First time in India?
Volendo essere piuttosto imprevedibili abbiamo deciso di far precedere la vacanza in India da un fine settimana a Mosca (-27° C) prolungando lo scalo dell’Aereoflot di ben due giorni. Impresa ardua è stata riuscire a far entrare solo in uno zaino capi estivi e ultra-invernali.
Siamo partiti con il minimo indispensabile e in totale libertà; prenotando da Internet solo un ostello a Delhi per il primo giorno nella zona di Pahar Ganji, che, agli occhi di un turista inesperto di India può essere realmente inquietante. L’albergo era nascosto in una via secondaria strettissima quasi invisibile dalla strada principale, nella quale si estende un mercato-labirinto affollato e rumorosissimo.
Appena arrivati abbiamo dovuto subire le pressanti attenzioni di un sedicente agente di viaggi che si prodigava tanto per facilitarci la vita e fingeva di conoscere le nostre reali necessità. In realtà, ci proponeva l’affitto di una macchina con autista a nostra disposizione, ad un prezzo piuttosto elevato…Per il momento l’abbiamo lasciato parlare. Il nostro primo assaggio di India è stata la capitale, che ci ha praticamente storditi con la sua confusione terribile, un traffico caotico e livelli di inquinamento allarmanti. Malgrado la pressione dei “temibili” guidatori di taxi- risciò, decidiamo di gettarci (anche se con qualche esitazione) nella realtà differente di Delhi che appare infinita dall’alto del minareto della Moschea del Venerdì, da dove si gode un panorama mozzafiato della zona vecchia e del Red Fort.
Consiglio a tutti di assistere ad una delle celebrazioni indù nel bellissimo Visvanath Temple, uno spettacolo che ci ha lasciati senza parole, una festa di canti e di colori… e soprattutto… niente folle di turisti e un’atmosfera intima e profonda.
La nostra aria stordita ci rendeva facili prede di procacciatori d’affari e anche se alla domanda “First time India?” abbiamo sempre cercato di rispondere “No” ci si leggeva in faccia che non ci aspettavamo una simile confusione e che indubbiamente incontravamo alcune difficoltà, una fra tutte l’incapacità di poterci muovere autonomamente con il treno… che va prenotato diversi giorni prima la partenza, e avendo a disposizione solo due settimane di viaggio l’unica soluzione possibile per vedere qualcosa di una nazione così estesa e popolata restava la macchina a noleggio.
Siamo quindi tornati dal poco simpatico agente di viaggi, l’abbiamo costretto ad ascoltare il nostro programma ( e soprattutto il nostro prezzo) e dopo ore di contrattazione siamo riusciti finalmente a raggiungere un accordo, facendo scendere notevolmente la tariffa che ci aveva chiesto all’inizio.
Il secondo giorno, così, il nostro autista Mukash ci ha portato ad Agra ed è stato così gentile da fermarsi spesso per farci visitare alcuni tempi incontrati lungo il tragitto. Il Taj Mahal è un luogo bellissimo e da solo vale un viaggio in India, l’incanto di quel posto riesce a contrastare la presenza continua di seccatori in cerca di mance e di clienti…Niente può rovinare l’atmosfera magica che si respira. Il mattino seguente, comunque, non vediamo l’ora di andarcene da Agra, una città piuttosto irritante a causa delle pressioni dei commercianti del luogo ansiosi di trarre profitto dalla tua visita ad uno dei monumenti più famosi del mondo… bisogna tenere gli occhi ben aperti! Da questo punto in poi del viaggio le cose non fanno che migliorare, iniziamo ad ambientarci e impariamo a conoscere una realtà differente, più rilassante e umana. Ci fermiamo in zone rurali e visitiamo la cittadina di Orccha, restando sorpresi dall’ospitalità della gente con cui è facile creare un dialogo e sorridere, una dimensione positiva e lontana dai giochi d’interesse di Agra e Delhi. Da Orccha sono sufficienti tre ore di macchina attraverso strade rurali per raggiungere Kajuraho, dove si trovano i templi resi celebri dalle sculture erotiche e la riserva naturale delle cascate…Che, lontano dal periodo dei monsoni appaiono come un esteso canyon di granito dai colori sfumati.
Dopo 16 ore di viaggio arriviamo a Varanasi, luogo che non si poteva non vedere; immancabile la navigazione del Gange al sorgere del sole, il momento migliore per assistere alle celebrazioni della vita e della morte lungo i Ghat ,dove gli indù praticano le abluzioni e si vedono ardere le pire delle cerimonie funebri. Per un occidentale questo spettacolo a prima vista può essere spiazzante e incredibile, ma di certo non lo si potrà mai dimenticare.
Con un volo interno raggiungiamo poi Goa (via Mumbai), le compagnie aree indiane sono piuttosto efficienti anche se prima di mettere piede sull’aereo si deve passare attraverso scrupolosi controlli, naturalmente su reparti divisi per uomini e per donne. Le spiagge del Goa sono un posto ideale dove rilassarsi e staccare la spina per alcuni giorni, Calangute è una cittadina organizzatissima anche se piuttosto affollata e molto turistica. Una mezza mattinata è bastata per recarsi a Old Goa con un autobus locale e visitare le chiese della città antica, ma l’esperienza più divertente è l’enorme mercato di Anjuna, dove si viene sommersi dal coloratissimo artigianato locale mischiato ai classici souvenir, i venditori reclamano con energia la propria merce ed è impossibile andarsene senza aver comprato niente.
Tornati a Mumbai con un volo della Indian Airlines (ci sono sconti speciali per i giovani) corriamo verso il molo di fronte al Gateway of India, riusciamo a salire su un’ imbarcazione di seconda classe diretta ad Elephanta Island, ultima tappa di questa vacanza nella quale abbiamo deciso di vedere il più possibile anche se purtroppo con un tempo disponibile limitato. L’ultimo giorno è di rito il bilancio finale delle spese, che, malgrado i biglietti aerei e 6 giorni di macchina con autista, sono state abbastanza contenute. Per dormire non abbiamo speso mai più di 5-6 dollari a testa, tranne a Mumbai dove anche per servizi scadenti abbiamo dovuto tirare fuori la bellezza di 15 euro a persona. Decidiamo di prendere congedo dall’India con una lunga passeggiata notturna in taxi nel centro di Mumbai attraversando la celebre Marine Drive, gli sfavillanti cartelloni dell’industria cinematografica di Bollywood si incastrano l’uno sull’altro come pezzi di un gigantesco mosaico; anche il traffico congestionato e il caos ormai ci sono familiari e la guida alquanto audace dei taxisti non ci sorprende ma al contrario ci diverte.
Iniziamo a capire che ci mancherà l’India e i suoi contrasti, è un’esperienza che consiglio a chiunque anche se bisogna partire con la consapevolezza che può essere un viaggio gratificante quanto difficile. Mi tornano in mente le parole di un turista italiano conosciuto per caso a Varanasi, “di India ci si può ammalare..” ci ha detto con convinzione (era lì per la quinta volta); all’inizio non volevo credergli ma poi questa frase non ha fatto che risuonarmi nella testa, ed ora che sono a casa devo ammettere che, molto probabilmente…Aveva ragione.