Florida Fly & Drive
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Premessa. Dopo aver visitato le Western Wonders (http://turistipercaso.it/stati-uniti/57894/america-del-west.html), io e il mio boy ci dedicheremo a quelle che chiamano le Meraviglie dell’Est. Contatto direttamente il tour operator americano (Allied-t-pro) con il quale effettuammo il tour multilingue, mi risponde che non vende ad agenzie né tantomeno al pubblico ma soltanto a tour operator e me ne suggerisce qualcuno. Tramite un’agenzia di viaggi ricevo i preventivi di Kuoni, Hotelplan, Master Explorer, Viaggidea, Cocktalil tour…, tutti molto simili ad un costo non bassissimo. Cerco un po’ di suggerimenti su Turisti per caso e mi risponde Christian della Versis America (www.versisamerica.it), tour operator on line che offre soluzioni identiche a prezzi più bassi. E’ un tipo di viaggio che sicuramente si può organizzare completamente da soli (ma non è detto si riesca a risparmiare su hotel di alta categoria o sul noleggio auto), ma il mio tempo a disposizione è veramente poco e prenoto, dopo aver concordato varie soluzioni, a una settimana dalla partenza: 1) fly and drive di 9 giorni/8 notti in Florida – autonoleggio con presa a Miami Aeroporto, rilascio ad Orlando Aeroporto di un’auto della categoria Compact, 2 notti a Miami, 2 notti a Key West, 1 notte a Naples, 1 a Sarasota e 3 a Orlando -; 2) un tour in italiano di 5 giorni/4 notti per visitare, con partenza e rientro a New York, le Cascate del Niagara (2 notti), Toronto, Washington (2 notti) e Philadelphia; 3) New York in completa libertà 5 giorni/4 notti; 4) i voli internazionali (Roma-Miami con scalo a Milano, New York-Roma con scalo a Parigi); 5) il volo interno Orlando-New York. La cifra, comprensiva di assicurazioni medico-bagaglio-annullamento, portadocumenti, borsa a tracolla e guida Lonely Planet Stati Uniti Orientali è di € 2.755 a persona. Per l’autorizzazione ESTA provvedo autonomamente pagando € 11 a persona sul sito https://esta.cbp.dhs.gov/
Domenica 21 agosto
Fiumicino-Malpensa con la nostra compagnia di bandiera 09.10-10.30 (aeromobile Mc Donnel Douglas, posti D04; servono uno snack e una bevanda) e Malpensa–Miami sempre con Alitalia 11,50-16,40 (Airbus A330, posto 26C sul quale gustiamo un buon pasto, una colazione e per quasi tutta la durata del volo biscottini, salatini e bibite). Il volo è puntuale, i posti sono comodi e ognuno ha la possibilità di utilizzare un proprio monitor e trascorrere le 11 ore ascoltando musica, vedendo film di prima visione, giocando…
Miami! Puntualissimi atterriamo e velocissime sono le operazioni di sbarco. Ritiriamo presso l’agenzia Alamo (www.alamo.com) l’auto, un’Aveo Chevrolet, che abbiamo noleggiato per 9 giorni e che rilasceremo all’aeroporto di Orlando. Abbiamo la formula Gold che include il chilometraggio illimitato, un pieno di carburante, la possibilità di alternarsi alla guida e varie assicurazioni. Qualora non l’avessimo già pagata, sarebbe costata quasi $ 1.000 totali (tramite il tour operator è costata molto meno). E’ molto spaziosa, ha il cambio automatico, aria condizionata, stereo, non ha la chiusura centralizzata e va a benzina (veramente economica a $ 3,65 circa il gallone: in pratica con € 30 facciamo il pieno). La vacanza può iniziare. Facciamo un po’ fatica a capire come districarci tra i numeri che segnalano le varie strade, ma con due cartine e chiedendo qua e là arriviamo a Miami Beach, scenario di famose serie televisive. L’hotel prenotato è l’Eden Roc Renaissance Resort (www.renaissancehotels.com – 4525 Collins Avenue), enorme, molto lussuoso, come le tantissime strutture alberghiere che lo precedono e lo seguono. La nostra stanza (1119) è grande, pulita, con un terrazzo ad angolo che ci dà la possibilità di affacciarci sia sul mare sia su un canale dove sono ormeggiati diversi yacht (qualora non l’avessimo già pagata, sarebbe costata $ 270 a notte in B&B). Per $ 30 al giorno potremmo parcheggiare l’auto in un garage custodito all’interno dell’hotel, ma preferiamo lasciarla nel parcheggio pubblico (ce ne sono diversi a distanza di qualche isolato=block) al costo di $ 1 l’ora dalle 8 alle 18. Il fuso orario (l’orologio segna sei ore in più rispetto all’Italia) si fa sentire e la voglia di prendere più energie possibili per domani ci farà andare a nanna “presto”. Siamo contenti e speriamo solo nel bel tempo. Miami – e la Florida in generale – ha un clima quasi tropicale: l’estate è piovosa ed esposta al rischio di uragani, l’inverno è mite e c’è minore piovosità, ma noi potevamo venire solo in questo periodo dell’anno per cui… sfidiamo la sorte!
