Fughe europee: Bucarest

48 ore in solitaria, poca spesa e tanta resa
Scritto da: micheledemo
fughe europee: bucarest
Partenza il: 06/04/2016
Ritorno il: 08/04/2016
Viaggiatori: 1
Spesa: 500 €

PREMESSA

Il motivo che mi ha portato a scegliere Bucarest come meta è il prezzo stracciato del volo Ryanair: 19,97 euro tra andata e ritorno; ormai è da un po’ di tempo che per le destinazioni dei viaggi mi lascio ispirare dalle tariffe convenienti delle compagnie low cost.

Tanta curiosità, ma praticamente non avevo informazioni su Bucarest e sono partito allo sbaraglio: le sorprese sono state tante e tutte positive, a partire dal clima!

Un caldo torrido (max 31 gradi, la media 25) agli inizi di aprile non me l’aspettavo proprio… per fortuna ho dato retta alle previsioni meteo controllate qualche giorno prima su internet, anche se le ritenevo impossibili… anche alla sera il clima rimaneva decisamente estivo.

L’altra cosa che mi ha lasciato a bocca aperta è l’enormità di questa città: dal finestrino dell’aereo, già da parecchi minuti prima dell’atterraggio, mi rendevo conto che la Romania (o almeno questa porzione di Romania) è un’infinita distesa pianeggiante, disseminata di grandi e squadratissimi campi coltivati, prati, pascoli e piccoli villaggi a poca distanza l’uno dall’altro, collegati tutti da strade rettilinee.

Tutta questa pianura sconfinata è stata sfruttata a pieno dagli urbanisti dell’era comunista che hanno cambiato volto alla città: i viali, le piazze e gli edifici hanno dimensioni ciclopiche, a discapito della bellezza; mentre dove si è conservato il vecchio assetto di stile art decò, i palazzi sono più piccoli e affascinanti e le strade e le piazze a misura d’uomo.

Un altro aspetto distintivo della città è il traffico bestiale che l’attanaglia dalle 7 del mattino fino a circa le 22. La città è soffocata dalle auto dei suoi 2 milioni di abitanti, dagli autobus di linea e dai pullman turistici. I boulevard principali sono vere e proprie autostrade urbane e le piazze principali importanti snodi di circolazione, dove si intersecano decine di strade. Sconsiglio vivamente di mettersi alla guida di un’auto o di prendere i mezzi pubblici (anche se frequenti e con flotta moderna): il modo migliore per scoprirla è a piedi, nonostante i chilometri che si dovranno macinare.

In Italia, spesso e purtroppo, le cronache nere vedono protagonisti cittadini romeni; quindi siamo un po’ prevenuti verso questo popolo. Beh, andate in Romania e, datemi retta, vi ricrederete di sicuro.

Io ho incontrato tantissima gente disponibile e gentile, mi sono sempre sentito sicuro (anche di sera) e la città è tenuta in modo eccellente: gli standard di pulizia, servizi e decoro pubblici sono superiori a quelli di moltissime città italiane.

La passione principale degli abitanti di Bucarest sembra essere quella dei parchi e dei giardini: tanti, curati e soprattutto fioriti. Il fiore onnipresente è il tulipano. Tulipano che si vende in ogni angolo della città.

Nonostante abbia letto che in Romania e anche a Bucarest vi sia un grande problema di randagismo canino, in tre giorni non ho visto un solo cane randagio, nè in centro, nè nelle periferie.

06/04/16

Alle 15,30 locali, il boeing 737-800 della Ryanair, proveniente da Milano Malpensa, atterra all’aeroporto di Bucarest, ed io mi ritrovo su suolo romeno, senza una precisa idea di cosa aspettarmi; so a malapena che per arrivare in centro città devo prendere il bus 783, che ferma in tutte le principali piazze della città (Victoriei, Romana, Universităţii e Unirii che è il capolinea).

