Finalmente Zanzibar!

Era da tempo che volevamo visitare Zanzibar, l’isola delle spezie e dei sultani….cercavamo un hotel semplice ed economico sulla spiaggia di Paje o di Jambiani, lontano dalla confusione dei mega villaggi di Kiwengwa. A dicembre 2008 troviamo delle ottime offerte su Todomondo, e, dopo avere letto buone recensioni su Tripadvisor, prenotiamo una...
Scritto da: Morena e Michel
finalmente zanzibar!
Partenza il: 25/02/2009
Ritorno il: 05/03/2009
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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Era da tempo che volevamo visitare Zanzibar, l’isola delle spezie e dei sultani…Cercavamo un hotel semplice ed economico sulla spiaggia di Paje o di Jambiani, lontano dalla confusione dei mega villaggi di Kiwengwa.

A dicembre 2008 troviamo delle ottime offerte su Todomondo, e, dopo avere letto buone recensioni su Tripadvisor, prenotiamo una settimana in mezza pensione presso l’Hotel Sau Inn, piccolo 3 stelle posto sulla spiaggia incontaminata di Jambiani alla modica cifra di 1.143 euro in due, volo intercontinentale compreso.

Il 25 Febbraio partiamo da Palermo per Milano Malpensa, dopo qualche ora, alle ore 23:00, saliamo sul volo della Compagnia Blu Panorama diretto a Zanzibar.

L’aereo non è male, il sedile vicino ai nostri resta vuoto per cui riusciamo a distendere un po’ le gambe e a dormicchiare per tutta la durata del volo.

Atterriamo alle 9:00 del giorno dopo, indossiamo sandali ed infradito, posiamo i giubbotti e scendiamo dall’aereo… che bel calduccio che c’è! L’aeroporto è un capannone senza aria condizionata, ma per fortuna non aspettiamo molto, dopo mezz’ora compare la nostra valigia e, stranamente, nessuno ci chiede mance.

Cambiamo un po’ di soldi in scellini tanzaniani, ( il cambio in aeroporto sarà il più favorevole di tutta la vacanza (1$ = 1.300 TZS ) e ci dirigiamo verso il bancone di Todomondo.

Dopo mezz’ora siamo sul pulmino che ci condurrà al nostro hotel, siamo gli unici del volo che vanno al Sau Inn.

L’entroterra è bellissimo, interamente ricoperto da palme, manghi, banani; purtroppo vediamo anche piccole capanne di fango con il tetto in lamiera dove vivono famiglie numerose e tanti bambini ci rincorrono dandoci il benvenuto con i loro “ Jambo! “ L’hotel è graziosissimo, immerso in un bel giardino di palme e fiori, il bungalow semplice e carino ha il letto a baldacchino con la zanzariera, il bagno piccolo e semplice ma pulito, non c’è aria condizionata né frigobar ma solo un ventilatore.

La spiaggia è a pochi metri…Selvaggia e incontaminata, quasi deserta, proprio come la sognavamo noi.

Di fronte ci sono le coltivazioni di alghe ma per noi non è un problema fa parte delle tradizioni del posto e poi basta superarle per scoprire un’acqua limpidissima! Sistemiamo velocemente i nostri indumenti nell’armadio e corriamo in spiaggia…Entriamo in acqua e cominciamo a camminare in direzione della barriera corallina che è veramente lontanissima.

L’acqua comincia a ritirarsi e noi ci divertiamo un mondo nel cercare ofiure e paguri nelle pozze d’acqua calda.

E’ giunta l’ora di andare a pranzo e così cominciamo ad incamminarci verso l’hotel; in spiaggia incontriamo un ragazzo di nome Chiki che, con le sue lunghe treccine nascoste dentro un berretto in stile giamaicano, è il sosia spiccicato di Bob Marley.

Ci chiede da dove veniamo, e ci propone un giro sul suo dhow per il giorno dopo per 20 dollari; noi accettiamo e gli diamo appuntamento sulla spiaggia alle 9:00 in punto.

