Giordania a tutto tondo

Alla scoperta di un paese tranquillo, accogliente, che propone cittadine con reperti antichissimi e una delle meraviglie del mondo moderno
Scritto da: Luna Lecci
giordania a tutto tondo
Partenza il: 29/12/2011
Ritorno il: 08/01/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Premessa

Dove festeggiare il Capodanno se si hanno dieci giorni a disposizione, un budget di circa € 1.600,00 totali e la voglia di andare alla scoperta di un paese tranquillo, accogliente, che propone cittadine con reperti antichissimi e una delle meraviglie del mondo moderno, dove si possono avere di momenti di puro relax, benessere e coccole, dove si può gustare buon cibo, “camminare sulle acque” con la certezza di non affondare e nuotare in un mare dalla flora e fauna spettacolari? Non ci sono dubbi: in Giordania.

A meno di una settimana dalla partenza acquistiamo (www.volagratis.com) il volo diretto Alitalia Roma Fiumicino-Amman (€ 600,00 a testa A/R) e sul sito del tour operator Four Seasons (www.fsnc.it) un pacchetto (€ 770,00 a persona) che prevede i trasferimenti da e per l’aeroporto di Amman, il tour di 10 notti in B&B per il paese (inclusa una cena per la notte “sotto le stelle del deserto” in un campo tendato beduino), un pulmino con autista privato e una guida locale parlante italiano. Extra saranno le entrate presso i vari siti, i pasti e le bevande (complessivamente circa € 300,00 a testa).

29 dicembre 2011. Roma – Amman

Partiamo da Roma Fiumicino con il volo diretto Alitalia delle 22,30 (posti 29). Ceniamo a bordo con un discreto pasto freddo previsto per chi mangia pesce (insalata di gamberi), carne (fette di tacchino), uova, formaggio e per tutti mini porzione di frutta, dolcetto e bevande.

Atterriamo ad Amman alle 2,30 e sbrigate le formalità del visto d’ingresso (gratuito per i gruppi: noi eravamo in 9 e non lo abbiamo pagato), un pulmino ci porta in un’oretta scarsa all’Arena Space Hotel**** (ampia la camera 1418 con due letti a una piazza e mezza, ben riscaldato, pulito, connessione ad internet gratuita – www.arenaspacehotel.com). Per quanto riguarda il fuso orario abbiamo un’ora in più rispetto all’Italia. Che sonno! Subito a nanna poiché l’appuntamento per domani mattina è alle 10 già colazionati! Nella valigia, oltre ai vari effetti personali, abbiamo messo – e ci sono tornati utilissimi – un paio di scarpe da trekking, un pile, una giacca a vento antipioggia, guanti, cappello, torcia, costume, ciabattine per il mare/bagno turco, salviettine e uno zainetto.

Dal punto di vista meteo dovremmo trovare 6°/12°C ad Amman, 12°/20°C ad Aqaba e sappiamo che l’escursione termica giorno/notte è notevole, specialmente ad Ajlun e nel deserto del Wadi Rum.

30 dicembre 2011. Amman

La colazione non è male, più cibo salato che dolce e la possibilità di assaggiare diversi tipi di pane da condire a piacimento con marmellate, formaggi, salumi o verdure. Conosciamo gli altri sette membri del gruppo, incontriamo il nostro referente italiano Cristian (www.millenniumtours.me tel. 00962797302981) il quale ci affida a quelli che saranno la guida per tutto il tour: Ahmed Otoom (tel. 00962777750670) e l’autista del pulmino a una ventina di posti.

Il cambio Euro-Dinaro Giordano lo facciamo presso un ufficio Western Union: 1 € corrisponde a circa 0,90 JD, le macchine ATM (Bancomat) sono diffuse e le carte Visa, Master, Maestro e Cirrus sono accettate quasi ovunque.

