Francia da sogno

Un viaggio on the road alla scoperta di Normandia, Bretagna e Loira
Scritto da: superele1982
francia da sogno
Partenza il: 08/08/2013
Ritorno il: 18/08/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 1000 €
Siamo ormai due amanti della Francia, bisogna ammetterlo. A Parigi per ben due volte (un Capodanno e una dieci giorni estiva), e una stupenda vacanza on the road tra la Costa Azzurra e la Provenza… il sogno era da sempre quello di esplorare il nord, con le sue scogliere, i suoi fari, la sua storia. E poi io volevo andare ad Amboise e Clos Lucé, nel cuore della Loira, per ripercorrere i passi degli ultimi anni di vita di Leonardo da Vinci, il mio mito. Davide, amante delle macchine e delle corse automobilistiche, sognava Le Mans… perché non unire tutti i nostri sogni e regalarci un viaggio da ricordare per sempre? Quest’anno l’abbiamo fatto: l’organizzazione ha richiesto un po’ di tempo e tenacia (un itinerario a prova di imprevisto da programmare, nove hotel da prenotare per quasi ogni giorno di soggiorno pianificato, il noleggio auto da trovare con la miglior tariffa possibile – e in questo ci ha aiutato la nostra agenzia di viaggio di fiducia, il volo alle migliori condizioni…), l’impegno economico non è stato indifferente anche se tirando le somme avevamo preventivato di spendere molto di più, ma il risultato è andato persino al di là delle nostre aspettative: il viaggio è stato davvero meraviglioso!

Primo giorno, giovedì 8 agosto: Parma – Bologna – Parigi aeroporto Charles De Gaulle – Rouen

Abbiamo il volo da Bologna alle 12.25, ma i vacanzieri stanno sicuramente già mettendosi in viaggio. Partiamo da Parma alle 8, e – dopo aver lasciato l’auto al parcheggio convenzionato con l’aeroporto di Bologna (è il parcheggio P4, a pochi chilometri dall’aeroporto. Per il parcheggio dell’auto per 10 giorni pagheremo 40 euro, il servizio di navetta dal parcheggio all’aeroporto è gratuito 24 ore su 24) – sbrighiamo le formalità d’uso in aeroporto e partiamo puntuali alla volta di Parigi. Ammiriamo la Tour Eiffel anche dal cielo, atterriamo e – con una navetta gratuita – arriviamo velocemente al terminal in cui è possibile noleggiare l’auto che ci accompagnerà nel nostro viaggio itinerante. Abbiamo già prenotato tutto tramite la nostra agenzia di viaggio dall’Italia (che ci aveva trovato questa offerta con Avis, che assicurava il 15% di sconto a chi noleggiava un’auto dopo un volo con AirFrance), quindi il tutto è molto rapido. Prendiamo possesso dell’Opel Astra che sarà nostra compagna in questi giorni e ci mettiamo in marcia verso Rouen. Sarà più facile a dirsi che a farsi perchè la strada per Rouen è chiusa per dei lavori in corso e il navigatore impazzito continua a farci passare per il caotico – anche se affascinante – quartiere della Défense facendoci sempre tornare all’imbocco della strada chiusa. Decidiamo di fare di testa nostra, anche se ad un certo punto l’Arco di Trionfo è a pochi metri… riusciamo comunque a uscirne e troviamo finalmente una via d’uscita da Parigi. In un paio d’ore arriviamo a Rouen, stanchi ma felici, depositiamo i bagagli all’Hotel Morand (65 euro solo pernottamento, struttura piuttosto datata anche se affascinante, ma la camera è maledettamente piccola) e usciamo subito per una visita del centro, che è davvero a pochi passi. Rimaniamo subito favorevolmente colpiti dal fascino delle case a graticcio, che qui vanno per la maggiore, e dal centro, raccolto e molto carino.

La cattedrale si staglia all’orizzonte in tutta la sua grandiosità, ed entriamo subito, prima che chiuda. L’interno è davvero affascinante, il gotico è davvero meraviglioso, c’è persino una mostra fotografica che illustra i danni causati alla cattedrale dai bombardamenti alleati della Seconda Guerra Mondiale. Scattiamo molte foto, queste cattedrali del nord sono davvero fantastiche! Usciamo proprio quando lo speaker annuncia la chiusura della cattedrale: peccato non aver fatto in tempo a trovare il tesoro, che contiene anche il cuore di Riccardo Cuor di Leone!

Usciamo nuovamente nelle strade del centro, piuttosto animato. Il Gros Horloge è stupefacente, e il contorno di antiche case a graticcio è sublime. Ci fermiamo a mangiare in Place du Vieux Marché, dove molti ristoranti e negozi di souvenir fanno da cornice al monumento che ricorda l’esecuzione sul rogo di Giovanna D’Arco, patrona di Francia, che fu arsa viva come eretica proprio su questa piazza. Un monumento in stile piuttosto moderno riempie il grande spazio centrale, e una grande croce sale fino al cielo proprio nel punto dell’esecuzione. Scegliamo di cenare nel ristorante (La Rive Droite) che ci hanno consigliato in hotel, tra l’altro beneficeremo anche di uno sconto perchè le due strutture sono gestite dalla stessa famiglia. Scegliamo di prendere due menù fissi: le ostriche freschissime sono sublimi, la carne è fibrosissima e non riusciamo a finirla, e i dolci ci danno comunque soddisfazione. Dopo cena, facciamo due passi per il centro, fino al cadere della notte (qui diventa buio dopo le 22!), quando inizia lo spettacolo “Suoni e luci” alla Cattedrale: la piazza davanti alla chiesa si riempie, e la cattedrale si illumina dei più diversi effetti ottici. Bellissima esperienza, fa decisamente freddo, ma ne è davvero valsa la pena! Stanchi per la lunga giornata e soprattutto per il viaggio, andiamo in hotel e riposiamo tranquilli e beati, contenti del nostro primo giorno di viaggio.