La fermata dei bus è al piano inferiore a quello degli arrivi (dove per la cronaca si trova anche un supermercato Billa, in cui ho comprato una baguette e dell’acqua, spendendo pochissimo…7 lei, che sono circa 1.5 euro), sul lato destro. È presente un chioschetto con impiegato dove acquistare la card magnetica e caricarla con l’importo che si vuole. C’è anche un chiosco automatico.

La coda di gente in attesa alla fermata del 783 mi fa venire l’ansia e così decido di non subire un viaggio stipato e opto per il bus 780, tutto vuoto.

Questo copre il tragitto dall’aeroporto fino alla stazione ferroviaria di Gara de Nord, che dalla mappa in mio possesso sembrava abbastanza vicina alla mia meta: l’Hotel Venezia, in Eliade Pompiliu 2, nel settore uno della città. (Bucarest è suddivisa in 6 settori, a forma di “fette di torta”). Scelta sbagliata! La stazione era parecchio distante e la mia mappa a dir poco imprecisa.

Non esagero se vi dico che ho girato per tre ore in cerca di questo dannato hotel. Per fortuna, tutta la gente interrogata per un’indicazione si mostrava gentile, usando anche Google Maps sul cellulare per aiutarmi, ma poi sbagliavo sempre e comunque strada.

Purtroppo non ho fotografie di questo drammatico vagabondaggio, perchè preferivo leggere i nomi delle vie (anche se latitanti) piuttosto che perdere tempo, ma ho comunque notato l’architettura sovietica di queste periferie. Palazzoni enormi, un susseguirsi di quartieri-dormitori per operai dell’era comunista, che ora si cerca di abbellire con tinte pastello…ma mi ha colpito comuque che nulla dia l’impressione di una periferia fatiscente. Ogni palazzone ha il suo giardinetto curato da qualche anziano che coltiva anche qualche cespo di insalata, ci sono parchetti condominiali con giostrine per bambini, e sorprendentemente, non ci sono cartacce per terra o scritte sui muri…

Vi starete chiedendo perchè non abbia preso un taxi: perchè volevo che fosse una gita low cost e perchè in giro avevo letto cose spiacevoli sul conto dei tassisti (non date retta: prendete i taxi regolari e non ci saranno problemi… i tassisti romeni non sono poi più furbetti di quelli italiani).

Ad un certo punto avevo voglia di urlare, e credo di averlo fatto realmente… ma di sicuro ho parlato da solo, in preda alla follia della frustrazione.

Alla fine, con le vesciche ai piedi e tutto sudato (partito da Malpensa con la felpa, a Bucarest mi sono ritrovato a 30 gradi) mi presento alla reception del mio 4 stelle (prenotato su booking a 42 euro a notte). Per una volta un lusso accessibile, anche se queste 4 stelle in Italia sarebbero state 3.

Una doccia, svaligio il frigo bar e mi riposo per la sera.

La zona della movida a Bucarest è quella del centro storico, ovvero le vie Şelari, Stravopoleos, Lipscani (che dà il nome a tutta questa zona) e dintorni.

Questa volta non mi faccio fregare e prendo un taxi e mi faccio lasciare proprio all’imbocco di via Şelari (leggi Scelari), pagando 7 lei (meno di 2 euro), intanto con il tassista faccio una chiacchierata riguardo i pregiudizi che in italia abbiamo circa il popolo romeno.

Sembra di essere nel quartiere festaiolo di una qualunque città europea: un susseguirsi di locali alla moda con i tavolini all’aperto. Cocktail bar, pub irlandesi, birrerie, ristoranti più o meno tipici od etnici, ma soprattutto tanti, tanti night clubs con avvenenti ragazze buttadentro che ammiccano agli ometti.

