Fly & Drive in Irlanda

Un po' di birra e l'inglese diventa più fluido!
Scritto da: Jamnove
fly & drive in irlanda
Partenza il: 04/08/2007
Ritorno il: 18/08/2007
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
August 2007 Sono le 23.10. Domani si parte per l’Irlanda. Un fly and drive come da tanti mesi ormai avevo in mente ed ora che tutto è pronto, sono tante le incognite. La prima, che paradossalmente può invece essere l’unica certezza, è quella del compagno di viaggio, Andrea. Niente interrail con Budo, niente Carre, niente Pais e neppure Ale. Nuova esperienza e nuovo compagno di avventura. L’esperienza di vita e lavoro a Palermo fatta insieme non può che darmi la certezza che ci divertiremo. Spero davvero che l’Irlanda mi trasmetta tutte quelle sensazioni ed emozioni che sento potrà darmi. Come al solito, non voglio crearmi aspettative, ne’ immaginare nulla di quello che verrà. Non voglio pensare a cosa potremo o riusciremo a fare. Voglio viaggiare. Voglio vivere d’istinto. Voglio che siano i momenti a guidare e dettarci cosa fare. Voglio scrivere tanto. Ho finito di preparare lo zaino poco fa, la cosa strana che sono giunto a pensare è che nonostante l’esperienza maturata, nonostante i viaggi alle spalle siano sempre di più, sono sempre incapace a preparare la borsa ottimizzando lo spazio. Credo che ogni singola maglietta e felpa del mio armadio, potrebbe essere per me fondamentale in vacanza. Non riesco ad essere sicuro che quella mini bomboletta di schiuma da barba mi basterà. Devo avere il necessario per poter fronteggiare ogni tipo di tempo. Tanto poi la metà delle cose che ho tirato fuori non le metto e partirò con le solite sei magliette! Domani a quest’ora saremo in un pub di Dublino con una pinta in mano. È sempre così strana la notte che precede una partenza. Sade mi sta cullando i pensieri. Questa prima pagina del diario la chiudo con un pensiero che è emerso nella mia mente adesso, all’improvviso, frutto di pensieri di cose e persone, come il mio hermano Paìs: con la birra in corpo, l’inglese ti esce molto più fluido. 4 agosto 2007 h 09.28 Splendida giornata di sole. Mi sa che per un po’ non lo vedremo.. Le varie immagini che ci arrivano dalla GB sono tutte di temporali e naufragi! Vorrà dire che mentre gli altri impazziranno di caldo, noi staremo freschi! Tra un’ora raggiungo Andre in Via Cantore e daremo ufficialmente inizio all’Ireland Tour 2007! h 12.25 Aeroporto Cristoforo Colombo Io e Andre siamo in pieno delirio da sms, è circa un’ora che stiamo intrattenendo vivaci relazioni… “Siamo due deficienti, te ne rendi conto? Abbiamo trent’anni e stiamo attaccati al cellulare come due 15enni!” In effetti ha ragione… però divertente lo stesso! Poco fa stavamo pensando a quante mattine abbiamo passato insieme qui, aspettando il nostro volo per Palermo. Ci siamo divertiti, anche se senza dubbio lo spirito con cui partiamo adesso è completamente diverso! “Belin non puoi stare tranquillo neanche al cesso, è entrato uno con un bambino che ha iniziato a sbattere una porta e fare casino… e che cazzo… guarda, guarda quella che gnocca! Si valorizza poco però…” Sì, ne sono certo, sarà una grande vacanza! Venti minuti all’imbarco. L’aria condizionata a palla. Un classico. Uno sguardo alla gente intorno, come al solito mi piace vedere le facce dei viaggiatori, vedere ognuno come aspetta il momento di salire sull’aereo. C’è il classico italiano che legge “Tuttosport”, un articolo sulla Ferrari. Triste. Davanti ho un signore di mezza età, con mocassino nero e calze azzurre che sta leggendo un volume di oltre mille pagine, “Longman language activator”. Una biondina con minigonna inguinale. Guardo Andre: “Ci ha fatto segno di seguirla in bagno?” E lui: “Sono senza occhiali, ma sembrava anche a me…” Avremmo dovuto fare due biglietti a parte per i nostri ormoni! Si è seduta di fronte un’altra ragazza, carina. Andre: “Quella ha la faccia di una che ha il fidanzato a Londra!” Nella fila di fianco, una mezza chiatta si sta leggendo la Routard. Due ragazzi, vestiti impeccabilmente, una bella tracolla firmata, capelli perfetti. Gay sicuramente. Un ragazzo di fianco con un paio di All Star nuove. Senza neppure un graffio. Alcune coppie, sostanzialmente anonime. Una dark con treccine, tatuaggi ed una profonda scollatura. Sta distrattamente mangiando un panino. Una bella signora in gonna, fine, elegante con un paio di scarpe che farebbe impazzire Budo. Nera over size che si è appena seduta a fianco a noi facendo ballare tutta la fila di seggiolini… ah Queen Latifah! Musulmano d’ordinanza, come in ogni volo che si rispetti. Un paio di bambini che corrono. Speriamo si stanchino ora e che sul volo ci lascino stare tranquilli. Cinque minuti all’imbarco. Prima tappa, London: here we go! Sull’aereo Poco dopo il decollo, mi sono.. Ops, la penna perde inchiostro! Ho dovuto fare un cambio prima che iniziasse a macchiare tutto quanto. Dicevo, mi sono preso con un ragazzino che continuava a massaggiare anche dopo il decollo, nascondendo il telefono sotto la felpa. Eh no.. Preso per il culo da un bambino no! Prima ho cercato di guardarlo male per farglielo capire, ma questo niente, continuava. A quel punto gliel’ho detto molto eloquentemente! Credo sia inglese per cui non avrà capito nulla. Però l’ha spento. Mi sono innamorato della hostess. Iniziamo bene! Siamo saliti per ultimissimi, quando si è aperto l’imbarco sono corsi tutti come disperati. Inizaino a comparire anche i primi morsi della fame, saranno le due passate ormai. La Ryanar non ti regala nulla, tutto è a pagamento. Mangeremo a Stansted. Ho dieci sterline ancora dal viaggio a Londra di Maggio. Magari ci bastano. Stansted airport Dieci minuti all’imbarco per Dublin. Finora, in quanto a cazzate dette, non siamo messi male! Tra la gente che incrociamo, le cose che ci sono successe, ce n’è già un bel campionario. Andre l’hanno fermato all’imbarco, aperto lo zaino, controllato le scarpe. Dice che la tipa poliziotta gli ha pure dato una palpatina al pacco! Per ora il nostro pranzo, consta di due Kitkat. A testa. Mi sa che queste due settimane vedranno vanificati tutti gli sforzi dietistico – salutisti degli ultimi mesi. Va beh. C’è un ragazzino con un pallone che non riesce a fare due palleggi di fila. “Tu! In squadra con Taddei! Noi abbiamo già Pilot!” h 00.10 “Gel?” “Bastardo…” La serata è iniziata così. Siamo rientrati adesso in albergo dopo alcune ore passate nei pub di Temple bar. Bello, un sacco di gente per le strade, gruppi di donne che festeggiavano addii al nubilato. Tutte vestite uguali, alcune in semi divisa da porno poliziotte, altre con orecchie e coda da conigliette di playboy. Altre ancora con corna da diavolesse o cappelli strani. Peccato per la pioggia che ci ha impedito di passeggiare per le strade con tranquillità. Alla fine si è fatta insistente. Siamo stati prima in un pub carino, dove riuscivi a malapena a muoverti. Due Kilkenny, giusto per ambientarci e guardarci un po’ intorno. Sguardi, sorrisi. Alcuni da ciccione pacioccone, altri da tipine carine. Ho fatto due chiacchiere prima con una tardona che sembrava la sorella gemella di Ettore! Non il mio nipotino, eh.. Il collega di Palermo! Poi con un canadese mezzo sudamericano e la sua fidanzata russa. Di 16 anni! Ma sicuramente, ciò che più ci ricorderemo, sono state due graziose tipine, una mora che di irlandese non aveva proprio nulla e la sua amica bionda, con le quali abbiamo “giocato” tutta la sera. Poi ci sono sfuggite. Le abbiamo ribeccate più tardi in strada. Di nuovo sorrisi, e sguardi prolungati. Ma alla fine non ci siamo avvicinati come i più idioti dei 15enni! Sì, lo so, forse lo rimpiangeremo e magari già lo stiamo facendo, ma in quel momento, è andata così. Cercavamo dei consensi. Non nego però che rivederle domani non mi dispiacerebbe affatto e questa volta, di certo, il lato 15enne lo lascio a casa… Nel complesso comunque, l’atmosfera di Temple bar è bella. Tra ubriachi, gruppi ed amici tutti con la propria pinta di birra in mano. Carinissime due suonatrici di violino per strada. Inquietante un mimo truccato da pazzo e l’atteggiamento incazzoso verso chiunque passasse. Però ne ha fatta su di moneta. Il nostro albergo è proprio a 30 metri dal casino. Domani ci aspetta una lunga giornata, sperando che il maltempo ci dia un po’ di tregua per visitare il più possibile questa città. 5 agosto 2007 h 16.00 (ora locale, come mi fa giustamente notare Andrea) Pausa in un pub di Temple Bar. Gli eventi fino a qui sono stati molti, avrei avuto bisogna di tenere la Moleskine sotto mano ogni due minuti, per poter scrivere tutto, ma era impossibile. Non solo per la pioggia. Pioggia che ha iniziato a penetrare nei vestiti, sotto la giacca, nelle scarpe. Avevo letto da qualche parte che a Dublino puoi vedere nell’arco della stessa giornata, tutte e 4 le stagioni: beh, noi finora ne abbiamo vista una soltanto, l’inverno! Stasera mi riprometto di annotare tutte le vicende di questa giornata. Ora siamo qui, due Guinness davanti, aspettando il nostro spuntino. È una sensazione bellissima, in tv c’è una partita, mentre tutto intorno gente che parla e soprattutto, beve. Noi senza pensieri, se non quello di asciugare i vestiti per domani. L’ambiente intorno è molto easy, tavoli di legno, parquet, profumo di fritto. Sono arrivati i nostri piatti. Fumano, sono invitanti. Ora mi sento scoppiare. Come al solito. Sento l’umido e il bagnato fin nelle ossa e a dire la verità anche un po’ di stanchezza. Abbiamo camminato un sacco oggi senza praticamente fermarci mai. Alcune scene cult: da quando siamo partiti, la meno ad Andrea per il fatto di essersi portato dietro l’ombrello. Gli ripeto quanto sia da sfigati, da vecchi. Che non si può fare una vacanza così, tutta on the road e poi portarsi l’ombrellino. Il k-way è più che sufficiente. Oggi, dopo che persino gli occhiali mi stavano gocciolando da tutta l’acqua che mi stavo prendendo, mi sono infilato in uno di quei gift shop tipici da turisti e me ne sono comprato uno. Verde. Con il trifoglio dell’Irlanda. Ah Incoerenza! “Il noto fotografo Jhonny Garzella immortala con la sua macchina fotogafica super professional tre macchine con le ganasce alle ruote proprio davanti alla casa del suo illustre avo Thomas Garzella, Gran Maestro della Croce d’oro…” (Commento di Andrea, mentre per permettermi di fotografare queste macchine, lui teneva i nostri due ombrelli sopra le nostre testa e la mia digitale, come il più efficiente degli assistenti!) “Ma belin, in questa città non c’è neanche una moto!” È vero, in compenso però si vedono tutti i mezzi più strani : un camion anfibio per fare il VIKING SEA TOUR, ossia una specie di motoscafo mezzo barca e mezzo jeep, che gira liberamente per le strade ma che una vola raggiunto il mare, scivola placidamente in acqua ed aziona l’elica! O massicci trattori che incroci sull’asfalto cittadino come se ti trovassi in un normale campo della campagna pavese! Ma i più belli di tutti, sono degli strani aggeggi guidati da tizi con la giacchetta fosforescente da automobilista in panne, che li spingono avanti ed indietro, incessantemente, lungo i marciapiedi. Hanno delle spazzole sotto ed ai lati, sicuramente servono a tenere pulite le strade. Ma – ci siamo chiesti – che senso averne una ogni trenta metri in giornate di pioggia come queste? “Quelli sì che si sono inventati un lavoro! Ma poi… che cazzo fanno?” Ora ha smesso di piovere. Guardo fuori, la strada. I pub stanno iniziando a riempirsi. Gente di Dublino che si anima. Venendo alla giornata di oggi, l’idea era quella di girare a piedi tutto il centro, spostandoci da un posto all’altro senza un itinerario preciso. Prima tappa: Trinity College. Soltanto che, ci siamo accorti, tenere la cartina della città a portata di mano era pressoché impossibile e così dopo aver sbagliato strada, ci siamo ritrovati al St Stephen’s Green. Un parco splendido. Peccato che la solita pioggia avesse rovinato la possibilità di sdraiarsi nei suoi prati, verdi e