensivo di prima colazione ,e auto a noleggio. Prenotazione effettuata il 22 febbraio 2009. Prezzo totale per due persone,inclusa assicurazione ma esclusa auto pagata a parte: 787,80 euro Hotel Lido di Estoril: tre stelle, pulito, abbondante colazione a buffet inclusa nel prezzo, collegamento internet gratuito, piscina,personale gentile e discreto.