Secondo giorno, venerdì 9 agosto: Rouen – Saint-Valery-en-Caux – Etretat – Honfleur – Caen

Lasciamo l’hotel di buon mattino, e ci incamminiamo verso il centro per cercare la colazione (il prezzo proposto dall’hotel ci sembrava piuttosto caro). L’unico posticino (tutto è ancora chiuso e sono le 8.30 del mattino!) che ci ispira è un chioschetto che vende paste appena sfornate: troviamo una panchina proprio di fronte alla Cattedrale e divoriamo un pain au chocolat a dir poco fantastico e un delizioso croissant. Torniamo all’auto e ci mettiamo in viaggio. Facciamo tappa in un delizioso paesino, Saint-Valery-en-Caux, che ci incanta per le bellissime scogliere e per la stupefacente bassa marea che troviamo. Scattiamo molte foto, inconsapevoli che quello che stiamo vedendo non sarà niente in confronto a ciò che ci aspetterà nei giorni seguenti! L’aria è frizzantissima, il panorama bellissimo.

Ripartiamo alla volta di Etretat, dove è un po’ difficile parcheggiare, ma troviamo un parcheggio a pagamento (3 euro per tutta la giornata) poco distante dal centro. Le vie del paese sono colorate e piuttosto affollate di turisti, a quanto pare queste falesie sono molto popolari! Decidiamo di fermarci per prima cosa per il pranzo: scegliamo uno dei primi locali che troviamo, la “Taverne des Deux Augustins”, dove pranziamo con due deliziose pentole di cozze accompagnate dalle patatine fritte. Ristorati dal pranzo, in pochi minuti arriviamo alla spiaggia, da cui vediamo le due falesie “gemelle diverse”: quella d’Aval si tuffa nel mare con una forma che ricorda la proboscide di un elefante, mentre quella di Amont crea un affascinante arco disegnato dalla natura. Ci sono sentieri che portano – dopo lunghe camminate in salita – sulla cima delle falesie, ma la nostra fida guida Lonely Planet ci conforta annunciando la possibilità di salire in auto sulla falesia di Amont. Riprendiamo la macchina e troviamo subito – grazie al fido navigatore – la stradina stretta che porta ad uno dei panorami più belli che vedremo durante la nostra vacanza. Sulla cima, il vento è affascinante e gradevolissimo, anche se forte, e lo spettacolo a 360° sulle falesie è mozzafiato. Le macchine fotografiche scattano impazzite, e noi siamo già innamorati di queste terre assolutamente fantastiche.

Ci rimettiamo in cammino dispiaciuti, il programma della giornata è ancora lungo! Riprendiamo la strada verso Honfleur e attraversiamo il Ponte di Normandia, molto imponente e piuttosto moderno, che ci ricorda vagamente il Golden Gate attraversato durante il nostro viaggio di nozze… In poco tempo arriviamo a Honfleur, che si rivelerà affollatissima ma molto carina. E’ un piccolo porto sul mare, coloratissimo, zeppo di ristoranti, bar e negozi. Ci ristoriamo con una birra fresca, poi cerchiamo la chiesa principale, caratterizzata da un soffitto in legno che ricorda il fondo di una barca. Torniamo all’auto, che avevamo parcheggiato a pagamento poco lontano dal centro, e – dopo un tratto piuttosto lungo di strada – arriviamo finalmente a Caen, dove trascorreremo la notte. Veniamo accolti calorosamente da Madame Isabelle all’Hotel du Havre (pernottamento 68 euro, colazione a parte a 7 euro), che ci fa sistemare l’auto nel parcheggio privato interno dell’hotel e – visti i bagagli piuttosto pesanti – ci cambia la camera del secondo piano con una più accessibile al primo piano (dato che non c’è l’ascensore…). La camera è dignitosissima, pulita e piuttosto spaziosa. Decidiamo di far colazione in hotel il mattino dopo, dato che il centro non è vicinissimo e dovremo lasciare l’hotel di buon’ora. Dopo esserci rinfrescati e riposati, facciamo una passeggiata verso il centro e troviamo una deliziosa brasserie (“La Fringale”) per la cena: anche qui ci affidiamo ai menù fissi, e ceniamo molto piacevolmente a base di pesce e fantastici dessert. Una passeggiata ci riporta all’hotel, dopo aver visitato brevemente un mercatino dell’hobbistica alle porte del centro.

Terzo giorno, sabato 10 agosto: Caen – Bayeux – Colleville-sur-Mer – Omaha Beach – Nez de Jobourg – Surtainville

Ci svegliamo presto, facciamo colazione in hotel, saldiamo il conto, e ci mettiamo in moto. Prima di partire vogliamo visitare almeno l’esterno dell’Abbaye aux Hommes, fantastica costruzione ad ovest della città, proprio a fianco del municipio (che in Francia ha il più affascinante nome di “Hotel de ville”). L’abbazia è imponente e maestosa, peccato solo non poter entrare (è aperta solo al pomeriggio, ma sembra che questo orario sia valido solo nel mese di agosto, a causa del periodo di ferie del custode…). Ci accontentiamo, se non altro abbiamo scattato altre foto meravigliose!