Il ristorante dell’hotel è veramente molto bello, ha il tetto in makuti come i bungalows, e i tavoli sono disposti su di una terrazza panoramica da cui si vede la spiaggia e la bella piscina dell’hotel.

Ordiniamo del pollo fritto e del filetto di barracuda fritto panato nella noce di cocco grattugiata ( divino!! ), il tutto accompagnato da riso o patatine fritte, verdure e insalata.

Finiamo con due belle macedonie di frutta tropicale dolcissima e ce ne torniamo in stanza belli sazi per fare un riposino.

Trascorriamo un paio d’ore in spiaggia e, dopo una doccia veloce, andiamo a cenare.

Stavolta scegliamo dei calamari fritti e un cocktail di gamberoni come antipasti, due filetti di pesce con burro all’aglio e per finire una fetta di torta al cocco e una banana flambè…Tutto squisito! La mattina seguente ci attende una bella colazione a base di frutta fresca (rambutan, ananas, mango ), succhi freschi, pane tostato, marmellate varie e torte fresche.

Alle 9:00 in punto siamo in spiaggia, Chiki ci accompagna al suo dhow, apre la vela ma oggi non c’è molto vento per cui si aiuta con un bastone che, a causa dell’acqua bassa, conficca letteralmente nella sabbia per dare la spinta.

Chiki si ferma a un centinaio di metri dal reef, dice che qui l’acqua è particolarmente limpida e pulita, così iniziamo il nostro giro di snorkeling , e restiamo incantati dai colori delle stelle marine e da un numero impressionante di anemoni rossi e arancioni.

Vediamo anche tanti pesci tra cui i rari idoli moreschi e gli angeli imperatore.

Torniamo in hotel all’ora di pranzo contenti per la bella escursione e ci dirigiamo affamati al ristorante.

Ordiniamo spaghetti al pomodoro e pizza margherita e li troviamo niente male…Sarà la fame? Nel pomeriggio ci accordiamo con Chiki per andare a visitare la Jozani Forest e la piantagione di spezie il giorno dopo; lui e ed un suo amico ci chiedono 100 dollari pranzo incluso, ci sembra un po’ caro ma alla fine dopo lunghe trattative cediamo…Effettivamente siamo solo in due e non conosciamo qualcuno con cui potremmo dividere le spese.

Sabato mattina partiamo per la piantagione delle spezie.

Dopo mezz’ora vediamo il primo posto di blocco, la polizia controlla i documenti dell’autista che sono a posto, mentre fa scendere Chiki e lo trattiene per cui dobbiamo proseguire da soli con l’autista…Non ci sembra che sia solo un problema di documenti, è come se lo conoscessero… Arrivati alla piantagione conosciamo “ Ciccio Bello “ la simpatica guida che ci accompagnerà nel tour.

Ciccio Bello parla molto bene l’italiano e ci spiega un sacco di cose interessanti, ci mostra l’albero della cannella, quello della noce moscata, la pianta rampicante della vaniglia, ci fa annusare le varie spezie e ci chiede di indovinarne il nome, poi con l’aiuto di altri ragazzi ci costruisce cappelli, collane e borsette con le foglie di palma e ci offre una dissetante noce di cocco che un ragazzo agile come una scimmia ci raccoglie dalla cima di una palma.

Alla fine del tour ci fanno assaggiare vari frutti tra cui rambutan, ananas, anguria e jackfruits, tutti squisiti e prima di andare via acquistiamo un bel po’ di spezie, delle saponette e due flaconcini di olio essenziale di gelsomino e ylang-ylang.

Diamo qualche dollaro ai ragazzi che sono stati veramente bravi e simpatici, saliamo in macchina e, sulla strada del ritorno ci fermiamo alla Jozani Forest, l’area più estesa che rimane di quella foresta che un tempo ricopriva gran parte dell’isola e qui ritroviamo Chiki. Un ragazzo ci fa da guida e ci accompagna attraverso la fitta vegetazione alla ricerca del raro colobo rosso, una scimmia endemica.

Ne vediamo tante, sono simpaticissime e riusciamo perfino ad accarezzarle Proseguiamo per la foresta delle mangrovie che attraversiamo facilmente camminando su una passerella di legno.