Musica house a palla, risate e allegria sono il comune denominatore. Tutti i locali brulicano di giovani del posto e di turisti. Io scelgo un ristorante a caso e ordino all’affettuosa cameriera che ti abbraccia mentre le parli. Insieme al cibo mi arriva una mega birra Ursus scura alla spina. Alzo il calice e brindo idealmente col tizio che ho di fronte, anche lui da solo, probabilmente un turista straniero anche lui. Non ci diciamo una sola parola, ma ci alziamo vicendevolmente i pollici quando passa qualche donnina attraente…e credetemi, qui ce ne sono davvero tante. Scambiando due chiacchiere con una ragazza del posto, in seguito, ho annuito sornione alla fama italiana di patria del buon cibo e lei ha fatto la stessa cosa, con una vena di rassegnazione, quando le ho detto che la Romania è invece famosa nel mondo per le sue belle figliole…ah, e anche per i Vampiri… 🙂

…luoghi comuni al top…

La mia guida dava come imperdibile il locale Bordello, in via Şelari. Ci vado per una birra, chiara questa volta. Nonostante il nome, non è quello che voi maligni state già immaginando, ma un bel locale, arredato in stile casa chiusa degli anni ’30. Si mangia e si beve con musica dal vivo e a volte spettacoli di cabaret o burlesque. Stasera musica dal vivo.

Degni di nota i quadretti appesi alle pareti, il bagno maschile e le bellissime cameriere, (poco) vestite come ballerine di burlesque, con tanto di bustini, calze a rete e pennacchi!!!

Dopo la birra, già alticcio, cado preda di una buttadentro che mi guida su per una scalinata tutta illuminata di rosso…arriviamo nel locale e scopro di essere l’unico cliente (mi sono sentito come Fantozzi, Filini e Calboni nella famosa scena all’Ippopotamo.. ahahahahah).

Per non farmi depredare decido di fare quello che se la tira, ordino un paio di drink mentre vedo tre o quattro balletti e poi vado via…facendo i conti ho speso pochissimo pure lì, tipo 20 euro.

Ormai barcollante, mi infilo in un taxi che mi porta velocissimo in hotel. Crollo sul letto tutto vestito.

07/04/16

La mattina comincia abbastanza presto: c’è parecchio da vedere!

Il primo passo è fare colazione… con 2,5 lei (0.5 euro circa) compro ad un chioschetto un “gogosi cu aroma de ciocolata”… una sorta di saccottino gommoso…non buonissimo, ma di sicuro riesco a saziarmi.

Mi dirigo dritto alla Casa Popolurui (la casa del popolo), il mastodontico edificio sede del parlamento romeno.

Questa opera, voluta da Ceauşescu come solenne celebrazione della sua carriera politica e militare, è il secondo edificio più grande del mondo dopo il Pentagono.

Per realizzarla (a partire dal 1984, e non è ancora del tutto completato) furono demoliti interi quartieri, comprese chiese, stadi, monasteri e ospedali, per non parlare dell’immane sforzo economico! Si parla di una cifra intorno ai 3 miliardi di euro, e in un periodo in cui il popolo romeno moriva di fame.

Ceauşescu, comunque, non lo vide finito, morì fucilato insieme a sua moglie il 25 dicembre 1989.

Al cospetto di questo edificio non si può non restare a bocca aperta per la sua imponenza…situato in cima a un terrapieno, sembra quasi un’acropoli… un Partenone di stile sovietico, alto, rispetto alla città pianeggiante.

È davvero immenso: per girarci intorno serve almeno mezz’ora. È visitabile, solo con guide autorizzate e ad orari stabiliti. Ero curioso di scoprirlo da dentro, ma la prima visita disponibile era due ore dopo. Troppo tardi, non potevo aspettare e non avevo voglia di ritornare…quindi rimando la visita di questi sfarzosi 12 piani ad un’altra volta. Salterò anche tutti gli altri musei della città: il tempo che ho è davvero poco e decido di dedicarlo alla città.

Mi incammino per il prospicente Bulevardul Unirii, infinito ed ampio viale che sbocca nell’omonima piazza Unirii. Più che una piazza è un enorme incrocio nevralgico tra varie arterie trafficatissime; comunque sia, è abbellita da una fontana (a secco in questo momento) e giardini curati.

Superata questa grande piazza e l’enorme e moderno centro commerciale Unirea (aperto tutti i giorni dalle 10,00 alle 22,00), mi dirigo verso Piata Universităţii, risalendo il lato destro di Bulevardul Brătianu. Supero una prima chiesa, piccola e circondata da palazzoni di stampo comunista.