La giornata la dedichiamo interamente alla visita della capitale; prima tappa alla Cittadella (2 JD) che racchiude, dentro il proprio recinto, una piccola chiesa bizantina, il Tempio romano di Ercole con caratteristiche colonne gigantesche, il grande complesso delle terrazze del Palazzo Omayyade, dalle quali ammiriamo uno splendido panorama della città: case tutte rigorosamente color sabbia o bianche. Oggi è venerdì e alle 11, per la seconda preghiera, numerose moschee iniziano a richiamare i fedeli quasi simultaneamente. I messaggi dei muezzin ai megafoni durano quasi un’oretta, molti si riversano sulle strade e lo spettacolo è particolarmente emozionante. Facciamo un giro al museo archeologico, dove a scelta ci viene offerto un bicchiere di tè=shai o di caffè aromatizzato al cardamomo, entrambi molto dolci, da ustione di terzo grado e apprezzati. Da una delle sette colline di Amman, iniziamo la discesa verso l’antico teatro romano (1 JD), uno dei monumenti più interessanti, distinto in tre settori (il più basso era riservato alle persone più importanti, il mediano ai militari e quello più alto al popolo) la cui costruzione risale al 138 e che ancora oggi viene utilizzato per rappresentazioni sceniche. Velocemente vediamo, dietro un recinto, il ninfeo romano e, giunta l’ora della pappa, ci addentriamo nelle viuzze della downtown, nel Souk Sukkr. Convinciamo la guida a portarci in posti poco turistici, si rivela molto disponibile e ci accomodiamo al ristorante Jerusalem (la scritta esterna è in arabo) dove gli stranieri sono ben pochi, i giordani molti, con le numerose famiglie che consumano piatti stracolmi di agnello, montone, zuppe, involtini di foglie di vite ripiene. Noi scegliamo un maqlubah: pollo cucinato in mezzo a riso con verdure (patate, melanzane, broccoli), con contorno di sottaceti, da condire con yogurt e accompagnato dall’immancabile khubez (il caratteristico pane-piadina di cui faremo, nel corso di tutta la vacanza, “indigestione” per quanto è buono e digeribile). Il posto è un po’ angusto, tetto basso, a due piani, i coperti sono tanti e ci ritroviamo con i tavolini attigui ad altri ospiti che non vedono l’ora di attaccar bottone. Ci tempestano, a destra e a sinistra, delle classiche domande: da dove venite, come vi chiamate, quanto tempo rimanete, vi piace questo, quello, guardate sul cellulare la foto di mio fratello, di mio figlio… E’ molto divertente essere presi così in considerazione e scoprire quanta voglia hanno di conoscerci, confrontarsi! Dopo aver speso la modica cifra di 4,50 JD a testa, molto satolli lasciamo l’intrico caotico di vicoli, dove si vende di tutto, dalla frutta ai vestiti usati e facciamo una lunga passeggiata in una via decisamente più tranquilla, dove negozi di boutique si alternano a ristoranti internazionali: la Rainbow Street. Nel pomeriggio ci fermiamo per una foto dall’esterno alla famosa moschea del re Abdullah dalla cupola celeste (questa non è aperta ai non musulmani, in altre invece è permesso entrare senza le scarpe, con i cellulari spenti e copricapo per le donne) e a seguire un giro in uno dei rifornitissimi bazar, dove si possono acquistare dai sali del Mar Morto ai mosaici, a manufatti vari, ma non a buon mercato. In serata alcuni preferiscono rientrare all’Hotel Arena Space facendo soste presso negozietti di frutta secca, pasticcerie (da provare il baglawa: strati di dolce pasta sfoglia ripiena di pistacchi, noci e frutta secca), mentre altri si fanno coccolare presso l’Alf Layla Wa Layla turkish bath dove il percorso di un’ora e mezza prevede hammam, idromassaggio, scrub e massaggio (40 JD).

Dobbiamo ricaricare macchina fotografica, telecamera, cellulari e per fortuna ci siamo portati un adattatore perché le prese per la corrente sono di tipo europeo a due spinotti e noi le avevamo a tre! Il normale voltaggio elettrico è di 220 volt (50 Hz).

31 dicembre 2011. Jerash (o Gerasa) – Ajlun (o Ajloun)

Colazione e partenza alle 9 per Jerash allo splendido sito archeologico delle rovine romane (8 JD): quasi tre ore di visita che, nonostante la cittadina sia soprannominata la Pompei d’Oriente, ci riportano nella nostra capitale, Roma, in quanto sembrerà di passeggiare tra Via dei Fori imperiali, Circo Massimo e Piazza San Pietro piuttosto che, effettivamente, in Via delle Colonne, lungo il Cardo Maximo, tra il Foro, i Templi di Artemide e di Zeus, il Teatro Sud, il Ninfeo.

Per pranzo ci fermiamo in Piazza Al-Kirawan presso il ristorante Abo Ahmed a gustare sfihah: pizzette molto sottili farcite con carne d’agnello e cannella. Sulla rotonda ci sono diversi fruttivendoli e non resistiamo a fare scorta di piccole dolcissime banane (15 pezzi 1 JD). In una vietta pullulano drogherie, venditori di legumi e ci riforniamo di semi (di zucca, di albicocca e di girasole – una bustina 1 JD). La guida ci fa assaggiare due bomali: incroci tra cedri e pompelmi, con una buccia molto spessa e non aspri. Come gita facoltativa ci viene proposto l’esercito romano: Chariots (12 JD), ma il poco tempo ci fa optare, all’unanimità, di proseguire per Ajlun. In una mezz’oretta giungiamo al “maestoso” castello (1 JD) dove ci divertiamo a esplorare nicchie, fenditoi, torri… ad arrivare alla sommità, per ammirare la Valle del Giordano e assistere, nonostante la foschia, a un rosso tramonto.