Lunedì 22 agosto. Miami.
Affamati consumiamo la prima colazione e le bontà tra cui poter scegliere sono così tante e varie che quasi ci confondono. C’è la possibilità di mangiare più di 10 tipi di frutta, altrettante varietà di dolci, toast, omelette, o possiamo calarci nella realtà americana e gustare salsicce, pancake, waffles… ce n’è per tutte le pance e, qualora non l’avessimo già pagata, la breakfast sarebbe costata $ 57 per entrambi.
Scherziamo sul nome Miami e lo leggiamo spesso in Italiano, ma la vera origine potrebbe essere stata data da nativi americani per indicare l’acqua dolce o provenire dal lago Mayaimi (ora Okeechobee), che significa acqua grande. Data la sua posizione d’incontro tra Caraibi, Sud e Nord America, viene pure chiamata la capitale delle Americhe e da un po’ di tempo l’Ibiza d’America.
Cartina alla mano cominciamo a conoscere i quartieri di questa città che negli anni ’80 la vide punto di transito della cocaina proveniente dalla Colombia, dalla Bolivia, dal Perù e di crimini violenti che ispirarono la fortunata serie televisiva Miami Vice (Città del Vizio) e Scarface. Prima tappa la Downtown con gli imponenti grattacieli che si affacciano sulla Biscayne Bay e se avessimo avuto tempo (e voglia) sarebbe stato interessante visitare il Miami Art Museum.
E’ poi la volta della folkloristica Little Havana dove per più di dieci isolati lo scenario cambia: qui sono presenti molte comunità latino-americane, caraibiche (molti gli esuli cubani a seguito della rivoluzione di metà anni ’60), si parla creolo e spagnolo (ogni volta che chiediamo indicazioni, in lingua inglese, ci rispondono in ispanico!), le case sono basse e colorate. L’ottava strada, la Calle Ocho, è piena di ristoranti, negozi, anziani che giocano a domino nelle piazze, fumano sigari, locali dai quali si sente, perché ad altissimo volume, salsa, merengue e l’aria è pervasa dall’aroma del caffè cubano.
Moltissimi, in tutta Miami, sono anche gli italiani (sarà anche per questo che ci sono voli diretti Alitalia?) e ce ne rendiamo conto dai numerosi ristoranti, negozi… che incrociamo (pare che “siamo” molto attivi anche nella produzione di barche)!
Nel primo pomeriggio, a un quarto d’ora dalla Downtown, nel punto più a sud di Key Biscayne, entriamo con l’auto in “un mondo a parte”, nel Bill Baggs Cape Florida State Park ($ 8 – www.floridastateparks.org), un paradiso tropicale in cui si può passeggiare, girare in bici, nuotare, pescare, fare picnic, ammirare la natura selvaggia e alloggiare in camping. Facciamo una lunga camminata, giriamo intorno al Faro, immortaliamo farfalle e per finire un bel tuffo.
Seguiamo le indicazioni del quartiere d’ispirazione mediterranea: Coral Gables (www.coralgables.com) dove tante sono le ville sfarzose e ci fermiamo nella particolarissima Venetian pool (L-M 11-17,30, S-D 10-16.30 – $ 11 per viverla, $ 1 solo per vederla, 2701 De Soto Boulevard). Diamo un’occhiata all’Università, al villaggio studentesco mentre percorriamo strade abbracciate da alberi altissimi, verdi, con tronchi enormi e intrecciati. L’atmosfera si fa più chic: siamo arrivati a Coconuts Grove, il quartiere dalla lussureggiante vegetazione (bouganville, palme…) e sembra di rivivere le sensazioni provate a Beverly Hills. Per lo shopping consigliano South Beach, ma a noi non interessava e non ci siamo andati.