Partiamo alla volta di Bayeux, ad appena mezzora di strada. Parcheggiamo gratuitamente in un grande spiazzo a pochissimi passi dal centro, che ci accoglie subito con un bellissimo mulino ancora funzionante. La Cattedrale è proprio vicinissima, e ci accoglie in tutta la sua grandezza. L’interno è molto bello, le vetrate mi affascinano tantissimo, e molte targhe ricordano chi si è sacrificato durante le due guerre mondiali. Il tempo passa inesorabile, e il programma della giornata è ancora denso di posti da visitare. Ripartiamo, e la prossima meta è Colleville-sur-Mer, dove visitiamo il grandissimo cimitero militare americano che ospita migliaia di soldati americani caduti in Francia dallo sbarco del giugno 1944 fino alla fine della Seconda Guerra Mondiale. C’è tanta gente che come noi cammina silenziosamente su questo immenso prato verde, in mezzo alle quasi diecimila croci (e Stelle di David, per i soldati di origine ebrea) bianche, ognuna con il nome del soldato, il nome dell’armata, il giorno della morte e la città americana di provenienza del Corpo Militare. La distesa ordinata è impressionante, la bandiera a stelle e strisce sventola orgogliosa a guardia delle croci (il terreno del cimitero è territorio americano, la Francia l’ha destinato esentasse agli Stati Uniti, il cui governo gestisce questi spazi sparsi per tutto il mondo). A pochi metri dal prato, oltre il sentiero che attraversa l’intero spazio del cimitero, la scogliera porta alla spiaggia di Omaha Beach, proprio sotto di noi. Le croci, su un verde prato inclinato, possono vedere il mare blu dell’oceano, e quella spiaggia dove giovani soldati erano sbarcati per liberare un’Europa sotto la folle egida del Nazismo. Visitiamo anche il museo del cimitero, in cui vediamo toccanti filmati e oggetti di proprietà dei caduti (un elmetto che all’interno ha una fotografia di una ragazza, probabilmente la fidanzata del soldato, un orsetto bruciacchiato raccolto dopo la battaglia di Caen, un giubbotto di salvataggio insanguinato…). Una voce scandisce per tutto il tempo i nomi dei caduti, e la foto di Barack Obama non fa che confermare la proprietà americana del luogo (così come i severi controlli di sicurezza all’ingresso del museo). Decidiamo di vedere meglio Omaha Beach, quindi riprendiamo la macchina e percorriamo la strada fino alla spiaggia. Un monumento altissimo testimonia l’esatto punto del primo sbarco, che è anche il punto in cui sono morti i primi soldati, uccisi dai colpi dei tedeschi appostati. A pochi metri, c’è gente che fa il bagno… Io non mi sentirei di divertirmi tra le acque di un mare che ha visto così tanti morti, ma siamo in un continente libero… grazie a chi si è sacrificato. Ci fermiamo comunque per il pranzo in una brasserie (D-Day House) a poca distanza dalla spiaggia, e ci ristoriamo con due belle birre, una frittata e un piatto di calamari fritti, insieme alle immancabili “frites”, le patatine fritte. Dopo pranzo, partiamo alla volta del Nez de Jobourg, un’incantevole scogliera a picco sull’azzurro Atlantico. Rimaniamo senza fiato, questo è uno dei posti più belli che vedremo durante questa vacanza, che ogni giorno ci regala panorami e luoghi che ci emozionano. In lontananza, un tipico faro normanno è la ciliegina sulla torta… Scattiamo mille foto, circondati da turisti per lo più francesi: a quanto pare, questa non è una meta turistica così conosciuta dai turisti stranieri!

Ripartiamo, stavolta dobbiamo arrivare a Surtainville, dove soggiorneremo nella Chambre d’Hotes (per capirci, i nostri B&B) di campagna di Geneviève e Daniel Duault. Quando ho prenotato via e-mail dall’Italia, sono rimasta colpita dalla gentilezza di Geneviève, che ci ha tra l’altro riservato due posti per la cena presso la loro struttura. Ci aspetterà quindi una serata “in famiglia”, dato che mangeremo con i proprietari del B&B! Arriviamo in poco più di un’ora di macchina, grazie al navigatore troviamo la destinazione senza problemi, e veniamo accolti da Geneviève, fiera erede degli altissimi (?!) Normanni, che ci abbraccia calorosamente e ci stampa due baci a testa sulle guance. Rimaniamo per un attimo sorpresi, ma l’inizio promette bene… mai ricevuta un’accoglienza simile! Geneviève ci mostra subito il villino che ci ha riservato (spaziossimo, pulito, arredato in stile etnico/africano, c’è anche una terrazza carinissima da cui si vede la campagna circostante. Il mare è a poco meno di 2 km. Il soggiorno ci costerà – colazione inclusa – 52 euro scarsi), poi ci invita in casa sua per offrirci qualcosa da bere dopo il viaggio. All’interno del grande spazio principale, ci accoglie anche Daniel insieme ai cani Henri e Maya (Henri è affettuosissimo, mi seguirà per le ore successive… mi manca!!!). Altra festosa accoglienza. Mentre sorseggiamo due birre fresche, chiacchieriamo amabilmente (in francese, naturellement) e ci raccontiamo un po’. Rimaniamo un’oretta in compagnia, poi torniamo al villino con la promessa di ritrovarci per la cena alle 20 alla table d’hotes, sempre nel loro grande soggiorno. Ci sistemiamo, e le otto arrivano in un battibaleno. Torniamo nella costruzione principale, controlliamo la posta elettronica gratis grazie al wifi gratuito, e vediamo che la tavola è apparecchiata con 12 coperti… ci viene il dubbio che non saremo solo noi quattro a cena, e infatti poco dopo arrivano gli altri commensali. Si tratta degli altri ospiti della struttura, che a quanto pare può ospitare molte persone! La cena (che pageremo 15 euro a testa) è buona (aperitivo con liquore pommeau e bruschette, crema di verdure, arrosto di carne, fagiolini, insalata, formaggio e dessert misti), la compagnia è piacevole (io e Davide siamo gli unici due italiani, quindi siamo l’attrazione della serata… io parlo francese meglio di Davide, quindi mi sento un po’ come un animale del circo, che tutti guardano e ascoltano incuriositi) e facciamo amicizia. Le 11 arrivano in un batter d’occhio, ci salutiamo e raggiungiamo il nostro villino per un sonno ristoratore.