Il regime, infatti, durante gli anni della dittatura, intendeva eliminare qualsiasi forza che potesse opporsi al suo potere: ovviamente la chiesa era uno di queste forze. Il culto religioso fu perseguitato e molte chiese smantellate, spostate o semplicemente nascoste dietro palazzoni enormi.

Poi arrivo alla chiesa (biserica in romeno) di Sf. Gheorghe Nou, con un bel giardino prospicente e bellissimi e coloratissimi affreschi nel porticato dell’ingresso. Questa chiesa ospita la tomba del principe di Valacchia Constantin Brătianu, di cui si può ammirare una statua nel giardino.

All’interno, scene di esasperata religiosità da parte dei fedeli ortodossi, che si prostrano e si commuovono davanti alle icone.

Poco più sù, sullo stesso lato del viale (il destro, se si sale) quasi all’altezza di Piața Universităţii, si incontra la Biserica Colţea: una piccola chiesa costruita agli inizi del ‘700, con elementi di barocco italiano. Gli affreschi esterni sono un po’ sbiaditi, ma comunque notevoli. Alle sue spalle si erge lo Spitalul Colţea, il primo ospedale della città, contemporaneo della chiesa e ancora in attività.

Siamo ormai nel luogo chiave della storia recente di Bucarest e di tutta la Romania, Piața Universităţii, piazza in cui il regime incassò il colpo mortale nella notte tra il 21 e il 22 dicembre 1989. Lo spartitraffico, al centro della trafficatissima strada, ricorda i caduti di quegli eventi (incluso Mihai Gatlan, il primo a morire alle 17,30 del 21 dicembre) con dieci croci. La piazza è stata teatro anche della rivolta dei minatori: nel giugno del 1990 l’allora presidente Iliescu si rivolse ai minatori per sedare una protesta studentesca contro il suo regime. In due giorni vennero uccise più di 100 persone.

Spettatore di tutte queste vicende fu l’imponente e lussuoso Hotel Intercontinental, dalle cui terrazze i giornalisti di tutto il mondo documentavano i fatti in diretta.

Piața Universităţii opstita naturalmente anche l’università, anche se la più bella facciata dell’edificio principale in stile neoclassico, affaccia su Bulevardul Regina Elisabeta.

Dalla parte opposta dello slargo, bei palazzi eleganti e un po’ più in fondo noto le inconfondibili cupole dorate a cipolla, segnale che mi trovo di fronte alla Biserica Sfântul Nicolae, ovvero la chiesa russa di San Nicola, purtroppo infagottata per lavori di restauro.

Ritorno sul viale Regina Elisabetta e lo percorro fino all’incrocio con Calea Victoriei, importante e vivace arteria che taglia da nord a sud il centro della città. Mi trovo davanti al Circolo militare nazionale, che credo ospiti anche il museo militare.

Ora devo decidere se percorrere Calea Victoriei verso nord o sud…la stanchezza mi fa propendere per il sud, che sembra leggermente in discesa.

Dopo pochi passi mi imbatto in una chicca che se non si sta attenti si rischia di perdere: il Pasajul Vilacrosse, in pratica una stradina laterale protetta da una copertura in ferro battuto e vetri gialli, una galleria, animata da un suseguirsi di localini, bar, birrerie e ristoranti, tutti rigorosamente con un gran numero di tavolini fuori. È il posto ideale per riposarsi.

Una particolarità: alcuni di questi locali, olte al cibo e alle bevande, offrono la possibilità di fumare il narghilè. Io non mi lascio scappare l’occasione e ne ordino uno, insieme a un drink. Rimango seduto una buona mezz’ora, a sorseggiare la mia vodka e a contemplare il passaggio di belle ragazze, avvolto da una fumosa nuvola di narghilè alla mela.

Recuperate le forze, pago, mi alzo e percorro a ritroso Calea Victoriei in direzione di un altro angolo importantissimo di questa città inaspettatamente bella: Piața Revoluției, circondata su ogni lato da edifici storici e da eleganti e piacevoli vie laterali piene di boutique e ristoranti alla moda.