Forse saremmo dovuti rimanere un giorno in più per girare con più calma, visitare Villa Vizcaya, il museo Wolfosian…, ma non pensavamo Miami fosse così vasta! Dopo un’intera giornata in auto rientriamo in hotel per una doccia, un po’ di riposo e nuovamente fuori per cena e per una lunga passeggiata di minimo km 5 per l’Art Déco Distcrit, uno dei quartieri più glamour, costruito a metà anni trenta, i cui edifici di allora sono oggi adibiti ad alberghi (Colony Hotel, The CarLyLe…) e luoghi di svago che si accendono di luci soffuse color pastello al calar della sera. Bellissimo è camminare su una passerella di legno, parallela all’Ocean Drive, dove da una parte si ascolta l’oceano, dall’altra si sbirciano i giardini, le piscine degli hotel e si incrociano tanti runners (alcuni dai fisici statuari) o famiglie con bambini: un variegato popolo della notte!
Molto turistica, ma assolutamente da percorrere è Lincoln Road piena di ristoranti dove sarà possibile gustare cibi da tutto il mondo. La nostra scelta ricade, vicino un’osteria romana, sulla cucina brasiliana spendendo $ 50 totali e mangiando discretamente.
Martedì 23 agosto. Miami-Key West
Dopo una ricca colazione, mentre nell’hotel girano le scene del film “step up 4” (ne abbiamo le prove!), ci andiamo a fare un bel bagnetto nel tratto di spiaggia a noi riservato. L’acqua è limpida e caldissima ma dobbiamo fare molta attenzione alle tante meduse intorno a noi. Il tempo di asciugarci, salutare questo perfetto mix tra la metropoli americana e una località caraibica e ci mettiamo in viaggio sulla Interstate 1 South che terminerà proprio a Key West. La strada è unica, dritta e lunga 136 miglia (km 220). Ci impiegheremo più di 4 ore per arrivare a destinazione passando sui 42 ponti che collegano un centinaio delle 1700 Keys (Key Largo, Tavernier, Islamorada, Marathon, Big Pine Key le più grandi, ma anche Shell K, Boggy K, Rodriguez K, Plantation K, Windley K, Upper Matecumbe K, Teatable K, Indian K, Lignumvitae K, Fiesta K, Layton, Long K, Duck K, Grassy K, KCB Islands, Vaca K, Boot K, Knight K, Pigeon K, Bahia Honda K, No Name K, Little Torch K, Ramrod K, Sugarloaf K, Saddlebunch K, Shark K, Big Coppitt K, Boca Chica K, Raccon K, Stock Island, Fleming K), una collana di isole che divide l’Oceano Atlantico dal Golfo del Messico. Alcuni ponti della Overseas Hightway non li notiamo neppure mentre altri ci fanno provare l’emozione di stare sospesi sul mare in completa sicurezza. Il tempo non sempre è dei migliori: si alternano momenti di sole cocente a forti acquazzoni e l’uragano Irene si sta avvicinando! Pernotteremo al Casa Marina Resort****sup. (www.casamarinaresort.com – 1500 Reynolds Street), un albergo lussuoso, il più grande e storico delle Keys, che ha ospitato celebrità (chiamato anche House by the Sea) e dove ci accolgono con un fresco key lime juice (una bevanda a base di succo di lime, menta e canna da zucchero). La stanza, una delle 311, è enorme e gratuitamente potremo prepararci un nespresso o navigare su internet. Il bagno è super rifornito di morbidi asciugamani e di compliments. Ci troviamo su una delle pochissime piccole spiagge dell’isola che è interamente attorniata dalla barriera corallina (sarà utile una maschera). Due grandi e perfette sculture di sabbia abbelliscono la battigia e nelle due piscine diverse persone fino a sera tarda fanno il bagno. Abbiamo voglia di sgranchirci le gambe e iniziamo una lunga passeggiata dal sapore caraibico per Duval Street la via principale dell’isola. Tutte le costruzioni, di case, pub, alberghi, negozi, musei… sono in legno, e ognuna ha un colore o un tocco originale che la contraddistingue e rende unica. Molti ristoranti-pub attirano gli ospiti con esibizioni di drag queen, cantanti, ballerini… banconote appese ovunque (Willie T’s) la musica in ogni locale è coinvolgente e mette allegria anche se a volte eccessivamente assordante. La vita notturna è vivace e i negozi sono aperti fino a tardi; una movida che ricorda quella di Formentera o della Riviera Romagnola. Allo stesso orario di Cenerentola ci ritiriamo, ma proprio a mezzanotte molte persone iniziano a cenare in una trattoria italiana, o in un locale messicano, cubano, francese… ce n’è per tutti i gusti e per tutte le tasche.