Quarto giorno, domenica 11 agosto: Surtainville – Le-Mont-Saint-Michel

Per le 8 abbiamo appuntamento con Geneviève per la colazione che ci sta preparando: ci ha promesso le crepes! La cuoca non smentisce la sua fama (su Internet ho letto feedback entustiastici), le crepes con la Nutella sono insuperabili! Geneviève e Daniel ci offrono mezza casa di roba, ma noi ci saziamo abbondantemente con le crepes, preparate a ripetizione neanche ci fosse una mitraglietta che le produce… Partiamo (io tristissima, avrei voglia di rimanere qui con loro e con il fido Henri!) alla volta di Mont Saint Michel, che dista circa due ore di macchina. Durante il viaggio per me le crepes si fanno sentire, forse non sono abituata a colazioni così abbondanti prima di un viaggio automobilistico… Comunque arriviamo a Mont Saint Michel che mi sono già ripresa, sistemiamo l’auto nel parcheggio P3 riservato a chi soggiornerà in hotel direttamente all’interno delle mura (ebbene sì, ci siamo fidati dei consigli degli altri Turisti per Caso e abbiamo prenotato un hotel all’interno delle mura, con la vista sulla baia, anche!) e ci dirigiamo verso il punto di raccolta dove le navette caricano gratuitamente i visitatori per portarli fino al Monte vero e proprio. Il tragitto è di pochi minuti, ma a piedi sarebbe stata una distanza piuttosto lunga! Tra l’altro, la decisione di portare con noi solo uno zaino a testa con il cambio per la notte e il giorno dopo è stata un’ottima scelta, dato l’affollamento sulla navetta e soprattutto dentro a Mont Saint Michel, con il tragitto in salita per arrivare all’hotel (Hotel du Guesclin, 93 euro per il soggiorno senza colazione, camera spaziosa e pulita con vista sulla baia) e la camera al secondo piano senza ascensore. Arriviamo in hotel che la camera non è ancora pronta, quindi lasciamo in custodia gli zaini e andiamo subito alla scoperta del complesso abbaziale. Gli scalini sono piuttosto numerosi, strada facendo ci fermiamo in una libreria dove acquistiamo un libro fotografico (tema: Mont Saint Michel in tutte le stagioni dell’anno) appena uscito e ce lo facciamo autografare dall’autore, che è lì proprio per presentare il libro. Continuiamo la salita verso il monte, la folla è davvero impressionante. Facciamo la coda per il biglietto, poi iniziamo il percorso: l’abbazia è piuttosto spoglia e severa, ma conserva comunque un fascino unico, che sa di Medioevo e di spiritualità. Dopo una visita in tutta tranquillità, iniziamo la discesa, e ci fermiamo a pranzo in un bar (“La Fringale”) proprio sulla Grande Rue, dove con pochi euro divoriamo due baguette ripiene di ogni ben di Dio, una porzione di patatine e due birre fresche. Torniamo in hotel, dove prendiamo possesso della camera e ammiriamo incantati il panorama. Ci riposiamo, e torniamo fuori poco prima dell’ora di cena. Saliamo sui bastioni e osserviamo beati lo spettacolo della baia ai nostri piedi. I turisti stanno iniziando a calare, l’atmosfera si sta tranquillizzando. Per cena, scegliamo un ristorante (“La Croix Blanche”) che si affaccia direttamente sulla baia: io provo una “Assiette de la mer” (un po’ costoso, ma c’è una varietà freschissima: ostriche, lumachine e lumache di mare, gamberi, granchi), Davide prende una bella insalatona, poi ci tuffiamo su due dessert enormi. Il conto non è basso, ma siamo soddisfatti. Facciamo una passeggiata tra le vie che sono ormai vuote, e andiamo a visitare la chiesa parrocchiale del luogo, appena più in basso rispetto all’abbazia. L’interno è affascinante e l’atmosfera piuttosto mistica, accendo una candela e poi usciamo nel piccolo cimitero (sembra di essere in un’altra epoca!) proprio a fianco: basta sollevare la testa per vedere l’abbazia illuminata che si staglia sul cielo che si sta via via scurendo. Mentre la notte comincia a scendere, usciamo dalle mura e ci troviamo davanti uno spettacolo fantastico: il monte è illuminato, l’abbazia sembra d’oro sullo sfondo del cielo notturno. L’aria è freddissima, ma scattiamo delle bellissime foto e sentiamo la marea che sta salendo, con lo sciabordio delle onde che annunciano il fenomeno. Andiamo in camera, e lo spettacolo della marea direttamente dalla nostra finestra è unico. Ci addormentiamo con il rumore del mare nelle orecchie…

Quinto giorno, lunedì 12 agosto: Le-Mont-Saint-Michel – Cancale – Saint Malo – Dinan

