Florida dreaming 2

“VIAGGIO ITINERANTE NELLA FLORIDA PRE– RECESSIONE” .....di Simona Vagnoli (FLORIDA DREAMING) Giovedì, 16 agosto 2007 Roma, Aeroporto di Fiumicino, è da qui che inizia la nostra splendida avventura ... Anzi, per essere più precisi, è già da un anno, che le nostre menti hanno preso il volo verso gli Stati Uniti d'America...
Scritto da: sara08
florida dreaming 2
Partenza il: 16/08/2007
Ritorno il: 30/08/2007
Viaggiatori: fino a 6
“VIAGGIO ITINERANTE NELLA FLORIDA PRE– RECESSIONE” …Di Simona Vagnoli (FLORIDA DREAMING) Giovedì, 16 agosto 2007 Roma, Aeroporto di Fiumicino, è da qui che inizia la nostra splendida avventura … Anzi, per essere più precisi, è già da un anno, che le nostre menti hanno preso il volo verso gli Stati Uniti d’America …

Abbiamo prenotato, tramite internet, il volo di andata e ritorno con la British Airways nel settembre del 2006, accaparrandoci il viaggio alla modica cifra di 520 euro a persona tutto incluso, con partenza da Fiumicino, scalo a Londra, arrivo a Miami e viceversa.

Siamo in quattro: io, Simona, colei che si è presa la briga di raccontarvi la nostra esperienza oltreoceano, il mio amato marito Francesco (amato, forse da sempre, marito da poco) e i miei simpatici cognati Andrea e Laura.

Devo spendere qualche parola sul viaggio, che è stato lunghissimo e che, come molti aspetti della vita, è stato a tratti comico e a tratti tragico.

Innanzitutto, per chi non lo sapesse ancora, alla dogana sei costretto quasi ad uno striptease (con palpeggiamenti vari!!) incluso il doversi togliere le scarpe; li’ si apre un mondo animato da una sfilza di uomini e donne scalze, pronti a varcare la porta della purificazione … Ci siamo chiesti più volte cosa mai potesse nascondersi all’interno di un paio di infradito, ma, dopo varie elucubrazioni abbiamo rinunciato.

Una cosa, però, l’abbiamo capita: nell’aeroporto di Londra, non esistono inglesi, ma solamente figli adottivi; una truppa infinita di indiani, pakistani, iracheni e talebani, che, mentre meticolosamente ci controllano, si aggirano per l’aeroporto vestiti di turbanti e burka! Mentre sono intenta a togliermi nuovamente le scarpe, a campione te le fanno togliere anche una seconda volta, vedo i miei compagni di viaggio, impegnati in una conversazione che appare decisamente buffa: si avvicina loro un ragazzo (forse l’unico inglese in tutto l’aeroporto!), probabilmente un agente di viaggio o semplicemente un intervistatore addetto alla compilazione di questionari, che tenta di carpire qualche informazione utile per il suo scopo, qualunque esso sia stato; il suo si rivela un compito arduo …

Vuole forse voleva sapere cosa li ha spinti ad intraprendere questo viaggio? Forse voleva conoscere la loro professione? Nessuna saprà mai cosa gli interessasse riportare nel suo sondaggio… Io, da lontano, percepisco che le risposte dei miei con-viaggiatori lo lasciano di sasso … Mio marito mi cerca con lo sguardo, ma non posso raggiungerli, no, perché la mia perquisizione sembra non avere fine…Il problema è che, purtroppo, il loro inglese lascia molto a desiderare, al punto che la nostra luna di miele si è trasformata in qualcosa come soldi e miele o un concetto simile, e che mio cognato da fratello di mio marito si è trasformato nel papà …

La scena è quella di Totò e Peppino, né più né meno … Avrei voluto sentire con le mie orecchie, tutto quello che poi mi hanno raccontato, ma posso assicurarvi che mi è bastato incrociare lo sguardo con il Malcapitato che tutto mi è sembrato molto chiaro.

A questo punto, finalmente, saliamo sull’aereo, sinceramente un po’ spogliati del nostro senso di lealtà e feriti nell’ orgoglio, con la speranza che tutto sia finito; sapevamo bene che il viaggio sarebbe stato lungo e stancante, ma laggiù’, dall’altra parte dell’oceano, ci aspettava la Florida, The Sunshine State (come la chiamano loro!). Dopo poco, ci accorgiamo, però, che la meta è ancora molto lontana…Quando l’aereo prova ad accelerare nella fase di decollo, si spegne … E non una sola volta, anche quando prova una seconda! Io, per mia fortuna, sono una fatalista convinta, e quindi non mi allarmo più di tanto; la cosa che invece mi infastidisce, è il ritardare di 2 ore la partenza, aspettando nell’aeromobile, senz’aria condizionata, l’arrivo dei due ingegneri, che sono accorsi credo subito. Ci comunicano, quindi, l’avvenuta riparazione del guasto, quello che riusciamo a capire è che hanno riscontrato un guasto al generatore, ma, vista la velocità con cui danno l’annuncio, non giurerei di aver capito esattamente la natura del problema; la cosa che deduciamo è che stiamo finalmente per partire…E noi siamo pronti! Durante il volo, le nostre strade si erano dividono: Francesco ed io, capitiamo vicino ad un simpatico vecchietto rumeno, che, per quasi tutto il viaggio, ci parla del suo girovagare per il mondo e di come l’America sia cambiata con il passare degli anni. Il suo è un atteggiamento disincantato, deluso, ma ha comunque deciso di trascorrere la sua vecchiaia nel nuovo Continente … Mi viene da pensare che forse, è sempre meno peggio di altre realtà, come, ad esempio, la sua oramai dimenticata e lontana Europa dell’Est! La sua versione dei fatti non ci convince, ma il suo discorrere in lingua inglese ci aiuta a prendere dimestichezza con quest’idioma, che da lì a 15 giorni, diventerà la nostra croce e delizia, ma comunque l’unica possibilità che abbiamo di capire e farci capire dai nostri amici americani. Per quanto mi riguarda, per ammazzare il tempo, guardo Spiderman 3, naturalmente in versione inglese, e quando alla fine del film, mi rendo conto di aver seguito, ma soprattutto capito tutta la storia, mi convinco che ce l’avrei fatta … Il mio inglese è discretamente rispolverato! Quanto ad Andrea e Laura, li vediamo ogni tanto comparire dietro alle nostre poltrone, anche loro stralunati dal lungo viaggio e dal fatto che, essendo un volo diurno, non riusciamo a chiudere occhio. Accanto a loro è capitato un uomo che ha fatto tutto il viaggio seduto, e che, per aiutarli a capire cosa c’è da mangiare, improvvisa comiche imitazioni dell’animale che giace negli appositi vassoietti del pranzo … Vi lascio immaginare le risate quando ce l’hanno raccontato! Ma ora basta … È giunta l’ora di arrivare a Miami … La vediamo svettare con i suoi grattacieli, il suo mare turchese e l’affascinante spettacolo che ci regalano le Everglades, viste dall’alto …

Ci congediamo dal bizzarro vecchietto, che viene accompagnato all’uscita, e ci dirigiamo tutti e quattro verso la dogana: dietro a quelle vetrate c’è l’America che ci aspetta, bastano pochi passi e siamo fuori dall’aeroporto, tra le braccia dell’osannata e tanto criticata Miami … Ma … Si, c’è un ma: abbiamo avuto l’ennesimo contrattempo che ci ha fatto ritardare di circa un’ora l’arrivo all’hotel. Infatti, arrivati allo sportello della dogana, il poliziotto,dopo aver preso le impronte digitali di Francesco, e fattogli la foto, operazione di rito negli States, lo porta via, dentro ad un ufficio, intimando a me di rimanere lì, ferma dove sono! Dopo circa un minuto torna a prendere il suo posto, segue con me la stessa procedura di riconoscimento, mi timbra il visto per entrare negli Stati Uniti, ed io sono stata accettata…Posso andare, ma solo fino al 14 novembre … Chiedo al poliziotto se c’è qualche problema: lui, con fare angelico, mi risponde di no, invitandomi ad accomodarmi fuori.

Nel frattempo che nella mia mente si figurano diversi scenari, immaginando Francesco come Tom Hancks nel film The Terminal, vedo che un altro poliziotto porta anche Andrea e Laura negli stessi uffici dove avevano relegato il mio povero marito. Vedo Laura che dalla vetrata mi cerca con lo sguardo, ed è in questo momento che ci scappa irriverentemente una risata; a gesti mi fa capire che aspettano di essere chiamati, ed io, avendo la vaga sensazione che le cose andranno per le lunghe, mi procuro un carrello e vado a recuperare i bagagli …C erta di quali siano i nostri, ma ignara di quali siano quelli dei nostri compagni. Aspetto che quasi tutti ritirino le proprie valigie, e, sperando che la fortuna mi assista, prelevo due valigette nere …S ono loro! Mi riaffaccio negli uffici della dogana, che svuotati di tutti i passeggeri scesi dal nostro volo, mostrano al loro interno, solo l’immagine di Laura, rimasta sola, mentre dei due brothers neanche l’ombra! Poi, finalmente li vedo arrivare … Passo dopo passo mi raggiungono, e mi raccontano dell’interrogatorio che hanno subito, ma soprattutto delle risposte disarticolate date ai poliziotti, a domande spesso incomprensibili! Insomma, per gli addetti al controllo doganale, gli ordini sono quelli di fermare gli stranieri, in particolare gli italiani, assicurarsi che non sono militari, che non commerciano armi e voilà il visto è servito anche per loro …

Ci mettiamo qualche minuto per capire quale sia il modo per uscire dall’immenso aeroporto di Miami, ma, una volta trovata l’uscita, posso dire che siamo veramente fuori … Miami siamo arrivati! Un’afa tremenda ci assale, purtroppo si è fatto tardi, e l’unico modo veloce per raggiungere Miami beach rimane quello di prendere un taxi. Le nostre sei valigie si adagiano facilmente negli immensi bagagliai dei taxi americani; pattuiamo il prezzo: $ 32 , destinazione Ocean Drive…

Anche la scelta dell’hotel, l’abbiamo effettuata tramite il sito internet della British, prenotando qualche mese prima ad un prezzo scontato; l’albergo è l’Ocean Five: € 86 a camera, la prima colazione compresa.