Mercoledì 24 agosto. Key West
Italianissima colazione con due ottimi nespresso, biscotti e merendine e via per il tour dell’isola di 2 miglia per 4. I più pigri potranno girarla a bordo di risciò pedalati da simpatici “ciclisti”, su uno dei tantissimi colorati trenini, in bicicletta, su macchinine elettriche… o, come abbiamo fatto noi, completamente a piedi. Svariate sono le cartine gratuite a disposizione che segnalano i luoghi di maggiore interesse come il Southermost point: un monumento di cemento che indica il punto più a sud degli Stati Uniti a soli 90 miglia da Cuba; la Naval Air Station Truman Annex; la residenza dove visse Ernest Hemingway e scrisse capolavori quali Il Vecchio e il mare, Per chi suona la campana… oggi museo ($ 12,50, 9-17), il cimitero (www.historicfloridakeys.org) dove una mappa conduce alle lapidi di personaggi degni di nota o dagli epitaffi curiosi (come quelli dell’ipocondriaco B. P. Roberts: “ve l’avevo detto che non mi sentivo bene”, di Edwina Lariz, devota “fan di Julio Iglesias”, del 108enne Thomas Romer “un ottimo cittadino per 65 anni”). Proseguiamo per Clinton Square Market, sulla quale piazza si trova l’acquario e da non perdere Mallory Square (nei pressi vi è anche il museo storico oltre a quello simpatico Shipwreck) da dove si gode un tramonto spettacolare e ci si diverte con le folcloristiche Sunset celebration e a gironzolare tra la casa della conchiglia, la casa delle spugne, nella simpatica Cayo Hueso per conoscere la spagnola Key West… Noi ci rinfreschiamo con succhi di frutta acquistati da Walgreens (www.walgreens.com – www.tellwag.com), ma molti lo fanno con birre a go go in uno dei tantissimi pub sulla pittoresca Duval Street, scherzosamente la più lunga al mondo, dal momento in cui va da costa (Oceano Atlantico) a costa (Golfo del Messico). Qui anche di giorno l’atmosfera è allegra e c’è sempre qualche intrattenitore: da Sloppy Joe’s, bar preferito da Hemingway, c’è una tabella che ti avverte dove riesci ad arrivare, una volta fuori dal pub, dopo aver bevuto uno, due o tre boccali di birra! Miriadi di negozietti vendono gadget, magliette, calzoncini e indumenti vari che ricordano questa meta e i prezzi, per le stesse identiche cose, possono anche raddoppiare. Sarà carino anche solo guardarsi intorno, ammirare le piccole e colorate case in stile coloniale, fare una puntatina al Mile 0, una foto sotto il gigantesco albero vicino la scritta end of the rainbow, fino alla strada U.S.1, proprio accanto alla Monroe County Court House del 1890, entrare nella caratteristica chiesa St. Paul’s Episcopal dove il classico organo è sostituito da batteria e pianoforte, immortalare la città dal Faro (The Key West Lighthouse) costruito nel 1847 e acquistare francobolli al Main Post Office. Consiglio un giro gratuito all’Eco-Discovery Center per conoscere le bellezze ambientali che madre natura ha regalato a queste isole. Dopo una giornata di “lavoro turistico”, visto che siamo stati fuori quasi otto ore, presso la spiaggia del Casa Marina facciamo un bagno e ci rilassiamo un po’. Una rigenerante doccia e la veloce, abbondante e consigliata cena peruviana la consumiamo a La Granja: mezzo pollo arrosto, un enorme petto di pollo alla griglia serviti con riso, fagioli, bananine fritte e una bibita ci vengono a costare scarsi $ 20 a coppia! Come dolce ci regaliamo un key lime pie on a stick: una sorta di sorbetto al lime a forma triangolare di torta, ricoperto di cioccolato come un cremino. Lo acquistiamo da Key West Key Lime Pie co. (www.keywestkeylimepieco.com – 511 Greene Street) ad $ 5 l’uno: il prezzo non è tra i più bassi ma lo preparano artigianalmente e nel negozio c’è una vasta scelta di key lime pie o prodotti al lime delle keys.