Mi sveglio presto, corro alla finestra e fotografo il panorama della marea che sta calando nella baia. Poi ci prepariamo, e scendiamo nella Grande Rue per cercare un localino per la colazione. Troviamo una piccola pasticceria con vista sulla baia e ordiniamo dei dolci favolosi. Ce li mangiamo in santa pace guardando la baia, poi torniamo in hotel, ritiriamo i bagagli in camera, saldiamo il conto e torniamo sulla terraferma, alla navetta che ci riporta a malincuore all’auto. Paghiamo il parcheggio (piuttosto caro, più di 12 euro per meno di 24 ore) e ci rimettiamo in viaggio. La prima destinazione della giornata è Cancale, piccolo paesino all’interno della baia di Mont Saint Michel, celebre per le sue ostriche. Parcheggiamo a pagamento sulla via principale e iniziamo la passeggiata sul lungomare. Nel porticciolo troviamo – come le guide avevano già annunciato – i banchetti dei pescatori (in questo caso probabilmente delle mogli dei pescatori… le venditrici sono tutte donne!) che per pochi euro offrono le ostriche appena pescate da assaggiare proprio in loco! Rimaniamo colpiti da delle ostriche giganti, le più care (1 euro l’una, l’apertura costa 0.50), chiediamo che ci vengano aperte e ce le gustiamo proprio sulla spiaggia, dove dovremo poi gettare i gusci vuoti (infatti la spiaggia è interamente coperta di gusci di ostriche vuoti!): favolose! Penso che non dimenticherò mai più quel gustoso sapore di mare. Torniamo indietro sulla passeggiata e riprendiamo il viaggio in auto, stavolta verso Saint Malo. Inizia a piovere proprio appena arriviamo in città, ma – il tempo di trovare un parcheggio (Saint Malo sembra invasa dai turisti, l’unica scelta per lasciare la macchina è un parcheggio sotterraneo a pagamento vicino alla Porta Saint Vincent) – e un bellissimo sole si apre la strada tra le nuvole. Il centro è invaso dai turisti, noi cerchiamo subito un posticino per il pranzo e ci riposiamo un po’. Scegliamo “Le petit Malouin”, dove pranziamo a base di galette super farcita (la galette è una crepes salata a base di grano saraceno) e un discreto piatto di pasta ai frutti di mare (che qui vanno per la maggiore), due birre: il conto si aggira come al solito sui 40 euro. Dopo pranzo ci incamminiamo e decidiamo di prendere il trenino che fa il giro delle vie del centro. Almeno riusciamo a passare tra la folla e vediamo un po’ di Saint Malo senza stancarci troppo, dato che l’idea per il pomeriggio è quella di salire sui bastioni che circondano la città e vederla dall’alto. Scesi dal trenino, ci dirigiamo verso i bastioni ma ci fermiamo prima su una spiaggia che – grazie al bellissimo spettacolo della bassa marea – permette di attraversare un tratto di mare a piedi e persino di raggiungere un isolotto a breve distanza. La marea comunque è già in agguato, quindi preferiamo non avventurarci oltre e ci godiamo comunque il panorama e la fresca aria di mare. Saliamo poi sui bastioni e ammiriamo un altro panorama mozzafiato. Torniamo poi all’auto per continuare fino a Dinan, un grazioso paesino nell’entroterra. Arriviamo all’Hotel de France in poco tempo (pagheremo il pernottamento 55 euro, la colazione di 6 euro è esclusa ma decidiamo di prenotarla per il giorno dopo, dato che il centro non è vicinissimo a piedi), prendiamo possesso della camera, ci rinfreschiamo e poi usciamo per una passeggiata prima di cena. Le vie sono molto carine, le case a graticcio sono allegre e piene di fiori, e una via lunghissima (Rue du Jerzual) si snoda in discesa dal centro fino al porto sul fiume Rance. La percorriamo per un tratto, poi decidiamo di salire sui bastioni (sì, anche qui!) per ammirare il panorama sulla cittadina medioevale. Scendiamo e torniamo verso il centro, dove decidiamo di cenare alla creperie-pizzeria d’Armor (la carne è discreta, la pasta mediocre, conto nella norma francese con bevande care e piatti non economici). Terminiamo la serata con una passeggiata tra le vie del centro fino all’hotel.

Sesto giorno, martedì 13 agosto: Dinan – Ploumanac’h – Roscoff

Al risveglio, mi metto a controllare sulla guida i posti che abbiamo programmato di vedere (da casa, avevamo progettato la visita a Tréguier e Tregastel). Consultando l’ultima guida acquistata poco prima della partenza (una bellissima Mondadori dedicata alla Bretagna interamente illustrata con belle foto), vedo che le due cittadine in programma non è che abbiano molto da vedere, mentre Ploumanac’h, che è sulla strada da Dinan a Roscoff, sembra più interessante, e soprattutto il bellissimo faro che c’è nei paraggi è una conosciuta meta turistica. Consulto il coniuge circa il cambiamento di itinerario e modifichiamo la rotta. In un paio d’ore arriviamo a Ploumanac’h, ma non riusciamo subito a capire da che parte dobbiamo andare perchè sulla guida il sito del faro (Pointe du Squewel) ha un nome che non compare né sul navigatore né nelle indicazioni stradali che vediamo in paese. Decidiamo quindi di seguire un semplice e spoglio cartello che indica “Phare Men Ruz”: scelta azzeccata, in men che non si dica parcheggiamo e partiamo alla scoperta di un sito che per me è il posto più bello che abbiamo visto in dieci giorni di vacanza. Il faro è direttamente poggiato sulla scogliera di granito rosa, dove grossi massi di un colore davvero particolare fanno da contorno ad una specie di paradiso oceanico. Da restare davvero a bocca aperta. Ci sono molti turisti, ma riusciamo comunque a passeggiare con tranquillità tra le rocce e a scattare decine di foto. Percorriamo un bel sentiero che porta alla punta opposta, e anche lì il panorama è incantevole. Torniamo alla macchina e ci dirigiamo nel centro di Ploumanac’h, dove parcheggiamo (non senza problemi, la cittadina è affollata di turisti) e troviamo un ristorante a poca distanza dalla spiaggia. Pranziamo divinamente (ristorante “Le Mao”) con due insalatone (una con frutti di mare e salmone, l’altra con formaggio di capra), due birre (immancabili) e due gustosissime coppe di gelato con panna montata. Facciamo un giro veloce sulla spiaggetta poco distante, poi riprendiamo la strada verso Roscoff. Arriviamo in poco meno di due ore, ma riusciamo a parcheggiare lontano dall’Hotel Les Arcades (la camera vista mare senza colazione ci è costata 68 euro, pagati al momento della prenotazione con sconto per early booking). Decidiamo quindi di equipaggiare gli zaini con un cambio per la notte e per il giorno dopo e facciamo a piedi il tragitto fino all’hotel. La camera è dignitosa, il bagno è solamente una cabina (sembra di essere nel bagno su un aereoplano…), ma è tutto abbastanza pulito e la vista sul mare (all’arrivo c’è bassa marea) è molto bella. Usciamo subito alla scoperta della cittadina, che è affollata di turisti, di ristoranti e negozi di souvenir. Decidiamo subito di andare a fare un’escursione in battello (8.50 euro a testa per il tragitto andata e ritorno) sulla vicina Ile de Batz. Dobbiamo stare attenti agli orari dei traghetti, a causa del fenomeno delle maree l’ultimo traghetto salperà dall’isola alle 19.30, poi bisognerà aspettare il giorno dopo per tornare a Roscoff… Il tragitto per l’isola è breve (una decina di minuti), il panorama è bellissimo e l’aria è fredda. L’isola ci accoglie con il suo panorama brullo, la bassa marea ha riempito il porto di alghe e le barchette giacciono sul fondo marino ora sabbioso. Ci sono molte piccole conchiglie, e io mi diverto a raccoglierne qualcuna tra gli scogli rimasti in secca. L’odore delle alghe è pungente, ma anche questo è un regalo della marea! Facciamo due passi in spiaggia e per l’isola, poi decidiamo di tornare a Roscoff e prendiamo uno tra gli ultimi traghetti della giornata. A Roscoff scegliamo per la cena il ristorante “Marie Stuart” e ceniamo ottimamente con carne e patatine e un delizioso risotto ai frutti di mare. Dopo cena, facciamo una passeggiata per le strade, che si sono magicamente svuotate e ora regalano una tranquilla atmosfera marinara, con il faro di Roscoff sullo sfondo e lo sciabordio delle onde che annunciano l’arrivo dell’alta marea. Dalla camera il paesaggio è totalmente diverso da quello del pomeriggio e ancora una volta ci addormentiamo con il rumore del mare a farci da ninna nanna.