rilassanti. Laghetti incantevoli con papere che nuotavano. Spazi aperti che ti invogliavano a correre, dormire e giocare a pallone. Chelsea – Manchester, supercoppa di lega, ai rigori. Van Der Saar, portiere del Manchester, ne para due su tre e l’altro i Blues lo calciano fuori. È finita. La Coppa va ai Reds. h 19.45 Riposino prima di uscire. Ci siamo un po’ buttati sul letto. Io mi sono pure fatto uno splendido bagno caldo. Dal corridoio arrivano rumori strani. Molesti. Urla e risate frenetiche di un tipo, mi ricorda quello sketch di Mr Bean in cui c’era un tizio sul treno che leggeva un libro e ad ogni parola rideva, quasi urlando. Sembra proprio lui. Oggi, rientrando in albergo, usciamo bel belli dall’ascensore e ci dirigiamo tranquilli lungo il corridoio, infilo la scheda… “Oh, non entra!” “Ma come no! Prova un po’ di nuovo!” “Ma cazzo… è la 29!” Abbiamo sbagliato piano! “Pensa se ci aprivano due mezze nude che ci invitavano ad entrare!” “Andre, mi sa che tu vedi troppi porno!” “Eh… pensa che me li dai tutti tu!” Andre, guardandosi allo specchio, mi fa: “Ma no, belin, mi sta già uscendo la pancia! Basta, da domani non mangio più nemmeno una volta al giorno! Anche tu però…” “Ma che cacchio ne sai tu!” “Eh no, eh… anche tu quando torneremo avrai preso i tuoi chili!” Lo guardo: “Kitkat?” “E mangiamoci sto kitkat!” La visita alla fabbrica della Guinness è stata carina, ma nulla di più. Era tutta basata sulla storia. Sugli ingredienti, su come veniva trasportata. Io pensavo di poter vedere come viene fatta oggi. Invece viene solo proposta, esclusivamente in lingua inglese, una visita articolata su più piani delle origini della Guinness. Non è un caso che ciò che tutti aspettassero con più impazienza fosse proprio la degustazione finale di una bella pinta di birra, sorseggiata sulla terrazza panoramica da cui hai una visuale di tutta Dublino. Fresca, profumata e a stomaco vuoto. Una vera perla. In un attacco di noia molesta, Andre vuole andare a sfidare a calcetto quelli dell’altra stanza. Oggi, esasperati dalla fredda pioggia, ci fermiamo davanti ad un negozietto che vendeva anche cartoline ed Andre dice: “Guardiamole un po’ tutte, una per una, e vediamo se almeno un giorno di sole lo hanno avuto!” In effetti, solo nuvole… h 13.00 Enniskerry Sosta pranzo sulla panchina della piazza di questo piacevolissimo paesino. Atmosfera rilassata, un chiosco che vende frutta biologica, gallerie d’arte e negozietti davvero carini. Ci siamo presi un panino allo Spar (di Jack Windsor, come dice l’insegna!) e ce lo siamo goduto sotto questo sole che a differenza di tutto il freddo preso ieri, inizia a picchiare. Ogni tanto però si alza un venticello che rende il tutto estremamente piacevole. Abbiamo ritirato la macchina. Sta guidando Andrea per ora, e non ha avuto il minimo problema. La tipa dell’Irish Car rental era di un antipatico! Oltre i 426 euro già pagati in Italy, ci hanno addebitato oltre 193 euro per il doppio guidatore e 900 euro di franchigia che, se tutto va bene, mi restituiranno al ritorno. Arrivati qui, dopo circa un’ora di viaggio ed un paio di uscite perse, sbagliate e cercate di nuovo, ci siamo accorti di non avere il libretto di circolazione. Così, telefonata in aeroporto alla compagnia (la cosa più complicata è stata trovare le parole per dire libretto di circolazione), al secondo tentativo un tizio gentile mi dice che non c’è bisogno di alcun documento. Speriamo bene. La visita al Powerscourt Estate la saltiamo, 9 euro per vedere delle distese di prati e giardini, ce le risparmiamo. Ci dirigiamo invece alle cascate, 7 km più in su. WATERFALLS Prati verdi, un profumo di erba tagliata, di grigliata. Persino di campi di calcio. Tiriamo fuori il pallone e facciamo due tiri. Se becchiamo due bambini ultra piccoli li sfidiamo! h 19.55 TRAMORE B&B davvero incantevole (parola antica e pure un po’ effeminata, mi ricorda il film “In & Out”!), una camera mansardata, pulita, un letto matrimoniale ed uno singolo che è toccato a me, bel bagno con doccia, tv. Il ragazzo che mi ha aperto la porta e dato la chiave della camera, non ha voluto un documento ne’ tantomeno i soldi. Ha detto che faremo tutto domani mattina. 80 euro per questa sistemazione mi sembra perfetto. Aspettiamo di vedere la colazione, ma per ora sembra quanto di meglio potessimo trovare. Ora andiamo in cerca di un posto dove cenare (dopo tutte le mucche viste pascolare oggi, ci è venuta voglia di una bella bistecca!), non credo che faremo tardi, per cui quando torno, aggiornerò dettagliatamente gli appunti di viaggio. h 22.15 Breeze Atlantic B&B Che stanchezza! Tutta quella accumulata oggi è uscita stasera e il risultato è che a quest’ora, dopo aver cenato, siamo già in camera. Anche la bassa temperatura esterna non invoglia certo a stare in giro. Tramore non sembra nulla di eccezionale, una tipica località balneare con un’atmosfera però ed un tempo, che di balneare ha ben poco. Una lunga spiaggia di quasi 5 km, grande, spaziosa, dove le onde dell’Oceano arrivano lunghe ed infatti è uno dei luoghi di maggior richiamo per i surfisti irlandesi. Due alte scogliere ai lati. Suggestive. Ma non ci sono i trenta gradi che ti invogliano ad abbandonarti sulla sabbia. Grossi nuvolosi che smettono di far cadere una fredda pioggia soltanto per dieci minuti, il tempo di far apparire uno spiraglio di sole, per poi ricominciare. Tutta la cittadina intorno è costruita appositamente per il turista. Un fast food ogni due negozi, sale giochi, ristoranti, alberghi e bed and breakfast, per arrivare al trionfo della truzzeria, un enorme luna park con tanto di ruota panoramica che rende l’atmosfera simile a Genova sotto le feste di Natale o a un piccolo paese della provincia americana, quelli in cui sono ambientati film horror o storie torbide. Nonostante tutto, però, Tramore non è male. Soprattutto questo B&B. La cena l’abbiamo fatta all’Esquire, un posto che era segnalato sulla Lonely Planet. In effetti era carino, tutto in legno, arredato come fosse l’interno di una nave. L’inconveniente era però che anche altri italiani, hanno la Lonely… risultato: al tavolo di fianco si sono accomodati due fidanzati sfigatissimi. Io ho tentato in tutti i modi di non farmi riconoscere, ma erano troppo vicino perché non ci sentissero! Comunque, vista la nostra freddezza, hanno troncato sul nascere ogni tentativo di conversare. È più forte di me, lo so, forse sbaglio, ma gli italiani all’estero proprio non li sopporto. Menzione speciale invece per la cameriera, una biondina con la faccia da angelo, fine, dolce. Neppure da pensieri impuri. Comunque, 52 euro per due piatti abbondanti (Andre ha preso delle ostriche ripiene ed io una specie di gulasch) e due dolci pesantissimi. E due Guinness. Superfluo ricordarlo. Ma veniamo un po’ agli eventi della giornata. Dopo aver ritirato la macchina, con Andrea al volante e me di fianco con cartina stradale, guida Lonely e il fantastico Magazine sull’Irlanda che mi aveva regalato la Laura, che si sta rivelando preziosissimo nei suoi suggerimenti sugli itinerari di viaggio. Dicevo, così sistemati, usciamo da Dublin e seguendo la M50 ci dirigiamo verso il paesino di Enniskerry. Uscendo dalla Capitale, paghiamo finora l’unico pedaggio stradale. Arriviamo al casello, Andre tira giù il finestrino e con la naturalezza più normale di questo mondo, guarda la tipa e fa: “Ciao! Quant’è?” Lei lo guarda un po’ stranita, poi senza alcuno sforzo di farsi capire, risponde: “Uan-end-nainti”. “Eeh?!?” dice allora Andre, scoprendo forse in quel momento per la prima volta che qui non parlano italiano! (piccola parentesi: al momento della scrittura di queste pagine, siamo in trattativa. Nel senso che – sue testuali parole – non vuole firmarmi la liberatoria per riportare questo aneddoto. Che tra l’altro, con pochissime varianti, si ripeterà con il bigliettaio delle Waterfalls di Powerestate). Dopo la sosta pranzo ad Enniskerry di cui ho gi parlato, siamo saliti alle cascate, 5 euro per uno spettacolo di per se’ non così imponente, saranno sì e no 20 metri di caduta, ma dal contorno molto suggestivo: verdi prati tra montagne, gente che prepara grigliate, persone che riposano sulle coperte. Un’aria fresca, pulita, profumo di erba. Una bella sensazione di serenità. Da qui, la tappa successiva è stata Glendalough, la valle in cui St Kevin fondò il suo monastero. Tra due laghi, l’Upper situato più in alto ed ovviamente il Lower, più in basso. Appena scesi dalla macchina, ha iniziato a cadere una pioggia non forte, ma tutto sommato fastidiosa, che se da un lato ha reso più suggestiva la passeggiata attraverso la foresta, dall’altro ha reso un po’ più problematico il cammino su sentieri che hanno preso a diventare fangosi. Belle atmosfere però, con boschi verdissimi come solo nelle fiabe o nei cartoni di folletti ero abituato a vedere, alberi secolari dalle radici e rami dalle forme più particolari, quasi avessero movenze umane. Troppa gente però, che ha rischiato di rendere la visione dei laghi, del bosco e del resto del monastero, un po’ falsamente irreale. Con la pioggia che andava e veniva, ad intervalli regolari, ci siamo rimessi in macchina per puntare dritti verso Waterford. I vari posti attraversati, infatti, ossia Avoca, Arklow, Enniscorthy e New Ross, non valevano la pena di una sosta. Ma anche il viaggio in macchina, di per se’ è estremamente suggestivo: mezzi che secondo la nostra comune abitudine, procedevano contromano, enormi distese di un verde intenso, su cui mucche, pecore e cavalli si muovevano grassi e tranquilli. Nuvole bianche dalle forme strane, nere dall’aspetto vagamente minaccioso e spiragli improvvisi tra queste, da cui raggi di sole vivaci, davano quasi l’impressione di una visione celestiale, di un passaggio attraverso cui le anime e gli angeli salivano al cielo. Sono pensieri a caso, stimolati tuttavia da quelle immagini, mentre la strada bagnata scivolava sotto di noi ed una radio locale trasmetteva belle canzoni in sottofondo. Un viaggio in macchina con tante battute, aneddoti e frasi che mi piacerebbe poter ricordare e scrivere ad imperitura memoria. Ma anche pieno di altrettanto piacevoli silenzi, ognuno perso nei suoi pensieri, a mettere ordine tra le sue idee. Domani mattina si riparte, destinazione Cork. h 8.42 “Stasera barba, eh, non posso mica sembrare più vecchio di quello che sono!” Grande Andre, la giornata inizia bene! Splendida giornata di sole, incredibile! Ora sì che c’è voglia di andare a vedere questa loro spiaggia! Ci vestiamo ed andiamo a fare colazione, poi giretto a Tramore e dopo via, verso le prossime tappe! Spunta Andrea dal bagno. Domanda: “Ma se volessi un po’ di acqua tiepida? C’è un rubinetto che ti dà solo quella bollente ed un altro che te ne dà solo gelata. Ai due lati opposti del lavandino! Cosa devo fare? Metto una mano sotto uno e l’altra sotto l’altro e poi le mischio?” Inizia a salire il profumo del breakfast h 11.45 DUNGARVAN Sono seduto su una panchina nella baia di questa cittadina molto tranquilla. Quasi troppo, tanto che ci chiediamo dove siano tutti gli abitanti. Siamo alla foce del fiume, attorniati da colline e campi. Barche e pescherecci ancorati al largo. Una tranquilla passeggiata lungo la costa. Un caldo sole quando le onnipresenti nuvole bianche, grigie e qualcuna anche più scura, gli permettono di scaldarci un po’. Un luogo ideale per rilassarsi, lasciandosi cullare dai propri pensieri. Vivere qui forse potrebbe portare a superare la soglia della pazzia, ma una pausa, magari con una birra, questo posto la merita davvero. h 14.05 Pub di Youghal Abbiamo davanti due fantastiche pinte di Murphy’s, una delle Stout o “black stuff” prodotte a Cork e che contende alla Guinness il primato di birra più bevuta nel paese. L’atmosfera qui dentro è bellissima. Tutto in legno, dai tavoli alle pareti, al soffitto. Due vecchietti di fianco. Due birre davanti, cappelli appoggiati sul tavolo, un giornale su cui ogni tanto buttano un occhio. Sorsata della mia Murphy’s. È buono prima