Giovedì 25 agosto. Key West-Everglades-Naples
Lasciamo la stanza 387 del resort (qualora non l’avessimo già pagata, ci sarebbe costata $ 215 al giorno) sicuramente soddisfatti, ma avendo vissuto poco all’interno della struttura, avremmo preferito alloggiare in una delle tipiche guest house sparse sull’isola, più a contatto con la gente locale seppur con l’inconveniente di non stare direttamente sulla spiaggia. Imbocchiamo la mitica Highway 1, riviviamo l’esperienza dei ponti e immortaliamo alcuni isolotti dai colori maldiviani. Il mare che li attornia è molto più bello di quello di Key West (in cui risiede più del 30% della popolazione delle Florida Keys), ma su queste isole non c’è alcun’altra attrazione. Siamo diretti alla più grande area selvaggia subtropicale del paese: all’Everglades National Park, il parco che fa parte delle Everglades, patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, una distesa di terre paludose dove vive una ricca fauna di alligatori, delfini, serpenti, aquile, falchi, insetti, tartarughe, antilopi, 400 specie di uccelli e 300 di pesci, la pantera della Florida (uno dei mammiferi in via di estinzione), dove l’acqua scorre piano piano su quello che chiamano “fiume d’erba”. Un ecosistema unico in cui anche la flora pullula di mangrovie, cipressi, papiri e tanto verde in generale. Arrivati a Florida City, imbocchiamo la State Road 997 che costeggia la parte est del parco ed è ricca di serre, piantagioni… davanti le quali sono diversi i venditori di piante e di frutta. Impossibile non fermarsi! Acquistiamo 4 mango, 2 banane e un bel po’ di mamoncillo (simili ai licis ma con una buccia più tondeggiante e liscia) per $ 8. Proseguiamo per la 41 o Tamiami (Tampa+Miami) Trail che taglia la Florida orizzontalmente ed entriamo ($ 10 totali – 8,30-18) all’Everglades dall’ingresso Shark Valley Visitor Centre per vedere le 15 miglia=24km di area selvaggia. Questa parte si può visitare in tre modi: con un trenino guidato da un ranger o da un naturalist che mostra e spiega in inglese, in un paio d’ore, i punti più interessanti del parco (il tour parte 4 volte al giorno, l’ultimo alle 15, $ 18,25 a persona); con bici propria o in affitto ($ 7,50 l’ora – 8,30-15) o a piedi per quanto tempo si vuole. Scegliamo la passeggiata ma prima, con un bel po’ di repellente, ci proteggiamo dalle zanzare che inevitabilmente in un luogo così umido sono numerose. Riusciamo a immortalare bellissime varietà di farfalle, grilli e cavallette giganti, un imponente Wood stork (una sorta di pellicano), lucertole “che saltellano”, un rapace in volo e, dulcis in fundo, due alligatori! Che emozione! Uno – sicuramente femmina giacché fissava immobile noi e contemporaneamente due “cuccioli” – si trovava fuori dall’acqua proprio sul ciglio della strada asfaltata che stavamo percorrendo e l’altro procedeva a filo d’acqua senza muoverla! Che sensazione! Ci addentriamo anche in un sentiero, dove il terreno sembra una groviera: le tante buche non sono altro che le tane delle nutrie! Soddisfatti degli incontri, ci rimettiamo in viaggio per Naples e prima di arrivare a destinazione ci fermiamo a mangiare, sempre