Fuga a Levante

La Spezia, Portovenere, le 5 Terre e, sulla strada del ritorno, sosta al castello di Torrechiara in provincia di Parma.
Scritto da: alvinktm
fuga a levante
Partenza il: 16/02/2019
Ritorno il: 18/02/2019
Viaggiatori: 3
Spesa: 500 €
Dopo la ‘fuga a Ponente’ non poteva mancare una ‘fuga a Levante’!

Ed eccoci qui a scoprire le bellezze uniche di questa parte della Liguria, iniziando con un gioiello proclamato dall’UNESCO Patrimonio dell’Umanità nel 1997. Sto parlando di PORTO VENERE.

Prima di descrivervi il luogo è d’obbligo un appunto sui parcheggi. Sconsiglio di avventurarvi nel parking coperto alle porte del borgo in quanto costoso, 4 euro l’ora, stretto e angusto. Se ci entrate per sbaglio e, dopo averlo visto, decidete di uscire subito senza posteggiare, dovrete pagare comunque 3 euro. Meglio lasciare l’auto nei posteggi lungo la via di accesso e uscita (entrambi sensi unici) a/da Porto Venere, gratuiti in bassa stagione, oppure nell’ampio spazio alberato in località Cavo (perfetto nelle giornate di sole) e di godervi l’avvicinamento a piedi in discesa al centro storico, di circa un chilometro e mezzo.

Ora torniamo a parlare delle cose davvero importanti.

In questo parco regionale l’uomo, nel corso dei secoli, ha saputo integrare le proprie creazioni con l’amenità del promontorio roccioso, allungato sull’acqua, sopra il quale ha costruito. La porta del borgo segna l’accesso a un dedalo di scalinate ripide e viuzze che si insinuano tra le abitazioni aggrappate al fianco della montagna. Le sfumature della Palazzata a mare segna il confine della cittadella affacciandosi sul porticciolo e soddisfa le esigenze dei turisti con ristorantini, negozi e bar. Poco oltre si aprono le vere bellezze del luogo, di cui la chiesa di San Pietro è l’assoluta protagonista, essendo fra tutte la più conosciuta e fotografata.

L’edificio a strapiombo sul mare, connubio tra stile gotico e romanico, colpisce per l’alternarsi di pietre bianche e nere disposte in fasce orizzontali. Tale stile lo si ritrova pure all’interno: nell’abside, nelle cappelle, negli archi, sulle colonne e nelle volte a ogiva. All’esterno il campanile abbellito da bifore si erge come un faro davanti all’isola di Palmaria. La vista dal loggiato è strepitosa, romantica e selvaggia assieme. Spazia sulle scogliere dove si apre la grotta Byron (Arpaia), dedicata al nobile poeta e politico inglese, vissuto a cavallo del 1800, e che sfidò le onde a nuoto da Porto Venere fino a Lerici.

La visita del parco prosegue lungo la salita con la Statua di Madre Natura. Secondo lo scultore Scorzelli appare tranquilla, opulenta e con lo sguardo verso l’orizzonte.

La chiesa di San Lorenzo si mostra maestosa, in stile romanico, voluta dai genovesi che comprarono il paese nel 1116 e la vollero dedicare allo stesso santo della loro cattedrale. Poco oltre resistono i resti dei mulini a vento e sopra tutto si erge possente il castello Doria. Non appare elegante, né decorato, ma esprime appieno il carattere di fortezza difensiva, robusta e priva di fronzoli. Lo si può visitare, noi tuttavia abbiamo preferito goderci il sole e il panorama sui terrazzamenti disposti ai suoi piedi.

Dopo un intero pomeriggio trascorso a Porto Venere rientriamo a LA SPEZIA dove ci attendono i reperti del Museo Tecnico Navale. L’apertura sino alle 19:30 consente di scoprirlo con calma, senza dover rinunciare a una giornata al mare, inoltre il biglietto d’ingresso di solo 1,55 euro non scoraggia la visita.

Si tratta del maggior museo navale d’Italia ed è addirittura uno dei più vecchi al mondo. Il grande salone accanto all’ingresso sfoggia nelle teche i modelli in scala di imbarcazioni antiche come le Tre Caravelle, il veliero Amerigo Vespucci, il vascello Gioacchino, le barche egizie. Molti sono i reperti navali conservati qui, assieme al gruppo luce rotante del faro dell’isola del Tino, ai cimeli delle esplorazioni polari e della prima e seconda Guerra Mondiale.