assaporare il profumo di questa birra, un misto di malto, di lievito, ma soprattutto di “bruciato”. Poi arriva la schiuma, consistente come fosse quella di un cappuccino e saporita, come una crema. Quindi la birra. Fresca, poco gasata, con un retrogusto un po’ amaro, ma che ti rimane in bocca. Non ti disseta soltanto. È bella persino da guardare con questi suoi colori scuri. Al vecchio al tavolo di fianco hanno portato un’altra Guinness, anche se ha appena iniziato la prima. Più volte abbiamo ragionato su quanto effettivamente bevano in quest’isola. Iniziano presto, sia nel corso della giornate che più in generale, nella loro vita. Così come assai presto formano una famiglia. Sarà un po’ il fatto che in effetti, in molti di questi paesini, non c’è nulla. Mi immagino che lo scopo della vita di una ragazza non sia altro che sposarsi e mettere al mondo dei figli di cui potersi occupare, vista la desolazione di ciò che li circonda. Così le vedi a 18, 20 anni con almeno due bambini, a spingere un passeggino. Così lontano dal nostro modo di pensare la vita. Non c’è musica nel pub. Rumori del bancone del bar in lontananza, un notiziario della tv nell’altra stanza, qualche parola per noi incomprensibile, frammento di conversazione. Seduti su comodi divanetti di velluto, una luce tenue, siamo rilassatissimi. Il paesino di Dungarvan era più disabitato, qui a Youghal la via principale è animata. Negozi pitturati ognuno di un colore differente, un bel colpo d’occhio d’insieme. Tra poco ripartiamo, prossima tappa Cobh, porto dove il Titanic fece il suo ultimo scalo prima del naufragio. Hanno attaccato la musica nel pub, una schitarrata country soft. Prima che me ne dimentichi come al solito, devo parlare di due tizi che abbiamo incrociato sul cammino. Il primo, sull’autobus che dall’aeroporto ci portava a Dublin city. Un vecchio mezzo ubriaco che era insofferente ed ogni volta che si spostava, mi dava una gomitata. Così ho accavallato le gambe mettendogli la scarpa proprio vicino al braccio… non si è più mosso! Molesto io e pure lui.. Ha pure chiesto qualcosa ad Andrea che gli ha bofonchiato qualcosa, in italiano… U ciù furbu de tutti!!! L’altro, invece è un vero personaggio di Temple Bar, un vecchio in giacca di pelle, sempre ubriaco. Capelli lunghi bianchi, sporchi. Trasandato. Ma quello che ci ha colpito è la “mossa” che faceva nel ballare, un scatto ritmato degno del miglior Elvis! Una sera ha pure lanciato con scazzo delle monete all’interno di un pub. Un grande. COBH Luan Parle, pare che sia la migliore cantante irlandese esordiente. È pieno di suoi manifesti da ste parti. Quando torniamo voglio cercare qualche sua canzone. h 19.32 Siamo arrivati a CORK. Sono un po’ stanco, guidare tutto il giorno è sì divertente, ma alla lunga anche molto stressante. Cambiare di colpo tutti i propri punti di riferimento alla guida, le proporzioni. Prima siamo stati nel paesino di Cobh, che come detto è stato l’ultimo attracco del Titanic nel suo unico e tragico viaggio. Andre, vedendo quanto fosse stretto il canale di accesso, si è chiesto, oxfordianamente: “Ma dove cazzo è passato il Titanic?” Così, abbiamo elaborato una teoria alternativa a quella finora conosciuta relativa al disastro. Ossia, che in realtà, il transatlantico la falla se la sia fatta incagliandosi qui, con questo basso fondale ma che, non essendosene accorti avessero proseguito nel viaggio fino ad affondare nei ghiacci. Altro che collisione con un iceberg! Comunque, Cobh è carina, case allineate lungo i saliscendi ripidi del paese ed una bellissima Cattedrale, enorme, totalmente sproporzionata rispetto alla grandezza del posto. Alta e imponente. Una volta poi arrivati a Cork, ci siamo letteralmente spaventati per il traffico così caotico e nevrotico. In attesa di capire dove poterci fermare un attimo per capire bene cosa fare, ci siamo ritrovati quasi immobili in una coda di macchine senza alcuna possibilità di fare nulla se non seguire il flusso. Ci siamo così ritrovati fuori città. Abbiamo puntato dritti su Blarney, ad 8 km. Qui pare sia molto famoso il Castello e la Blarney stone, una pietra che, si dice, doni a chi la bacia il dono dell’eloquenza ed il privilegio di dire bugie per 7 anni. Per arrivarci bisognava però fare una ripida salita e poi sporgersi all’infuori, tenuti per i piedi da un assistente. Bisognava pagare un biglietto ed un extra per ogni eventuale foto. Abbiamo così deciso di ributtarci in Cork, nonostante il pessimo impatto iniziale. Abbiamo lasciato la macchina in un parcheggio a pagamento e fino a domani paghiamo soltanto 6 euro. In Mac Curtain Street abbiamo trovato un B&B per 70 euro a notte. Una graziosa e simpatica biondina ci ha accolto alla reception. E molte altre graziose fanciulle abbiamo incrociato per strada. Quello che abbiamo spesso notato, finora, soprattutto nei centri più piccoli è la giovane età delle ragazze con figli piccoli, passeggini e marmocchi al seguito. Oggi ho guidato io tutto il giorno. A parte alcune infrazioni, comunque non è andata male. I guidatori qui sono tutti molto più pazienti che in Italia. Ah, dobbiamo cercare di capire cosa significa la “L” che in molti hanno attaccata la parabrezza o al vetro posteriore. Forse il corrispettivo della nostra “P” di Principiante? Su questo dubbio, vado a farmi la barba e poi la doccia. Oggi a Cobh Io: “Belin, certo che se fossimo in Italia però, ad ogni angolo ci sarebbe un Ristorante Titanic, Farmacia Titanic, Tabacchino Titanic… qui invece niente, zero!” Alzo la testa, una grossa insegna campeggiava sopra di me: “Titanic trial, Bar Restaurant”. D’oh! h 00.30 Siamo appena rientrati dalla serata a Cork. Bel posto, St Patrick street è la via dei negozi, quando siamo usciti erano ormai tutti chiusi, ma ci è sembrata molto suggestiva ugualmente. C’erano poi un sacco di macchine terrone, con alettoni e marmitte truccate, che hanno fatto avanti ed indietro nella via per ore. Chissà. Noi siamo stati in un altro pub, “com’è che si chiamava Andre? The Oak?” “Sì” “O era The Great Oak?” “Mi sembra di sì” “Vai a fanculo!” “Sì… ma forse non si chiamava come quello di Beverly Hills?” “Pitch peat?” “Ecco sì!” “Va beh, lascia stare…” Abbiamo avuto stasera il nostro magico incontro con la Bulmers, una specie di sidro gasato, ma anche non pesante e due pinte a testa una discreta trona ce l’hanno data! Nel pub abbiamo beccato due tardone… no, non ce l’abbiamo fatta! Loro continuavano a guardare, sorridevano, ma ci siamo defilati! Non vale proprio tutto… C’era un gruppo che suonava i Rolling Stones. Non male. Anche il posto molto carino. Ora a nanna, domani sveglia alle 8.30, breakfast e poi ci attende una lunga giornata con il Ring of Kerry! Good nite! h 9.40 B&B Windsor House Dopo una discreta colazione, con le solite scruble eggs and bacon, siamo in camera per raccogliere gli zaini e studiare il percorso di oggi. Ci aspetta il Ring of Kerry, uno spettacolare anello stradale lungo tutta la penisola. h 13.10 Kenmare Dopo aver mancato la strada per Glengariff e quindi aver saltato la visita a questo paesello, adesso ci siamo feramti a Kenmare, piccolo borgo dove oggi c’è una specie di mercato rionale che ha attirato una folla di persone insolita da queste parti. Ma in realtà non c’è granché. Ci siamo presi qualcosa da mangiare in un brakery, una specie di panificio di mezzo metro quadrato, pieno di mosche e vespe che si posavano allegramente su tutte le brioches, quelle specie di focaccette con formaggio fuso che fanno loro e soprattutto sulle creme delle paste! E nessuno che cercava di mandarle via! Che zozzi! Ovviamente noi le abbiamo mangiate… ora ripartiamo per il Ring! h 14.10 Spettacolari paesaggi lungo la strada. Stretti corridoi tra prati, montagne di pini, rocce, muschio, pecore e mucche al pascolo. Ora abbiamo accostato la macchina per ammirare le meraviglie che abbiamo intorno. Cielo azzurro con nuvole che corrono veloci, i Coldplay in sottofondo, comprati in un negozio di Kenmare stamattina, visto che di ascoltare la radio non ne potevamo più! Diciotto gradi, un vento fresco sulla faccia, la felpa addosso, un’aria che ti entra dentro e non so se è il tempo, se il senso di libertà, se la mancanza di pensieri pesanti. Ma mi sento benissimo. h 17.49 TRALEE Ci siamo appena sistemati in un B&B davvero bello, come lo voleva Andrea, ossia con il praticello davanti! Abbiamo concluso il nostro giro per oggi, con una piccola variante: invece di fare sosta a Killarney per poi tornare su verso Limerick domani, ci siamo già messi in direzione. Abbiamo cercato il B&B leggermente fuori, va beh, saranno 5 minuti a piedi dal centro. 62 euro, molto pulito e la padrona, Carline, è una simpatica signora da tipica caricatura di donna inglese che beve il thè. Il posto si chiama “Fàilte” ed avendo potuto parcheggiare la macchina proprio davanti alla porta, nel cortiletto, abbiamo anche risparmiato i soldi del parking a pagamento che c’era in città. Oggi è stata la prima giornata in cui non è caduta neppure una goccia di pioggia! Il Ring Of Kerry è stato semplicemente fantastico, fermarsi in ogni spiazzo possibile per fotografare ed ammirare quegli splendidi scenari, in strade talmente strette che spesso gli enormi pullman che incrociavamo sembravano buttarci fuori strada! Anche le sensazioni in macchina sono state tutte estremamente positive. Io e Andrea abbiamo alternato momenti di lunghi silenzi, in cui ognuno dei due era perso nei propri pensieri, nelle riflessioni che quei tratti di strada ci portavano a fare. Pensando forse a cose passate, a episodi recenti, e spesso a ciò cha ancora ci aspetta in questa fin qui bellissima vacanza. Ed altri momenti invece di battute, di cazzate, di frasi diventate tormentoni ormai e che ci accompagneranno fino in Italia. Tipo: “Ah figlio di Pitta!” vedendo un ragazzo dai capelli rossi, così facile da incrociare da queste parti, copia esatta del figlio di Mauro. E da lì, poi, le signore con i capelli rossi sono diventate “Ah mamma di Pitta!”, gli anziani “Ah nonno di Pitta”.. In un delirio sempre più grande! Oggi non abbiamo ancora bevuto nemmeno una birra! Nessun posto ci ha ispirato una bevuta selvaggia e poi a dire la verità, affrontare questi tornanti un po’ alticci, non sarebbe stato proprio il massimo della sicurezza. Che ragazzi coscienziosi! Per domani mattina, abbiamo ordinato un’Irish breakfast. Chissà cosa ci porta! h 18.55 Doccia e barba. Comincio a sentire un certo languorino. Oggi ho mangiato solo quelle due cosette sudicie del panificio ed il consueto Kitkat. E va beh, uova e pancetta a colazione. Allora, faccio un po’ mentelocale sulla strada fatta oggi. Partiti da Cork, superata l’anonima cittadina di Macroom, persa l’invisibile indicazione per Glengariff, ci siamo diretti a Kenmare. Da qui, iniziato il vero e proprio Ring of Kerry, abbiamo superato Sneeme e raggiunto Waterville. Quindi, senza fermarci visto che il posto non sembrava offrire granché, siamo stati a Cahirciveen e Killorgin. Ma più che le singole cittadine, mi ripeto, la cosa più bella è stata il viaggio in se’, le strade. Prime considerazioni sull’Irlanda: sono soddisfatto praticamente di tutto anche se la tanto declamata ospitalità irlandese io non l’ho trovata. Non che siano inospitali o poco accoglienti, questo no. Però non ho riscontrato tutta questa voglia di accogliere lo straniero e farlo sentire a casa propria come invece mi avevano detto altri. Nei pub quasi nessuno ti rivolge la parola, per strada, ognuno prosegue guardando avanti a sé. Sono tutti molto cortesi, rispettosi, ma per quello che abbiamo avuto modo di vedere fino ad ora, anche molto gelosi dei propri spazi. Prati, aiuole e giardini sono tutti estremamente curati e perfetti. L’erba sempre tagliata. Neppure una minuscola foglia fuori posto a sporcare la visione di quel verde. Però non in tutto il resto sono così puliti. Il panificio di oggi ne è testimonianza, ma come quello anche molte bancarelle, dove il cibo è esposto all’aria, senza la minima cura che api ed insetti