sulla Tamiami Trail, in uno dei troppi fast food: Wendy’s, dove due hamburger, patatine fritte, insalatona (pollo, lattuga, mandorle, ribes e fragole) e bibita ci costano $ 20 scarsi. L’hotel prenotato è il Trianon Old Naples (www.trianon.com – $ 100 circa a notte in B&B), una struttura molto elegante, non grandissima, a 5 minuti dalla strada principale, la Main Street 5th Avenue South dove diversi e raffinati locali, oltre al Teatro Sugden Community, fondato dalla compagnia teatrale The Players Napoli, ci danno il benvenuto. Il cibo proposto è italianissimo come le insegne dei ristoranti Rosso Pomodoro, D’Angeli, Bella Maria Cafè, Vergina, Bice, Bellini Bar, Cafè Luna e Ristorante Pazzo! Ci divertiamo a curiosare nei piatti che dall’aspetto sono invitanti e molto simili a quelli che sarebbero presentati al Vomero! D’altronde il nome di questa città, una volta abitata solo dai nativi americani della tribù dei Caloosa (Calusa), è in onore alla nostra bella Napoli dal mare pescoso, dal clima mite, dalla posizione su una baia. Qui vivono circa 20 mila abitanti, l’economia è largamente basata sul turismo anche se da vedere, secondo me, c’è ben poco: il lungo pontile che si addentra per circa 180 metri nelle acque del Golfo del Messico, il Naples Pier, le curatissime street and avenue dove regna la pace, con giardini verdissimi davanti a ville che ricordano quelle di Beverly Hills e che hanno ospitato personaggi come Gary Cooper, Greta Garbo e oggi Steven Spielberg. Le guide consigliavano, ma noi non li abbiamo visti, il giardino botanico, lo zoo e il museo Teddy Bear.
Venerdì 26 agosto. Naples-Sarasota
Dopo una semplice colazione in un’elegante lobby a base di muffin, cereali, toast con la marmellata e bevande, andiamo al mare: Golfo del Messico. La spiaggia libera dista una decina di minuti a piedi dall’hotel e si presenta larga, lunga (circa 7 miglia), bianca, piena di conchiglie e dove l’unica ombra è data da qualche palma. L’acqua è calda, pulita, non turchese ma verde e subito alta. Il vento ha spazzato via le nuvole ma la corrente e le onde sono forti per cui ci bagniamo, ma non riusciamo a farci una nuotata. Un po’ di relax tra i tanti gabbiani che ci circondano e fanno da padroni e alle 12 il check out dalla stanza 210. Due strade ci portano a Sarasota, la prossima meta: la Highway 41, più panoramica ma più lunga e trafficata e la Interstate 75 che preferiamo. Arriviamo in questa città con più di 50 mila abitanti, gemellata con Treviso e presso la quale pernotteremo all’Helmsley Sandcastle (www.helmsleysandcastle.com – $ 110 circa a notte). Subito una piacevole passeggiata lungomare fino a St. Armands Circle (www.starmandscircleassoc.com), una piazza intorno a un parco circolare dove in quattro quadranti ben definiti si concentrano locali, negozi e ristoranti per cenare! Optiamo per una cucina tropicale al Cha Cha Coconuts e gustiamo un burrito messicano, un sandwich cubano e un pescetto caraibico. Il locale è allegro, colorato, pulito (su ogni tavolino c’è il gel disinfettante per le mani) e abbastanza economico. Un dolce da Kilwin’s da smaltire con la lunga passeggiata direzione hotel.