Prendiamo possesso delle stanze presso l’Al Jabal Castle Hotel (www.jabal-hotel.com), distante un paio di km in salita dalla via principale. La struttura è molto semplice, non è un granché, la stanza spaziosa, ma ciò che ci preoccupa è il freddo. La temperatura si è abbassata, accendiamo i termosifoni e la presenza di spessissime coperte ci dà l’idea dei pochi °C previsti per stanotte. Per cena stanno preparando i tavoli e facendo le prove musicali per l’ultimo dell’anno. Il cenone costa 25 JD a persona, ma noi preferiamo girovagare per la piccola cittadina che non offre nulla, se non panifici, pasticcerie, rosticcerie e locali dove si può bere tè quello bel-nan=alla menta è veramente buono o fumare narghilè. Una persona del gruppo ha portato una bottiglia di olio extravergine d’oliva di produzione propria e al primo forno ci fermiamo a condire khubez sfornate al momento dal diametro minimo di cm 80 (0,20 JD), tra le risate dei panettieri cui estendiamo l’invito a degustare. Presso una pasticceria lungo l’unica strada principale ci deliziamo con bocconcini di kunafa (pasta sfoglia con formaggio e pistacchi ricoperta di miele rossastro) e di ishshes saraya (pasta sfoglia con crema, pistacchi, miele e scaglie di cocco).

Ceniamo da Ajloun Gate Restaurant ordinando shawarma (khubez arrotolato ripieno di pollo a pezzi: in Italia lo chiamiamo kebab), pollo arrosto e alla griglia, spiedini con contorno di patate che ci facciamo portare al coffee shop attiguo dove trascorriamo quasi tutta la serata aromatizzata al fumo alla fragola della shisha.

Una passeggiata di una buona mezz’ora ci riporta in hotel, dove giordani danzanti tra tavolini pieni di resti di abbondanti portate ci prendono per mano e coinvolgono in una sorta di girotondo saltellato. Non è difficile, ma alquanto faticoso, imparare il passo del ballo e tra risate, sudate, foto che in continuazione ci vengono scattate, brindiamo al nuovo anno stappando un’aranciata.

1° gennaio 2012. Castelli del deserto – Madaba

Le ore di sonno sono state poche, ma la colazione servita ai tavoli tutti insieme e a base di uova sode, khubez, formaggio, olive e marmellata ci dà energia e abbastanza presto partiamo per il tour dei Castelli del deserto (1 JD) dei califfi omayyadi di Damasco, che dovrebbero risalire al VII secolo. La strada è buona, passa in mezzo a immense distese pietrose, null’altro all’orizzonte. Durante il viaggio, che durerà circa un paio d’ore, Ahmed ci parla degli abitanti di queste zone, i drusi: seguaci di una religione che accoglie elementi dell’Islamismo, del Giudaismo, dell’Induismo e del Cristianesimo.

La prima tappa è presso Qasr=castello Azraq=azzurro come l’acqua della ricca oasi che lo attorniava. Era più che altro un forte costruito dai romani con pietre scure di basalto grigio-nerastro e scelto agli inizi del 900 da Thomas Edward Lawrence ossia da Lawrence d’Arabia come quartier generale durante la Rivolta araba.

Il secondo Qusayr=piccolo castello è quello di Amra, un mini stabilimento termale dove i califfi andavano a rilassarsi e all’interno del quale sono ben conservati affreschi, incisioni che raccontano storie di vita, ritraggono cupidi, le bellezze della vita: donne, frutta, animali…

L’ultimo è Qasr Kharanah (o Harraneh da harra=deserto pietroso), la più bella costruzione dalla forma squadrata dove i graffiti hanno fatto ipotizzare che la struttura fosse una locanda.

Più che castelli, si tratta di resti di edifici, di ville rurali, di rifugi, costruiti per evadere dalle città troppo caotiche dove spesso ci si ammalava, come centri agricoli o commerciali, per essere più vicini a zone di caccia, per mediare fra tribù differenti, per far riposare i cammelli o come stazioni per carovane dopo lunghi percorsi.