vi si possano posare sopra. E poi, un po’ diffido sempre di coloro che non usano il bidè. Anzi, che proprio non sanno cosa sia! Per strada invece sono sempre molto pazienti, anche con chi come noi, rallenta in prossimità di ogni cartello, o magari gira all’improvviso senza avere il tempo di mettere la freccia. Finora non abbiamo sentito neppure una volta suonare il clacson. Le spiagge viste fino ad ora, sono tenute piuttosto male, con spesso abbondanti rifiuti ammassati in qualche punto, anche se in questo caso non so quanta sia colpa loro, e quanta invece di turisti cafoni e maleducati. Il verde per l’attraversamento pedonale dura pochissimi secondi, un anziano o una persona con un dolore ad una gamba che cammina più lentamente, rischia di non arrivare dall’altra parte. Anche se in effetti, nessuno si muove se solo c’è ancora qualcuno con anche un solo piede sulla strada. Ci sono pochissimi anziani in giro, ancora meno cani e zero loro escrementi (dei cani eh, non degli anziani…) La birra è la bevanda nazionale, per donne e uomini. Cambia solo la dimensione del bicchiere: una pinta d’ordinanza per gli uomini, una piccola per le donne. E un’altra particolarità, è che non ti danno mai da bere una birra nel bicchiere con la marca di un’altra! È considerato sacrilego bere una Murphy’s, per esempio, nel bicchiere di una Guinness. Bestemmia una Bud in quello della Heineken. E quando bevono, non mangiano nulla. Impensabile che ti portino insieme alla birra qualcosa da sgranocchiare. Adorabile abitudine tutta italiana! Patiscono il freddo molto meno di noi. Spesso alla sera sono in maniche corte o canottiera, mentre noi tremiamo con le felpe. h 23.00 Siamo rientrati da poco in camera. Tralee pare non offrire molto al mercoledì sera. Abbiamo cenato in un pub, io con stufato di manzo alla Guinness, davvero molto buono. Andre delle specie di volovan (ma come cazzo si scrive???) con pancetta, funghi e pollo. E patatine e salsine. Leggero come sempre, l’Andrè. Là! E due ottime Murphy’s. Siamo giunti alla conclusione che ci piace più della Guinness. Ha lo stesso sapore, la stessa fantastica schiuma, ma ha un retrogusto meno amaro. Non rimane in bocca quell’aroma di bruciato. Ora facciamo anche gli intenditori! Abbiamo deciso di fare, una sera, un esperimento: ordinare contemporaneamente una Murphy’s ed una Guinness a testa. Sorseggiarle un po’ alla volta, e trarre le nostre conclusioni. Vorremmo anche provarne a bere una secondo la loro tradizioni, ossia in tre soli sorsi: tre sono infatti i cerchi, segno della schiuma, che dovrebbero rimanere traccia nel bicchiere. 09/08/07 h 15.15 CLIFFS OF MOHER Uno spettacolo sensazionale. Se non fosse per i centinaia di turisti che affollano il paesaggio, qui sarebbe da sedersi, tirare su il colletto della felpa per ripararsi il collo dal vento che spira fortissimo, ed abbandonarsi completamente. Rocce alte più di duecento metri che scendono a picco sul mare, enormi prati che all’improvviso diventano vuoto, aria e poi l’oceano laggiù in fondo. Il tutto mentre il cielo alterna i suoi colori azzurri a nuvole che coprono il sole e rendono l’atmosfera ancora più solenne. Già, solenne. Come se si trattasse di qualcosa di molto più che la semplice visione di un paesaggio della natura. Sarebbe bello poter stare qui in silenzio per ascoltare i rumori della natura, il vento, il muggire di qualche mucca intorno e soprattutto il frangersi delle onde sulle rocce. Chissà che spettacolo nelle giornate di tempesta. Mi ci perderei delle ore. h 18.53 Siamo da poco arrivati a Galway. Al terzo tentativo abbiamo trovato un bel B&B (il primo era no vacancies mentre il secondo troppo caro). Qui, con 35 euro a testa, abbiamo una bella stanza con due letti singoli ed uno matrimoniale, a 5 minuti dal centro. Molto carina e pulita. Il tipo alla reception è un eritreo che somiglia a Carlton, il cugino di Willy il Principe di Bel Air. Simpatico, dice che la stanza veniva 50 euro a testa, ma visto che era l’ultima, ci ha fatto questo prezzo. Magari non è vero, ma mi piace ugualmente pensarlo. Peccato però che non sia libera anche per domani notte. Pazienza. Il giro di oggi è stato il più lungo finora fatto, 250 km. Oggi ho guidato io. La prima parte è stata piuttosto lineare, da Talee a Limerick. Qui ci siamo fermati, la Lonely consigliava un paio di posti da vedere. Beh, la Treaty Stone, una roccia sotto la quale venne firmato il trattato di Limerick, non è altro che un masso con un po’ di muschio, neppure troppo grande. Il King Jhon’s Castle e la St Mary Cathedral, assolutamente niente di che. Ci siamo fatti così un giro veloce nelle vie del centro, ma l’impressione che ne abbiamo tratto è che questa cittadina fosse piuttosto triste. Abbiamo incrociato Artemio e la Mariarosa, i due italiani sfigati visti a Tramore due giorni fa. Li abbiamo soprannominati così perché ricordano troppo Pozzetto e la contadina sua innamorata del “Ragazzo di campagna”. A dire il vero, Artemio, chiamiamo tutti quelli con un trattore che incrociamo lungo la strada. E non sono pochi. Altro particolare di quest’isola: la gente impazzisce per l’hurling! Un gioco che ha qualcosa del calcio, del rugby, del polo, del baseball. Questo, almeno, per dei profani come noi. Girano con le bandierine della propria squadra attaccate ai finestrini delle macchine. Indossano le magliette per strada, dalle donne, ai ragazzi, ai bambini. Gadgets in vendita ovunque. Bandiere appese alle finestre delle case o addirittura nelle strade, da un lato all’altro. Quest’anno deve aver vinto il campionato il Watford. In questa contea infatti era peggio che dalle altre parti. Tornando al viaggio, la pioggia torna spesso a far capolino. E poi magari spunta un po’ di sole. Superato il paesino di Ennis, ci siamo diretti alle Cliffs of Moher, della cui impressionante bellezza non ho potuto fare a meno di scrivere sul momento, quando le avevo di fronte. Poi attraverso strette stradine, tutte ovviamente a doppio senso, ci siamo diretti verso Galway. In uno di questi tratti, tutto curve e discese, ci siamo imbattuti in un ragazzino che guidava un trattore enorme con rimorchio, come fosse un rallista. Quando inchiodava le gomme lasciavano un odore nell’aria… Abbiamo attraversato il Burren County, delle colline calcaree in netto contrasto con quanto di verde e rigoglioso abbiamo visto finora. Un bel colpo d’occhio però. h 2.00, forse, più o meno. Con tre Guinness a testa in corpo, siamo leggermente alterati. Ma cosa dobbiamo fare per ubriacarci totalmente? La serata è stata bellissima come pub, come musica, come birra. Anche se a fine serata ci si è avvicinato un vecchio, sosia di Verdone, che ci ha chiesto qualcosa con un tono che non ci è piaciuto affatto. Crediamo che ci abbia chiesto se siamo froci, forse soltanto perché eravamo gli unici uomini in tutto il locale a ballare. Vieni dalle nostre parti a fare il figo, vecchio di merda! 10/08/2007 GALWAY Altra giornata di pioggia. Speravamo che oggi ci fosse il sole per poterci magari sdraiare su un prato, in un parco e riposarci un po’. Ma il tempo, qui, non da tregua. Ieri sera mentre eravamo in camera, vedo arrivare in cortile due macchine da cui scendono un bel po’ di persone. Li sento parlare. Italiani. Con un marcato accento genovese. Li guardo meglio e due di loro vedo hanno la felpa del Genoa, un altro la borsa. Un altro ancora il cappellino. E che cazzo, no! Uno viene fino a qui, spera per almeno qualche giorno di non avere niente a che fare con loro, ed invece se li ritrova nello stesso B&B di Galway! Così stamattina, per colazione, mi sono messo la mia bella felpetta della Samp e sono sceso nella dining room. Quando sono arrivati i primi, ho sentito che hanno fatto un po’ qualche commento stupito con le varie mogli o fidanzate, ma la scena più bella è stata quando mi sono alzato per andare via: nella direzione opposta arrivava uno di loro che stava scendendo allora dalla stanza. Canticchiava, soprappensiero. Magari proprio una canzone delle loro. Quando mi vede, si blocca come se avesse visto un fantasma, rimane immobile, con la bocca su cui si sono spente le parole della canzoncina. E il suo amico, seduto al tavolo, gli sussurra: “Eh, lo so.. Appena sveglio non è bello vedere quei colori!” Rientro soddisfatto nella mia stanza, sperando di avergli fatto andare tutto il breakfast di traverso! Sono quei colori magici… h 20.49 GALWAY. Carlek House Siamo nel nostro B&B, quello in cui abbiamo dovuto trasferirci questa mattina. 45 euro per person dopo una contrattazione telefonica ieri sera con il padrone. Lui era fuori e la giapponesina carina che ci ha accolto, quando siamo andati a chiedere informazioni, non aveva alcun potere decisionale. Abbiamo passato tutta la giornata in città. Il tempo però è stato inclemente. Abbiamo girato tutto il centro che ormai conosciamo a memoria. La via principale, quella piena di negozi e turisti e poi la parte al di là del ponte, piena di pub e locali ma che ci ha dato l’impressione di essere per lo più terreno di abitanti locali e non di turisti di passaggio. La storia vuole che qui Colombo si sia fermato a pregare prima di salpare per il suo viaggio e la città di Genova ha donato una piccola statua commemorativa. È stato naturale farle una foto, in cui si legge bene l’iscrizione. Tanti italiani qui. Troppi. Sinceramente mi aspettavo di più da questa città. Avevo letto essere un posto di artisti, di cantori, dove aleggiava e si respirava una sorta di costante aura di creatività. Io non ho avvertito nulla di tutto questo. Negozi di souvenirs ad ogni angolo, fast food, turisti con zaino e macchina fotografica in mano. Qualche barbone ubriaco ai bordi della strada. Pub stracolmi di gente, ondate di musica tradizionale irlandese che si riversavano nella strada non appena qualcuno apriva le porte. Ieri sera però, sotto una fine pioggia malinconica, ho ascoltato suonare per strada quattro ragazzi davvero bravi: due chitarre elettriche, un basso e soprattutto una tromba. Delle melodie assolutamente incantevoli che mi hanno ipnotizzato. Hanno attirato una discreta folla di persone, che si è però poi dovuta dileguare quando la pioggia, da fine e malinconica, si è mutata in pesante e fastidiosa. Luce accesa, gocce che cadono forti sul tetto, partita di calcio in tv. Sembra un nostro novembre. h 1.30 Rientriamo da una bella serata per pub di Galway. Stasera siamo stati al “The Quay”, localone su due piani con un ottimo gruppo che suonava musica dal vivo. Molti sguardi e qualche sorriso. Nulla di più quello che è successo. Però siamo stati bene, anche meglio di ieri. Anche per le strade c’era molta gente, tutti aspettano l’approssimarsi del week end per poter eccedere in alcool ed orari rispetto al resto della settimana. Soliti gruppi di donne vestite in modo bizzarro per festeggiare l’addio al nubilato di una di loro. Stasera c’era una banda di ciccione vestite da cameriere che con Andre non abbiamo tardato ad apostrofare “Ah free Willy!” Ci siamo divertiti. Rientrati, abbiamo incrociato il padrone, che si aggirava al buio, per il salotto. “Night guys!” è stato il suo saluto. Che diventa anche il mio. h 10.30 Sto finendo di mettere la roba nello zaino guardando una puntata di Friends. È quella del matrimonio di Ross a Londra. Ci sto mettendo dieci minuti per mettere via una maglietta, per forza, mi fermo continuamente a guardare e ridere! La colazione stamattina mi ha un po’ deluso. C’era il tipo, il padrone, patito di film americani western (la casa è letteralmente tappezzata di locandine di film, selle, armi indiane, tappeti e qualsiasi altra puttanata simile possibile!), che era ai fornelli e veniva ogni tanto in sala a fare conversazione. “Hey guys! Hey guys!” Gli ho chiesto 2 scruble eggs e questo mi ha portato solo le uova con i toast, senza la super Irish breakfast! Io pensavo fosse sottinteso! Ci sono rimasto troppo male persino per chiedergli di rifarmela… Ora si parte, abbiamo due nuovi cd da ascoltare in macchina, i chilometri sono ancora