Settimo giorno, mercoledì 14 agosto: Roscoff – Pointe du Raz – Baie des Trépassés (Plogoff)

Davide stamattina si è svegliato alle 6 per uscire a fotografare l’alba su Roscoff. Ed è stata un’ottima idea, ha fatto delle foto davvero meravigliose, degne di un fotografo appassionato come lui! Alle 7, quando mi sveglio, il panorama dalla finestra della nostra camera è davvero bellissimo: il cielo che fa da sfondo alla lunga passerella che abbiamo percorso il giorno prima per imbarcarci sul traghetto per l’isola di Batz ha delle sfumature bellissime, e la marea è calata tantissimo. Facciamo colazione in una boulangerie (forno) di fronte all’hotel, poi passeggiamo per le vie di Roscoff in attesa dell’apertura di un negozio di stampe fotografiche che avevamo notato la sera prima. Alla riapertura, entriamo e compriamo una bellissima stampa fotografica incorniciata, in cui il faro di Men Ruz di Ploumanac’h appare in tutta la sua bellezza sull’oceano e sulle scogliere di granito rosa. Torniamo in hotel, ritiriamo gli zaini e arriviamo all’auto per iniziare l’itinerario della giornata, che come prima tappa ci porterà alla famosa Pointe du Raz. Ci arriviamo in poco più di due ore, il paesaggio si fa via via sempre più selvaggio e affascinante. Il sito è affollato di turisti, ci accoglie un semicerchio enorme di ristoranti, bar e negozi di souvenir, ma noi ci dirigiamo direttamente verso il sentiero che porta alla punta sull’oceano. Non rimaniamo delusi: molti turisti, ma anche tanta bellezza, con il faro “La Vieille” che si staglia a poca distanza nell’oceano blu e le scogliere selvagge tra le onde alte. Sono le 15 quando una navetta gratuita ci riporta al punto di partenza del sentiero, e cerchiamo subito un posto dove pranzare. In un paio di brasserie l’educazione dei proprietari non sembra di casa, poi troviamo finalmente un piccolo ristorante (“L’ArMen”) dove ci assicurano il pranzo in tempi ragionevoli (non dopo ore!): pranziamo bene con una omelette e uno strano insieme di capesante con riso. Il conto è intorno ai 30-35 euro. Ci rimettiamo in macchina e, con l’oceano in vista su un lato della strada, in pochi minuti arriviamo all’Hotel Restaurant de la Baie des Trépassés, unica costruzione (insieme ad un altro hotel a pochi metri, sempre gestito dagli stessi proprietari) nella storica Baia, che deve il nome alla leggenda che raccontava di come i corpi dei druidi deceduti (trapassati) fossero lasciati in mare verso l’isola di Sein proprio da questa spiaggia, in questa baia. Saliamo in camera (che ci costerà 80 euro, colazione di 12 euro a testa esclusa) e la vista dalla finestra direttamente sulla baia è molto bella: un sacco di persone stanno facendo il bagno in mare e giocando sulla spiaggia, il sole splende e un fresco vento rinfranca i polmoni. Dopo un sonnellino ristoratore, Davide decide di farsi un bagno nella baia, io rimango a godermi la frescura in camera con la finestra aperta sullo sciabordio delle onde. Verso le 20.30 scendiamo al ristorante dell’hotel per goderci una bella cenetta, che in effetti non tradirà le aspettative: scegliamo due menù da 26.50 euro a testa, e mangiamo delle ottime ostriche fresche, dell’ottima razza in salsa normanna (con besciamella, cozze, gamberetti e funghi) e una favolosa torta con fragole e panna montata. Durante la cena, il sole inizia a scendere regalando un tramonto mozzafiato; dopo mangiato usciamo e scattiamo altre foto al faro della Pointe du Raz in lontananza, con un cielo di fuoco che fa da magico sfondo sulla Baia dei Trapassati. Ci addormentiamo ancora una volta cullati dallo sciabordio delle onde del mare.