Siamo arrivati di sera, mi sembra di ricordare che fossero le 21 passate. Ci avevano detto di prepararci ad una città che si distingue per il caos, il traffico, la malavita cubana; ma per noi, cittadini di Roma, tutto ci sembra tranquillo, ordinato, pulito, funzionante e funzionale, immenso ed eccitante! (Roma è una città stupenda, ci tengo a sottolinearlo, ma purtroppo non ha tutte le qualità che ho appena elencato).

Arrivati all’hotel, sbrighiamo, in modo abbastanza rapido,le operazioni di check-in, e, dopo aver preso possesso delle nostre deliziose camere, ci catapultiamo su Ocean Drive …

Dobbiamo ancora mangiare: l’ultima volta che lo abbiamo fatto, è stato sull’aereo, pietanze discrete ma troppo speziate per i nostri gusti; questo lasso di tempo rappresenta un’eternità, soprattutto per Laura, e quindi ci dirigiamo velocemente alla ricerca di un fast food, o similari. Tra le sfilate di macchine e moto sfavillanti, di certo non mancano locali e ristoranti, ma la nostra scelta ricade sul Johnny Rockets, 728 Ocean Dr.: sobrio, senza pretese, ma pur sempre un mito senza tempo! Con pochi dollari (5 o 6) si mangia un ottimo panino, si respira un’aria tipica degli anni ’60 e si assapora quella cordialità e disponibilità che abbiamo scoperto essere una prerogativa di questo popolo …

Una riflessione a questo punto, sopraggiunge d’obbligo: con gli inglesi hanno in comune solo il ceppo linguistico e qualche emigrante convertitosi alla gentilezza! Ci accodiamo allo “struscio” su Ocean Dr., e driblando tra una moto e l’altra, che vengono sapientemente messe in mostra sul lato destro della via, arriviamo davanti alla casa di Versace. Ci soffermiamo solo un paio di minuti, infatti, se la spogliamo del “fascino” che può rappresentare un evento come un omicidio, rimane una semplice villa, che, almeno secondo me, non merita grande attenzione (n.D.R.). Vorremmo, in una notte, vedere tutta Miami, ma la stanchezza prende il sopravvento, così ci arrendiamo e ci dirigiamo verso l’hotel.

Sospendo il racconto per un piccolo suggerimento: in Florida, i mesi estivi sono molto umidi, l’unica soluzione per non ammalarsi è portare con se una giacca o un maglione, in quanto gli spazi chiusi (come alberghi, supermercati, ristoranti, ecc…) sono come celle frigorifere … L’aria condizionata, qui è un imperativo! Io non ho seguito quest’indicazione e, immancabilmente, verso la fine del nostro viaggio, mi prenderò un bel raffreddore …

Comunque, ritorniamo a noi … Sono le 5 e siamo già svegli …

Ci giriamo e rigiriamo nel letto ma dopo un po’ sentiamo l’esigenza di alzarci, gli effetti del fuso orario ci terranno compagnia per gran parte del viaggio … Maledetto jet lag! Ci prepariamo, o meglio, velocemente indossiamo un costume e un paio di calzoncini, e, appena fatto giorno, usciamo per recarci a passeggiare sulla bianca spiaggia di Miami. La notte ha lasciato una calma quasi surreale, un’atmosfera dove il silenzio fa rumore e dove tutto ci convince di quanto siamo fortunati a poter vivere un’avventura cosi’ seducente. Arriviamo sulla spiaggia, girovaghiamo spensierati, disquisendo su quanto tutto fosse pulito, senza pecche; una natura lussureggiante da una parte e una distesa d’acqua turchese dall’altra. Un controllo discreto, quasi invisibile, della polizia, e il gran caldo tropicale, sin dalle 6 del mattino! Raccolgo qualche conchiglia, che ritornando in albergo, metto davanti alla loro stanza, già diventata una specie di mini-edicola, fatta di quotidiani di vario genere,che ogni mattina ci vengono consegnati. I giornali hanno tutti un argomento in comune: Dean, il primo uragano di quest’anno, che è pronto ad abbattersi sul Mare dei Caraibi; non solo, appena ci capita, malauguratamente, di accendere la televisione, la moltitudine dei canali meteo che colonizzano la programmazione americana, non fanno altro che scandire il percorso di Dean, la sua intensità e la sua forza distruttiva. Dean ci precederà passo passo … E’ previsto il suo passaggio in tutte le località che dovremmo visitare … Nessuno qui sembra allarmarsi più di tanto … Loro ci sono abituati e sono attrezzati per limitarne i danni; direi che neanche noi siamo particolarmente preoccupati ma non possiamo fare a meno di chiederci cosa rimarrà dopo il suo passaggio … Speriamo bene! Laura esce dalla stanza, e ci confessa che anche lei si è svegliata prestissimo, e che le sarebbe piaciuto venire a passeggiare insieme a noi. Tutti e quattro andiamo a fare colazione nell’ala dell’albergo adiacente il corpo centrale; la colazione è ottima e assaggiamo per la prima volta i bagels, dei panini a forma di ciambella che gli americani “addobbano” con le leccornie più disparate.

Finita la colazione, ci armiamo dei nostri strumenti di viaggio, e ci dirigiamo a piedi, verso le fermate degli autobus. Prima tappa: Bayside Market Place, un mercato molto pittoresco che si adagia sulla baia di Miami. Prendere i mezzi è semplicissimo: basta munirsi di soldi spicci ($ 1 circa), inserirli appena saliti, nell’apposito scrigno e, al raggiungimento della cifra dovuta, si è i benvenuti su quella corsa.

L’autista è molto cordiale e disponibile, quando gli diciamo che siamo italiani ci lusinga e ci annuncia che l’anno prossimo sarebbe venuto nel Belpaese. Oltre al divagare sulla sua vita privata, ci spiega che, al capolinea dove ci lascerà, adiacente al porto, passa un trenino che fa le sue fermate in tutti i posti di maggiore interesse turistico-commerciale, e dove si articolano le varie reti delle metropolitane. Sarà tutto vero ma, appena giunti al capolinea e fatta una rampa di scala mobile, due cose ci lasciano perplessi: una è che quella specie di ottovolante non ha il conducente, la seconda (per noi italiani, abbastanza sconvolgente) è che la giostra è gratis! Questo trenino sospeso, l’OMNI, vive di vita propria: si ferma solo se richiesto dall’interno o se “vede” attraverso i suoi occhioni elettronici, delle persone alla fermata. Per noi, ve lo lascio immaginare, è come assistere ad un film di fantascienza …

Scendiamo alla fermata che indica la baia e, muniti di diverse mappe, che trovi dappertutto o che, come è capitato a noi, ti vengono regalate da persone gentili che intuiscono in te un momento di smarrimento, ci inoltriamo nel Bayside Market Place.

A darci il benvenuto è il nostro caro antenato Cristoforo Colombo, lui ci ha indicato la strada e noi, umili viaggiatori, l’abbiamo seguita. Il mercato è molto carino, pieno di locali dove si può mangiare (vi suggerisco un chiosco, al piano terra, dove potete gustare un ottimo hot dog farcito con patatine fritte); negozi di ogni genere e attrazioni varie. Permettetemi, come sempre, una digressione: cercate i punti adibiti alle informazioni turistiche, dove si possono trovare ogni tipo di depliant e mappe che vi possono tornare utili; ma la cosa che vi consiglio maggiormente è di cercare la signora che organizza l’escursione alle Everglades. La si riconosce subito: agghindata come Indiana Jones , e sulle spalle porta un enorme coccodrillo imbalsamato. Il prezzo è ottimo: 22 $, il pullman si prende di fronte al mercato, e vi assicuro che vivrete un’emozione indimenticabile … Sulle guide scriverebbero “Da non perdere!”. Mi sono discostata molto dal tema del mio scritto, ma questo non mi fa dimenticare di dire due parole sulla curiosa gita che abbiamo fatto: saliamo a bordo della Pink Lady, un battello attraccato al porticciolo. Ci lasciamo tentare dal suo itinerario, ma anche dal prezzo: 18 $ a persona …

Solcando le turchesi acque che lambiscono la metropoli, possiamo ammirare i sommi grattacieli da un’angolatura inusuale … Ma, soprattutto, costeggiamo l’Isola delle stars. Ci deliziamo grazie allo scenario che ci regalano delle ville mozzafiato, appartenenti a personaggi famosi di oggi e di ieri; angoli di paradiso appartati e raggiungibili solo via mare.

La guida in filodiffusione, ci spiega, in inglese e spagnolo, alcune curiosità riguardanti i proprietari delle abitazioni, volutamente corredate da pillole di gossip più o meno interessanti … Ma la cosa che, invece, ci stupisce e ci gratifica, è l’atmosfera fiabesca che circonda l’arcipelago.