tanti! h 15.00 Pub di Louisborough Stiamo guardando la partita di rugby, Scozia – Irlanda. Intorno c’è chi beve il suo thè, chi la sua birra, chi mangia salsiccia e patatine. Abbiamo ordinato due Irish coffee. Il clima lo consiglia caldamente. Piove a dirotto da stamattina e ci sono 12 gradi fuori. C’è un’atmosfera magica qui dentro. Un senso di calore, non solo fisico dato dalla differenza di temperatura con l’esterno. Ma anche di familiarità. Oggi è sabato, il paese non lavora. Questo è un piccolo centro, poche case ed immagino che ritrovarsi qui al pub dopo pranzo sia una sorta di sacralità. Moquettes, arredi in legno, un finto camino dietro di me. Un lungo bancone del bar, con alle spalle, davanti ad una parete fatta di specchi, bottiglie d qualsiasi marca di wiskhey. Alti sgabelli, tutti occupati. Due amici che chiacchierano a bassa voce dando le spalle allo schermo. Un corpulento signore da solo. Altri tre personaggi dai capelli bianchi che un po’ guardano la partita, un po’ parlano tra loro. Dall’altro lato del pub un altro gruppo di anziani tra cui uno dalla risata coinvolgente, spontanea, stridula, improvvisa. Andrea vorrebbe riuscire a registrarla e metterla come suoneria! L’Irish coffee è dannatamente buono, come direbbero da queste parti. E picchia giù duro. Sull’altro schermo, invece, è iniziata una partita di calcio gaelico. Stadio stracolmo ed entusiasmo da derby anche lì. h 16.18 Scozia – Irlanda 31-21 E il pub al fischio finale si è svuotato. La partita di calcio gaelico invece va avanti. Dopo un po’ diventa noiosa. Fuori non è cambiato nulla. Piove. Ci aspettano ancora meno di 30 km prima di arrivare a Westport, non molti. Ma tra poco ci rimettiamo in cammino così cerchiamo con calma un B&B very cheap. Pur senza fare niente di che, stiamo forse sforando un po’ nel budget. Oggi abbiamo mangiato panini in macchina con roba presa al supermarket. È bello anche così. h 19.00 CASTLEBAR Questa giornata è stata forse la più noiosa finora di questo bel viaggio. Sarà per la continua pioggia che non ha smesso un secondo di cadere, talvolta con un’insistenza ancora più fastidiosa, sarà che non siamo praticamente riusciti a scendere dalla macchina se non al pub a Louisborough, sarà che abbiamo girato mezz’ora per trovare un B&B libero. Sarà. Comunque, sia io che Andre siamo un po’ spenti stasera. Questo B&B che abbiamo trovato è leggermente fuori Castlebar, meta di ripiego dopo che la destinazione designata, Westport, non ha offerto un solo posto libero. La giornata di oggi è iniziata con l’indiano del B&B di Galway che, nostra cartina alla mano, ci ha dato un po’ alcune indicazioni su cosa vedere nel North, che a parer suo è il posto migliore di tutta l’Irlanda. Non sopporta gli americani, dice. Poi la sua casa è tutta un monumento alla cinematografia a stelle e strisce. Comunque, da Galway ci siamo diretti a Clifden. Il paesaggio intorno era molto suggestivo. Laghi, cascatelle, enormi distese di acqua che come specchi riflettevano i contorni delle montagne e dei boschi. Strade strette che attraversavano da un alto all’altro frequenti corsi d’acqua solo grazie a piccoli ponti di pietra. La pioggia, come dicevo, ha reso però difficile anche il solo fermarsi a fare qualche foto. Da Clifden ci siamo diretti verso il piccolo paese di Leenane (conosciuto anche come Leenaun), quindi, abbandonando la N59, abbiamo preso una strada provinciale ancora più tortuosa, la R335 che ci ha condotto lungo la Doolough Valley, acqua e prati fusi in un solo paesaggio. Da qui a Westport e quindi a Castlebar. Questo B&B è molto bello. Il proprietario, un certo Berty, è un tipo grande e grosso con la faccia simpatica. Qui intorno non c’è molto, per cui ci aspetta senza dubbio una serata tranquilla. Riposo ed un paio di birre. 12 agosto ’07 h 15.00 Well done Sligo! Cartello di benvenuto in questa città, sotto bandierine bianche e nere. Probabilmente qualche altro trionfo in uno dei loro sport. La notizia più eclatante e ciò che più ci rimarrà impresso di questo posto, è stato il passaggio di una bionda che entra di diritto nella top 5 di tutta la vacanza. Cosa, del tutto irrilevante, che abbiamo notato qui, è che le ragazze girano tutte in tuta. Chissà se perché è domenica, comunque sembrano essere appena uscite di casa per andare a prendere le sigarette al bar. Per il resto, dicevo, questo posto è piuttosto anonimo. Fortuna che oggi il sole sembra accompagnarci con una certa costanza per cui anche le tappe sono decisamente più distensive. Ci siamo regalati una fantastica mezz’ora di calcio in uno splendido campo, poco fa. Credo fossimo in un posto chiamato Templeboy. Sembra il nome di un videogioco. Erba appena tagliata, porte da calcio e da hurling (una costante, questa!), noi con il nostro mini ball della Champions league che schizzava da tutte le parti. Contenti come due bambini. Ora siamo sul lungofiume di Sligo. Si è fermata una Bmw di russi. Cioè, non credo siano proprio russi nel senso geografico del termine, noi però ormai chiamiamo così tutti quei personaggi un po’ loschi, alti e grassi, arroganti, con la faccia da paesani arricchiti. E qui è pieno! Altra costante degli irlandesi, la macchina con gli alettoni! È pieno di terroni! Marmitte che fanno un rumore allucinante, musica truzza ad alto volume, russi al volante. Ma la cosa più inquietante è che passano le serate a fare avanti ed indietro lungo le strade principali del centro, sgasando quando scatta il verde. Nel giro di 10 minuti puoi vederli passare almeno 4-5 volte. Mah. h 17.51 DONEGAL Siamo arrivati da poco. Abbiamo trovato un B&B al secondo tentativo, il tipo stava guardando il posticipo del Manchester, mezzo addormentato. È partito sparando 50 euro a testa. Gliene ho offerti 35. Lui ha detto che usando due letti costa di più, ci sono doppie lenzuola da lavare. Ci siamo accordati per 37 euro a testa. Onesto. È un bel posto qui, saranno 5 minuti a piedi dal centro. La camera è molto accogliente, pareti colorate di azzurro, stesso colore per le tende ed i piumoni dei letti. Parquet, microonde, tv e un bagno molto pulito. Ho scritto piumone, beh sì, perché di notte la temperatura scende parecchio e fa molto piacere abbandonarsi sotto al caldo. È una delle cose che più stiamo apprezzando dei B&B e forse in generale della vacanza! Andre è sul letto che messaggia. Io ho finito i panini, il formaggio ed il prosciutto presi al market ieri, a lui invece stasera ho proposto qualcosa di caldo, tipo una zuppa. Ieri ha accusato un po’ il mangiare irregolare. Al pub di ieri a Castlebar, dove ci ha gentilmente accompagnato Berty n macchina, come ragazzini non ancora patentati, io mi sono preso due Bulmers, che qui in Irlanda vanno parecchio. È un sidro . A stomaco vuoto mi hanno anche dato una trona discreta. Per riassumere il giro di oggi. Patenza da Castlebar, ci siamo poi diretti verso Ballina, posto che non offriva alcuna attrattiva particolare. Così siamo andati ad Innishcrone, un piccolo ed accogliente paesino di pescatori proprio nell’insenatura della Killala Bay. La spiaggia in realtà era un’enorme distesa di alghe, con odore di pesce e di marcio fortissimo! Ma la cosa più assurda è che c’erano intere famiglie che con retini, secchielli e lenze per la pesca, non stavano letteralmente nelle pelle per l’entusiasmo di buttarsi tra le pozze di acqua marcia tra quelle alghe, e trovare chissà che. Così con Andre, abbiamo iniziato ad ipotizzare cosa ci potesse essere di così eccitante e prezioso da pescare in quelle mezze paludi salmastri. Alla fine, siamo giunti alla conclusione che ci fossero anelli di totano. Già pronti, tagliati. Impanati. E persino pure già fritti. Quelle famiglie sono così divenute per noi “i pescatori di totani fritti”. Da Innishcrone siamo arrivati a Sligo, di cui ho già parlato prima e di lì a Drumcliff, piccola località dove sono conservate le spoglie del poeta William Butler Yeats. Sinceramente, prima di partire non sapevo nemmeno chi fosse questo scrittore. Però pare che da queste parti sia uno dei più conosciuti ed amati. Fermarmi davanti a quella che oggi è la sua lapide, lo voglio considerare un segno di buon auspicio. Chissà. Da Drumcliff siamo andati a Mullaghmore, una spiaggetta che ci aveva consigliato IndiaNapoli, ossia l’indiano di Napoli, come abbiamo soprannominato il gestore di B&B di Galway patito di film western sugli indiani, ma terrone dentro… Purtroppo però, 5 minuti dopo aver parcheggiato, una fittissima pioggia ci ha costretto a fare ritorno alla macchina. Il porticciolo comunque era carino ed anche la spiaggia da cui decine di persone hanno iniziato a scappare via per l’acquazzone, non sembrava male. Da lì, a Ballyshannon, paese in salita sulle pendici di un colle e quindi, ancora sotto l’acqua, siamo arrivati a Donegal dove, magicamente, ci ha accolto il sole. In macchina alterniamo adesso 4 cd, dopo che la radio ci aveva sfinito per la bassa qualità della musica trasmessa e per le frequenze che continuavano a saltare: uno dei Coldplay, “Automatic for the the people” dei Rem, “18 singles” degli U2 e la colonna sonora di Rocky (questo è Bellotti Style, ci tengo a sottolinearlo!). Questi cd sono la Soundtrack del nostro viaggio. Insieme ad alcuni singoli che un po’ la radio, un po’ nei pub, un po’ per strada continuiamo a sentire. Il più gettonato è “Umbrella” di Rihanna, poi “Big Girl (you Are Beautiful)” di Mika o “Beautiful Girls” di Sean Kingston ma soprattutto Kaiser Chiefs con “Ruby”! h 23.45 Siamo in camera. Serata molto easy in un pub in città. Era quello dell’ostello, gestito da ragazzi, con un’atmosfera molto soft. Tutto davvero molto piacevole. Abbiamo cenato lì, cercavamo qualcosa di un po’ più sano rispetto a quello fino ad ora mangiato, per cui abbiamo optato per due soup of the day, una specie di minestra di verdure molto calda che, data la temperatura esterna, ci ha fatto molto piacere. Poi, per me un’insalata mista con del formaggio che chiamano blue cheese e che è una specie di crema di gorgonzola. Per Andre invece Bbq wings, costolette alla brace con una salsa piccante sopra. Da bere gli abbiamo chiesto due chiare irlandesi, ma temo ci abbia portato due Heineken. Finite quelle, ci siamo presi 2 Bulmers in bottiglia, che abbiamo bevuto secondo la loro usanza, ossia in un bicchiere stracolmo di cubetti di ghiaccio. Abbiamo passato la serata lì e mentre fuori continuava a imperversare il temporale, noi abbiamo fatto una lunghissima chiacchierata, su molti argomenti. Da quelli più seri a quelli più leggeri. Bellissima. Ora Andre è a letto che è crollato, mentre io mi sto guardando tutti i servizi della prima giornata di Premier League. Una figata. 