Nel pomeriggio, arriviamo a Madaba, la città dagli incredibili mosaici che ammiriamo nella Chiesa della Vergine (2 JD) della fine del VI secolo, dove vicino i resti della navata circolare cerchiamo di leggere l’invito ai fedeli di purificare mente, corpo e opere prima di guardare Maria. E’ poi la volta dell’ottocentesca Chiesa greco-ortodossa di San Giorgio (2 JD) dove è notevole la mappa-mosaico della Terra Santa di epoca bizantina, pezzo forte per stile, dimensione (originariamente mt 16,5×6 e composta di 2 milioni di tessere) e messaggio ai pellegrini sui siti di interesse biblico.

Ci sarebbero da visitare il parco archeologico, il Palazzo bruciato, la Chiesa dei Martiri, la Chiesa degli Apostoli, il Museo, ma preferiamo passeggiare per le stradine di artisti: creatori di mosaici per tutti i gusti ed esigenze soprattutto su richiesta di turisti, tessitori di tappeti con i vecchi telai verticali… Molte sono le botteghe di sarti, barbieri, riparatori di elettrodomestici che in Italia sarebbero già stati buttati e che, invece, vediamo recuperati. Compriamo un po’ di frutta fresca (le mele costano, al kg, il doppio delle bananine), secca, uno shawarma (1 JD presso uno dei tanti chioschi lungo la strada principale) e per cena ci infiliamo in una delle rosticcerie dove entrano solo giordani: il Madaba Chicken Restaurant. Ordiniamo pollo alla griglia spennellato con sughetto piccante speziato, spiedini di cipolle, di pomodori, di peperoni, tutto servito tra gli immancabili giganteschi khubez da utilizzare come posate dal momento in cui non sono assolutamente previste (10 JD totali comprese le bibite).

Pernottiamo presso l’Hotel Mariam (www.mariamhotel.com), molto accogliente, caldo, spazioso, con una bella piscina all’aperto, connessione wi-fi gratuita e ottimo cibo. Facciamo compagnia a una persona del gruppo che per 10 JD gusta zuppa di lenticchie, pesce panato, verdure, succo di frutta, caffè e gin tonic (il primo alcool della vacanza!).

2 gennaio 2012. Monte Nebo – Mar Morto

Dopo una panoramica e discreta colazione al quinto piano dell’hotel, partiamo per il Monte Nebo e in una ventina di minuti arriviamo al sito biblico sacro a noi cristiani, agli ebrei e ai musulmani (2 JD) che vide Mosé affacciarsi sulla Terra Promessa prima di morire ed essere, probabilmente, qui sepolto. Importanti sono anche i resti del mosaico della chiesa attigua al Memoriale che vediamo in un provvisorio capannone, giacché la stessa è in fase di ristrutturazione e pertanto inaccessibile. Proviamo una forte emozione pensando che, proprio dove ci troviamo, Papa Giovanni Paolo II tenne, una decina di anni fa, un’omelia davanti a più di 20 mila fedeli.

Proseguiamo per il Mar Morto (un’oretta scarsa) e ci fermiamo a chiedere informazioni all’Amman Beach (16 JD), uno stabilimento dove ci si può rilassare tra un bagno e l’altro nel salatissimo mare. Il tempo non è un granché, anzi, fa piuttosto freddino, l’acqua non è caldissima e decidiamo di ovviare e visitare Betania il luogo dove Giovanni Battista visse e battezzò Gesù nelle acque del fiume Giordano oggi molto fangoso (12 JD compresa l’audio guida in italiano). Il posto è affascinante, vi è un percorso tra tamarici secche su terra arida e spicca sul paesaggio la Nuova Chiesa greco-ortodossa di S. Giovanni con la sua cupola dorata, ricca di affreschi. Vediamo i resti della Chiesa di S. Giovanni Battista del VII secolo e di due chiese dello stesso periodo con pavimenti in mosaico e scale bizantine che portavano alla Sorgente. La mappa di questa parte del sito è ben rappresentata da un colorato mosaico.

Il clima continua a essere poco favorevole per una giornata balneare, ma sicuramente sta migliorando per cui decidiamo di fare il check in presso il Mujib Chalet dalla cui spiaggetta i più temerari provano l’ebbrezza di non nuotare, né affondare – a causa del tasso di salinità del 27% – in quella parte di Mar Morto (che nel punto di maggior depressione arriva a quasi mt 400 sotto il livello del mare!). La struttura è ecologica, le stanze sono belle spaziose, rivolte verso il mare con alle spalle la montagna. I servizi sono in comune come in un campeggio, puliti e nuovi.