Davvero interessante la Sala Guglielmo Marconi con i primi moduli di radiotelegrafia navale. Una galleria riproducente lo scafo di un sommergibile espone diversi siluri, poi si viene catapultati nei sistemi subacquei, tra camere iperbariche, elmi da palombaro e scafandri. Le forme particolari di questi ultimi ci hanno fatto pensare più a un’attrezzatura per muoversi sulla luna piuttosto che sott’acqua. Il giardino esterno con ancore e cannoni, e la Stanza delle Artiglierie chiudono il sistema espositivo del piano terra.

Salendo una rampa di scale si trova, a mio parere, la vera chicca del museo: la Sala delle Polene. Ventotto sculture in legno appartenenti a vascelli del XVII, XVIII, XIX e XX secolo si protendono sopra il visitatore, impressionandolo con le loro dimensioni ed espressività. Ci si sente osservati dal bardo celtico, dalla principessa Sissi, da Cristofero Colombo, dai draghi e da alcune figure mitologiche. Tali soggetti sono solo alcuni di quelli conservati e soltanto per questa stanza vale la pena entrare al museo.

Poco distante dal museo navale il ponte pedonale Tahon di Revel, di recente costruzione, unisce il lungo mare cittadino al porto turistico Mirabello.

La struttura d’acciaio, dalla linea sottile e di colore bianco, sostenuta da stralli ancorati a due alti pennoni, ricorda la forma di una barca a vela. Attraversarlo è davvero piacevole e offre una prospettiva diversa sulla città, una vista dal mare, perché La Spezia è dedita alle attività marinare ed è fiera di esserlo.

La città pullula di ristoranti e trattorie, tuttavia preferiamo cenare al centro commerciale Le Terrazze, a meno di tre chilometri dal nucleo storico. Il caldo della giornata si contrappone al freddo della notte, e con un bimbo di due anni al seguito preferiamo optare per un luogo con dei giochi e ampi spazi riscaldati dove lasciarlo sfogare.

La sera ci attende l’ospitalità dell’Affittacamere I GATTI DELLE CINQUE TERRE, situato al primo piano di un bel palazzo lungo Corso Cavour.

La posizione è ottima: circondato da negozi e locali, a cinque minuti a piedi dal centro, dalla stazione ferroviaria e dal grande parcheggio gratuito Piazza d’Armi. In strada ci sono diversi posteggi a pagamento al modico prezzo di 0,75 euro l’euro, liberi dalle 20 alle 8 del mattino e la domenica, perciò se come noi arrivate il sabato sera e ve ne andate il lunedì mattina non dovrete pagare nulla.

Rossella, la proprietaria, accoglie gli ospiti con un sorriso ed estrema cordialità. Elargisce tutte le indicazioni necessarie per vivere la città ed esplorare i dintorni, è disponibile ma mai invadente, e mette subito a proprio agio. Le camere ampie e ristrutturate con gusto uniscono le comodità di un albergo all’accoglienza di una casa, e non manca proprio nulla. Bisogna ricordarsi soltanto lo spazzolino da denti! In stanza si trovano snack dolci e salati, un bollitore, bustine di tè e tisane, una bottiglia d’acqua nel frigorifero, per poter gustare la colazione in intimità. Non esiste infatti una sala in cui consumare il primo pasto della giornata ma non se ne sente la mancanza, perché tutto è organizzato nei dettagli. Nel corridoio comune una macchina da caffè con cialde, lo zucchero, il latte, tovagliolini e posate, e una torta (squisita), sono lasciati da Rossella per addolcire il soggiorno. L’abbiamo avvertita che con noi ci sarebbe stato un bimbo piccolo e ci ha fatto trovare i plasmon e dei giochini: è stata proprio gentile. Il rapporto qualità-prezzo è ottimo e conviene prenotare chiamando direttamente lei. Ecco il sito internet dell’Affittacamere: https://igattidelle5terre.business.site/

Il giorno seguente è dedicato all’esplorazione delle meravigliose 5 TERRE.

Il modo migliore per visitarle è con il treno da La Spezia che in dieci minuti trasporta a Riomaggiore, il primo borgo racchiuso nel Parco Nazionale istituito nel 1999. Gli altri quattro centri abitati si raggiungono in successione e distano tra loro circa 2/3 minuti, si capisce quindi la comodità di utilizzare tale mezzo di trasporto. Anche perché i parcheggi sono quasi inesistenti, quei pochi sono costosissimi e le strade per raggiungerli sono lunghe e tortuose.

L’UNESCO nel 1997 ha inserito le 5 Terre nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità e non appena i vagoni escono dalle gallerie se ne capisce il motivo. Il territorio scosceso, dalle alte scogliere a picco sul mare, è stato plasmato per secoli dalle fatiche dell’uomo. Quest’ultimo lo ha modellato creando i ciàn, delle strisce di terra coltivabili sorrette da muretti a secco (simili a quelli della Valtellina), nei quali ha piantato olivi e vigneti.