13 agosto ’07 h 12.15 SLIEVE LEAGUE Tutto ciò di cui avevo avvertito la mancanza l’altro giorno alle Cliff of Moher, è qui. Sono senza fiato e senza parole. Sono le scogliere più alte d’Europa, silenzio. Il solo rumore dell’oceano e delle onde sugli scogli sotto di noi, a centinaia di metri. A strapiombo. Un orizzonte infinito di 360 gradi. Prati e rocce che d’improvviso scendono, verticali e l’acqua laggiù in fondo di un blu intenso. Un forte vento che quasi ti spinge via e ti spaventa anche un po’ se ti sporgi troppo. Un’aria candida che ti entra nei polmoni. Pochissime persone. Una vista ipnotica, mi guardo intorno e mi perdo. Mi sento piccolo, eccitato. La vastità della natura mi rende felice. Dieci minuti qui valgono da soli il viaggio in Irlanda. h 15.35 LETTERKENNY La città più grande del Donegal. Piccola sosta per riempire lo stomaco e sgranchire le gambe. C’è il sole, però piove a tratti. Cerco disperatamente un arcobaleno. Lieve nostra caduta di stile, ci stiamo prendendo una pizza! Sì, lo so, sarà una pizza irlandese dura, dolce, bruciata. Ma tant’è ne avevamo voglia. La giornata di oggi forse è la più bella in assoluto. Vediamo cos’altro ci offre il pomeriggio “Comunque sembriamo proprio Luca e Paolo quando facevano Mtv trip e andavano in giro…” “Ci manca solo il carro funebre che avevano loro!” Sono arrivate le nostre pizze. Due specie di tartine da 5 euro l’una! Andre “Ehm.. Sei tu che le hai chieste small…” Andre beve una 7Up, o meglio nota come “Zup”, come tutti la chiamavamo da bambini. Infatti credo fosse dall’82 che non ne vedevo più una lattina! Pizza secondo le aspettative. Ma forse ho addirittura mangiato di peggio altrove. h 18.10 Malin head Siamo nel punto più settentrionale di tutta l’Irlanda, dove l’ultima scogliera, l’ultima roccia dell’isola scende nel mare. C’è un vento fortissimo, ma è stupendo rimanere qui a contemplare l’oceano, le onde e pensare in quale punto ci troviamo. Mi sento come se avessimo raggiunto la fine delle terre conosciute, come se al di là di queste rocce ci fosse l’ignoto. Le nostre colonne d’Ercole. È esagerato, lo so. Ma è quello che sento guardando ciò che ho di fronte e voglio fotografare quest’immagine per sempre nella mia mente. h 22.57 LIMADAVY Ok, partiamo dal fondo, cioè da dove siamo adesso e perché. Ci troviamo in questo paese poco oltre Londonderry perché siamo letteralmente fuggiti da lì. L’idea originaria era di fermarci in quella che, per dimensioni, è la quarta città d’Irlanda. Persino il suo nome è controverso: originariamente Derry (che in gaelico dovrebbe significare “bosco di querce”), si è in seguito trasformato in Londonderry in onore dei cittadini britannici che qui si trasferirono per ripopolare la città. Oggi, è chiamata in questa sua ultima versione solo dagli unionisti e principalmente nell’Irlanda del Nord, mentre in Eire e dai nazionalisti in genere, è chiamata e conosciuta ancora semplicemente come Kerry. Beh, dicevo, arriviamo e subito becchiamo un sit-in di cattolici davanti ad un hotel che manifestano contro l’omossessualità. Cartelli tipo “homosexuality is sin” o “is illegal”. Noi magari potremmo anche essere d’accordo, ma chissà che vedendo noi due da soli quelli non la prendano male… Riusciamo dopo duemila giri, a parcheggiare la macchina in centro, ci avviamo lungo le mura storiche della città alla ricerca di quello che la giuda indica come “ostello” ed al suo posto vediamo solo un albergo a 4 stelle. Ci avviamo nella via pedonale, dopo aver chiesto indicazioni ad un ragazzo e ad una tipa piccola ma molto carina con la quale lui stava flirtando, e notiamo soltanto negozi chiusi, spazzatura in terra, russi davanti ai pub e soprattutto sguardi addosso fastidiosi e curiosi. Più camminiamo e più ci sentiamo addosso un profondo senso di disagio. Il centro vero e proprio è praticamente deserto. Decidiamo allora di riprendere la macchina e spostarci un po’ più fuori ed anche lungo la strada avvertiamo subito che qui in Irlanda del Nord, c’è una netta differenza rispetto all’Eire. Forse le altre macchine notano la nostra targa, forse la nostra è soltanto suggestione (ma non credo sia così), fattosta che sono tutti molto più nervosi nel guidare. Si buttano con incoscienza nelle rotonde. Ti stanno attaccati per poi magari superarti nei punti più impensabili. Non ti danno tregua se cerchi un’indicazione. E poi tanti B&B c’erano in Eire quanti zero ne abbiamo visti qui! Non so, forse là i gestori hanno degli incentivi statali o delle agevolazioni fiscali, perché qui anche quelle case che sembrerebbero prestarsi benissimo, non sono altro che semplici abitazioni private. Così ci siamo fermai a Limavady, dopo essere riusciti a trovare un alberghetto discreto a 22,50 pounds a testa. Ora la moneta è la sterlina. È piuttosto triste come posto, l’attrattiva principale è la sala del bingo da cui alle dieci è uscito mezzo paese! Qualche ragazzino che gira in bicicletta gridando strani e lugubri versi. Una grossa pompa di benzina con un supermarket annesso, da provincia americana. Un paio di fast food, pizze da asporto e kebab. Tutti rigorosamente vuoti. Due pub, uno completamente deserto ed un altro con tre persone. Abbiamo scelto questo. L’interno sembrava l’esatta riproduzione del bar di Moe’s dei Simpson. Il ragazzo che lo gestisce, subito ci è sembrato un po’ stizzito, quasi fossimo arrivati incautamente a ritardare la sua prossima chiusura, ma ci siamo poi dovuti ricredere quando ci ha offerto una serie di panini e tramezzini che erano rimasti da una festa tenuta probabilmente poco prima al piano di sopra, dal momento che abbiamo visto riordinare e poi chiudere, alcune donne. Panini che hanno accompagnato la bevuta di una Harp, una chiara che da queste parti, vedendo la pubblicità e le insegne fuori dai pub, tira parecchio. Una lager frizzante che si beve bene. Sulla parete di fronte al bancone dove eravamo seduti, un cartello: “Murderer enquiry”. La foto di un ragazzo ucciso circa un mese fa e la richiesta da parte della polizia di qualsiasi aiuto possa portare a trovare l colpevole. Un’immagine da brividi. La giornata comunque è stata, fino ad oggi, la più ricca di emozioni. Partiti da Donegal, ci siamo diretti a Killybegs e Kilgar, dai quali siamo tuttavia soltanto transitati. Abbiamo quindi preso l’impervia e stretta stradina per le Slieve League, la cui visione mi ha, come detto, lasciato un carico di emozioni e vibrazioni enorme. Incrociare macchine in meno di tre metri di spazio, con uno strapiombo proprio al di là del finestrino, la schiuma delle onde su quelle rocce in fondo ed il rumore dell’oceano, forte e continuo, sono emozioni che trovo persino difficile riuscire a rendere sulla carte come vorrei. Da qui ci siamo spostati a Glecoloumbkille, borgo di pescatori e da lì verso Andara attraverso una strada secondaria nota come Glen Gesh Pass (valle dei cigni), che sembrava quasi un paesaggio alpino: monti scoscesi e valli rigogliose costeggiati da fattorie isolate e laghetti. Siamo quindi transitati da Glenties e da qui dritti su Letterkenny, dove abbiamo consumato la nostra pizza irlandese. Letterkenny è stata la nostra base per il giro della Innishowen peninsula: da Buncrana e Cardonagh fino a Malin head, the most northly di tutta l’isola. Sensazioni estreme che ho cercato di immortalare nel momento stesso in cui le provavo. Ritorno attraverso Culdaff e Moville fino a raggiungere Derry ed infine, come detto, Limadavy. Ora che siamo quindi in Nothern Ireland, vediamo se le prime negative impressioni tratte nelle ultime ora saranno confermate nei prossimi gironi. Adesso preparo l’itinerario per la tappa di domani, quando il turno di guida toccherà a me e poi mi metterò a dormire. La sveglia suonerà presto, vogliamo partire per le otto e mezza, per le tante cose da vedere e per non arrivare tardi a Belfast. Le immagini degli splendidi posti di oggi mi culleranno il sonno. 15/08/07 BELFAST Mille cose da scrivere da ieri. Non riesco a stare dietro agli eventi. h 13.40 Siamo seduti d fronte alla City Hall, il “Palazzo Tursi” di Belfast. Siamo appena tornati dal giro a West Belfast, splendido. Merita una descrizione dettagliata, mi riprometto di farla appena possibile. Così come la rivisitazione della giornata di ieri. Ora ci stiamo riposando un po’. La città è affollatissima. Mi sembra che la maggior parte delle persone sia residente, ci sono sì turisti ma non moltissimi e fortunatamente gli italiani si possono contare sulle dita si una mano. È una città giovane. Ragazzi in giacca e cravatta con l’Ipod nelle orecchie. Giovanissime mamme con passeggini a schiera e marmocchi al seguito. Impiegati in pausa pranzo, un gruppo di punk che parla serenamente sotto la statua della Regina Vittoria. Teen agers che mangiano McDonald’s da asporto su una panchina, splendide ragazze dagli occhi magnetici che passano frettolosamente nella piazza, forse per fare rientro al lavoro. Il sole va e viene, come ormai ci siamo abituati a vedere qui. Poco fa sono cadute due gocce. Mi piace l’atmosfera che si respira qui, è una città che sta crescendo, che si sta risollevando dopo gli anni bui dei “troubles” ed è in atto un’imponente opera di ricostruzione, sia materiale (sono moltissimi i cantieri, ovunque), sia spirituale. Secondo me ha moltissimo da offrire. La gente è gentile, non ostile come ci era apparso a Londonderry. Le persone ti guardano quasi sempre in faccia quando le incroci per strada, alcune ti sorridono, altre passano oltre e se ti fermi per farle passare, allora abbassano la testa con timidezza sussurrando un “thanks”. Parlano un inglese molto più difficile da comprendere, ieri il tipo del parcheggio mi ha ripetuto per tre volte una cosa, che alla fine non ho ugualmente capito. Però non hanno problemi a ripeterti le parole. Sono molto più indisciplinati per strada. Mentre in tutti i posti finora incontrati, il pedestrian, il pedone è sacro, qui anche se ti accingi ad attraversare, loro se possono passano. C’è da dire però che anche i pedoni sono anarchici, attraversano spesso con il rosso, magari correndo per evitaere le macchine. E la cosa emblematica è che le prime a farlo sono le giovani mamme con i passeggini. Sì, più mi guardo intorno, spettatore su questa panchina e più sono certo che questa sia la più bella città irlandese. Sono conquistato. BELFAST WEST Giornata dedicata a Belfast questa, così verso le 11, ci mettiamo in marcia, a piedi, per cercare di vedere il più possibile. Decidiamo di dirigerci subito verso la zona che negli anni passati ha fatto di questa città un sinonimo di bombe, attentati, guerra civile. Il quartiere dove è nata e si è diffusa l’IRA (Irish Republin Army). Dalla City Hall, ci allontaniamo dal centro e dopo una decina di minuti arriviamo alla Divis tower, un piccolo grattacielo da dove, negli “anni caldi” degli scontri, la polizia sorvegliava gli spostamenti di praticamente tutta la popolazione. Ed ancora oggi, negli ultimi piani e sul tetto, ci sono postazioni privilegiate di controllo militare che tuttavia continuano a suscitare proteste emblematicamente espresse con la pittura negli edifici accanto. Appena superata la Divis Tower, si inizia a scorgere tra le case, una sorta di recinzione alta quasi 6 metri sormontata da filo spinato. Veniamo a scoprire che da circa 35 anni questa barriera separa la comunità protestante da quella cattolica. Dopo che persino il Muro di Berlino è stato abbattuto e sconfitto, queste barriere ancora oggi segnano e marcano in modo cos lacerante, il territorio. Da questo punto in avanti, si inizia a respirare un’aria del tutto particolare. Non escludo che possa essere stata soltanto suggestione, la mia. Ma ritrovarsi “dentro” luoghi dove fino a pochi anni fa il pericolo e la guerriglia erano le uniche costanti, mi ha trasmesso sensazioni particolari. Che forse avevo provato analoghe, soltanto di fronte proprio al Muro di Berlino. Ci trovavamo là, tra i palazzi dove sono state scritte pagine così cruente della storia contemporanea. Mi sentivo elettrizzato e pensieroso allo stesso tempo. Sensazione che sentivo crescere passo dopo passo. Subito dopo abbiamo raggiunto il Solidarity Wall, un muro lungo circa venti metri interamente decorato con murales, attraverso cui i repubblicani nordirlandesi hanno inteso esprimere la loro solidarietà nei confronti dei separatisti baschi, curdi e palestinesi. Quindi, proseguendo, siamo arrivati alla sede del Sinn Feìn (il partito repubblicano), caratterizzata da un enorme murales raffigurante Bobby Sands, leader che nel 1981 morì dopo 61 giorni di sciopero della fame. Sotto campeggia una scritta, una sua frase: “La nostra vendetta sarà il riso dei nostri figli”. Un personaggio che avremo modo di incontrare più volte in questa nostra lunga passeggiata. Un ragazzo che a soli 27 anni ha volontariamente sacrificato la sua vita per la causa i cui credeva. Divenuto un simbolo. Sul lato sinistro della strada si trova invece l’ospedale, triste associazione con i luoghi in cui, per anni, i feriti sono stati proprio lì, a pochi metri. Bellissime le artistiche inferriate di recinzione dell’edificio, la cui forma sinuosa ha voluto ricordare la struttura del dna umano. Tra queste, con il laser, sono stati incisi dei ritratti di volti umani, che diventano visibili però soltanto ponendosi ad una certa angolazione, possibilmente abbassandosi