Flash back

17 luglio 2008 Giovedì mattina: ci troviamo dentro il caos dell’aeroporto di Roma tra la gente tirata a lucido e frettolosa che si appresta alla giornata lavorativa. Passo lo sguardo sulle facce fresche di rasatura dei business men con le ventiquattro ore e le signore con i tacchi che si rifanno il trucco mentre aspettano le coincidenze per...
Scritto da: bgmeetafrika
flash back
Partenza il: 01/07/2008
Ritorno il: 16/07/2008
Viaggiatori: fino a 6
Spesa: 2000 €
17 luglio 2008 Giovedì mattina: ci troviamo dentro il caos dell’aeroporto di Roma tra la gente tirata a lucido e frettolosa che si appresta alla giornata lavorativa. Passo lo sguardo sulle facce fresche di rasatura dei business men con le ventiquattro ore e le signore con i tacchi che si rifanno il trucco mentre aspettano le coincidenze per chissà dove. Noi con i capelli arruffati e le occhiaie dopo una notte insonne passata tra i sedili dell’Ethiopian Airlines abbiamo appiccicato addosso ancora l’odore dell’Africa, gli scarponi da trekking e gli zaini impolverati. Nei nostri timpani risuonano gli “you you birr, birr please” (birr: ethiopian currency) dei bambini che ci correvano incontro. Un miscuglio di suoni: i canti dei muezzin, le preghiere bisbigliate dai cristiani ortodossi, le voci dei mercanti, il pianto di chi chiede la carità, la pioggia che scroscia all’improvviso e riempie in un attimo il letto dei fiumi. Tanti piccoli flash back di immagini che scorrono velocemente come slides annullando le scene di monotona quotidianità che si profilano davanti a noi in questo momento. Addis Abeba e il suo traffico disordinato. I monasteri circolari del lago Tana. Gli affollatissimi mercati e le processioni dei fedeli avvolti nel candido schamma sulle montagne di Lalibela, il cielo che al passaggio dei temporali si colorava di mille tonalità. I monumenti, le montagne, le vallate e i laghi. Gli odori: dell’incenso, del caffè tostato, della Njera che è pane lievitato color grigio chiaro ricavato da una miscela di Teff, (cereale locale) sul quale si servono quasi tutti i piatti; è una cialda spugnosa contornata da vari mucchietti di carne di montone o di bue e di salse piccanti dalle quali attingono tutti i commensali e per un buon galateo si deve mangiare con le mani. Gli incontri con le molte etnie: gli Afar, gli Oromo, i Mursi, i Borana, i Konso, gli Hammer, i Karo, i Dorze e molte altre, un patrimonio ricco di tradizioni millenarie ben conservato fino ad oggi che, ahimè spero non venga cancellato dal progresso. I dati parlano di un forte incremento del turismo dall’inizio del nostro nuovo millennio (per il calendario etiope il nuovo millennio è cominciato nel 2007) e, si sa che quest’ultimo nonostante il benessere che apporta, finisce poi con l’incrinare quell’equilibrio da sempre è esistito tra uomo e ambiente. Se ne vedono già i segni. Si vede nei tetti di lamiera luccicante che sostituiscono quelli fatti di paglia o di foglie di banano dove sono appese antenne paraboliche, nella costruzione di strade nuove che portano a Jinka e che ancora chiuse al traffico sono invase dalle mandrie, negli animali (selvatici e non) spiaccicati sulla striscia d’asfalto che porta al sud. Si vede nell’ostentata ricchezza di pochi e nella povertà di tanti. Sono semplicemente una turista, egoisticamente parlando è davvero difficile dire no al mio star bene, a dormire in un letto morbido e mangiare tre volte al giorno, alla felicità di aver catturato un’immagine; (beh, sono le mie sudate vacanze queste) ma con la coscienza da turista un poco responsabile certe volte non ho potuto voltare la faccia da un’altra parte. Una voce all’altoparlante annuncia l’imbarco per Linate e mi pizzico le guance per capire se sono nel mondo dei vivi o nel limbo e metto a confronto la vita italiana in questa mattina di un giorno qualsiasi a quella di ventiquattro ore fa: “Che differenza!” Dopo tutto il fermento dei preparativi per la partenza non sembra vero che siano già finite le nostre tre settimane di ferie ed i farenji malati d’Africa ora sono a casa. by Dolores “Farenji”: soprannome col quale gli etiopi definiscono i bianchi ed ha lo stesso significato del termine “nero”col quale gli occidentali identificano ogni persona di colore. (definizione tratta da guide per viaggiare Polaris.)


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