Come già dice il nome di questa piazza, è qui che ebbe inizio la rivoluzione romena, tra il 21 e il 22 dicembre 1989.

I fori di proiettile sulla facciata della libreria Humanitas sono veri e risalgono a quella notte: rimangono lì a eterna memoria.

Dall’atro lato della piazza si erge il commovente, imponente e controverso monumento della Rivoluzione. Rappresenta la slanciata lama della libertà che trafigge il nero groviglio della dittatura (dalla forma di una palla di filo spinato dal quale sgorga della vernice rossa, a simboleggiare il sangue versato dei martiri per la libertà) e la vince.

Curiosa la sede dell’Unione degli architetti di Bucarest, un nuovissimo edificio in vetro costruito all’interno delle mura di una bella casa andata distrutta durante gli scontri.

Bellissimo l’edificio che ospita il museo nazionale di Arte, con i suoi giardini curati e popolati da statue.

Torno di nuovo sull’altro lato della piazza per ammirare da vicino l’Atheneum ( Ateneul Român), uno dei più bei edifici di Bucarest. È una meravigliosa sala concerti con cupola barocca e colonnato neoclassico, immerso in un bellissimo giardino fiorito. Famoso in tutto il mondo per la sua acustica perfetta. Una curiosità: durante la sua costruzione, negli anni 80 dell’800 i fondi dei committenti vennero a mancare e i lavori poterono proseguire solo grazie alle donazioni dei privati cittadini della città.

Seguendo le indicazioni della mia guida mi metto a cercare anche l’edificio che ospita il famoso Athénée Palace; dovrebbe essere proprio qui nei dintorni, ma non lo vedo… cammino leggendo i nomi delle vie e metto un piede in fallo e mi prendo una storta tremenda alla caviglia. Nuoooo.

Stringo i denti e da vero eroe continuo la ricerca: alla fine chiedo indicazioni ad un passante: lui non parla inglese, ma capisce cosa sto cercando e mi dice di seguirlo…così passeggiamo un po’ insieme (io zoppico più che passeggiare) senza dirci una parola, o meglio, dicendo qualche parola che nessuno dei due capiva, arriviamo a destinazione.

Era proprio a fianco dell’Atheneum, tra l’altro è bello grosso, e ci sono passato davanti almeno un paio di volte senza accorgemene… sarà perchè mi aspettavo un edificio meraviglioso data la descrizione che ne avevo, mentre invece è un dozzinale palazzo di inizi novecento, quasi di stampo razionalista.

Il lussuoso hotel ospitato nell’edificio è della famiglia Hilton, e nel suo secolo di vita ha visto una serie infinita di intrighi ed eventi storici…negli anni della guerra fredda qui soggiornavano le spie russe ed americane e la notte del 21 dicembre del 1989, da uno dei suoi balconi, Ceaușescu pronunciò il suo ultimo discorso al popolo.

Gli sfarzosi interni sono in stile neoclassico e si vocifera di una sublime sala da ballo. Io ho attraversato la porta girevole e sono entrato di soppiatto per sbirciare.

Mi sono trovato in un mondo dorato, dove tutto parlava la lingua della ricchezza…un mondo di opulenza, al cui cospetto mi sono presentato in jeans e t-shirt, tutto sudato (29 gradi anche oggi) e zoppicante.

Prima di essere catturato e portato via dalla sicurezza, mi sono defilato autonomamente…

Tornando sulla piazza Revoluției, passo davanti alla Biserica Crețulescu, una delle più antiche (1720) e belle chiese di Bucarest; meravigliosamente affrescata; fu danneggiata durante gli scontri della rivoluzione, ma è stata ben restaurata. Purtroppo, dato il dolore alla caviglia, scatto solo un paio di foto frettolose senza neanche vedere la facciata principale.

Ripercorro verso sud Calea Victoriei, notando appena le bellissime architetture dei palazzi eleganti, ma mi soffermo un attimo davanti alla statua dell’imperatore Traiano con in braccio una lupa (in ricordo delle origini latine di Bucarest) che si trova sulla scalinata del museo di storia naturale.