Nel primo pomeriggio cerchiamo di rilassarci alle sorgenti di Hammamat Ma’in (15 JD), un sito a circa 250 mt sotto il livello del mare, dove vasche di acqua termale bollente accolgono coraggiosi che non hanno paura della temperatura esterna (10 °C) una volta usciti dalle calde cascate naturali (minimo 40°C). L’organizzazione della struttura Evason Ma’in Hot Springs che comprende il centro termale Six Senses aperto ai non ospiti dell’albergo, non ha nulla a che vedere con le nostre spa, non ci sono comodi spogliatoi o bagni puliti, né docce decenti o asciugacapelli. Il tutto è molto spartano e decadente, compresa la piscina termale al coperto.

La cena a buffet la consumiamo (scelta obbligatoria vista la posizione isolata) presso il Mujib Chalet, dove possiamo riempirci i piatti più volte con una squisita zuppa di grano e cardamomo, insalata di riso con piselli, pepe nero e mandorle, pollo arrosto, insalatona, salsa di melanzane e polpette al sugo (acqua e succo di mela compresi 12 JD a testa).

3 gennaio 2012. Kerak – Siq al-Barid=piccola Petra-Wadi Mousa=Petra

Discreta colazione in una veranda con vista Mar Morto e partenza per Kerak (un’ora e mezza) dove visitiamo il castello dei crociati (2 JD) del 1140, miscuglio degli stili europeo, bizantino e arabo. E’ ben conservato, un po’ dispersivo e con un panorama a strapiombo dal momento in cui è situato su una collina a circa 950 mt sopra il livello del mare, circondato da un profondo fossato e su tre lati da una valle.

Cambiamo un po’ di euro presso la Jordan Kuwait Bank a 0,90 JD e dopo una sosta in un grande bazar lungo la strada per uno spuntino con pizzette al timo o al formaggio (2 JD) arriviamo in poco più di due ore a Siq al-Barid ovvero alla Piccola Petra (entrata gratuita). Il paesaggio è emozionante, le rocce con l’erosione del vento e delle piogge hanno assunto forme strane. I nabatei che abitarono in questi siti vi costruirono case, templi, triclini e ci divertiamo a raggiungerli scalando gradini scolpiti nei massi. La giornata assolata di oggi rende tutto molto più bello, anche se all’ombra fa sempre freddino (d’altronde al Barid vuol dire freddo), poiché i raggi del sole, visti gli stretti passaggi, non sempre riescono a penetrare. Tante sono le tende di beduini accampati sui tratti pianeggianti che si alternano ai Monti Shara. Alcuni allevano capre (quanti greggi pascolano sui cigli della sinuosa strada!) e si dedicano alla produzione di yogurt (che conservano in blocchi duri e consumano fresco immergendo la quantità desiderata in acqua calda), altri coltivano prevalentemente pomodori in serre. Arriviamo a Wadi Mousa alle 15 ed effettuiamo il check in presso La Maison, un hotel nuovo, pulito, dove ci vengono offerti tè caldo al rosmarino, khubez tagliati a quadretti da gustare, volendo, dopo averli intinti in una tazza d’olio e passati sull’origano e per dolcino caramelle all’anice.

Siamo vicinissimi all’entrata al sito di Petra che potremmo vedere per un paio d’ore, ma preferiamo gustarcela tutta domani e oggi fare un giro nella città turistica Wadi Mousa che ci ospita e che offre negozietti di ricordini, ristoranti, alberghi e poco più. Nel passeggiare e cercare il posto dove cenare (il resto del gruppo prenota un ricco buffet in hotel per 12 JD) lungo la Tourist Street, l’unica via da seguire, tutta in salita, cediamo all’irresistibile profumo di buono che esce dalla panetteria Sanabel. Tanti i tipi di biscotti, ciambelle, grissini… per la maggiore al sesamo e curioso il modo di sfornare khubez caldi caldi che scorrono su rulli sistemati a pochi centimetri dal soffitto e “piovono” direttamente sul bancone principale dove vengono pesati e imbustati freneticamente (0,10 JD l’uno). Tranne un “fruttivendolo” che ci raddoppia i prezzi praticati ai giordani per banane, mele, pere e castagne, tutti sono molto gentili anche quando li disturbiamo per scattare una foto mentre vendono polli vivi, tagliano barba e capelli e mettono ad asciugare teli bagnati in stendini davanti al negozio per poi riutilizzarli… Ceniamo da El Siwan Restaurant local food con un unico grande piatto che prevede bocconcini di pollo, agnello e una lunga salsiccia di manzo cotti alla brace accompagnati da lattuga e cipolle crude, rape bianche e carote sottaceto, patatine fritte, tutto appoggiato su una spessa piadina, condito con coriandolo, peperoncino e ricoperto da strati sottilissimi di khubez. Uno shawarma e una bibita compresi non arriviamo a 10 JD totali.