e lasciando il cielo con il suo colore unito a fare da sfondo. Inizia quindi falls Road, il quartiere vero e proprio, la cui caratteristica oggi, sono i murales dedicati ai numerosi caduti durante gli scontri. Uno di questi, il Plastic Bullet Mural, commemora le 17 vittime (tra le quali 8 erano bambini), uccise dai proiettili di plastica sparati dalle forze dell’ordine durante una manifestazione. Quindi, due vie più avanti, si arriva a Beechmount Ave. Sotto la targa con il nome ufficiale della via, ne è stato messo un altro, scritto a mano, RPG Avenue. La sigla “RPG” sta per “rocket propelled grenade”, ossia granata a propulsione a razzo: infatti questa via era utilizzata come linea di mira per gli attacchi portati dall’IRA contro la base delle forze dell’ordine situata nella vicina Springfield Road. Campeggia inoltre un enorme murales inneggiante alla Free Ireland. Passeggiando, tra altre splendide raffigurazioni, abbiamo raggiunto la zona del cimitero, in prossimità del quale diverse “H” verdi appese agli alberi ed un monumento enorme, sempre a forma di “H” e riportante tutti i volti dei deceduti in seguito allo sciopero della fame, vogliono rendere omaggio a coloro che, rinchiusi nel blocco H del carcere di Maze, si sono lasciati morire di inedia. Tra questi, come detto, Bobby Sands il cui viso sorridente ed i lunghi capelli, mi hanno ricordato un altro nordirlandese illustre, George Best, negli anni migliori della sua carriera e della sua intensa vita. Rischio di ripetermi, ma le sensazioni che passeggiare tra queste strade mi hanno portato, sono state intense e vibranti. Non so se esista il corrispettivo della Sindrome di Stendhal per i luoghi dove si è scritta la storia, tragica e cruenta che sia stata. Ma io ho provato sensazioni assai coinvolgenti e la voglia di scrivere è per sperare che in questo modo, solo rileggendo queste parole, possa tornare a provare e respirare tutto questo. h 18.20 Siamo in albergo. La lunga giornata in giro si sta facendo sentire, ora ci riposiamo un pochino e dopo ci prepareremo per la serata. Confermo le mie prime impressioni, Belfast è una bellissima città. Non certo ricca di monumenti o imponenti opere architettoniche, ma gravida di voglia di crescere. Ricca di positività. REWIND SULLA GIORNATA DI IERI, 14/08/2007 Sveglia presto, in vista del lungo tragitto, del fatto che vogliamo arrivare a Belfast nel primo pomeriggio e, cosa non trascurabile, che dalle 8.30 il parcheggio dove abbiamo lasciato la macchina diventa a pagamento. All’ora in cui siamo pronti per uscire, il personale di quel piccolo alberghetto ancora dorme, così nostro malgrado, siamo costretti a saltare la colazione. Ci mettiamo in macchina, mio turno di guida, diretti al Giant’s Causeway. A quest’ora si viaggia sicuramente meglio. Attraverso la Causeway coast, raggiungiamo le scogliere, e come in più di un’occasione ci è capitato in questa vacanza, rimaniamo a bocca aperta. Imponenti formazioni rocciose dalla forma esagonale, praticamente perfette come fatte artificiosamente, che si ergono quasi fossero colonne piastrellate. Sembra davvero impossibile che non siano opera umana. Risulta difficile credere che la natura sia stata capace di creare, nel senso letterale del termine, uno spettacolo di questo tipo. La passeggiata dei Giganti. In effetti sembra proprio una passerella, fatta a gradini, che scivola in mare come se dei giganti l’avessero costruita per raggiungere le coste della Scozia di fronte. Una bellissima e lunga passeggiata permette di ammirare dal ciglio delle scogliere, la meraviglia sottostante. E un’altra passeggiata, invece permette di calpestare la passeggiata, di stare sopra queste forme, di toccarle con mano. Dopo quasi tre ore persi in tutto questo, sudatissimi per i molti chilometri macinati, ci dirigiamo all’uscita e meditiamo soddisfatti sulla nostra scelta di arrivare presto. A quest’ora infatti, l’orda di turisti è un fiume che invade le due passeggiate in modo persino irritante. Quando invece siamo arrivati noi, saremo stati in sei. Bellissimo. Il viaggio verso Belfast è stato poi caratterizzato da una fitta nebbia, poi pioggia, freddo intenso e vento e poi da un pallido sole. La ricerca di un albergo a Belfast è stata un po’ più complicata del previsto, ma alla fine, con 80 sterline a testa per due notti, abbiamo trovato un’ottima sistemazione nella zona più animata, quella dell’Università. Nonostante poi fosse martedì sera e quindi molti locali fossero chiusi o non offrissero nulla, noi abbiamo passato la serata forse più bella. Prima una Guinness da Lavery’s guardando gli ultimi minuti di Tottenham – Everton. Poi, visto che il pub si era praticamente svuotato, ci siamo spostati più all’interno, in un altro locale che ci ha ispirato subito. Qui ci siamo abbandonati ad una Magners dopo l’altra. La Magners altro non è che il nome che qui in Irlanda del Nord ha la Bulmers. Alla fine ho perso pesino il conto di quante ne ho bevute. Io ero completamente fuori, allegro ma non molesto. Sguardi sempre più insistenti e maliziosi di una brunetta vicino. Ampi sorrisi ed evidenti segnali. Poi, d’improvviso, poco dopo l’una stop alla musica, luci accese e tutti a casa! Probabilmente se avessimo voluto la serata sarebbe potuta finire in modo diverso, ma ieri sera mi andava bene così. È stato bello condurre il gioco in quella maniera. E con la testa che girava vorticosamente, siamo andati a dormire. I postumi di quella sbronza si sono manifestati stamattina quando, alla cameriera che era venuta a chiederci cosa prendessimo per colazione, io ho risposto: “An Irish coffee with scrumble eggs!”, invece che Irish breakfast… il suo sguardo confuso e forse un po’ preoccupato, mi ha fatto subito correggere… 16/08/2007 h 10.50 Guardando una puntata di Friends, stiamo raccogliendo le nostre cose. We’re leaving Belfast! Ieri altra bellissima serata. Abbiamo capito l’assoluta necessità di acquisire padronanza con la lingua inglese. Andre è stato chiamato fuori da una che gli ha chiesto chissà cosa… io invece ho flirtato tutta la sera con una biondina tipo Barbie ed anche lì, di tutto quello che mi ha detto, avrò capito tre parole! Oh Hell!!! h 14.10 Newry. Città di confine dell’Irlanda del Nord. Sosta su una panchina davanti alla Town Hall. Di fianco abbiamo un gruppetto di chierichetti che stanno cantando cori che sono un misto tra quelli degli alpini e quelli della Messa di Natale. Posto discreto ma carino, questo. C’è un cannone sul ponte, se non ricordo male da quello che ho letto sulla Lonely, è un reperto della guerra di Crimea. Ci siamo fermati qui più che altro per dare fondo alle circa otto sterline in monetine che ci sono avanzate, e come ormai è costante di questa vacanza, le abbiamo investite tutte in kitkat, patatine, m&m’s. E una bottiglia d’acqua. Va beh. Ho il fegato che sta preparando le carte per il divorzio, dopo due settimane in cui l’ho sottoposto ad ogni tipo di schifezza, sento che ora ce l’ha con me. Lo capisco. Ieri, verso le tre, stavamo passeggiando per Belfast, quando Andre mi guarda e fa: “Mi sta venendo fame, a te no?” Io che a colazione mi ero abbuffato di uova, pancetta, funghi, salsiccia di pollo, rispondo: “Sinceramente per niente. Solo a sentire l’odore di cibo mi viene la nausea!” “Ma.. Niente, niente?” – insiste Andrea “No, giuro. Sono pienissimo!” Passano sì e no due minuti e gli dico: “Mmh… c’è un Kentucky fried chicken là… che ne dici di un po’ di pollo fritto?” “Stasera per me va bene, ce n’è uno anche in centro, no?” “Sì.. Per esserci c’è…però non ricordo bene dove. Questo è già qui…” Morale: entriamo e ci facciamo fuori il menù da 6 pezzi a testa di pollo fritto fritto fritto unto e un po’ piccante. Con Pepsi e porzione di patatine. Mi sento il protagonista di Big size me! “Andre, ho buttato due pence nel fiume esprimendo un desiderio” “Eeh… vorrà dire che li scali dal totale che ti devo dare…” h 18.47 MULLINGAR Giornata di anarchia totale. Senza nessuna meta precisa, con l’intenzione di consumare un po’ di benzina visto che telefonando all’agenzia di noleggio, abbiamo avuto la conferma che la macchina va riconsegnata a serbatoio vuoto (non eravamo del tutto convinti della veridicità dell’adesivo “Please return empty”). Siamo così finiti qui, una cittadina non grande ma molto carina. Abbiamo trovato una stanza in un B&B chiamato “Railway house”, si trova infatti proprio tra il fiume e la ferrovia che ha un unico binario. Un’immagine assai suggestiva, proprio attraverso la finestra della camera. La macchina l’abbiamo parcheggiata nel loro cortile, in uno spazio stretto e chiudendo il passaggio ad altre due. Così abbiamo dovuto lasciare le chiavi in cucina, se dovesse uscire uno di loro, la sposteranno. Andre sembrava diffidente. “Ma belin, loro ci lasciano le chiavi di casa e tu non ti fidi a lasciare le chiavi di una macchina che tra l’altro non è neppure nostra!” Abbiamo fatto un giretto per vedere un po’ cosa offre il posto ed io penso di avere incrociato la donna della mia vita: piccolina, capelli biondi, un visino dolcissimo, occhi azzurri, pochissimo trucco, lentiggini, un bel nasino.. Davvero, bellissima. Così è iniziata con Andre una disquisizione su come vorrei che fosse la donna dei miei sogni. “Beh… oltre ad avere queste caratteristiche fisiche, deve anche leggere un sacco. E poi essere intelligente, amare viaggiare con uno zaino in spalla e senza pretendere l’albergo a 5 stelle. Non deve volere bambini, essere gentile, andare d’accordo con i miei amici, avere un lavoro che la appaghi…” “E poi magari essere fedele…” “Eh sì…” “E lasciarti tuoi spazi?” E quella che credevo fosse una semplice conversazione tra amici su ciò che vorrei trovare, ho capito invece essere diventata la descrizione dell’utopia totale. L’espressione di Andre era eloquente… “Svegliati!” Comunque lei era proprio bellissima… Questa stanza è piena di spifferi! Sto guardando una puntata dei Simpson, Homer è fantastico anche con la voce originale! Entra aria da tutte le parti qui! h 00.04 Mullingar si è rivelato il posto ideale per chiudere in bellezza questa vacanza. Abbiamo cercato un posto dove poter prendere una bella zuppa calda, vista la temperatura invernale che c’è qui. Ne abbiamo trovato uno che da fuori non valeva granchè. Dentro, una vera sorpresa! Un pub enorme, luci soffuse, un sacco di candele, un ambiente caldo, avvolgente. Comodi ed eleganti divani in pelle, vetrate colorate, sgabelli imbottiti e tavoli in legno. In più un proiettore che ha proposto due film di Elvis che hanno finito per coinvolgerci. Senza audio, perché le casse sistemate in tutto il locale scaricavano musica di ottima qualità ad alto volume. Salmone affumicato, gamberetti, insalata, una salsa saporitissima, pane garlico ed un’ottima zuppa densa e cremosa, gustosissima, per me. Stessa zuppa con però un piatto di brie fritto ed insalata per Andre. Il tutto accompagnato da due immensamente inimitabili Guinness. Intanto il pub ha iniziato a riempirsi fino a che l’afflusso di gente, per lo più splendide ragazze vestite con abitini leggeri, è divenuto continuo. Noi alla fine seduti sul divano al cui tavolo abbiamo cenato, come fossimo a casa, a sorseggiare due Bulmers (le Magners, qui in Eire, sono tornate a chiamarsi Bulmers), a guardarci intorno, godere appieno dell’atmosfera nell’unica serata in cui messi zero in tiro, avevamo solo voglia di vivere easy l’ultima serata qui. A coronare la bellissima serata, la notizia della vittoria della Samp a Spalato. Dopo l’acquisto di Cassano non potevo chiedere di meglio. Ora spengo la luce, domani ci aspetta una lunghissima giornata. 17/08/2007 h 10.00 Ultimo giorno in Irlanda. Finita ora la colazione, con l’ormai consueta Irish breakfast… mi mancherà! h 14.55 Siamo in un parco di Dublino. Il tempo di aprire la Moleskine, ed inizia a piovere! Ok, come al solito, dieci minuti ed ha praticamente smesso. Abbiamo il volo stasera alle nove. Ci siamo presi ancora tutta questa giornata per girare per Dublin, è strano pensare a come siano passate due settimane da quando eravamo proprio qui. C’è un sacco di gente nel parco, se ne esce Andre e fa: “Sembriamo quei due che se ne stanno sulla panchina… hai presente, no? Quello che arriva e dice < ahiahiahiahai>