Pranziamo nell’unico ristorantino della foresta ( che notiamo avere prezzi quasi europei ) e facciamo ritorno all’hotel.

Prima di andare a cena facciamo una passeggiata sulla spiaggia, è buio pesto ma in compenso nel cielo si vedono tantissime stelle, riusciamo a distinguere alcune costellazioni e la via lattea , è meraviglioso! Incontriamo una gattina sdraiata sulla sabbia, ci giochiamo un po’ e lei comincia a seguirci; non ci lascerà per tutta la durata del soggiorno e resterà di guardia davanti il nostro bungalow in cambio di qualche coccola e biscottino…La soprannomineremo gattina-masai! Ritornando in hotel incontriamo Chiki che ci invita ad andare con lui ad un party sulla spiaggia, sta fumando della marjuana e sembra pure ubriaco…Rifiutiamo l’invito e stiamo per andarcene quando arriva Tito, lo chef del nostro hotel che ci chiede se è tutto ok e ci accompagna al ristorante, avvertendoci di stare attenti ai beach boys perché bevono troppo e raccontano balle.

Ci racconta la sua vita, della moglie che lavora a Stone Town, dei suoi figli, della polizia corrotta, del Presidente disonesto, del suo sogno di vedere l’Italia… Trascorriamo una serata indimenticabile.

Prima di andare a dormire gli diciamo che abbiamo bisogno di un paio di bici per il giorno dopo e lui ci risponde con il solito Hakuna Matata! Domenica mattina, dopo colazione, troviamo Tito con due belle bici; Morena prova a fare un giretto ma perde continuamente l’equilibrio così, alla fine, decidiamo di farci accompagnare in auto.

Tito è gentile e molto paziente, fa diverse telefonate e dopo mezz’ora lui e il suo amico ci portano, con una Suzuki Vitara, al Paje by Night di cui avevamo sentito tanto parlare.

Il posto è carino, un po’ per figli dei fiori, beviamo qualcosa di fresco e poi ci dirigiamo verso la spiaggia che è magnifica, enorme e bianchissima. Facciamo la nostra solita passeggiata verso il reef ma giunti a metà incontriamo una marea di ricci che non ci consentono di proseguire, anche se abbiamo le nostre scarpine di gomma.

Vediamo tante stelle marine e ne prendiamo due “ in prestito “ per fare qualche foto sulla spiaggia, poi le rimettiamo in acqua.

Pranziamo al Paje by night ma non restiamo per niente soddisfatti; le porzioni sono ridicole e i prezzi alti, neanche il cibo è molto buono…Gli spaghetti alla carbonara galleggiano in uno strano brodino, solo il filetto di vitello che prende Michele è buono e morbido.

Trascorriamo il pomeriggio in spiaggia, giocando con la sabbia e cercando conchiglie che qui sono tantissime e prima di andare via assistiamo al ritorno dalla pesca di uomini e ragazzini, con le loro barche stracolme di pesce.

Alle 18:00 Tito e l’autista ci vengono a riprendere e ci riportano all’hotel e paghiamo la bellezza di 35.000 scellini tanzaniani, un prezzo esagerato.

Chiediamo di potere affittare l’auto per il giorno dopo, ci vengono chiesti 40 dollari, accettiamo e consegniamo la patente di Michele e 10.000 scellini a Tito per ottenere la patente internazionale.

A cena ci abbuffiamo di cicale di mare freschissime ( praticamente delle aragostine ) e poi ce ne andiamo a nanna.

Il giorno dopo partiamo per Stone Town con la nostra Suzuki Vitara, facciamo benzina nel primo distributore che incontriamo dopo avere superato Paje, e, dopo 1 ora circa, arriviamo in città.

Stone Town ci appare caotica e sporca, c’è spazzatura ovunque.

Ci dirigiamo verso il Darajani Market, parcheggiamo e iniziamo a fare un giro tra le bancarelle che vendono carne e pesce.

La puzza e la sporcizia sono impressionanti ma il posto ci affascina comunque e scattiamo tantissime foto.