Quando scendiamo dalla Pink Lady, ci dirigiamo al piano superiore del Mercato (anche se chiamarlo così, non gli rende affatto merito!). Qui ci attende un incontro alquanto buffo; entriamo in un negozio d’abbigliamento e, come se fossimo stati riconosciuti da un amico di vecchia data, ci dà il benvenuto un ragazzo. Capisce immediatamente che siamo italiani (lo fiutano a distanze chilometriche!) e ci sequestra per circa 1 ora, vomitandoci addosso tutta la sua vita, arricchita da racconti pseudo-mafiosi … Mr. Moretti è di origine siciliana … Si esprime in un italiano maccheronico, spiegandoci, con entusiasmo, quanto sia semplice vivere in Florida, rendendosi oltremodo disponibile ad ogni nostra richiesta. Ci congeda a malincuore, e noi, finalmente tornati liberi, raggiungiamo l’ultima tappa della nostra visita: il Bubba Gump, un locale caratteristico, disseminato di ogni genere di oggetto ricavato dal film Forrest Gump. Annesso al ristorante c’è un negozio dove vendono gadgets del film; ma volendo, e solo se rimane del tempo, da non perdere sono i citatissimi “gamberetti”! Noi, purtroppo, non abbiamo più tempo: ci dobbiamo avventurare verso Key Biscane. Infatti, in un modo del tutto casuale, ci siamo imbattuti in un’immagine piuttosto allettante; ci è successo sfogliando un catalogo della Florida, dove venivano menzionati e illustrati i posti di maggiore interesse turistico, tra questi si pavoneggia il faro di Cape Florida, all’estremità di Key Biscane, appunto. Gli americani, hanno il vezzo di costruire ponti, uno di questi collega il quartiere amministrativo della città, a quest’isola; la raggiungiamo con il nostro amato treno telecomandato, scendendo al capolinea e prendendo un autobus lungo la via principale.

Ho una conversazione, che suscita ilarità nei miei compagni, con la conducente del mezzo e questo solo per averle domandato a che ora sarà l’ultima corsa; lei farfuglia qualcosa che non riesco proprio a capire, ma, alla fine di questo teatrino capisco che l’ultima corsa è “at ten o’clock”: aggiudicato! Entriamo nell’area protetta della riserva, paghiamo $ 1 ad un pittoresco ranger, e muniti di mappa, ci incamminiamo per raggiungere il Faro. Qui la natura è avvolgente, e i veri guardiani del parco sono le iguana. Non c’è da spaventarsi, siamo noi, uomini, ad incutergli terrore; appena ci vedono scappano a “zampe” levate. Volendo imbatterci, invece, in qualcosa di piu’ tenero, basta cercare vicino ai secchi della spazzatura: dei piccoli orsetti lavatori, ci guardano con curiosità, ma senza farsi avvicinare. Cammina cammina, arriviamo sulla spiaggia; è inutile sottolineare con quale appariscenza si svela il paesaggio …F acciamo giusto in tempo a spogliarci dell’essenziale che indossiamo, per trovarci tutti e quattro immersi nelle cerulee acque che circondano il faro. Questo è il primo degli innumerevoli bagni che ci faremo; indossare un costume da bagno è d’obbligo, così, appena si presenta l’occasione, siamo già pronti a catapultarci in acqua. Questo mare, oltre ad essere una gioia per gli occhi è anche una goduria per tutto il corpo; l’acqua è calda, ti accarezza dolcemente, sicuramente non fa venire quell’antipatica pelle d’oca, come ci accade quando ci tuffiamo nel Mar Mediterraneo … In Florida non c’è escursione termica: hai circa 40º C all’esterno e circa 40º C dentro l’acqua…Ottimo direi! Ci facciamo qualche foto sotto al faro, un tipo di costruzione che io adoro, e da lì ci incamminiamo verso l’uscita; in un’area attrezzata ci facciamo una doccia, e raggiungiamo, dopo circa venti minuti, il punto dove ci ha lasciato l’autobus qualche ora prima.

Mentre aspettiamo, diamo un’occhiata agli splendidi condomìni che popolano Key Biscane: tutte costruzioni signorili e molto curate; nel frattempo arriva l’autobus. Pronti ad essere avvolti da un’aria glaciale? E’ proprio quello che succede quando si spalancano le porte della vettura … Ritorniamo, quindi, al punto di partenza, nei pressi del porto, e riprendiamo il mezzo che ci porta verso Ocean Drive, a Miami Beach. La fame si fa sentire, e così ci fermiamo da Burger King, mangiamo un panino (niente a che vedere, per bontà e grandezza, con quelli che trovi in Italia), e poi ce ne andiamo dritti in albergo a dormire: domani è un altro giorno …

L’altro giorno è il 18 agosto. I nostri progetti prevedono il noleggio di una macchina, un rito obbligato trovandoci negli States, per poter raggiungere le isole Keys. Da Miami sud, si dirama un’autostrada, la 1, che, per circa 180 km corre in mezzo al mare, collegando tra loro varie isole, le Keys appunto, per terminare poi la sua corsa a Key West, l’ultima, ma la prima in termini di bellezza e importanza.

Ma di questo parlerò appena arrivati.

Ci facciamo consigliare dall’albergatore una società di autonoleggio che possa essere competitiva riguardo al prezzo e, vagliate le varie possibilità, la nostra scelta cade su Thrifty, su Collins Avenue, l’altra via cult di Miami Beach. L’albergatore concorda per noi una berlina, marchio Dodge, in classe economy, al prezzo di $ 200: quattro persone e i nostri ingombranti sei bagagli. Alle ore 13:00 ci aspettano; nel frattempo facciamo shopping in un delizioso negozio su Ocean dr., nel quale troviamo capi d’abbigliamento e souvenir di ogni genere. Torniamo lestamente davanti all’hotel e, presi i bagagli, attendiamo l’arrivo del nostro taxi, che arriva quasi subito.

Il conducente è Frederick, un simpatico ragazzo di Haiti, che ci intrattiene con i suoi racconti esilaranti e ci confessa che vorrebbe conoscere una ragazza italiana per sposarla e vivere insieme a lei nella sua Miami, la città dove lui ha trovato la sua fortuna, dove lui si sente realizzato. Su un bigliettino ci lascia il suo numero di telefono, lo fa dicendoci di chiamarlo nel caso avessimo bisogno di qualcosa, o anche nel caso riuscissimo a trovargli moglie … Fa sul serio! Salutiamo con affetto Frederick che, puntuale, raggiunge il luogo dell’appuntamento; sbrighiamo le pratiche che servono per il noleggio, e ci accomodiamo fuori per aspettare l’arrivo della macchina. La berlina tarda ad arrivare, l’autonoleggio ha infatti subito un vero e proprio assalto di turisti, e così Laura ed io ci allontaniamo per comprare qualcosa da mangiare, ma soprattutto qualcosa da bere.

Lungo la strada si incontrano spesso dei piccoli venditori di acqua e ghiaccio che portano con sé un semplice carrello e, al modico prezzo di $ 1, soddisfano il tuo desiderio infinito di dissetarsi! Durante il nostro peregrinare facciamo un altro incontro pazzesco: un tipo strano con avvolto intorno al collo un enorme pitone albino. Laura non riesce a trattenere la sua voglia di farsi abbracciare dal rettile, e così l’uomo glielo adagia delicatamente sul collo; noi tutti le scattiamo delle foto ricordo, ma dobbiamo farlo di nascosto dato che l’attrazione è a pagamento. La foto vuole fargliela il tipo, con la sua polaroid e pretende di essere pagato. Si accorge dei nostri scatti e, giustamente, un po’ arrabbiato, toglie il serpente dalle braccia di Laura, e poi, imprecando qualcosa, se ne va.

Torniamo di fronte al negozio, e, con nostro incommentabile stupore, la macchina che ci raggiunge, non è quella pattuita. Al suo posto siamo abbordati da una splendida rossa amaranto: una Jeep Commander. Vi lascio immaginare la gioia di Francesco: a lui piace pensare in grande, e nel suo, nel nostro, paese che è la patria delle utilitarie, della mediocrità, del “basta accontentarsi”, a volte ci si trova un po’ stretto. Con questo, non voglio assolutamente dire che, stare alla guida di un Suv, ti fa sentire migliore, ma semplicemente che qui, nella terra dove “tutto è possibile”, chiunque può togliersi uno sfizio … Nella vita, almeno a mio modesto parere, c’è bisogno anche di questo, del futile allo stato puro! Ma adesso torniamo a noi.

Montiamo in sella e partiamo: adesso comincia il nostro viaggio On the Road.

A parte le prime piccole difficoltà che può comportare la guida con il cambio automatico, Francesco si adegua facilmente alla guida del Commander. Srotoliamo le nostre mappe e ci dirigiamo alla ricerca della Highway 1 direzione sud … Direzione Keys. Attraversiamo Miami, superando una serie di strade aggrovigliate a 5 corsie per direzione di marcia: anelli che si sovrappongono con una logica ben precisa; le macchine che incrociamo hanno tutte grandi potenzialità, ma sulle strade americane non possono dimostrarle, possono solamente sfilare sull’asfalto rovente come belle donne vestite di gran lusso. Per raggiungere la Highway 1 prendiamo la Turnpike, una strada panoramico-turistica che attraversa le Everglades, si paga, ma solo $ 1.