Qualche metro più in giù incrocio la Strada Franceza, nel quartiere del centro storico (o Lipscani). La percorro con naso all’insù, ammirando il fascino antico, ma celato dietro strati di abbandono, dei bei palazzi di inizio ‘900. Alcuni sono ristrutturati e danno un’idea di cosa doveva essere Bucarest cento anni fa: una città che si guadagnò l’appellativo di “piccola Parigi”.

Alla fine della strada, dopo l’incrocio con via Şelari, si trova la vecchia corte principesca di Vlad III Țepeș (Curtea Veche), risalente alla seconda metà del 1400. Del palazzo principesco rimane ben poco, dato che nel corso dei secoli è andato distrutto da numerosi incendi. Quel che si vede si deve a scavi archeologici del 1967.

La chiesa adiacente, ben conservata, è la più antica della città: risale al 1540.

Dopo tutto questo camminare mi viene fame e decido di fermarmi in una taverna greca per una pita gyros.

Mangio e mi riposo un po’, ma non appena riprendo la funzione delle gambe mi rimetto subito in moto e cerco la strada Stravopoleos, intenzionato a visitare il monastero omonimo (molto famoso) e il celeberrimo locale Carù cu bere.

Il monastero e la chiesa annessa (Biserica Stravopoleos, risalente al 1724) sono una minuscola oasi di pace in questo quartiere festaiolo: bellissimo il piccolo chiostro, pieno di colonne, croci campane e piante. Gli interni della chiesa annoverano capolavori di intaglio del legno.

A due passi da questo luogo sacro, un altro imperdibile posto, questa volta profano: la famosa birreria Carù cu bere.

Più di una birreria o di un ristorante, si tratta di un monumento nazionale: uno dei locali più famosi della Romania, con gli interni tutti in legno intarsiato e con vetrate colorate. Sembra un salone da ballo dell’800, un’atmosfera da corte medievale. L’eleganza fuori dal tempo è però sminuita dalla confusione che regna all’interno, dove decine e decine di camerieri (con tanto di auricolari) sfrecciano da una parte all’altra dell’immensa sala per servire centinaia di persone chiassose. Da segnalare la divisa delle cameriere, rigorosamente in minigonna.

Ci sono anche tavoli all’esterno. Data la grande affluenza di pubblico, per la cena è meglio prenotare.

Entro per curiosare un attimo, ci tornerò stasera.

Per ora decido che i chilometri macinati sono abbastanza e torno in hotel, saranno già 7 ore che vago per la città.

Come mi ero ripromesso, torno da Carù cu bere per una birra prima della cena. Non ho voglia di cenare in questa confusione, ma mi accomodo al banco del bar, dove c’è un’attività frenetica dei camerieri che riempiono boccali di birra ad un ritmo forsennato.

Prima di ricevere attenzione da uno di loro passerà un bel po’ di tempo, ma ne approfitto per ammirare per bene il locale da una posizione privilegiata: tutto qui è autentico, non è un locale moderno che si rifà alla tradizione.

Gli interni sono quelli originali, con il doppio scalone, le balconate, le statue, le pareti e i soffitti tutti rigorosamente in legno.

Ad un certo punto cominciano degli spettacoli un po’ fuori luogo: due coppie di ballerini che danzano su musiche spagnoleggianti, sparate a tutto volume…vabbè, comunque sono bravi, soprattutto a destreggiarsi tra questo via vai di camerieri e me li guardo sorseggiando una birra Ursus scura (made in Bucarest), servita in un boccale che sembra una tazza da latte!

Esco e vado ancora a far due passi tra le viuzze del centro storico tutte illuminate e piene di giovani del luogo e di turisti. Per cenare mi fermo in un Pizza Hut.

Ad essere sincero non voglio sperimentare la cucina locale, notoriamente ricca di aglio e cipolla: due alimenti che io detesto.