4 gennaio 2012. Petra

Discreta colazione dolce, eccellente salata e alle 8,30 già davanti al sito per dedicare tutta la giornata a Petra, la città rosa, la capitale del regno nabateo, patrimonio mondiale dell’umanità per l’Unesco. Il biglietto per l’intero complesso archeologico di circa 24kmq è di 50 JD e ci sono vari mezzi per visitarlo: su un calesse, a cavallo, su somari o, come consiglio vivamente, a piedi per gustarne ogni angolo, per coglierne i minimi particolari, le più impercettibili sfumature e per tornare indietro nel tempo. Il cielo è limpido, il sole splenderà tutto il giorno, ma in zone dove non batte mai o quando tira vento o si sta su alture, l’aria sarà pungente per cui due importanti raccomandazioni: scarpe comode e con suola antiscivolo e vestiti a strati. All’interno del sito ci sono bagni, chioschi dove rifornirsi di bibite, ristoranti che offrono pasti al buffet, bancarelle di souvenir… A differenza di quanto si possa pensare, non sono carissimi, anzi, abbiamo trovato più conveniente acquistare qualche gadget nei pressi di una tomba piuttosto che in paese. Ogni tanto sarà suggestivo scovare una buona roccia che faccia da poltrona e rilassarsi davanti a un panorama unico al mondo. Quante volte avevamo visto foto di Petra, documentari, ma l’emozione nel percorrere il Siq, la gola lunga km 1,2, larga dai 2 agli 8 mt e alta fino a 84 mt, e scoprire il Tesoro, è stata fortissima. Con una buona guida si può girare da soli e in piena libertà, ma le distanze tra un teatro romano, un tempio, una tomba reale, un altare sacrificale, il Monastero… e i vari punti panoramici scolpiti nel granito rosso non sono brevi e probabilmente in un solo giorno si riusciranno a vedere le parti più importanti, ma non tutto il sito. Rimaniamo fino al tramonto che non si riesce a vedere per le montagne alte e scattiamo un numero infinito di foto anche agli stessi punti visti nella mattinata dal momento in cui il colore dell’arenaria dalle 8,30 alle 17,30 assume tutt’altri toni. Tralascio le spiegazioni dettagliate di ciò che israeliti, nabatei, romani, greci, bizantini, crociati hanno realizzato e mi godo la maestosità delle creazioni facendo loro i miei più vivi complimenti e ringraziandoli, ad ogni passo, per l’immensità e le sensazioni indescrivibili che fanno provare al mondo intero. Stanchi morti, felici e affamati non torniamo in hotel per paura che la pigrizia prenda il sopravvento e andiamo, nonostante sia solo tardo pomeriggio, lungo la via turistica a cena da Bukhara (waelsbeahat@yahoo.com), dove colmiamo la voragine nello stomaco con tante pietanze: riso ai chiodi di garofano, pollo alla brace, insalata di pomodori, cetrioli e cipolle, patatine fritte, shawarma e bibite serviti celermente e con simpatia da un giovane cameriere. L’ambiente è informale e la clientela non è tutta turistica, anzi! Acquistiamo bibite e tanta frutta da portare in stanza presso un minimarket dove ci serve un negoziante particolarmente gentile e soprattutto onestissimo: la differenza si nota perché non paghiamo 4 volte di più la medesima merce. Tanti sono gli uomini indaffarati per le strade mentre pochissime le donne che si vedono in giro così come tanti sono i gatti randagi, prevalentemente rossicci, che sbucano dai cassonetti, mentre i cani sono quasi assenti. Torniamo a La Maison e ci rifugiamo nella confortevole stanza accolti dalle smancerie del personale, e a pensare che più di una guida segnalava la scortesia della maggior parte dei ristoratori e degli albergatori.