Bello e colorato il mercato della frutta e verdura, dove, accanto a melanzane, pomodori e peperoni notiamo anche delle radici di manioca, manghi, bananine e tanto altro ancora.

Un ragazzo di nome Isaia si propone come guida, ci segue dappertutto ma noi siamo fermamente convinti a cavarcela da soli.

Dopo un po’ cediamo e in effetti la sua compagnia sarà preziosa per percorrere la città attraverso i suoi stretti vicoli.

Leggiamo sulla guida che a Mchangani street, dalle parti del mercato, ci sono delle bancarelle dove vendono coloratissimi Kangas, le stoffe di cotone con cui vestono le donne tanzaniane e ci facciamo accompagnare.

Entriamo in un negozietto ben fornito e ne acquistiamo 6 al prezzo di 24.000 TZS ( 17 dollari ).

Poi ci porta al Ex Mercato degli schiavi dove un ragazzo ci racconta l’orrore della tratta degli schiavi e ci mostra le minuscole celle sotterranee dove quei poveretti venivano ammassati fino al giorno in cui venivano venduti al mercato.

Nelle vicinanze, nel luogo in cui si svolgeva il mercato degli schiavi, sorge la cattedrale anglicana, iniziata a costruire nel 1873, anno in cui il mercato venne chiuso.

L’interno abbonda di reminiscenze della tratta degli schiavi come il cerchio rosso tracciato sul pavimento che segna il punto in cui si alzava il palo a cui gli schiavi venivano legati e frustrati per mostrare la loro forza e resistenza prima di metterli all’asta.

Continuiamo a passeggiare e Isaia ci fa entrare all’interno dell’Omani Fort.

Di questo fortino ormai restano solo le mura esterne poiché da qualche anno è sede del Zanzibar Cultural Centre, dove sono allestiti diversi negozi dell’artigianato locale, un piccolo cafè e un anfiteatro all’aperto dove si tengono concerti di musica da vivo.

In uno dei negozi acquistiamo un bao scolpito nell’ebano a 12 dollari e due tinga tinga, di cui uno grande 1,5 metri per 1 metro, per la modica cifra di 45 dollari.

E’ giunta l’ora di pranzare e Isaia, su nostra richiesta ci porta al ristorante La Fenice, sul lungomare di Stone Town.

Ci chiede qualche soldo per potere acquistare un po’ di cibo al mercato da portare alla famiglia e noi gli diamo 15.000 scellini, se li è proprio meritati! Isaia si allontana e ci promette che ritornerà per finire il nostro tour.

Al ristorante scegliamo due porzioni di lasagne, due macedonie di frutta tropicale, una coca e una birra, tutto buono, e spendiamo 41.000 scellini.

Isaia fa ritorno come promesso e ci porta a vedere l’old Dispensary e la House of Wonders, siamo troppo stanchi per entrare e poi fa un caldo infernale, così scattiamo qualche foto e andiamo via.

Poi ci riaccompagna alla macchina attraverso i vicoletti caratteristici, ammiriamo i bei portoni di legno scolpito e, prima di arrivare in auto, acquistiamo da un ragazzino una bottiglietta di olio di cocco prodotto sull’isola, è profumatissimo ed è l’ideale per i capelli ricci di Morena! Diamo altri 5.000 scellini ad Isaia e andiamo via con la nostra auto.

C’è ancora il sole e decidiamo di andare a dare una occhiatina a Makunduchi, pochi KM a sud di Jambiani, ma il posto è bruttino, vi è un unico villaggio turistico e la spiaggia è corta e sporca. Così ce ne torniamo nel nostro hotel, consegniamo la macchina e la prenotiamo nuovamente per il giorno dopo.

A cena mangiamo del filetto di pesce alla griglia e una pizza e poi ce ne andiamo a dormire.

Alle 8:00 del giorno successivo partiamo in direzione nord.