Noi li abbiamo attraversati camminando sul sentiero da Corniglia a Vernazza, nello specifico terzo e quarto borgo se si proviene da La Spezia. Il tracciato è lungo quattro chilometri, percorribile in 1 ora e mezza/ 2 ore, e parte dal centro del paese che si raggiunge con un autobus dalla stazione ferroviaria (in alternativa vi aspettano 377 gradini). CORNIGLIA infatti è l’unico dei cinque paesi privo di accesso diretto al mare, arroccato sopra uno sperone di roccia bagnato dalle onde.

Il percorso è impegnativo, pieno di saliscendi, gradinate sconnesse e punti erosi dalla pioggia, bisogna percorrerlo con scarponcini, scorte d’acqua e in condizioni meteo buone, i bimbi piccoli come il nostro vanno caricati nello zaino, tuttavia i paesaggi a strapiombo valgono la fatica.

A malincuore devo segnalare la quasi totale manutenzione del sentiero: alcuni punti sono interessati da smottamenti, non esistono panchine, cestini per la spazzatura, fontanelle. Amiamo camminare e conosciamo molte realtà montane della penisola. Ci aspettavamo molto di più da un luogo conosciuto in tutto il mondo e frequentato da migliaia di visitatori ogni anno.

Non ci facciamo guastare l’umore da questa inefficienza, preferendo cullare lo sguardo con la vista dall’alto di VERNAZZA, allungata su una stretta porzione di pietre al culmine delle quali svetta la torre circolare del castello dei Doria con la suggestiva terrazza panoramica. Ahimè è chiuso in bassa stagione, nonostante di turisti ce ne siano molti.

Risaliamo sul treno per raggiungere la quinta delle 5 Terre: MONTEROSSO. Fra tutte è quella che più assomiglia a una località di villeggiatura per via delle sue spiagge, il lungomare, il centro pianeggiante, l’ampiezza delle baie che la accolgono e il grande convento dei frati cappuccini in posizione dominante. E’ la più comoda ma, a mio parere, la meno caratteristica.

La differenza di amenità con MANAROLA, penultima meta di giornata e secondo borgo delle 5 Terre, è stridente. La baia ospitante il paese è davvero particolare, con gli scogli a ridosso delle abitazioni tinteggiate con colori tenui. Dal porticciolo inizia la comoda passeggiata Birolli di 250 metri circa, a picco sul mare, che aggira punta Bonfiglio, e regala degli scorci meravigliosi da una parte sul borgo e dall’altra verso Corniglia. Manarola è inoltre famosa per il presepe più grande del mondo. Ogni anno le sagome della natività, dei re magi e dei pastori sono montati sul pendio sopra il paese e, illuminandosi al tramonto, creano un effetto unico, donando vita, luci e colori a una montagna altrimenti scura e brulla durante l’inverno. Vista la grandezza, l’opera rimane allestita ben oltre le festività natalizie e si può ammirare anche a febbraio.

Dalla stazione di Manarola comincia l’unica porzione percorribile della famosissima ‘via dell’amore’. In realtà si tratta di pochi metri del famosissimo sentiero che unisce Manarola a Riomagggiore, lungo meno di un chilometro. La frana del 2012 lo ha irrimediabilmente danneggiato e a oggi rimane chiuso fino a data da destinarsi. Sebbene il nome possa far pensare a origini romantiche, in realtà il tracciato è nato per caso, a seguito dei lavori sulla linea Genova-La Spezia degli anni venti del novecento. Gli operai avevano creato dei sentieri per depositare l’esplosivo necessario a creare le gallerie. A opera conclusa gli abitanti li hanno trasformati nella via di comunicazione tra i due borghi, altrimenti isolati fra loro in quanto il percorso originario era lungo e impervio. La frequentazione del percorso da parte di giovani coppie di innamorati ne ha poi ispirato l’appellativo.

E’ doveroso un inciso sui sentieri che collegano fra loro i paesi delle 5 Terre. Due risultano inagibili a causa di smottamenti, sto parlando dei tratti: Riomaggiore-Manarola e Manarola- Corniglia. Il sentiero azzurro invece, nei due tronconi Corniglia-Vernazza (quello percorso da noi) e Vernazza-Monterosso è aperto e in estate per accedervi bisogna pagare un biglietto, questo se non si è in possesso della 5 Terre card. In tal caso è gratuito e non vi sono limiti all’utilizzo del treno.