Ottavo giorno, giovedì 15 agosto: Baie des Trépassés – Chenonceaux

Oggi ci aspetta un lungo viaggio in macchina, dato che dalla Bretagna dobbiamo raggiungere la centrale Loira. Il mare ci mancherà… Dopo colazione ci mettiamo subito in viaggio, e in circa 5 ore e mezzo – senza traffico, una fortuna! – arriviamo a Chenonceaux, all’Hostel du Roy (pagheremo la camera 50 euro al giorno, colazione esclusa. La camera è sufficientemente grande, ma l’arredo è davvero obsoleto) e parcheggiamo l’auto nello spazio riservato per i clienti dell’hotel. Un incaricato poco simpatico e di poche parole ci accompagna in camera facendosi in silenzio e volontariamente carico del trasporto della mia valigia, in camera ci rinfreschiamo brevemente e poi partiamo subito alla scoperta del Castello, che dista pochissimo dall’hotel. Appena arrivati ci accorgiamo che la zona è presa d’assalto dai turisti, tutti nel circuito del castello e assolutamente indifferenti alla cittadina dove si trova l’hotel. Ci affidiamo alle macchine automatiche per il biglietto (11 euro a testa, senza audioguida, ma ci viene fornita una brochure che si rivela una guida molto completa), date le code nelle biglietterie comuni, ed entriamo: dopo una breve passeggiata in un viale ombreggiato da alti alberi, arriviamo in vista del castello, che si staglia chiaro contro il cielo azzurrissimo. Entriamo e subito iniziamo il percorso praticamente sospinti dalla massa di gente. Riusciamo a malapena a scattare le foto, comunque gli interni sono davvero molto belli (stupende le camere di Caterina de’ Medici e Diane de Poitiers) anche se i giardini lo sono ancora di più. Visitiamo anche un grande giardino coltivato (con zucche, pomodori, fiori di ogni genere). Accaldati (ci sono molti più gradi rispetto alla Bretagna!), torniamo in hotel per rinfrancarci un po’ prima di cena. Decidiamo di lasciar perdere la cena nel nostro hotel e scegliamo di cenare al ristorante del Relais Chenonceaux, dove mangiamo ottimamente scegliendo due menu a 26.50 euro a testa (il pesce spada è sublime). Andiamo a dormire ripromettendoci di uscire presto il mattino seguente per visitare gli altri due castelli di buon mattino cercando di evitare la ressa dei turisti.

Nono giorno, venerdì 16 agosto: Chenonceaux – Amboise – Clos Lucé – Chenonceaux

Di fronte all’hotel c’è una boulangerie (“La Maison des Pages”) che fa al caso nostro per la colazione: le paste sono ottime, fanno anche il caffè e altre bevande calde e i prezzi sono buoni (due paste, una bottiglietta d’acqua e un caffè americano fanno circa 7 euro). Dopo colazione, ci mettiamo in macchina e in dieci minuti raggiungiamo la vicina Amboise. Parcheggiamo subito in un parcheggio gratuito a pochi passi dal castello, prendiamo i biglietti di ingresso (10.50 euro a testa, senza audioguida ma sempre forniti di una brochure molto completa che troviamo all’entrata) senza nessuna coda ed entriamo alla scoperta di questo luogo che ho sognato di vedere per anni, essendo un’appassionata della vita e delle opere di Leonardo da Vinci, che qui ha trascorso gli ultimi 3 anni di vita nel maniero di Clos Lucé (sempre ad Amboise, a 400m dal castello reale) su invito del Re di Francia Francesco I. Nel largo spazio appena dopo la salita dalla biglietteria, il castello si staglia subito imponente, ma subito sulla destra, di fronte alle chiare mura della grande costruzione, vedo una bellissima cappella in stile gotico, la Cappella di Saint-Hubert, che so benissimo ospitare la tomba di Leonardo, con i resti che presumibilmente gli appartengono (dapprima sepolto nel giardino di Amboise, nella chiesa di Saint Florentin, i resti erano stati dispersi durante la Rivoluzione dell’Ottocento, poi sono stati raccolti e ubicati in questa cappella dando quindi al Maestro una nuova sepoltura). Entro immediatamente e sulla destra la semplice tomba di Leonardo mi attira immediatamente. Un grandissimo vaso di gigli bianchi fa da omaggio floreale, il marmo chiaro è un elegante sfondo alla lineare scritta nera insieme al busto in rilievo del Maestro. Scatto qualche foto, poi osservo meglio la cappella, con vetrate molto belle e uno stile gotico particolarmente affascinante. Con Davide iniziamo poi la visita al castello che, nonostante sia molto più spoglio rispetto a Chenonceaux, ci piace molto di più, nella sua semplicità ed eleganza. Lo percorriamo tutto in base al senso della visita (anche il percorso all’interno di una delle grandi torri è molto interessante) e rimaniamo davvero colpiti. Nei giardini, non posso non scattare qualche foto al busto di Leonardo, posizionato proprio nel punto in cui erano stati trovati, nell’Ottocento, i resti della sua prima tomba. I giardini sono eleganti e maestosi, c’è persino la ricostruzione di un macchinario che Leonardo aveva progettato per gli spettacoli di corte (è un macchinario che, opportunamente azionato, fa ruotare l’intero sistema solare con i pianeti). Usciamo dal castello dopo una breve puntata al bookshop, e – dal centro di Amboise – ci incamminiamo verso Clos Lucé, il maniero dove Leonardo visse gli ultimi anni della sua vita. Il maniero dista poco più di 400 metri dal castello di Amboise, quindi in pochi minuti arriviamo e ci mettiamo in fila per i biglietti (13.50 euro a testa, senza audioguida, ma ancora una volta ci viene fornita una brochure davvero ben fatta che illustra chiaramente il maniero e i giardini). Il sito è decisamente affollato di turisti, ma il tutto sembra abbastanza scorrevole e siamo fiduciosi. Entriamo subito nel maniero, e dopo pochi passi entriamo già nella camera dove Leonardo morì, il 2 maggio 1519. Il letto, presumibilmente non lo stesso del Maestro, è comunque in stile rinascimentale, quindi il tutto ha un respiro piuttosto autentico. Passeggiamo per le varie stanze (quella di Margherita di Navarra, la cucina dove Leonardo amava sedere accanto al camino, la sala dove il Maestro riceveva i suoi ospiti e chiaramente anche il Re, più altre stanze arredate in stile Settecentesco) e – anche se il flusso di turisti è continuo – Leonardo e la sua vita rieccheggiano ancora tra queste mura, anche grazie all’allestimento, nei piani più in basso, di una mostra dove i modellini delle invenzioni di Leonardo sono stati fisicamente realizzati dalla IBM e qui vengono raccontati in modo chiaro per grandi e piccoli tramite schermi diffusi in tutti gli ambienti. I giardini non sono comunque da meno, anche qui le macchine di Leonardo sono presenti in scala 1:1 (addirittura nel laghetto si può provare a manovrare i “pedalò” che Leonardo progettò all’epoca) e sono manovrabili da tutti. Una parte dei giardini vede delle grandi tele dove le più celebri opere pittoriche del Maestro sono riportate e posizionate sugli alberi, e questo regala un’atmosfera magica ed elegante. Usciamo stanchi ma entustiasti, e ci fermiamo a pranzare in una brasserie proprio sotto al castello di Amboise, il “Café du Chateau”, dove mangiamo due magnifiche insalate (una Nordique, con salmone affumicato e frutti di mare, e una al formaggio di capra). L’insalata mi è piaciuta così tanto che vorrei tornare di nuovo qui per mangiarla ancora! Dopo pranzo, facciamo un giro tra le bancarelle del mercatino ai piedi del castello, poi torniamo in hotel a Chenonceaux per riposarci un po’. Ma l’idea è quella di tornare ad Amboise per la cena, dato che Chenonceaux non offre tanto in quanto a scelta di posticini in cui cenare… Siamo di nuovo ad Amboise intorno alle 20, e decidiamo di tornare al Café, dove io mangio di nuovo l’insalata Nordique e Davide prova un bel piatto di salumi e formaggi tipici della zona. Non rinunciamo al dolce (fragole con panna e profiteroles), e alla fine ci regaliamo davvero un’ottima cena. Torniamo in hotel a Chenonceaux dopo aver ammirato la cappella dove riposa Leonardo illuminata dalla luce del sole al tramonto.