Facciamo 20.000 scellini di benzina e in due ore arriviamo a Matemwe; chiediamo in giro se è possibile affittare una imbarcazione per l’atollo di Mnemba, ma, a causa dell’orario e della marea che sta scendendo, l’unica proposta che possiamo accettare è quella di andare con l’auto fino alla spiaggia di Muyuni e da lì farsi portare fino a Mnemba con una imbarcazione locale per la assurda cifra di 40 dollari… Non abbiamo alternative per cui accettiamo, saliamo sulla nostra auto, accompagnati da uno degli “organizzatori” e ci dirigiamo verso Muyuni…Peccato che la strada è talmente scassata e piena di buche che ci mettiamo un’ora per arrivare! Siamo stanchi e arrabbiati ma ormai siamo qui ed è pure mezzogiorno per cui raggiungiamo la barca che in un quarto d’ora ci porta a fare un po’ di snorkeling nelle acque limpide dell’atollo.

Purtroppo è vietato attraccare sull’isola poiché di proprietà di un resort costosissimo, per cui ci limitiamo a guardare i bei fondali e, complice la bassa marea, ci divertiamo a sguazzare di fronte la spiaggia accarezzando la finissima sabbia…Sembra di essere in paradiso! Dopo un’oretta e mezzo rientriamo, rifacciamo la solita strada infernale e cerchiamo un ristorante dove potere pranzare, ma, visto l’orario, troviamo tutto chiuso così restiamo a stomaco vuoto… Ci fermiamo a Kiwengwa con l’intenzione di fare un bel bagno ma troviamo una spiaggia sporca e piena di turisti per cui decidiamo di dare un’occhiata ai souvenir che vendono i negozietti lì vicino, acquistiamo una insalatiera in ebano, una in mogano, e due statuette raffiguranti due masai al prezzo di 40.000 scellini.

Ricordatevi di portare dall’Italia qualche sacchetto di plastica… a Zanzibar è quasi impossibile trovarli e vi avvolgono i souvenir nei vecchi giornali.

Nella strada del ritorno vediamo dei banchetti con della frutta e, affamati, acquistiamo 4 banane per 400 scellini.

Prima di rientrare in hotel ci fermiamo a Paje per un bel bagno e ci divertiamo un mondo a cercare le conchiglie più belle, qui ce ne sono tantissime e di tutte le dimensioni! Torniamo in albergo alle 19:00 e dopo una doccia ci catapultiamo al ristorante, abbiamo una fame da lupi! Ci sbafiamo una zuppa di pesce, un cocktail di gamberi,una pizza margherita, un curry di carne con patatine fritte, un curry di gamberi con riso e per finire due mega macedonie, e belli sazi ce ne andiamo a dormire.

L’ultimo giorno lo trascorriamo in piscina che finora avevamo completamente trascurato; l’acqua è bella fresca, facciamo un sacco di foto e ci rilassiamo al sole, ormai siamo nerissimi! Nel pomeriggio facciamo una passeggiata nel villaggio di Jambiani, che è proprio dietro l’hotel; un gruppo di bambini festosi ci salta letteralmente addosso e giochiamo un po’ con loro; Michele, a turno, li prende in braccio e gli fa fare “l’aeroplanino”, Morena ne tiene in braccio due alla volta più un terzo attaccato alla gamba, quasi quasi perde l’equilibrio e finisce a terra! Ci incamminiamo tra le casette e scorgiamo delle bancarelle di frutta e souvenir, acquistiamo un ananas, delle collanine e un bel tronchetto d’ebano in cui è scolpito un viso.

Tornati in hotel ci facciamo prestare un coltello dalla cucina e apriamo il nostro ananas…È dolcissimo, mai mangiato un frutto più buono, infatti ce lo mangiamo tutto… Dopo cena prepariamo con grande tristezza le valigie, il giorno dopo purtroppo si ritorna a casa.

Il giorno dopo ci alziamo presto e il pick up dell’hotel ci accompagna all’aeroporto, paghiamo la tassa di uscita di 30 dollari e ci imbarchiamo sul nostro aereo dell’Air Italy; facciamo uno scalo di un’ora all’aeoporto di Mombasa per consentire al veivolo di fare rifornimento di carburante e per prelevare i turisti che hanno soggiornato in kenya, poi si riparte.

Asante Sana Zanzibar, ci hai fatto vivere un sogno!



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