Georgia on my mind….

Ok, la canzone diceva cosi' "Georgia on my mind",ma nel mio caso posso dire "Georgia on my waist" visto che in due giorni che sono qui devo aver messo su 2 chili. In ogni ristorante dove siamo andati a cercare del cibo, il menu' si presenta bello, ricco, pieno di esotici nomi....ma quando iniziamo a chiedere, cameriere truccate male e con la...
Scritto da: franxx
Partenza il: 06/10/2008
Ritorno il: 11/10/2008
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 500 €
Ok, la canzone diceva cosi’ “Georgia on my mind”,ma nel mio caso posso dire “Georgia on my waist” visto che in due giorni che sono qui devo aver messo su 2 chili.

In ogni ristorante dove siamo andati a cercare del cibo, il menu’ si presenta bello, ricco, pieno di esotici nomi…Ma quando iniziamo a chiedere, cameriere truccate male e con la faccia di qualcuno che ODIA il suo lavoro, ci dicono che questo o quello non c’e’ e l’unica cosa presente in tutto il ristorante e’ il KACHAPURI. Anche se gli altri hanno altre pietanze nel piatto…

Il temuto kachapuri e’ una specie di focaccia di Recco (quella con lo stracchino) farcita fino all’impossibile di un formaggio tipo ricotta e poi fritta. E finora e’ quello che ci hanno proposto qui in Georgia a colazione, pranzo e cena.

Anche oggi a pranzo, una specie di lottatore di sumo in gonnella ci ha squadrato e, quando abbiamo provato a chiedere un’insalatina, ci ha detto “No, I give you Kachapuri”.

La situazione qui in Georgia e’ tranquillissima, talmente tranquilla che quando chiedi della guerra che hanno avuto solamente qualche settimana fa, la gente ti dice che non se ne ricorda piu’ e che la Russia fa schifo. Forse, un pochino se ne ricordano ancora se subito dopo gettano fango sui vicini russi…

Telavi che è il nostro primo punto d’inizio dopo essere entrati via terra dall’Azerbaijan e’ molto carina, e’ la capitale della regione del vino, che qui in Georgia e’ un’autentica religione.

Oggi pomeriggio facendo l’autostop, siamo stati tirati su da un Georgiano giovane e barbuto che aveva la macchina piena di fusti di vino e che, sicuramente durante il viaggio, aveva assaggiato spesso e volentieri quanto stava trasportando.

Appena siamo saliti su in macchina, in due sul sedile davanti, ha iniziato a dirci cose senza senso, e poi quando ci ha spiegato che sta trasportando vino, ha deciso di fermare la macchina sul ciglio della strada e li, ci ha chiaramente dimostrato che era ubriaco. O pazzo. O forse, tutti e due.

Ha tirato fuori dalla macchina un fusto di 20 litri e ci ha detto che dovevamo fare un giuramento in quanto da quel momento, saremmo diventati fratelli di sangue. Cosi’, ci ha preso il braccio, lo ha sfregato sul suo, vena contro vena (menomale che non ci ha squartato come dei capretti) e quando il polso era rosso e dolorante ha stappato il fusto e mi ha ordinato di alzarlo per lui.

Meglio quello che essere sgozzati nel mezzo della campagna Georgiana.

Ora, non so voi, ma provate ad alzare un fusto da 20 litri di vino… Non e’ un’impresa semplice.

Cosi’, con una fatica immane visto che io dovevo alzarlo per lui senza alcun aiuto, lo tiro su di 5 cm da terra e lui vi si getta sopra come un’assetato che non vede acqua da mesi, e incomincia a ingollare il rosso liquido che gli cola sul mento, collo, torace e braccia.

Poi, contento come una Pasqua, solleva il fusto come fosse stato vuoto, e me lo caccia in bocca spezzandomi quasi tutti i molari presenti, e cosi’ almeno un litro di vino scende nella mia gola, prima che incominci a soffocarmi con quel coso che mi tappa la bocca.

In effetti sarebbe stata una bella morte, visto che il vino georgiano, come il nostro nuovo amico sosteneva, e’ davvero spettacolare. Buono. Devo ricordarmene.

Dopo aver bevuto si e’ avventato su di me e poi sull’israeliana, baciandoci e dicendoci qualcosa riguardo il nostro nuovo legame di fratelli di sangue.

E chi conosce i georgiani, sa che i baci non si danno come all’occidentale ma si danno sulle labbra.

E un Georgiano ubriaco, con barba stile capitano Findus e con l’alito che puzza di fumo e vino non e’ il proprio il principe azzurro che uno, magari, spera…

Dopo brindisi e baci saliamo in macchina e inizia a guidare senza contegno, cercando di investire una mucca che lentamente attraversava la strada, a fare un’incidente frontale con un camion che veniva dal senso opposto e poi, non contento, ad andare addosso ad un carretto che trasportava fieno.

Quando gli chiediamo di scendere, ci stampa ancora una decina di baci e ci dice altre cose riguardo la nostra fratellanza, e credo che davvero non mi dimentichero’ mai di lui. E non per il patto stipulato oggi pomeriggio sotto il caldo sole della Georgia…

E nemmeno per i baci, cosa pensate gia’?! 🙂 Dopo Telavi ci siamo diretti a Tbilisi, la famosa capitale che ultimamente ha trovato tanta e troppa notorietà per la sua situazione politica, ma che nella mia mente invece incarnava solo una cosa: le lontane lezioni di geografia. Ricordo di averla conosciuta sull’atlante e sui libri di geografia e già all’epoca scalpitavo per poterla conoscere dal vivo, e mi sembra incredibile ora essere presente qui.