Le isole Keys sono collegate da una serie di ponti, che squarciano in due l’oceano; quando si lascia la terraferma, il colpo d’occhio è unico: si corre in mezzo al mare … I ponti giocano a salire, per poi scivolare a pelo d’acqua … Costeggiano la vecchia ferrovia (datata primi del ‘900!) sostenuta da grossi piloni sommersi: basta un po’ d’immaginazione per scorgere una vecchia locomotiva che corre sospesa tra cielo e mare. La strada è lunga circa km 180, come vi avevo anticipato, e, dato il limite di velocità molto basso, possiamo ammirare lentamente i paesaggi che attraversiamo, analizzando ogni piccolo particolare. Ogni isola ci accoglie con cartelli di benvenuto, con dei pesci o molluschi giganti utilizzati per segnalare un acquario o un negozio di articoli da pesca. Non ci possiamo fermare, non abbiamo abbastanza tempo … Dobbiamo correre alla volta di Key West, il tramonto arriverà presto e noi, dobbiamo essere lì, a Mallory Square, per festeggiarlo …

Arrivati a destinazione, andiamo alla ricerca del nostro albergo, il Best Western Hibiscus, anche questo prenotato su internet con Expedia e anche questo ad un prezzo ottimo: $ 112 a camera, prima colazione compresa. L’hotel è delizioso, le camere sono confortevoli ed enormi, con due grandi letti matrimoniali; c’è il bagno, ma, in America, è facile trovare un comodissimo lavandino anche nell’apposito disimpegno. C’è sempre a disposizione la macchina per fare il caffè (a chi piace!) e delle fontanelle, dislocate in appositi spazi della struttura, da dove esce acqua fredda…Alla faccia dei motel! Le camere si affacciano su una splendida piscina corredata di un idromassaggio sempre a vostra disposizione. Espletiamo le solite registrazioni alla reception e sistemate le valigie, ci dirigiamo alla ricerca di Mallory Square. Questa piazza è famosa qui, perchè ogni sera vi viene festeggiato il tramonto …

Girovaghiamo per Key West e giungiamo al “Southern most Point of the United States” – il punto più a sud degli Stati Uniti – che dista solo 90 miglia da Cuba. Parlo di qualcosa che segna delle distanze solo geografiche, perchè basta guardarci intorno e dare spazio alla fantasia, che ci troviamo immersi in un’atmosfera caraibica dai colori pastello e dal vago retaggio coloniale. Scattiamo qualche foto in giro, e, casualmente, ci troviamo davanti alla casa di Ernest Hemingway … L’orario di visita è terminato e quindi la troviamo chiusa. Devo dire che, comunque, non ci sarei entrata; io non trovo particolare interesse per le case disabitate, secondo me, sono solo dimore a cui manca il cuore, il calore, il vissuto delle persone che potevano renderle uniche. E’ una sensazione che ho già provato quando visitai la casa di Anna Frank ad Amsterdam; il mio non vuol essere un dissacrare ciò che qualcuno la reputa una tappa d’obbligo, ma, a parte un sentimento di tristezza che mi assale, la visita, non riesce a suscitare in me particolare curiosità o entusiamo. Questi personaggi, come tanti altri, hanno lasciato molto più di fredde abitazioni e siamo ben consapevoli che, per conoscere le loro identità, le loro storie, non dobbiamo certo frugare nei loro comodini…Il loro testamento è altrove. La casa sicuramente rispecchia la personalità del suo inquilino, ma cosa vi rimane di autentico, di non rimaneggiato? L’unica cosa che desterebbe la mia curiosità, sarebbe vedere la famosa colonia di felini dai sei artigli … Ma di loro, purtroppo, neanche l’ombra! Continuiamo la nostra passeggiata, catturando tutte le particolarità di questa cittadina dai mille colori; in lontananza vediamo una statua gigantesca che raffigura Hemingway impegnato in un ballo con una graziosa dama; il palazzo municipale, quello di giustizia, fino ad arrivare all’entrata della famosa piazza. Lì si arriva attraversando un curioso mercatino variopinto dove sono esposti oggetti bizzarri, ma soprattutto monili che richiamano il mare in tutti i suoi aspetti. Il sole sta cominciando la sua lenta discesa, così noi, raggiungiamo la banchina-terrazza agghindata a festa.

Tutto è pronto: gli sposi stanno per pronunciare il fatidico si, qui sarà il Dio Sole a sigillare questa promessa e la custodirà gelosamente tra i tesori del mare; il gatto è pronto a saltare nel cerchio di fuoco; le innumerevoli imbarcazioni a vela sono pronte a solcare il mare, quando il sole verrà tagliato a metà; il saltimbanco è pronto ad improvvisare i suoi curiosi spettacoli … Noi, forse, non siamo pronti a partecipare ad uno spettacolo della natura e degli attori che ogni sera recitano, per celebrare quest’evento reso unico! Per noi, a volte, la natura fa solo da cornice alla nostra esistenza, è un’appendice alla quale non prestiamo attenzione, che non sappiamo leggere, per la quale non ci rimane abbastanza tempo per poterla contemplare e ascoltare.

Gli abitanti di Key West sono attori e mai semplici spettatori, sciolgono gli ormeggi e liberano le loro barche e la loro anima per cavalcare quella linea che divide ciò che vedono da ciò che possono solo immaginare … Salutano il sole con religioso silenzio e si percepisce, stando lì, che sarà troppo lungo, per loro, aspettare fino a domani …

Ecco, non so se sono riuscita a farvi capire ciò che abbiamo provato con tanta intensità, con timida rassegnazione di fronte ad una rappresentazione così forte! E’ lui che, andando via, dà inizio alle danze…Tutte le statue prendono vita, tutti ricominciano a muoversi: qui, a Key West, è arrivata l’ora di festeggiare e si farà fino a tarda notte.

Ci fermiamo per un po’ per assistere a questi spettacoli evanescenti, quasi inafferrabili, e, recuperata la nostra razionalità (esercizio alquanto difficile in un mondo così surreale), ci dirottiamo verso l’albergo. Imprimiamo in noi stessi tutto quello che abbiamo visto e lasciandoci alle spalle un’atmosfera unica, che si ripete ogni sera, fatta di tinte accese e di un inebriante profumo di torta al lime. Siamo inghiottiti da una folla in festa, attraversiamo vie colme di locali di ogni tipo; è inutile ribadire quanto fa caldo, e, infatti, arranchiamo fino ad arrivare al motel. Abbiamo camminato fino allo sfinimento, e quello ridotto peggio è Andrea: lui, infatti, è reduce da un complesso intervento al ginocchio, e queste maratone non sono di certo un toccasana. Lui non ci ostacola in nessuna delle nostre iniziative, ci asseconda sempre, senza mai farci pesare il suo travaglio… A volte la sua sofferenza è palpabile. Mi sembrava doveroso raccontare anche questo; senza esitazione posso dire che Andrea è stato proprio gagliardo! Appena arrivati in albergo, l’unica idea che prende subito forma, è quella di tuffarci in piscina e di far massaggiare le nostre stanche membra dalla jacuzzi; come al solito, alla velocità della luce, ci svestiamo e ci immergiamo nel dolce abbraccio delle acque. Sono le 22:00 ed è meraviglioso il clima che ci circonda: la piscina è tutta nostra e, con il tetto fatto di stelle, ci concediamo qualche minuto di relax …

Tornati in stanza ci prepariamo per uscire, e, la motivazione che ci spinge a farlo è sempre la stessa: dobbiamo ancora mangiare. Ci incamminiamo di nuovo, e non lontano dal motel ci imbattiamo in un supermercato che, incuriositi, andiamo a visitare. In America molti ipermercati, si chiamano Pharmacy ed è intuibile il motivo; infatti, oltre ad avere generi alimentari, hanno un reparto dove c’è, appunto, la farmacia … Anche in questo ci sentiamo surclassati, per non parlare del fatto che dovunque, anche qui dentro, troviamo una postazione bancomat a nostra disposizione! Francesco ed io abbiamo la mania, il vezzo direi, di entrare nei supermercati o mercati dei posti che stiamo visitando; usanza, questa, che ci introduce più facilmente nella vita delle persone, ce le fa cogliere nei loro gesti quotidiani, ci fa comprendere con immediatezza il modo di essere della gente …”the way of life”.

Chi è stato in America, potrà comprendere il nostro meravigliarci davanti a quello che sto per descrivere. Nel banco frigo vediamo “damigiane” di latte, succhi di frutta, bottiglioni da due litri di coca-cola o fanta, dai gusti a noi sconosciuti, che vanno dalla ciliegia all’uva. E’ possibile perderci tra centinaia di tipi di patatine e, quando arriviamo nel reparto non prettamente alimentare, ci sarà un oggetto che ci si presenterà con prepotenza: è il telecomando gigante! Uscendo dal supermercato, troviamo di fronte a noi un fast-food molto carino: Danny’s. Un consiglio che mi sentirei di dare a possibili visitatori è di ordinare piatti unici di carne o pesce: con pochi dollari vengono serviti piatti smisurati dove fanno intrufolare contorni di ogni tipo, compresi i famosi anelli di cipolla fritta. E’ superfluo dire quanto sia speciale la carne, e anche i piatti di pesce sono squisiti; nutriti a sazietà e stanchi che non vediamo l’ora di abbandonarci nei morbidi letti della nostra camera, ed è quello che facciamo. Di corsa a letto, ma non prima di aver dato un’occhiata ai canali meteo per monitorare la corsa di Dean … Si sta avvicinando ed è ancora molto arrabbiato! Come al solito sveglia all’alba … Ci ritroviamo nella hall dove tutto è attrezzato per la colazione; una rapida sbirciatina alle nostre mail (una postazione internet è sempre a disposizione dei clienti) e con grande dispiacere lasciamo questo posto, dove i sogni prendono forma. La strada per tornare a Miami è breve, ma ci vorranno almeno 4 ore…Quindi anticipatevi se avete un appuntamento importante…Noi ce l’avevamo. Ci aspettava una magnifica signora: la Freedom of the Seas …L a nave più grande del mondo, made Royal Caribbean, battente bandiera Bahamas! Arrivati a Miami lasciamo la nostra “rossa”, e con lei, almeno per ora, lasciamo la parte avventurosa del viaggio. Raggiungiamo il porto dove espletiamo tutte le pratiche d’imbarco. Ci consegnano un avviso in cui, naturalmente, si parla di Dean, delle sue tappe e di come stia lambendo tutte le città previste dall’itinerario della crociera. Ci rassicurano che il raid di Dean non sconvolgerà il nostro giro, e, che saranno pronti a cambiarlo, per garantirci, comunque, una crociera sicura ed indimenticabile.

Un inciso per dire che la nostra emozione era tale da non dare particolare peso a quella comunicazione; noi eravamo desiderosi di partire, d’imbarcarci su quel gigante del mare.

L’esperienza della crociera è per Laura e Andrea, la prima. Per noi è già la terza, ma vi assicuro che la vivremo come se fosse la prima: la Freedom è una millantatrice e noi, ora, siamo vittime della sua magia! Quanto stupore, una volta saliti a bordo! Veniamo catturati da immagini, da profumi, da sensazioni uniche: di spazio, di colore, di cataclisma emozionale … Un ciclone che ti sconvolge l’anima. Penserete che è troppo … Che forse è esagerato … Uso troppe iperboli per descrivere la nostra emozione … Mi dispiace, ma è il mio modo, l’unico, che mi permette di rappresentarle, di divulgarle nella maniera più immediata e fedele possibile alla realtà.