Sabato 27 agosto. Sarasota-Orlando
Colazione in camera vista la possibilità di prepararci tea/caffé con bollitore e un giro veloce per la città ideata puntando sull’arte, sulla cultura, sulle manifestazioni, da Ringling: un magnate sia delle ferrovie, sia del settore immobiliare sia del circo. Tanti sono i musei, le gallerie, ma ci fermiamo solo per una foto sul lungomare a una simpatica altissima statua che ritrae un marinaio avvinghiato a una ragazza baciandola appassionatamente (non ha un vero nome: The Kissing Sailor, The Kiss statue o The Nurse and the Sailor) e al Van Wezel Performing Arts Center Hall una costruzione alquanto bizzarra tutta color viola (cassonetto dell’immondizia e lampioni della luce compresi), centro di esibizioni teatrali, balletti. Semplice sarà prendere la Highway 75 e poi la Interstate 4 che porta dritta, in tre ore scarse complessive, a Orlando. Il nostro hotel, il DoubleTree by Hilton Seaworld si trova proprio nel cuore della città sull’International Drive, una delle vie principali dove altri alberghi, supermercati, negozi, attrazioni, immancabili catene di fast food, ristoranti a tema offrono cibo e spettacoli. Tutto sembra di dimensioni superiori alla norma! C’è chi propone un giro in elicottero, chi di far vivere all’insegna dell’incredibile (Ripley’s, Believe It or Not), chi ha una struttura da disastro appena accaduto (Wonder Works – www.wonderworksonline.com)… e poi cena+show all’Al Capone o al Titanic the experience (www.titanicdinnerevent.com), ai tempi del Medioevo (www.medievaltimes.com) o durante un’avventura piratesca (www.piratesdinneradventure.com) o da mille e una notte (www.arabian-nights.com)… La scelta per cena ricade da Ponderosa Steakhouse (I-Dr 8510 e 3662) che offre un buon secondo (una media porzione di bistecca ai funghi, ma c’è anche pollo, pesce…) e la formula “all you can eat” al buffet. Si paga il piatto scelto e poi, per tutte le volte che si vuole, ci si alza e ci si serve da un’area al centro del ristorante: una zuppa, uno dei tantissimi contorni d’insalate fredde o di verdure calde, o di cibo messicano (tacos, paella, ali, cosce o crocchette di pollo), frutta, dolci e gelati. Si paga una bibita al bicchiere che si potrà riempire più e più volte (a fountaine). Con circa $ 25 in due si fa fatica a uscire per quanto ci si appesantisce! La contentezza per il cibo gustato, però, dura poco, fin quando non andiamo a riprendere la macchina – che non ritroviamo – in uno dei numerosi parcheggi non a pagamento situati dietro le varie strutture. Da nessuna parte era scritto che se si parcheggiava in quell’area, si potevano visitare solo alcuni negozi (in uno avevamo pure effettuato un acquisto) e al massimo sostare 30 minuti (ma non era segnalato), dopodiché bisogna spostare la macchina in un’altra piazzola e così via per tutta la serata (ma per calcolare il trascorrere del tempo non vi era né un tachimetro né un parcheggiatore che registrasse l’orario…). A un ragazzo avevano rimosso il mezzo tre minuti dopo la fatidica mezz’ora dal parcheggio riservato al ristorante in cui stava mangiando! Con un taxi ($ 30) raggiungiamo il luogo dove era sequestrata l’auto (Parking Enforcement Network – 3979 S. Orange Blossom Trail Orlando) e dove troviamo – e continuavano ad arrivare – sfortunati incavolati quanto noi con le stesse rimostranze: la rimozione, con pagamento cash di $ 125 non convinceva per nulla e sapeva tanto di furto “legalizzato” e studiato a tavolino. Nonostante avessimo anche lo scontrino di compere presso il Walgreens (www.walgreens.com – www.tellwag.com) a cui i parcheggi erano riservati, nulla di fatto! Torniamo inferociti (nonostante il mal comune…) presso l’hotel che ci ospiterà per tre notti e l’atmosfera ridiventa così magica, ovattata e confortevole in una delle quasi 750 camere, che andiamo a letto leggermente più sereni.
Domenica 28 agosto. Orlando