Torno in albergo percorrendo Bulevardul Regina Elisabeta, e all’altezza del Parco Cișmigiu vengo catturato da un rumore familiare: sembrano migliaia di rane in amore! Ed in effetti è così: all’interno di questo parco curatissimo (con tanto di guardiani fino a tarda sera) c’è un laghetto artificiale con una fontana in mezzo. Si possono noleggiare anche delle barche a remi per girare il lago, tranne per una porzione delimitata da una rete: questa sarà sicuramente la “zona rane”…fanno un frastuono incredibile, ma è bellissimo.

08/04/16

Stamattina lascio la stanza e faccio il check-out intorno alle 10,00 e zaino in spalla ripercorro Bulevardul Regina Elisabeta e mi accorgo che le rane non smettono di cantare neanche di giorno… che carine! Mi metto un po’ ad ascoltarle e quando lo stomaco comincia a brontolare vado a cercare un supermercato dove comprare la colazione.

La catena di supermercati che va per la maggiore qui è la Mega Image. Fuori dal negozio, rannicchiato per terra, un ragazzo che poteva anche essere più giovane di me, che a mano tesa chiedeva qualche spicciolo. Era ridotto davvero uno straccio, sporco e infreddolito, si vedeva che non era il solito alcolista.

Compro croissant al cioccolato e succhi ace per due e faccio colazione con lui sulla panchina. Non parla molto bene l’inglese, ma dagli occhi capisco tutto e mi viene tanta tristezza. Nonostante la sua vitalità emergente, nonostante le belle auto e i vestiti alla moda, Bucarest soffre ancora.

Forse si vedono più senza tetto da noi, ma quelli che ho visto qui erano davvero al limite della sopportazione.

Tempo fa vidi in televisione un servizio che svelava la città sotterranea di Bucarest: migliaia di persone che vivevano nelle fogne della città e che si erano organizzate per vivere come in una sorta si paese: piccoli e fatiscenti appartamenti… il vicinato…

Ed ora che ci penso ho visto più di un tombino aperto in qualche angolo di città: lì per lì mi ha lasciato sgomento che dei lavoratori potessero dimenticare i tombini aperti e incustoditi dopo un intervento di manutenzione, ma riflettendoci, probabilmente quelli erano i varchi lasciati aperti dagli abitanti di quel mondo.

Proseguo per la mia strada, verso Bulevardul Bălcescu, risalendolo fino a Bulevardul Magheru, segnalato dalla mia guida come un viale di shopping, ma io non l’ho trovato particolarmente interessante.

Arrivo, dopo un bel po’ di strada, in Piața Romană, l’ennesimo ed enorme crocevia di intersezione di stampo sovietico, che qui prende il nome di “Piazza”.

Vorrei arrivare fino in Piața Victoriei (dove si staglia il grattacielo più alto di Bucarest, 120 metri per una sede di una banca…), ma la caviglia ancora dolorante mi chiede pietà e allora, con un plateale anticipo, mi metto ad aspettare il 783 per l’aeroporto…sperando di trovarlo vuoto.

Fortunatamente arriva prestissimo e vuoto. Trovo posto accanto ad una, inesorabilmente carina, biondina e dal finestrino ammiro Piața Victoriei, decisamente più piacevole di Piața Romana, Bulevardul Titulescu, ecc… Siamo entrati nei quartieri benestanti della Bucarest nord, e si nota subito.

Niente palazzoni dormitori, ma villette a due piani in tipico stile brancovano, palazzotti in vetro di uffici, vialetti alberati, auto lussuose.

Passiamo accanto al famoso Arco di Trionfo, simile a quello parigino, ma più ridotto: “solo” 27 metri.

Superiamo anche il museo del contadino romeno…una sorta di ricostruzione in un parco di un villaggio tipico rurale tradizionale. La guida lo descriveva come imperdibile, quindi date le circostanze…ci torneremo.

Dopo circa tre quarti d’ora sono in aeroporto, felice, stanco, dolorante, ma più ricco di esperienze di prima.

La Romania mi ha piacevolmente stupito: abbasso i pregiudizi, viva i viaggi!



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