Dopo aver fotografato e filmato parti della nave, e dopo aver reso un doveroso omaggio al panorama di Miami vista dal ponte più alto, ci inoltriamo all’interno dell’ ”opera galleggiante”, per dirigerci al buffet di benvenuto. Per questioni igieniche, prima di entrare, ci laviamo le mani con una lozione disinfettante che troviamo in appositi distributori, ed entrando prendiamo parte ad uno spettacolo inimitabile per il palato e per gli occhi. Il nostro tavolo a poco a poco scompare, e, al suo posto, appare una schiera, una squadra fatta di piatti e bicchieri straripanti di ogni tipo di pietanza e bevanda. Ci si trova di tutto: è inevitabile essere colti da un forte imbarazzo nello scegliere tra le meravigliose pietanze preparate con tanta dedizione. Stanno gomito a gomito e vi catturano: si possono mangiare molte varietà di carne o pesce, di verdure per poi perderci tra le decine di dolci che sembrano usciti , ogni giorno, da una galleria d’arte moderna … Inutile cercare la pasta, anche se non è tanto male. Se, invece, si vuole provare a battere il record di Laura, dobbiamo superarci e, preparare un hamburger che superi i 4 piani! Ad ogni pasto, non riusciamo a mangiare tutto quello che, solo per ingordigia, accomodiamo nei nostri piatti; di solito i primi giorni sono quelli delle grandi abbuffate, ma poi, disgustati dal continuo concedersi a questi peccati di gola, ci diamo una regolata.

Abbiamo prenotato la crociera circa un anno prima, anche questa alla modica somma di 730 euro per persona; l’abbiamo fatto appoggiandoci ad un’agenzia di viaggi, ma ora si può fare tranquillamente tramite il Customer Care della Royal.

Consiglierei questa soluzione, in quanto con loro si trovano tariffe molto vantaggiose, che vanno prese al volo: a chi ama questo genere di viaggio, suggerisco, quindi, di prenotare una vacanza con la Royal Caribbean e, sicuramente non ci si pentirà affatto! A parte questa sorta di messaggio promozionale, per niente occulto o subliminale, vi vorrei illustrare l’itinerario che abbiamo scelto: navigheremo in sella a questa purosangue, godendoci un primo giorno di navigazione, per arrivare a Labadee (Haiti) il secondo giorno, ad Ocho Rios (Giamaica) il terzo, a George Town (Gran Cayman) il quarto, approderemo a Cozumel (Messico) il quinto e poi di nuovo un giorno di navigazione, fino ad arrivare a Miami il settimo.

Quando si è in navigazione si può godere a pieno della nave: ci sono innumerevoli attività che iniziano dalla mattina presto fino a concludersi a tarda notte; nella zona allestita con le piscine si possono seguire le lezioni di immersioni subacquee; nuotare o trastullarsi con giochi d’acqua nelle varie zone dedicate, o assecondare un richiamo piu’ rilassante, distendendosi in una delle tante jacuzzi … Concedendosi il lusso di abbandonarsi in quella piu’ affascinante di queste, quella sospesa sull’oceano. Salendo una rampa di scale, ci si trova sul ponte dedicato allo sport: lì si può prendere parte a tornei di varie discipline; andare nella palestra ultra-tecnologica; iniziarsi a corsi di ballo, che comprendono vari generi; arrampicarsi su una parete rocciosa sospesa a 60 metri, oppure tentare di rimanere in piedi mentre si cavalcano le onde del simulatore di surf. Per i più statici organizzano corsi di pittura, di decupage, di ceramica e delle succulente dimostrazioni culinarie. C’è sempre tanta musica dappertutto, e si respira un’aria di approvazione, di gioia … La percezione che si ha è quella di non avere mai abbastanza tempo per gingillarsi tra un’attività e l’altra. Ad ogni ora, si possono degustare ottimi spuntini, ghiottonerie al limite dell’ immaginazione … La cucina è una catena di montaggio, e i colori e le scenografie che si prospettano davanti agli occhi, rapiscono e non lasciano scelta … L’imperativo è assaggiare e assaggiare fino alla nausea! Presto, troppo presto, arriva la sera: è ora di lasciare l’esistenza diurna, gli abiti umidi ed informali, per lasciarsi conquistare e sedurre da una dimensione serale, quella elegante, quella in cui ci si trasforma in cavalieri e dame, in re e regine.

Ogni giorno attendiamo il suo arrivo con ansia … Sulla pelle arsa dal sole, compariranno gioielli più o meno preziosi, vestiti più o meno ricercati, indossiamo la faccia che più si adatta a queste occasioni … Saremo catapultati nel regno della notte, dove tutto assume un’altra forma, dove il celeste del cielo e del mare lasciano il posto a colori forti, psichedelic i…Una scia porterà nel nucleo della nave…Da qui si dirama una scossa fatta di musica, di flash, di danze folcloristiche, di gente che si incontra e si scontra…Si è giunti nella Promenade … Il cuore pulsante, l’epicentro …

Cercando di catturare ogni particolare, ci fermiamo in uno dei numerosi caffè, per farci una chiacchierata, rilassandoci sulle improvvisate note di un musicista jazz. Alle 20:15 (il secondo turno di cena), ci vengono spalancate le porte del ristorante: un locale faraonico che si sviluppa su tre piani, con al centro una sinuosa scalinata color porpora … Il pianoforte sta già suonando e noi ci avviciniamo al nostro tavolo. Geograficamente ci troviamo collocati nella “little Italy” sul mare. Non è per ghettizzarci, ma lo scopo è quello di farci sentire a casa, anche se noi, detto sinceramente, non ne sentivamo affatto la mancanza. Prendiamo subito familiarità con una coppia di mezza età che siede al tavolo accanto al nostro; ogni sera ci scambiamo pareri, ognuno di noi riporta la propria esperienza, racconta come ha vissuto la giornata ormai trascorsa. E’ con nostro immenso stupore, che notiamo che questi signori trovano sempre una nota negativa su ciò che vedono, citano solo giudizi pesanti, stucchevoli direi! Trovano difetti, mancanze, insomma imperfezioni circa le proprie esperienze, senza dover usare neanche troppa immaginazione…Sono quelli che hanno il malcostume di additare, di denigrare tutto e tutti…Dal canto mio direi, che se solo avessero uno specchio, mentre ci imboccano con le loro pillole di saggezza, si renderebbero conto da soli, di quanto sono ridicoli, con quei volti da stitici, cioè da quelli che non hanno niente da dare. Riconosco che quest’espressione è un po’ forte, ma, a volte, una sola parola può esprimere mille concetti, e questa, rappresenta fedelmente ciò che penso di loro.

Io sposo l’idea che, quando si viaggia, quando si parte alla volta di località nuove, bisognerebbe farlo timidamente, con l’ingenuità e l’innocenza tipica dei bambini, con la curiosità dell’antropologo, con la devozione di un fedele… Quando si viaggia ci si dovrebbe saper perdere nel paese che ci ospita, bisognerebbe provare a togliersi i panni del turista per sentirsi uno di loro, non si dovrebbero mai avere troppe aspettative … Sono queste che, in varie occasioni della vita di ognuno, hanno il brutto compito di rovinare tutto … Basterebbe seguire questo piccolo vademecum, per avere l’onore e la fortuna di diventare protagonisti di spettacoli affascinanti, di situazioni sorprendenti. Credo che solo così si può avere l’unica chance di non essere solo uno scadente fotomontaggio, bensì scrittori di una nuova pagina e, vivere ogni giorno una nuova avventura … E’ con questa filosofia che ci si lascia conquistare da ciò che ci circonda, senza vincoli, senza limiti se non quello del tempo che scorre, che corre troppo velocemente … E’ già domani, ma voi-noi siamo ora ammaestrati, educati per affrontare questa materia così inebriante e a volte così inafferrabile.

Tornerei al nostro di viaggio. Ci eravamo lasciati a cena, questa è la serata più elegante, per la quale tutti gli ospiti sfoggeranno i loro abiti più belli: è la serata in onore del comandante della nave, durante la quale lui si presenta con orgoglio ai suoi ospiti. Per l’occasione è previsto un menù fatto di pietanze prelibate, e dopo cena ci spostiamo sul ponte scoperto dove ci attende uno smisurato buffet a bordo piscina. Così, dopo una lenta e rilassante navigazione, ce ne andiamo a dormire per trovarci, il giorno dopo, a Labadee, isola di colombiana memoria. La possiamo raggiungere solo con delle lance, dati i fondali non abbastanza profondi da ospitare la Freedom. A Labadee abbiamo solo un assaggio dello splendore dei paesaggi caraibici: una laguna dalle sfumature verdastre, squarci di colore che si fanno spazio tra i rami di alberi secolari …Ai loro piedi si sovrappongono occhi curiosi, sagome irregolari: sono gli innumerevoli Batik, quadri dipinti su tele o stoffe che si materializzano con le loro tinte forti. Trascorriamo una giornata di completo relax, cullati da acque cristalline, ostaggi di una spiaggia incontaminata. Rinunciamo al nostro oziare solo verso l’ora di pranzo. Per oggi, assaporeremo un pasto in questa location inusuale: tutto attrezzato e curato come sempre, per offrirci il miglior servizio. Gusteremo dei pasti meno raffinati, ma dai sapori autentici: carne e pesce cotti alla brace che ricordano una serata tra amici stretti intorno ad un falò sulla spiaggia …

Dopo questo pasto che definirei casual, ci soffermiamo a godere di una rappresentazione improvvisata in un angolo dell’isola; ci sono dei ragazzi brasiliani che iniziano un’acrobatica Capoeira: una lotta di origine africana caratterizzata da elementi espressivi come la musica e l’armonia dei movimenti del corpo. L’ultima lancia salpa alle 16:15; se la perdiamo, di brutto ci può succedere che potrebbero abbandonarci sull’isola … Di brutto, c’è il pensiero delirante, che ci sfiora, di voler essere mollati qui, in questo luogo dai paesaggi mozzafiato … Poi, lasciando spazio solo alla razionalità, risaliamo a bordo.