5 gennaio 2012. Deserto del Wadi Rum

Partiamo da Petra prendendo la panoramicissima, antica di ben 5000 anni, Strada dei Re che sinuosa attraversa zone abitate saltuariamente da beduini e ci dirigiamo verso il deserto del Wadi Rum. Facciamo un paio di soste per foto panoramiche e dopo un’ora e mezza giungiamo all’Hillawi Camp presso il quale dormiremo all’interno di una tenda spessissima dotata, al contrario di quanto pensassimo, di un letto matrimoniale, di due sedie, di luce, di prese internazionali per la corrente e divisa dal bagno (con tanto di doccia, lavabo e water!) da una parete di pesantissimo tessuto. Le “stanze” sono tutte comunicanti per cui bisognerà sussurrare se non si vorrà farsi rispondere dal vicino, ma un minimo di privacy è assicurata. Chiudiamo la “porta” con una grossa cerniera e speriamo nell’onestà del prossimo sia stanotte che quando ci allontaneremo lasciando le valigie. Ci preoccupa il freddo che speriamo di sentir poco grazie alle sette lanosissime coperte appoggiate sul letto! Lasciamo il campo, dove i beduini stanno organizzando – per noi e per un gruppo di spagnoli – la cena e dal Centro Visitatori iniziamo il tour (4 ore e 4 soste) con una 4×4 che sembra reduce da un bombardamento: parabrezza completamente spaccato, piena di ammaccature e sedili sgangherati. L’importante è che ci porti tra le impressionanti formazioni rocciose che tempo e vento hanno scavato, modellato, innalzato (alcuni “grattacieli monolitici” arrivano a quasi mt 1800) tra le rosse dune del deserto, tra i resti della residenza di Lawrence d’Arabia e del suo quartier generale. Proviamo il brivido di rotolare, camminare, scalare le montagne di sabbia fine; contempliamo antichissimi – anche di 4000 anni fa – graffiti e sorseggiamo (1 JD) un aromatizzato tè al rosmarino sotto una tenda beduina. Al calar del sole rientriamo nel campo; la giornata è stata splendida, assolatissima, ma il tramonto ha portato un freddo incredibile. Indossiamo cappelli, doppi guanti, più maglie di lana possibili una sull’altra, ma l’unica cosa che ci scalderà sarà l’inizio della cena, quando assisteremo alla cottura dell’agnello e del pollo sotto la sabbia, dentro pentoloni sotterrati almeno un paio di metri (squisiti!) e ci serviremo al buffet di insalate, hummus (salsa di ceci e, tutto finemente tritato, semi di sesamo, olio di oliva, aglio, succo di limone, semi di cumino e prezzemolo), lenticchie, riso, rape rosse, salse, pane, dolcetti al miele e cocco. I tavoli sui quali mangiamo sono bassi, per sedie lunghi cuscini poggiati su tappeti e, per fortuna, qualche “stufa-fungo” intiepidisce l’aria intorno. Sazi veniamo coinvolti da cuochi e camerieri in balli al ritmo di musica araba (e, a seguire, purtroppo, anche musica commerciale). Per osservare il cielo stellato alcune persone prenotano la cammellata by night, noi facciamo una semplice passeggiata lontano dal campo, la luna è quasi piena e la sua luce illumina il nostro percorso. Molti sono i cani che ci seguono e, superata un’iniziale paura, ci sentiamo confortati dalla loro presenza. Arriva l’ora di ritirarsi in tenda e duro sarà spogliarsi per mettersi sotto le coperte. Su nove del gruppo ci riescono solo in due, gli altri, me compresa, si tolgono solo il cappotto e le scarpe!

6 gennaio 2012. Aqaba

Dopo una discreta colazione (uova sode, yogurt, marmellata e uno squisito ciambellone), partiamo dal campo direzione Aqaba, porto principale della Giordania, cittadina balenare in via di sviluppo sul Mar Rosso (sarà la futura Sharm). Dal punto di vista culturale offre ben poco: il castello dell’inizio del XVI secolo fatto costruire da un sultano mamelucco e ingrandito da sultani ottomani, l’attiguo Museo (un tempo residenza dello sceicco trisavolo dell’attuale re di Giordania) dove si trovano monete, ceramiche, tavolette islamiche in pietra dell’VIII secolo, bassorilievi bizantini e una pietra miliare. Ci fermiamo davanti un’alta bandiera fronte mare di cui sarà interessante leggerne la nascita su un grosso cartellone posto sulla piazza adiacente. Nel pomeriggio sono previste attività balneari e le spiagge più adatte a noi occidentali sono quelle all’interno dei resort preferibilmente a sud della città. Alcuni del gruppo con un taxi (8 JD) raggiungono il Marina resort (JD 20 compresa una consumazione) e coraggiosamente (la temperatura è di 20°C e l’acqua un po’ freddina) fanno snorkeling. Noi preferiamo passeggiare, fermarci a osservare i giordani sulla spiaggia pubblica all’interno della cittadina. Ovviamente non ci spogliamo: in bikini mi sarei sentita troppo osservata in mezzo a donne completamente coperte e il mio boy non si sarebbe potuto mettere in costume per rispettare la cultura musulmana. Sulla battigia passano venditori di khubez, di dolci per bimbi e curiosissimi uomini con grossi narghilè che vendono “una fumatina”. Famiglie al completo allestiscono barbecue, tirano fuori da borsoni quantità industriali di cibo che adagiano su spessi plaid. Molti sono i bimbi che fanno il bagno, giocano e si avvicinano a noi incuriositi. Offriamo loro della frutta, la accettano e la consumano ritornando dai genitori che timidamente ringraziano e ricambiano con quello che hanno (un bicchiere di succo di frutta, altra frutta). Cerchiamo educatamente di rifiutare comunicando che non vogliamo nulla in cambio, ma insistono, accettiamo e subito dopo i bimbi sono sistemati sul nostro telo. Regaliamo loro cappellini, caramelle che corrono a mostrare a mamma e papà i quali nuovamente mandano qualcosa. Incredibile, sembra che debbano per forza ricambiare ciò che è donato, quasi una lezione di buona educazione, generosità e ospitalità. Chiediamo il permesso a un’intera numerosa famiglia intenta ad arrostire spiedini di ali di pollo a posare per una foto, acconsente con un sorriso e veniamo anche questa volta invitati a banchettare, ma sorridendo e ringraziando veramente di cuore, riusciamo a declinare.