Decimo giorno, sabato 17 agosto: Chenonceaux – Le Mans

Facciamo di nuovo colazione alla boulangerie di fronte all’hotel, poi partiamo alla volta di Le Mans (poco meno di due ore d’auto). Arriviamo all’hotel Ibis Budget Le Mans Centre, alla reception lasciamo i bagagli perchè a quanto pare la camera non è ancora pronta (sono le 11) e ci dirigiamo verso il centro a piedi (dista circa 900 metri). Per le strade non c’è quasi nessuno, il tempo è grigio e le aspettative crollano… L’immensa Cattedrale che si staglia però ad un tratto all’orizzonte ci fa ben sperare, e infatti l’interno è davvero stupefacente: vetrate ampie e meravigliose, alte campate gotiche, cappelle affascinanti… Davvero una bella scoperta! Usciamo e cerchiamo un posticino in cui pranzare, ma per diversi isolati non troviamo assolutamente neanche un bar aperto. Arriviamo poi in una stradina in cui cominciano a comparire i primi ristoranti, e scegliamo “La Planche Gourmande”: prandiamo due menù a poco più di 20 euro a testa, e ci saziamo con delle insalate come antipasto, carne e ratatouille e dessert. Torniamo in hotel dopo aver scoperto un intero quartiere del centro che almeno ha un po’ di vita, e apprendiamo che i nostri bagagli sono ospitati nella reception chiusa fino alle 17. Riusciamo comunque ad entrare in possesso della camera tramite il vicino (e partner) hotel Mercure, ed entriamo in camera (47.42 euro, senza colazione, quarto piano con ascensore, camera ampia ma con lavandino nei pressi del letto, pulizia non ottimale). Ci rinfreschiamo brevemente e usciamo di nuovo per andare al Museo dell’Automobile nel Circuito della 24 ore di Le Mans, la famosa corsa leggendaria che si corre ormai da moltissimo tempo. Il museo (8.50 euro a testa) è ben allestito, e Davide scatta molte foto alle auto d’epoca e non esposte. All’uscita del museo percorriamo in auto qualche tratto di strada che fa parte della corsa, dato che alcune parti della gara si corrono proprio su strade di pubblico accesso. Torniamo in hotel, dove troviamo la receptionist e ci lamentiamo per i bagagli tenuti in ostaggio senza avvertirci. Ci cambia anche la camera (la nostra non era particolarmente ben pulita) e saliamo di nuovo, stavolta con i bagagli. Ci rilassiamo e usciamo poi per la cena, e mangiamo splendidamente a “Le Capitole” (un piatto di carne ottima e patatine per Davide, e per me favolosi spaghetti alle capesante; conto sempre sui 40 euro). Torniamo in hotel perchè c’è piuttosto freddo, e dormiamo per l’ultima volta in Francia.

Undicesimo giorno, domenica 18 agosto: Le Mans – Parigi Charles De Gaulle – Bologna – Parma

La vacanza è finita. Raggiungiamo l’aeroporto in due ore abbondanti (c’è molto traffico), lasciamo la macchina al noleggio Avis, e aspettiamo l’aereo che ci riporterà a Bologna, dove troveremo la nostra fidata auto e faremo poi ritorno nella nostra Parma, con un pezzo di Francia nel cuore e tanta nostalgia per delle terre eleganti, magiche e meravigliose.



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