Diamo un’occhiata al daily planner, che ogni sera troviamo in cabina; ci mostra tutto ciò che è previsto al nostro rientro, ma noi decidiamo di riposarci un po’, per poi cambiarci e raggiungere il resto degli ospiti nella Promenade. Qui c’è un locale, il Cafè Promenade che, ad ogni ora del giorno e della notte, mette a nostra disposizione da bere e spuntini sfiziosi per regalarci un momento di relax. Ci sediamo ai tavoli e osserviamo con curiosità le persone che a mano a mano scendono le scalinate e popolano la via. Dopo aver cenato, invece, si può subire il richiamo delle molteplici attività o spettacoli che sono puntualmente organizzati per appagare ogni vostro-nostro desiderio: si possono deliziare le orecchie con musiche suonate e cantate dal vivo da veri professionisti; ci si può catapultare in un ambiente caotico e multicolore come il Casinò, dove è possibile anche tentare la sorte o solo partecipare al delirio dei passeggeri-giocatori; si può scendere in pista e scatenarsi in balli di ogni genere; si può semplicemente passeggiare, fare shopping o improvvisarsi intenditori d’arte e prendere parte ad un’asta … Noi, ogni sera, preferiamo andare a teatro dove vengono inscenate rappresentazioni degne dei migliori teatri … Ci si appassiona ad un musical stile Broadway oppure ci si può lasciar toccare, accarezzare dalle note morbide suonate o interpretate da amabili artisti.

A questo punto, sazi di esperienze, ci congediamo da Andrea e Laura e dall’altra coppia di ragazzi italiani che abbiamo conosciuto nell’oramai lontana Labadee, e ci ritiriamo in cabina … Domani è il 22 agosto e, oltre ad essere per uno di noi un giorno speciale, prevede l’arrivo ad un porto molto affascinante, ci ritroveremo tutti emozionati alla volta della Jamaica! Questa volta la nave arriva fino al porto: siamo ad Ocho Rios, una cittadina sulla costa settentrionale dell’isola. Qui sono previste molte escursioni organizzate dalla Royal, naturalmente tutte a pagamento, ma noi, avventurieri per mestiere, non amiamo essere guidati ed indottrinati da accompagnatori più o meno esperti, scegliamo una via più azzardata ma che sicuramente darà vigore alla nostra voglia di avventura, di esplorazione …

La nostra scelta ricade su su un taxi. Si può pensare che cosa ci può essere di così strano nel prendere un taxi, ma, una volta arrivati ad Ocho Rios, si comincia a capire quali sono i rischi che si possono correre. Innanzitutto vorrei correggermi dicendo che, non è che noi abbiamo deciso liberamente di prendere un taxi, ma è il taxi e il suo chauffeur che ci hanno catturati: ce ne sono molti, ma solo uno, dopo una pressante opera di convincimento, dopo estenuanti trattative, diventerà il vostro-nostro autista-Caronte…Ci traghetterà dalla pseudo civiltà verso qualcosa che prenderà forma mano a mano che il viaggio andrà avanti …

Lui, sapeva che l’avremmo scelto e, per non sovvertire il suo pronostico, ci accetta, e lo fa ad un costo che è difficile rifiutare: $15 a persona.

Noi, preferiamo non fare pronostici, saliamo sulla vettura, e che Dio ce la mandi buona! Ci accomodiamo su questa Ford vecchio tipo, di strada ne avrà fatta tanta e ogni centimetro della sua carrozzeria lo testimonia; per non parlare degli ammortizzatori e del fatto che, per dirla brevemente e in modo abbastanza esaustivo, ci sembra di essere a bordo della macchina dei Flinstones. Siamo seduti su uno scolapasta e forse, se si presenterà l’occasione, dovremo anche noi usare i piedi per frenare.

A parte il rottame su cui siamo costretti a viaggiare, tutto quello che vedremo esula da ogni logica di visita guidata. Il nostro Cicerone ci fa conoscere il nucleo della città, il centro di Ocho Rios, ma non inteso in senso topografico, bensì come un concetto astratto dove rinveniamo l’origine di un’esistenza autentica. Volutamente o no, ci fa toccare la vita vera delle persone che abitano qui, e non quella costruita a ridosso del porto. Questa è acchittata da signori specializzati nelle mistificazioni, per turisti ordinari, di poche pretese, per i quali, forse, l’unico scopo è credere a quello che gli viene propinato, per i quali, quasi l’unico obiettivo sembra ridursi all’acquisto di un souvenir, oppure farsi una foto vicino al monumento di Bob Marley, vantandosi magari, al loro ritorno, di aver visto e conosciuto la Jamaica.

Ma quella vista non è la verità: ci sarà sempre la stessa scenografia costruita a regola d’arte. Sarà ammiccante, e sarà sempre uguale, ad ogni porto.

Cambieranno magari i soggetti, ma la cornice sarà sempre molto somigliante a quella del giorno prima. Questi “Signori del Turismo” sono dei maestri, riescono a celare la realtà con grande naturalezza: loro ci indicano solo la strada, ma siamo noi-voi a fare tutto il resto, con il nostro ciondolare tra le bancarelle allestite per l’occasione, cedendo al richiamo di una voce, al profumo o colore più insistente di un altro.. Sanno usare il turista a loro piacimento, si servono di esso, per far vedere e credere quello che loro vogliono, sperando che sia questo il solo bagaglio che poi riporterà nel proprio paese.

Il nostro, è molto più di un abbaglio, è un tuffo nella foresta pluviale, una fitta vegetazione che ti toglie il respiro e che non permette neanche ad un sottile raggio di sole di farsi strada. Arriviamo su un dirupo, da dove si può scorgere, in lontananza, la nostra nave e insieme a lei un panorama travolgente dove la natura smisurata ci avvolge …

Per accedere a questa vista ci infiltriamo in un’abitazione privata, tra gli occhi affatto stupiti o infastiditi dei padroni di casa. Raggiungiamo con un certo imbarazzo, da parte nostra, il retro della casa: una scesa coltivata con piante davvero curiose. L’autista, di cui purtroppo non ricordo il nome, ci stupisce per la conoscenza approfondita che ha di ogni pianta presente nell’orto; con un fare da botanico ce le fa odorare ad una ad una, facendoci notare quanto siano tutte differenti le fragranze che emanano. Una di loro, in particolare, richiama la nostra attenzione, ci avviciniamo a lei con un fare curioso e appena la sfioriamo, dietro indicazione del nostro accompagnatore, lei sviene … Mi dicono che questa specie è presente anche nel mediterraneo, ma non mi è mai capitato di vedere una pianta così bizzarra … Basta toccarla, che timidamente cade ai tuoi piedi! Andando via ci accorgiamo che, prima dell’uscita, c’è una cassetta, dentro la quale, se vogliamo, possiamo lasciare un’offerta, o meglio, almeno a me piace vederla così, serve in realtà, per riscuotere il pagamento di un biglietto che ci ha appena consentito la visione di uno spettacolo così strano ed accattivante … Pensiamo che sia giusto sdebitarci, e così, lasciamo $ 10 nello scrigno, comparso solo al nostro congedo.

Da qui ricomincia la folle corsa dell’autista per le strade impervie dell’isola. Ci accorgiamo che il percorso diventa sempre più accidentato, e pian piano nelle nostre menti, ancora invase dalle immagini candide ed odorose della tappa precedente, si fa avanti una sensazione di timore … Prende corpo un’idea partorita all’inizio del tour, e che abbiamo voluto celare a noi stessi per tutto questo tempo: dove ci scaricherà quest’uomo che ci ha voluti ad ogni costo? Gli basteranno i soldi pattuiti, oppure cercherà di derubarci, tradendo la fiducia accordatagli? Per fortuna, le nostre fobie da occidentali, non trovano conferma; purtroppo avendo “geneticamente” radicato il senso della proprietà, il principio del possesso, il concetto del Mio, non abbiamo ancora capito che in questo posto, dove è la comunità ad ergersi a legge, non esistono proprietari o individualità.

A loro non interessa la ricchezza o tanto meno appropriarsi di una telecamera derubata ad un sprovveduto visitatore … La loro felicità consiste nel vivere insieme, senza confini o muri di divisione. Ciò che li rende gioiosi è trascorrere la giornata senza avere preoccupazioni morbose, senza ricercare affannosamente qualcosa, senza essere mai sazi…Come facciamo noi, per intenderci! Noi che abbiamo sempre quel senso di insoddisfazione infinita … Noi che siamo l’ultimo dei loro problemi, se mai ne avessero! Normalmente, non è una mia abitudine quella di fare stime superficiali, e quindi posso solo asserire che questa è semplicemente una valutazione soggettiva, quello che io percepisco trovandomi a contatto con questo popolo. Credo che il loro sia un senso innato di serenità, che non è provocata esclusivamente dall’uso che fanno di droghe di vario tipo (valutazione ancora più superficiale!). Secondo me si tratta di un atteggiamento mentale che si potrebbe, anzi, si dovrebbe prendere ad esempio, per provare a combattere le nostre ansie e angosce quotidiane.