Ci prepariamo la colazione in camera con la macchina per il caffè/tea/camomilla all’americana e partiamo per Cape Canaveral all’insegna del Kennedy Space Center (www.kennedyspacecenter.com). La strada è ben segnalata, paghiamo diversi pedaggi (tre soste rispettivamente da 0,75, 1 e 1,50 $), imbocchiamo prima la SR 528, poi la SR 407, alla fine la SR 405 e in un’oretta abbondante ci ritroviamo al quartier generale operativo della NASA da dove sono partite le mitiche missioni spaziali americane. Il biglietto d’ingresso varia a seconda se si visitano tutte le aree ($ 64 a persona) o se si fa un giro con guida in inglese ($ 43 e $ 7 in più per l’audio guida in italiano) su un bus che fa due soste e dura un paio d’ore. Optiamo per il bus senza audio guida ($ 100 in due comprese le tasse) e poi ci divertiamo a girare da soli per il centro, a vedere alcune simulazioni e salire sulle riprodotte rampe di lancio. Chi capisce bene l’inglese vivrà un’esperienza unica, un tuffo nella storia, ma anche chi non sa neppure un vocabolo si emozionerà tantissimo. All’interno del centro si potrà passare anche un’intera giornata e provare le sensazioni di un astronauta: “what the Astronauts see, feel and live” con la simulazione di un lancio, riascoltare il discorso di Kennedy “noi abbiamo scelto di andare sulla Luna”, leggere tutte le prime pagine dei quotidiani del mondo (Il Messaggero compreso) del 21 luglio 1969, giorno successivo al primo passo di Neil Armstrong sulla Luna con l’Apollo 11, toccare un pezzetto di Luna, vedere documentari su schermi giganti Imax 3D (noi abbiamo visto Hubble), comprare uno dei mille gadget, mangiare nel Moon Rock cafè o in compagnia di un astronauta veterano che ha provato l’ebbrezza di nutrirsi in orbita. Un proiettarsi nel futuro o un ricordare, davanti al The Astronauts Memorial Foundation, chi non è riuscito a spiccare il volo o a rientrare sulla Terra. Un’escursione stellare che, da Luna, consiglio vivamente. “Houston, abbiamo un problema”: rientrare a Orlando e pensare a dove cenare! Da Cuba Libre? No! Da Boston Lobster Feast? No! Ok! Go to Sizzler (9142 International Dr.) dove con $ 25 totali prendiamo un abbondante secondo, una bibita ed endless buffet cioè pietanze varie a non finire! Qualora non avessimo avuto l’auto – dall’arrabbiatura di ieri quasi quasi la stavamo lasciando parcheggiata in hotel -, avremmo potuto prendere il Trolley (piccolo bus dalla “faccia” simpatica e sorridente) che effettua, sulla famosa via principale, più di 100 fermate nei punti strategici, costa $ 1,25 a tratta (ci sono abbonamenti per 1, 3, 5 giorni…) e circola dalle 8 alle 22.30 (www.iridetrolley.com). Ci informiamo su internet dell’uragano Irene che ci sta sfiorando tutti i giorni con acquazzoni fortissimi che durano massimo un’oretta e che si sta dirigendo a New York. Andiamo a nanna nella gelida (l’aria condizionata in qualsiasi posto chiuso americano è sempre esageratamente da brivido!) stanza 2623.
Lunedì 29 agosto. Orlando
L’ultimo giorno nella capitale mondiale del divertimento lo dedichiamo a un grande parco a tema. C’è l’imbarazzo della scelta: escludiamo gli Universal Studios (www.universalorlando.com) perché li abbiamo già visti a Los Angeles, anche se qui sono più grandi, il Walt Disney World ($ 132 – www.disneyworld.disney.go.com) il complesso con i quattro grandi parchi tematici (Magic Kingdom, Disney’s Animal Kingdom, Epcot e Downtown Disney) poiché torneremo a vederlo con le nipotine, Adventure Iland, Busch Gardens, Aquatica… e prediligiamo il Seaworld ($ 85 a persona – www.seaworld.com 7007 Sea World Drive), uno dei più vasti parchi acquatici dove scattiamo quasi 150 foto a tantissime specie di uccelli, papere, fenicotteri rosa, lamantini, alligatori, mante, pinguini, foche, leoni marini, tartarughe, squali, a un tricheco gigante e a un orso polare. Vediamo spettacoli di delfini, performance di orche, di pappagalli colorati e di aquile giganti nonostante, personalmente, non sia propensa a questi tipi di show. C’è chi scarica l’adrenalina su “montagne russe” che passano dall’acqua al cielo, noi simuliamo un viaggio su un elicottero che sorvola l’Artico (che disturbo allo stomaco!).
Stanchissimi, prima di rientrare, ci fermiamo per un panino, un’insalata e una bibita da Subway ($ 15), proprio di fronte l’albergo e dopo una rilassante doccia sprofondiamo a quattro di spade sull’accogliente materasso.
Martedì 30 agosto. Orlando-New York. Lasciamo il Doubletree by Hilton Seaworld, consegniamo l’auto in aeroporto con tanti km in più e ci imbarchiamo sul volo dell’American Airlines previsto per le 12,05 (posti 11D) che però porta un’ora e mezza di ritardo. Al check in paghiamo erroneamente una tassa di $ 50 per l’imbarco di due bagagli che ci sarà rimborsata in Italia. Durante il volo offrono un soft drink mentre il resto è a pagamento. Arriviamo a New York JFK alle 16 e iniziamo una nuova avventura!
Have a nice holiday!
Moon Luna Lecci