Arriva a Tbilisi dopo tante settimane trascorse in piccoli borghi di campagna ha l’effetto di stordirci con tutte le sue luci e il suo traffico, e già dopo una breve passeggiata lungo lo scuro Mtkvari, il fiume che divide in due la città, sento di amarla già.

Se comunque vi stavate chiedendo se sono sopravvissuto al famigerato Katchapuri, beh… La risposta e’ che ogni giorno che passa prendo sempre di piu’ le somiglianze di Pavarotti. E non e’ bello.

Oggi tanto per cambiare la mia dieta, ho deciso di comprare un’anguria al mercato locale. Ok, non volevo un’anguria intera, ne volevo solamente una fetta visto che era ora di pranzo e faceva caldo, quindi mi sono detto “ma quale cosa migliore di una fetta d’anguria!” e cosi’, gioioso come un bambino mi sono avviato verso la vecchietta che sedeva davanti ad uno spoglio banco che vendeva un’anguria, un secchio di barbabietole e una ventina scarsa di peperoncini dall’aspetto piccante.

Ok, quando gli ho spiegato cosa volevo, inizia con una litania in Georgiano e con tutta la forza che ha in corpo solleva l’anguria, tutta intera, e me la piazza nelle braccia.

Io come uno gnucco ho provato a spiegargli che ne volevo solo una fetta, ma lei testarda incassa rapidamente i soldi che avevo tirato fuori per una fetta e scagliandomi addosso delle parole in Georgiano si rifugia con aria innocente dietro il suo banchetto, guardandomi con uno >sguardo di sfida che diceva “provaci ancora stupido straniero!”.

Come se non avessi viaggiato prima! Cosa crede, d’intimorirmi con uno sguardo di sfida?! No signore, oggi sono venuto qui per prendermi una fetta d’anguria e con quella voglio uscire dal mercato. Cosi’, facendo lo sguardo piu’ terribile che so fare, mi piazzo davanti il suo banchetto e lentamente, in russo, le dico che voglio una fetta e non tutta l’anguria. Non mi fa paura e nemmeno pena.

Ma alla mia richiesta inizia con una nuova litania in Georgiano che suona come una triste farsa, e ai suoi suoni di dolore accorrono gli altri negozianti che mi guardano male e che mi ricoprono, anche loro, di frasi a me sconosciute in Georgiano, finche’ uno che sicuramente ai tempi dell’URSS faceva la pubblicita’ di MastroLindo >mi prende per un braccio mi accompagna, gentilmente, verso l’uscita del mercato. E non solo lui, ma anche la vecchina e tutti i curiosi accorsi mi guardano uscire dal mercato con in braccio una grossa anguria. Che pesa. Che non posso nemmeno tagliare.

E continuano a guardarmi quando sconsolato, giro l’angolo e la butto via, visto che mi stava per uscire un’ernia per lo sforzo e che stavo attirando a me tutti i cani randagi della Georgia.

Per consolarmi cosi’, mi sono concesso la visita che più aspettavo in terra di Georgia. Gori, la mitica città di Stalin.

Visto che sono a Gori, vado a vedere il Museo di Stalin, che si trova davanti la statua di Stalin in via Stalin. Come sono originali a Gori! Il museo di per se sarebbe anche interessante, peccato per vederlo ci vuole molta fantasia, visto che quasi tutto e’ stato evacuato quando i Russi due mesi fa hanno attaccato Gori.

E non e’ che te lo dicono all’ingresso quando compri il biglietto di 15 euro!! No, ti fanno salire una rampa di scale e poi li, ti trovi una guida sorridente che parla l’inglese di un bambino di 9 anni, che ti dice “qvi ci sarebbe dovuto essere scatola di regalo di figlio di Stalin”, “qvi invece dovuto essere pipa di Stalin, ma non c’e’ per evacuazia”… E cosi’ via.Stronzi! Menomale che quando andiamo a vedere la casa di Stalin e il vagone su cui ha viaggiato per andare a Yalta e Potsdam ci accompagna una signora Ucraina che si fa incantare dalle 4 parole di Russo che uno spiccica e ci copre, per un’ora piena, di informazioni sulla vita di Stalin, che non sapro’ mai cosa essere.

Domani lascero’ la Georgia e andro’ per l’ultimo posto del mio viaggio, in Armenia e Nagorno Karabakh. E’ davvero un peccato aver dedicato cosi’ poco tempo ad un Paese splendido come la Georgia,che sembra uscito dalla tavola di un pittore ma sono sicuro che ritornerò qui. E’ davvero una terra stupenda e l’accoglienza, la gente, i colori, tutto è davvero magico e meraviglioso. Ritornare, questa parola è quello che mi porterò dietro dalla Georgia, perché davvero non puoi non innamorarti di questo piccolo angolo di paradiso, proprio come una leggenda Georgiana che ti raccontano tutti.

Infatti, sembra che quando Dio ha creato il Mondo, la Georgia è stato l’ultimo posto ad essere creato, perché Dio ha tenuto quell’angolo del Caucaso tutto per se, perché quello, era il riflesso del Paradiso… E come biasimarli, la Georgia è davvero così…



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