Scusate per essermi dilungata in disquisizioni di carattere sociologico, e scusandomi per aver osato tanto, ora vorrei tornare all’evento che ha scatenato in me questi ragionamenti. Dopo aver superato discretamente le ostilità della strada, raggiungiamo un posto magnifico. Infatti, il nostro stupore non deriva dal trovarci di fronte ad un manipolo di delinquenti pronti a sequestrarci, ma l’unica cosa che ci rapisce i sensi, è l’immagine di una possente cascata …

Ad Ocho Rios ce ne sono molte e quella che abbiamo davanti è sicuramente una di quelle rappresentazioni da non perdere. L’acqua si deforma, si comprime per poi schizzare fuori come una furia … Scendendo abbandona il suo atteggiamento selvaggio, per lasciare spazio ad una sagoma elegante e fluttuante … Il rumore assordante dell’acqua non ci fa accorgere dapprima della presenza di altre persone; infatti, oltre a noi, come ombre, ad uno ad uno prendono corpo abitanti del luogo che vivono sparsi tra questa vegetazione. Hanno dimore di fortuna e si recano ai piedi della cascata per lavarsi, e per lavare i propri indumenti … Quelli intimi, molto discretamente se li lasciano addosso …

Siamo inondati da una serie di strane sensazioni, svariate idee su come dobbiamo comportarci, non capita tutti i giorni di trovarci così a stretto contatto con una realtà piuttosto, come dire, “primitiva”; in noi prevale l’unico atteggiamento possibile, quello di rimanere tranquilli e goderci, tutti insieme, quello che la natura ci ha messo a disposizione senza fare nessun tipo di distinzione sociale … Non c’è niente di più democratico credo! Laura non si lascia sfuggire l’occasione e si arrampica sulle rocce per farsi rigenerare dalle fresche acque della cascata; noi siamo lì a goderci il paesaggio, a goderci la sfrontatezza di Laura, il suo modo di mimetizzarsi, di aderire a ciò che la circonda, devo dire che riesce a calzarle tutto a pennello …

Siamo pronti a ripartire, il tempo non è mai dalla nostra parte e scandisce ogni minuto che ci separa dalla ri-partenza … Nei nostri progetti, sicuramente il tempo scorre più lentamente, ma cercheremo comunque di portare a termine ciò che abbiamo preventivato. Visitiamo velocemente un mercatino dove si possono trovare manufatti locali e tante ragazze jamaicane che ci vogliono accalappiare per donarci la loro arte intrecciandoci i capelli come solo loro sanno far. La voglia è tanta, ma ci vorrebbe troppo tempo … Il tempo, che elemento disturbatore! Così non ci lasciamo tentare e ci facciamo portare vicino al porto, da dove tutto era cominciato …

Il nostro accompagnatore ci saluta con affetto, ed anche noi lo ringraziamo caramente per averci condotto in luoghi così incantevoli. Così ci ritroviamo al punto di partenza, ed è per noi una gioia, perché ancora abbiamo del tempo a disposizione e perché, se esiste un punto da dove ripartire, vuol dire che esiste il presupposto di dare ancora vigore e nutrimento al nostro desiderio di conoscere e di scoprire.

Ci incamminiamo subito verso il centro, ci sentiamo il fiato sul collo degli abitanti dell’isola, ci marcano stretti, solo due parole: taxi o droga … Per quanto riguarda la prima richiesta, rispondiamo di aver già utilizzato il mezzo e di essere appena tornati … Per la seconda, preferiamo distinguerci … Noi siamo già su di giri e vogliamo goderci la nostra visita senza sballi o “aiuti” di nessun genere; comunque basta rifiutare e loro scompaiono senza troppe insistenze.

Intossicati comunque, volenti o nolenti, dal forte odore di marijuana, raggiungiamo il Turtle Park, un piccolo parco a tema, un’attrattiva dal vago sapore preistorico. Il giardino è molto curato e merita una breve visita: ci sono molte piante esotiche e quelle che ci sembrano grosse pietre, che emergono dalle piscine, sono in realtà una moltitudine di tartarughe, che riposano indisturbate.

A questo punto della giornata, prima di risalire a bordo, ci rimane solo una cosa da fare, e cioè tuffarci nelle acque tiepide e trasparenti dell’isola. Dopo un bagno rigenerante ci godiamo una passeggiata lungo la spiaggia; arriviamo fino ad un piccolo molo, dove alcuni pescatori mostrano con orgoglio il loro bottino adagiato con maestria su delle foglie di palma. Per un momento baratterei il lusso della Freedom, con il senso di libertà e freschezza che mi darebbe assaporare quei pesci, cucinati in riva al mare; ma sua maestà ci chiama, e noi, suoi umili sudditi, ma solo per una settimana, rispondiamo al suo appello e ci imbarchiamo. Dobbiamo obbligatoriamente voltare pagina, e soffocare quel senso di tristezza che ci assale ogni volta che lasciamo queste terre paradisiache. Oggi lo faremo festeggiando un evento speciale: il compleanno di Francesco! A sorpresa gli ho fatto preparare una torta, che dopo cena gli viene recapitata, accompagnata da lunghe candeline accese e da un imbarazzante esibizione dei camerieri … In suo onore improvvisano uno stonato coretto, prima in inglese e poi fanno il bis in italiano … Laura e Andrea regalano a Francesco un modellino della Freedom in filigrana dorata, il loro è un omaggio simbolico, questa miniatura rappresenta l’emblema di questo bellissimo viaggio insieme! Dopo questo piccolo ricevimento, ci dirigiamo al ponte 3, per assistere ad uno spettacolo entusiasmante, unico nel suo genere. Ebbene si, nel mezzo del Mare dei Caraibi, presenzieremo ad una singolare dimostrazione, che ha come protagonisti una squadra di abili pattinatori sul ghiaccio: con eleganza e leggiadria ci presentano The Freedom on Ice, una rappresentazione splendida, che richiede la prenotazione del biglietto, dato il limite dei posti a sedere. La prenotazione va fatta in giorni prestabiliti, indicati nel today; questa è un’occasione unica, da non perdere, l’esibizione merita! Anche questa sarà una lunga notte di baldoria,ma non per noi che, ad una certa ora (comunque tarda!), ci ritiriamo in cabina per risparmiare un po’ delle nostre energie, per affrontare vigorosi la giornata di domani. Tutta la notte la nave scivola sul setoso Mare dei Caraibi, e ci conduce su un’isola che sulla cartina è raffigurata da un minuscolo punto che sembra essere naufragato in mare … Siamo giunti a George Town, Grand Cayman, una terra di rara bellezza … E oggi, solo per oggi, sarà nostra! Il tempo è previsto come parzialmente nuvoloso, l’ultima lancia, per tornare sulla nave, salperà dalla città alle 15:15 … Sembrerebbe che per noi non ci sia nessuna buona notizia, ma vi assicuro che la giornata prenderà una piega molto interessante. Ieri abbiamo deciso di prenotare un’escursione tramite gli addetti a cui è dedicato un colorato angolo della reception. Verrebbe da rimuginare sul fatto che questa nostra scelta non sia affatto coerente con quanto ho sentenziato in precedenza, riguardo al partecipare alle escursioni organizzate. Ma credetemi, ci sono alcune esperienze imperdibili che, se per viverle al meglio, c’è bisogno di cambiare idea (almeno per l’occasione), o comunque fingere di essere dei perfetti escursionisti, lo faremo … D’altronde solo gli stupidi non cambiano mai idea! L’appuntamento con i ragazzi della Royal è alle 11:00, così abbiamo un po’ di tempo per passeggiare lungo la Seven Miles beach, considerata una tra le più belle spiagge del mondo: circa 11 km di sabbia finissima e soffice come borotalco. Io non mi faccio mai incantare dagli slogans ma, dopo aver visto tanta bellezza, non posso che avvalorare le recensioni ufficiali. Arriviamo qui prendendo un autobus che trasporta una decina di passeggeri; noi quattro e un altro gruppetto di ragazzi italiani lo riempiamo, e dopo che la signora che lo conduce, finisce la sua illimitata conversazione, partiamo per la Seven Miles. Il cielo è carico di pioggia, ma appena intravediamo uno spiraglio di luce, possiamo scorgere una sottile linea, quasi invisibile, che divide la spiaggia bianchissima, da un mare trasparente. Prima del sopraggiungere del rinomato acquazzone tropicale, ci tuffiamo in acqua, ma altrettanto velocemente ci rivestiamo e ci andiamo a riparare sotto ad una veranda di un resort che ha accesso direttamente dalla spiaggia. Le prime gocce iniziano a cadere, sappiamo che questa forzata “prigionia” non durerà a lungo, così ci rassegnamo e colloquiamo tra di noi circa il passaggio di Dean … Qui è stato un transito breve, fuggente, e per fortuna gli unici resti sono degli alberi leggermente piegati e stropicciati…

Guardiamo distrattamente l’orologio, che ci indica, inesorabile, che è arrivato il momento di muoverci per raggiungere puntuali, il luogo dell’appuntamento. Non ha ancora smesso di piovere e, bagnati dolcemente da quest’acqua giunta così all’improvviso, ci riversiamo sulla strada, dove saliamo su un mini-autobus che ci accompagna fino al porto. Lì, ci incontriamo con gli altri partecipanti e saliamo tutti su una vettura locale, alquanto malridotta direi! Questa ci lascia fino ad una baia appartata, da dove partirà il catamarano che ci condurrà alla volta della barriera corallina. La navigazione è dolce e lenta, ma noi siamo impazienti … Scrutiamo l’orizzonte in attesa di scorgere al più presto la nostra meta … La ragazza che ci accompagna, ci impartisce, con molto entusiasmo, alcune lezioni su come comportarci quando giungeremo a destinazione: è irlandese, ce l’ha voluto precisare, parla molto velocemente il suo inglese pulito; non riesco a seguirla perfettamente, ma credo di aver afferrato i concetti principali.