In pratica ha fatto un mix tra Ale e Franz sulla panchine e FIcarra e PIcone… h 16.10 Temple Bar Ci siamo concessi ancora 2 Bulmers, la nostra bevenda regina di questa vacanza. L’atmosfera del pub è sempre stupenda. Ci sentiamo a casa tra gli sgabelli, i tavolacci, l’odore di fritto soft, non quello nauseante del fast food. Musica costante a fare da sottofondo. Spesso una partita in tv. Non sempre di calcio. Draught, birra alla spina di almeno dieci marche diverse. Una clientela eterogenea. Pareti di mattoni. Vecchi orologi alle pareti. Pubblicità della Guinness della metà del secolo scorso. Fotografie. Gente che parla. Beve. Parla ma soprattutto beve. Gente di pub. Gente di Dublino. h 18.30 Dublin airport Abbiamo riconsegnato la macchina ed ora posso dirlo senza rischiare di portarci male: è andato tutto benissimo!!! La guida non ci ha creato problemi e per quanto banale possa sembrare, un qualche timore all’inizio lo avevamo. Non fosse altro che per le distanze con una visuale differente. Ora ci troviamo al terminal, mancano più di due ore per il volo per Londra, mentre quello per Genova lo avremo alle 9.50 domani mattina. Ci aspetta una lunga notte in aeroporto! Alcune scene da ricordare che non ho avuto modo di ricordare prima: BENZINI 82: era la felpa di un tipo in un locale di Belfast. Uno basso grassottello, un russo con la faccia da bambino! Ma ci ha fatto impazzire la scritta! In bianco su sfondo azzurro “Benzini” e sotto, un enorme “82”. Come direbbe Homer… Mitica! LA VECCHINA: stavamo cercando la giusta direzione per uscire da Belfast, una strada che ci avrebbe portato non lungo la costa ma all’interno. Dopo un paio di roundabout (le rotonde!) prese a caso, ci accostiamo in prossimità di un incrocio tranquillo per controllare la cartina. Si affianca una macchina. Un’anziana signora ci grida qualcosa. Iniziamo a scazzarci. “Belin, ci siamo accostati qui un secondo, cosa vuole quella!” “Boh fai finta di niente!” Ma la vecchina insiste. Andre fa segno che non sente e soprattutto che non capisce. La vecchina è impassibile. Continua a fissarci dicendo qualcosa. “Ci starà dicendo che abbiamo una gomma a terra!” “Ma no, me ne sarei accorto”. Noi guardiamo lei, un po’ irritati e sull’orlo della molestia. Lei guarda noi, tira giù il finestrino. “Giamma, va’ un po’ a sentire che cazzo vuole sta vecchia di merda…” Scendo, mi avvicino al suo finestrino e prima ancora che possa proferir parola… “Do u need help?” Nooo! La vecchina in realtà ci aveva visto in difficoltà a bordo della strada e si era fermata soltanto per aiutarci a prendere la direzione giusta! Mi ha chiesto dove fossimo diretti e mi ha dato indicazioni così precise che dopo la strada l’abbiamo beccata subito! Fanculo alla diffidenza italiana! Fanculo a noi che subito pensavamo ci volesse soltanto rompere le palle. Centodieci e lode alla Signora Fletcher che nonostante le nostre due facce, si è rivelata una delle persone più gentili incontrate in questa isola. SEMAFORI: in uno sfigato paesino di passaggio, in un normale incrocio che in qualsiasi altro posto dell’Irlanda e forse del mondo, sarebbe stato regolato da una semplice rotonda, siamo riusciti a contare 19 semafori! Sembra una di quelle leggende metropolitane tipo “mi ha detto mio cugino…”, però è vero! Uno per segnalare l’accesso a chi arrivava da una parte, uno per l’altra strada, uno di qua, uno di là, uno per quello alla finestra, uno per quello che esce dal bar, uno per quello distratto che non aveva visto quello di prima… peccato non essere riusciti a fare una foto, c’erano troppe macchine dietro per poterci fermare! h 23.30 LONDON STANSTED Ci siamo impossessati di una panchina, accampamento improvvisato per questa notte. I posti migliori però, quelli senza il posabraccio in mezzo che ti permettono di sdraiarti, erano tutti occupati. Andre è in fase scazzo-nervoso-molesto. Il viaggio da Dublin è stato molto piacevole, ho fatto la conoscenza di due ragazze messicane, Martha e Jennifer. Martha, che sembra la sorella minore dell’ex tennista Conchita Martinez, vive a Londra da quasi un anno e tornerà in Messico ad ottobre. Jennifer è venuta a trovarla e farà un giro dell’Europa nei prossimi venti giorni. Dopo Londra e Dublino, Parigi, Bruxelles, Amsterdam, Roma, Firenze e Venezia. Sono di Chiuaua, un paesino al confine quasi con gli Stati Uniti. Ho parlato praticamente tutto il tempo con Jennifer, su moltissimi argomenti, persino la storia del Messico e la loro politica. Un viaggio molto bello davvero. Ci siamo scambiati le mail. Uno dei vari sketch di queste vacanze: mi immagino Andre che fa un commento in italiano su un tipo come Abbattantuono di Eccezziunale Veramente. Questo quando scopre che lavora in Carige, va in filiale a cercarlo e chiede al primo che vede: ”Scussa.. Cecco uno ke se kiama Bellotto!” “Prego?” “Che, sei soddo? Sto ceccanto un colleca tuo, ke si kiama Bellotto!” “Non c’è nessun Bellotto, qui. Mi spiace”. “Allora profa un po’ Antrea Pellotto.. Sì, Pellotto…” Ormai siamo al delirio. La notte in aeroporto è quasi finita. Io ho dormito un paio d’ore sdraiato in terra, con l’mp3 nelle orecchie, accanto ad altri vagabondi in attesa del volo del mattino. Andre ha cercato una posizione comoda sulle panchine anche se il suo riposo è stato disturbato da un indiano che sedutogli di fianco, alle tre di notte, ha iniziato a mangiare riso al curry, con le mani, da un sacchetto. Check in per Genova effettuato. Ora sento davvero l bisogno di una doccia. Ritroveremo tra poco le temperature per noi più consone a questo mese di agosto. Basta fritto per un po’. Basta carne tutti i giorni. Piccola pausa dai litri di birra (forse..), sidro e bevande gasate. Anche basta con la cioccolata. Per qualche giorno la metterò da parte. Sono finite le vacanze. Appendice. In coda per l’imbarco per Genova. Un piccolo delinquente di non più di 7 anni, ha dato in escandescenza. Ha iniziato a prendere a calci la nonna, ma calci cattivi e violenti negli stinchi. Poi a pugni, dritti nello stomaco. La madre lo teneva e lui le mordeva le mani. La madre lo allontanava e lui ha iniziato a prendere a calci anche lei. A quel punto la nonna, fino a quel momento impassibile, ha reagito. Un piccolo schiaffetto, niente di più. Lui è esploso: “Fuck off bitch!” e poi tutta un’altra serie di improperi che non ho capito, ma che immagino non fossero parole amichevoli. Un Rooney di 8 anni, con la faccia da angelo e gli occhi da pazzo. Schizofrenico. E la madre, invece di dargli due calci nel culo, ma di quelli forti e ben dati, si prendeva placidamente gli insulti pure lei e i pugni. Un’altra mamma che era in coda con la figlioletta davanti a loro, l’ha allontanata per paura che nella sua furia coinvolgesse pure lei. Ora tutto sembra tornato alla normalità. Rooney guarda con odio la nonna nella speranza, forse, che lei lo provochi. La mamma lo stringe e si bacia il suo piccolo delinquente. La gente intorno ostenta indifferenza ma non può fare a meno di buttare l’occhio sempre su di loro. Chissà che sull’aereo non ci regali altre imprese! Ulteriori appunti a questo punto, mi si perdoni in bisticcio d parole, sarebbero pura noia. Però è tempo di riflessioni e quelle non posso esimermi dal farle. È come se facessi un rewind veloce, riavvolgere il nastro delle nostre vacanze, fissando le immagini. L’Irlanda è bella. Ti regala spazi dove la mente può vagare serena. Ti permette di attraversare stradine sperdute in valli deserte o ricoperte di alberi e prati. Ti apre davanti scenari incredibili. Scogliere e onde del mare. Però c’è la pioggia. Sempre. Costante. Anche se la sera prima il cielo ti appare sgombro e stellato, tanto da poter ammirare l’Orsa Maggiore, il giorno dopo ti svegli sotto una fitta ed insistente pioggia. Una pioggia che a volte condiziona le tappe, e non raramente può avere ripercussioni sull’umore. La gente, dopo che tanto avevo sentito esaltare la cordialità irlandese, l’ho trovata come da qualsiasi altra parte. Chi è gentile e chi lo è un po’ meno. Ognuno tende preferibilmente a farsi i fatti propri. Non che la cosa sia un male, però nessuno ci ha abbracciato per strada per offrirci una birra al pub. Io avevo sentito persino storie del genere. Rispettano i limiti di velocità. Non suonano quasi mai il clacson, neanche a chi fa le rotonde due volte per capire in quale direzione andare… Non ti fanno mai gli abbaglianti. Le ragazze sono, mediamente, molto belle. E paiono non soffrire il freddo. Mentre noi uscivamo con la felpa, rimpiangendo talvolta di non avere una giacca più pesante, per loro invece infradito, gonnellina e canottiera erano più che sufficienti. Gli uomini, tendenzialmente, sono russi. Secondo una nostra personale teoria, il valore di un uomo viene determinato dal numero di pecore e mucche che possiede, e da quanto è terrona la sua macchina, con la quale il massimo divertimento che si concede, è andare avanti ed indietro nelle vie del centro, accelerando ai semafori. Non ci sono praticamente anziani in giro. E meno ancora cani. Gatti neanche uno. Gli irlandesi del Nord, parlano un inglese pressoché incomprensibile. Belfast però ci ha fatto sentire a casa. I B&B sono un’invenzione stupenda: letti accoglienti, camere pulitissime, le chiavi di casa da persone che non ti chiedono neppure un documento e che spesso paghi soltanto nel momento in cui vai via. Le ragazze usano un sacco di trucco e una quantità di cerone in faccia da far invidia a Lady Luxuria. Ma considerando quanto poco vedano il sole, non c’è da biasimarle affatto. La maggior parte di loro, a 18 è già mamma di almeno un figlio di Pitta. La vita però deve essere davvero noiosa d’inverno in molte cittadine, con il freddo, il nulla intorno se non le mucche e la pioggia da depressione costante, è ovvio che la creazione di una famiglia propria costituisca l’aspirazione di una vita. Gli uomini invece vanno ad ubriacarsi al pub, dalle cinque di sera fino alla chiusura, circa le undici. Hanno una passione viscerale per il calcio gaelico. È normale vedere nei cortili delle loro case, delle porte con cui i bambini possano giocare. Ma non sono semplici porte di calcio: i pali hanno infatti prolungamenti simili a quelle del rugby. Queste sono le porte del calcio gaelico. Uno sport curioso che pare tuttavia non esistere al di là di questo mare. La loro colazione, è fantastica. Dopo un paio di giorni, necessari a far comprendere al tuo organismo che sì, si possono mangiare di mattina uova fritte, bacon, salsiccia e una specie di frittata di riso e farina ottima, non riuscirai più a farne a meno. Il caffé… beh, il caffé è quello che solitamente si beve all’estero. L’aria ti entra nei polmoni, con quel profumo misto di erba appena tagliata, terra bagnata, funghi. Pura. La Guinness. Ti fa venire voglia, una volta rientrato in Italia, di continuare a berla. Sempre, anche a cena. Anche se pochi, a quanto dicono, continuano a coglierne in effetti il sapore così speciale che ha qui. La Murphy’s. Forse anche più buona, con un aroma dolciastro e meno bruciato della Guinness. La Harp, la più amata tra le “chiare”. Ma per me non vale la Bud. La Bulmers. Vintage cyder. Il migliore. La Magners. Ossia la Bulmers versione nordirlandese, cambia solo il nome. Un po’ come la Algida che in ogni nazione ha gli stessi prodotti, lo stesso logo, ma un nome diverso. A proposito, qui si chiama HB. L’Irish coffee. Ti scalda davvero nel profondo e qui, di sicuro, ne hanno bisogno. E il viaggio on the road, quello che ti porta a non sapere con precisione al mattino dove dormirai alla sera, cosa i tuoi occhi vedranno. La magica Irlanda. Con i suoi folletti, le sue leggende ed il suo trifoglio. Già. Magica. Giammauro Gargiulo jamnove@gmail.com



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