Trascorriamo un piacevolissimo pomeriggio e per cena scegliamo e consigliamo Al Muhandes, dove lasciamo carta bianca al cameriere ordinando “tutto ciò che la sera prima della partenza dobbiamo assolutamente assaggiare”. Siamo gli unici italiani, ci accolgono con occhi allegri, ci servono in fretta e applicano lo stesso prezzo dei locali. Per soli 7 JD totali ingurgitiamo due abbondanti porzioni di shawarma al piatto, 12 falafel (polpette fritte e speziate, a base di ceci tritati con cipolla, aglio, cumino e coriandolo), hummus con ceci anche interi, insalata di cipolle e pomodori… Pernottiamo presso l’Hotel Capitain’s (www.captains.jo): centrale, bello, accogliente, confortevole, dotato di tutto dove raccontiamo la nostra giornata a Mohamed, il ragazzo della reception. Ci ascolta divertito e ci propone di concluderla con lui e una coppia di amici americani. Accettiamo l’invito e trascorriamo da Jafra (www.jafra.com.jo) un paio d’ore tra racconti sulle diverse tradizioni, culture, aspirazioni, sorseggiando io un bicchierone di menta e limone tritati e il mio boy una tazza di caffè del luogo.

7 gennaio 2012. Aqaba – Amman

Discreta colazione e tanto tempo libero in attesa della ripartenza. Poco distante dall’albergo vediamo gratuitamente gli scavi dell’antico porto romano di Ayla, i resti delle mura cittadine, del tempio e del centro abitato. Volendo saremmo potuti andare all’Isola del Faraone, in acque territoriali egiziane, vicino Taba, dove gli scavi mostrano reperti dell’era del bronzo e il forte fatto costruire da Saladino, ma preferiamo prendere un bus pubblico (il n. 13), percorrere diversi km di lungomare e toccare il confine con l’Arabia Saudita. Nel pomeriggio passeggiamo e ci perdiamo tra le viuzze dei mercatini facendo gli ultimi acquisti mangerecci (prevalentemente spezie e biscotti) e un tuffo nel tempo osservando piazzette attrezzate con file di sedie sulle quali i giordani che non hanno le tv in casa guardano quelle accese di alcuni ritrovi.

In tarda serata partiamo per Amman (quattro ore e mezza) arrivando all’aeroporto alle 21 e lunga sarà l’attesa prima di imbarcarsi. Il duty free offre i classici prodotti internazionali, alcuni del posto ma a prezzi decisamente più alti. Mangiamo qualcosa presso un fast food e ci scambiamo i recapiti con il resto del gruppo riproponendoci una rimpatriata di ricordi e foto.

8 gennaio 2012. Amman – Italia

Partiamo alle 4,25 per Roma dove arriviamo puntuali dopo un buon volo Alitalia (posti 11B) durante il quale servono un accettabile pasto freddo.

Conclusioni. Complessivamene il viaggio è andato bene, è un paese visitabile in qualsiasi periodo dell’anno e che consiglio vivamente, ma se tornassi indietro lo effettuerei in primavera o in autunno. A disposizione per qualsiasi informazione…

Buon viaggio!

Luna Lecci

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Pioggia di Khubez

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Salita a Piccola Petra

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Tavolozza a Petra

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Tutti al mare ad Aqaba

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Un tiro?

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Vendonsi Polli

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Barba e capelli

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Ciuchino a Petra

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Amman in bianco e nero

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Jerash

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Mar Salato

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Drive in ad Aqaba

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Incolonnata a Petra

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Passaggio a Wadi Rum



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