L’acqua comincia ad abbassarsi e ad assumere un colore più nitido, più limpido. Da qui iniziamo ad intravedere una piccola folla schiamazzante, con l’acqua che gli arriva appena allo stomaco. Quando l’imbarcazione si ferma, ci accingiamo a scendere, ma non prima di aver indossato un minimo di equipaggiamento, fornito dagli organizzatori, che ci facilita nello stare in mare. Appena mettiamo piede in acqua, ci assale un brivido, una sensazione ambivalente che potrei inserire in una scala che va dal timore all’entusiasmo tipico che ci sconvolge quando ci troviamo di fronte a ciò che non conosciamo … Un moto interiore che ci spinge ad osare, scavalcando ogni inibizione, ogni dovere di raziocinio: ci troviamo in America, ai Caraibi, siamo in punto lontano dove il mare è l’unico sovrano … Siamo arrivati fin qui per conoscere delle splendide creature marine, macchie scure che scivolano sull’acqua … I TRIGONI o mante, come si preferisce chiamarle. Loro sono gli abitanti di questo spazio incontaminato, noi saremo ospiti rispettosi. Il tempo di trascorrere una mezzora in loro compagnia, per poi ritornare alla nostra vita asciutta a bordo della nave. I trigoni sembrano felici di vederci, volano da una parte all’altra sfiorando spesso le nostre gambe…Loro sanno che, con noi, arriva anche un sostanzioso spuntino, ed è anche per questo che si prestano a tutti i nostri capricci: le accarezziamo (mai farlo dalla coda verso la testa perché si arrabbiamo, questa è una cosa che ho capito dalle istruzioni divulgate dalla ragazza), le fotografiamo con la macchina subacquea di Laura, e addirittura riusciamo a sfilargli un bacio … Quando ormai siamo diventati così intimi, arriva l’ora di lasciare La città dei Trigoni. Abbiamo avuto il privilegio di condividere un angolo di mondo, con delle creature magnifiche, degli esseri fieri, dei padroni di casa molto accoglienti. Mentre risalgo sul catamarano, rifletto sul fatto che mai nella mia vita avrei pensato di fare un incontro così insolito, curioso … Questo ricordo lo custodirò nel mio cuore…Per un’amante degli animali quale io sono, questa rappresenta sicuramente l’esperienza che più di tutte, in questo viaggio, mi ha regalato un’emozione senza paragoni. Lentamente, lo skipper ci porta lontano dai nostri nuovi amici e, per il ritorno, spegne i motori e spiega l’enorme vela. Al nostro rientro ci attende il solito autobus che, con molta fretta, ci riporta ai piedi della Freedom; prendiamo l’ultima lancia e risaliamo a bordo.

Mangiamo qualcosa (il buffet è sempre esagerato!) e poi ci rilassiamo a bordo piscina, con la consapevolezza che, per oggi, non possiamo sperare a niente di meglio. Questa sera c’è la cena dello chef: un insieme di manicaretti, che non hanno bisogno di essere illustrati, vanno solo gustati con molta attenzione. Finiamo la nostra giornata a teatro, stasera c’è un musical: Once upon a Time … C’era una volta: una rivisitazione di alcune delle favole più famose sapientemente interpretate da ballerini e cantanti della Royal Caribbean. Ci congediamo da Laura e Andrea e andiamo a dormire … Domani arriveremo a Cozumel.

E’ qui che avvenne il primo contatto con il Messico dei Conquistadores. Arriviamo alle 10:00 e, per oggi, le nostre strade si separano: i nostri compagni hanno prenotato l’escursione che li vedrà a bordo dell’ Atlantis, un sottomarino; Francesco ed io abbiamo deciso di affittare un motorino e visitare la città nei suoi angoli più nascosti. Affittare un mezzo è semplicissimo ed economico: basta allontanarci un po’ dal porto che, superata la barriera dei taxi, troviamo molti negozi che vivono di quest’attività. Ne scegliamo uno e, con soli $ 25 per l’intera giornata, montiamo in sella per avventurarci: dapprima verso la parte centrale della città. Il noleggiatore ci dà una cartina dettagliata, sulla quale ci sbarra la zona interdetta per via di Dean. Notiamo molte gioiellerie, ma questo non deve stupirci, vista la fama dell’isola, meta dei cercatori d’oro. Ci sono molti locali dove poter assaggiare prodotti tipici messicani, ma basta spingersi all’interno, per capire che la povertà è una condizione evidente: la situazione degli abitanti è anche peggiorata per colpa dell’azione devastante dell’uragano! Le case sono costruite con materiali di fortuna e quindi non ci meravigliamo se, quando è arrivato Dean, non ha lasciato nient’altro che macerie e desolazione.

Visto il poco tempo a nostra disposizione, decidiamo di inoltrarci nell’entroterra dell’isola, dove si erge il sito archeologico maya di San Gervasio. Lo raggiungiamo dopo quasi un’ora di cammino, ed entriamo a visitarlo nonostante la temperatura proibitiva. Passeggiamo tra le rovine di un popolo così lontano da noi, dalla nostra storia, e devo dire che è un luogo molto suggestivo; le costruzioni che ci circondano sono molto particolari, per un occhio abituato a vedere un altro genere di monumenti. Sono racchiuse in una natura fatta di alberi millenari e hanno come unici abitanti le iguana, che non fanno altro che riportarci, con la mente ad un’epoca molto remota.

Soddisfatti della nostra visita culturale, riprendiamo il motorino, anche questo sorvegliato da una grande iguana color smeraldo; ci riversiamo quindi, di nuovo, sulla costa per raggiungere una bella spiaggia e tuffarci in acqua per ristabilire una temperatura corporea che stia un po’ al di sotto dei 40º C. Arriviamo a Paradise beach, srotoliamo i nostri teli da mare e ci adagiamo sulla sabbia; non attendiamo neanche un minuto che subito ci tuffiamo nel mare caldo del Golfo del Messico. Qui le acque sono poco profonde e circondano la barriera corallina; per questo Cozumel è una delle mete ideali per gli amanti dello snorkeling. Purtroppo, non abbiamo potuto vederle in tutto il loro splendore, sempre a causa della forza devastante dell’uragano che ci ha preceduto; a posteriori posso dire che questa meta si poteva evitare, ma comunque non ci possiamo proprio lamentare … Le vere vittime di certo non siamo certo noi turisti … Considerazione ovvia! Poco dopo, come un miraggio in lontananza, vediamo arrivare Andrea e Laura un po’ delusi dell’immersione appena fatta con il sottomarino; anche sui fondali c’è stato uno sconvolgimento, e la fauna trovata, era un po’ più scarsa rispetto a quello che gli era stato promesso. Tutti insieme decidiamo di tornare indietro, noi con il motorino, e loro con un taxi; dopo qualche minuto raggiungiamo il porto, ma noi dobbiamo spingerci un po’ più avanti per riconsegnare il mezzo al legittimo proprietario. Ripresi i documenti, facciamo una breve capatina ad un grosso ipermercato; anche qui ci siamo voluti confondere con gli abitanti del posto, acquistiamo una scatola di aspirina (non si sa mai!), al prezzo esiguo di $ 2, e ci incamminiamo velocemente verso il molo. La nave salperà alle 19:00 e vorremmo esserci quando scioglierà gli ormeggi e lascerà l’isola. Ci prepariamo per la sera con un po’ di malinconia, non possiamo evitare di constatare che la crociera non prevede più porti da visitare … Con Cozumel finisce il nostro andare per mari: domani sarà navigazione e poi si concluderà il nostro splendido viaggio…

Il settimo giorno, l’ultimo, è quello del “fare tutto”: è questo il giorno giusto per vedere ciò che non c’è stato il tempo di vedere; di partecipare a quelle attività che non c’è stato modo di svolgere; è il giorno per mangiare quelle cose che avremmo sempre voluto assaggiare, ma per le quali abbiamo rimandato, dando la precedenza ad un altro tipo di pietanza; questo è il momento ideale per rilassarci sotto al cielo stellato dell’idromassaggio o per abbandonarci sotto al sole avvolgente dei Caraibi; questo è l’ultimo giorno, quello in cui, di solito si tirano le somme … Quello vorremmo non arrivasse mai.

Purtroppo il tramonto arriva inesorabile e ci costringe a lasciare il ponte più più per raggiungere le nostre cabine. Ceniamo, senza avere tanto appetito, e ci congediamo da Ruel e Suchula, i nostri camerieri, anzi i nostri nuovi amici, facendoci con loro una foto ricordo. Ogni sera abbiamo riso e scherzato con loro, superando presto la barriera dell’etichetta, abbattendo subito quella nota di servilismo che gli viene imposta dal regolamento. Posso dire, senza esitazione che, nel loro ruolo e con la loro amicizia, hanno reso la nostra crociera ancora più irresistibile.

L’arrivo della nave a Miami è previsto per le ore 7:00. Laura e Andrea, prima di ripartire per l’Italia, hanno prenotato una memorabile escursione alle Everglades, dove li attende una grande famiglia di coccodrilli e molto altro; per noi invece giungerà il momento di continuare il nostro viaggio da soli verso il Golfo del Messico, naturalmente On the Road…

Torniamo alla nostra ultima serata. Dopo lo spettacolo a teatro, passeggiamo per un po’ sulla Promenade. Il nostro sembra solo un camminare senza meta, distratto, somiglia a qualcosa come un voler prolungare a tutti i costi un’agonia … Ci sforziamo di essere allegri, ma in testa ci tormenta un solo pensiero, quella della partenza … Laura, la più coraggiosa in questa circostanza, prende spunto per salutarci; non l’ho mai vista così triste, farfuglia una specie di saluto frettoloso, senza avere la forza di guardarci negli occhi … Per una leonessa come lei, sarebbe stato imbarazzante, avere un segno di cedimento, o meglio, di commozione…

In questa sua apparente freddezza percepisco quale grande dispiacere si cela dietro a questo nostro allontanamento … Per me è come un caldo abbraccio da parte sua … Il nostro viaggio insieme è stata una scommessa, e mi sento di affermare con gioia, che l’abbiamo vinta.

Non è facile, almeno per noi, trovare delle persone con cui voler condividere un’esperienza intima come quella di un viaggio, ma con loro abbiamo raggiunto un’armonia perfetta, una simbiosi inaspettata. Sulla nave i riflettori sono ancora tutti accesi, ma cala la notte, quella più scura … Prima di addormentarmi vengo assalita da varie sensazioni, da mille pensieri, … Uno di questi si chiama Laura e Andrea …

Ci mancheranno molto, già lo so…

SIMONA



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