Il centro storico di RIOMAGGIORE si schiude alla fine di un tunnel pedonale abbellito da mosaici e subito s’inerpica lungo una salita fino all’Oratorio di Nostra Signora Assunta in Cielo. Da qui si possono raggiungere facilmente due punti panoramici opposti, dai quali godere di una vista molto suggestiva. Il primo coincide con i resti del castello di Riomaggiore e il secondo è il parchetto terrazzato sul pendio opposto. Sebbene qui i giochi per bambini siano malmessi e letteralmente sommersi dagli ulivi, il luogo trasmette una grande serenità e nostro figlio non ha voluto rinunciare a una discesa sullo scivolo vista mare.

Il modo migliore per concludere una giornata alle 5 Terre è guardando il tramonto. I posti che vi ho segnalato vanno benissimo e in effetti non saprei quale scegliere, tuttavia noi abbiamo preferito scendere fino al porticciolo e sederci a filo dell’acqua per ammirare il sole scomparire fra le onde leggere: magnifico.

Per la cena torniamo a La Spezia e con una breve camminata dall’affittacamere giungiamo al ristorante pizzeria ‘O Scugnizzo’. L’ambiente informale, il personale molto gentile, i primi buoni con porzioni abbondanti e il giusto rapporto qualità prezzo, ci hanno regalato una serata piacevole, conclusasi con una passeggiata nel vicinissimo centro storico.

La mattina del terzo giorno salutiamo il mare per tornare in Valtellina, attraversando una terra ricca di tradizioni gastronomiche e prodotti tipici: la provincia di PARMA.

Non a caso ospita un circuito di sei musei dedicato ai prodotti culinari più significativi del territorio: il Parmigiano Reggiano, il prosciutto di Parma, il pomodoro, la pasta (la Barilla è nata qui), il vino e il salame felino. Esposizioni a parte, percorrendo le strade a ridosso dell’Appennino si capisce l’importanza del cibo per l’economia della zona. Agriturismi, spacci e ristoranti tipici spuntano qua e là tra i prati, i boschi e i centri abitati.

Sebbene siano un piacere per la pancia, e in effetti nemmeno noi abbiamo resistito ad acquistare formaggio e prosciutto, la vera meta della nostra ‘deviazione parmense’ è il CASTELLO DI TORRECHIARA.

Lo si vede da lontano, in cima a un cucuzzolo spartiacque tra le colline e la pianura. Costruito tra il 1448 e il 1460, la sua sagoma possente e al contempo elegante svetta sul borgo ai suoi piedi con le quattro torri angolari a pianta quadrata, merlate e coperte, collegate da una cinta muraria con la stessa finitura. Torrechiara richiama lo stile delle fortezze degli Sforza e dei Visconti e nasce con funzioni di residenza e difensive, per questo gli interni appaiono curati e il fossato con ponte levatoio aveva il compito di proteggere gli abitanti da eventuali incursioni nemiche.

Sul Cortile d’Onore, abbellito su un lato da un doppio loggiato, si affacciano le stanze del castello, non certo famose per gli arredi vista la loro completa assenza, ma per i meravigliosi affreschi di paesaggi ricchi di manieri, figure fantastiche e grottesche.

Così al piano terra si scoprono le sale di Giove, del Pergolato e dei Paesaggi. Le camere adiacenti del Velario e degli Angeli raccordano la stanza della Vittoria con l’orto, detto il Giardino delle Dame, e la cucina. La cappella di San Nicomede si apre intima e silenziosa ai piedi del torrione omonimo.

Al primo piano invece si susseguono i colori e i disegni delle Sale dell’Aurora, del Meriggio, del Tramonto e della Sera. Nel Salone dei Giocolieri si rimane a bocca aperta ammirando le pitture, fino a giungere all’apoteosi della bellezza nella Camera d’Oro, dove un tempo le formelle alle pareti erano rivestite con foglie d’oro zecchino.

La fortezza di Torrecchiara ci ha entusiasmato e dovrebbe essere più pubblicizzata a livello nazionale. Noi l’abbiamo scoperta per caso, navigando su google maps. Non ne avevamo mai sentito parlare ed è un vero peccato perché non ha nulla da invidiare ad altri castelli castelli in Europa meglio valorizzati. Spero quindi di avervi fatto conoscere qualcosa di nuovo, e magari la vostra prossima meta italiana sarà proprio quella. Anche noi pensiamo già a un altro viaggio e chissà dove di porteranno il cuore e la mente.

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tramonto a Riomaggiore

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Vernazza dal sentiero azzurro

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Manarola

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'madre natura' a Portovenere



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