Fernando de Noronha

L'isola che... c'è!
Scritto da: Leucas 70
fernando de noronha
Partenza il: 07/03/2008
Ritorno il: 19/03/2008
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
Mi affaccio dal finestrino in attesa che l’aereo scenda di quota ed esca dalle nuvole. L’hostess ha appena annunciato di allacciare le cinture di sicurezza in previsione dell’atterraggio. Ma dov’è l’isola? Possibile che la foschia sia così densa da nasconderla alla… eccola, la vedo! Ha una vegetazione verde lussureggiante e le onde si infrangono spumeggiando sulle coste. Da questa altezza sembra disabitata e provo la sensazione di essere stato catapultato in una scena del film Jurassik Park. Siamo a 350 chilometri dalle coste del Brasile e quella sotto di noi è l’isola di Fernando de Noronha.

Nel 1988 è stata dichiarata per il 70% parco nazionale e nel 2001 è stata inserita nel patrimonio dell’umanità dall’UNESCO, poiché ospita un ecosistema delicatissimo e pressochè unico al mondo. Affinché tutto questo rimanga inalterato, ci sono delle regole da rispettare e per soggiornare sull’isola, si deve pagare una tassa di preservazione ambientale: il governo brasiliano concede un numero limitato di permessi turistici al giorno. Fortunatamente io ed Antonella, la mia compagna di viaggio, siamo riusciti ad ottenere il visto dall’Italia, grazie al sito internet ufficiale dell’isola, tramite il quale abbiamo potuto pagare anticipatamente le tasse, ed ora ci troviamo in fila allo sportello dell’aeroporto di Fernando de Noronha in attesa di sbrigare le pratiche d’entrata. I mezzi di trasporto più diffusi sull’isola sono le Dune Buggy, ed è con una di queste che Adriana viene a prenderci all’aeroporto. L’abbiamo conosciuta attraverso un sito web in cui pubblicizzavano la loro agenzia turistica e, dopo aver effettuato una breve ricerca su internet e verificato che erano seri, bravi e…simpatici, ci siamo messi nelle loro mani per prenotare la “pousada” in cui avremmo trascorso il nostro soggiorno.

Nel Buggy entriamo a malapena in quattro e l’attrezzatura da sub non aiuta certo a stare più comodi. Ma è uno spasso correre per le strade dell’isola con il vento in faccia! Dopo dieci minuti arriviamo alla pousada, una struttura in legno con il tetto in tegole: è spartana, ma accogliente. Maria, la proprietaria, ci aspetta sulla soglia. E’ una donna sui cinquant’anni, minuta e con un sorriso che trasmette allegria. Non parla una parola di inglese e tantomeno spagnolo, mentre io l’unico termine che finora conosco in portoghese è “obrigado”. Ma si sa, le lingue di fronte alla disponibilità ed alla voglia di comunicare, possono trasformarsi facilmente nell’ultimo degli ostacoli. Ci accomodiamo nella saletta che funge sia da reception che da locale per la colazione e mentre Maria prepara the e biscotti, Adriana ci spiega quali attività offra l’isola oltre a consigliarci dove mangiare e come muoversi. Naturalmente il mio interesse è rivolto soprattutto alle immersioni. I fondali di Fernando de Noronha sono decantati in tutto il mondo per la ricchezza della fauna e per l’incredibile visibilità, che si dice raggiunga i cinquanta metri! Inoltre l’isola è famosa per la presenza delle tartarughe marine che l’hanno scelta come luogo in cui deporre le uova sulle numerose spiagge rigorosamente monitorate dai biologi e dalle guardie del parco nazionale. Non mi resta che verificare il tutto di persona.

Il giorno seguente mi sveglio presto e dopo aver fatto colazione, vado al diving center in paese per prenotare le immersioni. Riesco a trovare posto nel gruppo che partirà alle 11:00: non sto nella pelle e corro in camera a preparare l’attrezzatura videosub. Un furgone del diving passa a prendermi davanti alla pousada, poco prima dell’orario previsto, per accompagnarmi al porto dell’isola. Qui ci aspetta il catamarano a motore con cui raggiungeremo i vari punti di immersione. A bordo incontro persone che provengono da tutto il mondo tra cui una coppia di ragazzi francesi che hanno deciso di concedersi un anno sabbatico e fare il giro del mondo visitando i luoghi più famosi per le immersioni subacquee: è interessante ascoltare le loro esperienze nei mari dell’Australia, della Polinesia e delle Galàpagos dove non sono mancati incontri con squali, balene, e leoni marini.

La destinazione di oggi è Ilha da Rata, un isolotto a nord-est di Fernando de Noronha. A poche centinaia di metri dall’uscita del porto, un gruppo di delfini viene a salutarci giocando a prua con le onde provocate dallo scafo. L’incontro con questi splendidi mammiferi è sempre emozionante! Dopo venti minuti di navigazione, raggiungiamo il sito di immersione il cui nome, Buraco do Inferno, ossia Grotta dell’Inferno, non fa presagire nulla di buono. In realtà, durante il briefing la guida spiega che si tratta di un’immersione facile a non più di venti metri di profondità e che la grotta in questione è una piccola e innocua caverna. Mi vesto in fretta e dopo aver fatto i dovuti controlli all’attrezzatura video, entro in acqua. La temperatura è gradevole e indossare la salopette da 5 millimetri si rivelerà essere la scelta giusta. Mentre i miei compagni di immersione si tuffano uno dopo l’altro, controllo ancora una volta che tutto sia a posto prima di scendere. Ed è qui che arriva la prima sorpresa! Ero talmente intento a fare il check all’attrezzatura che non avevo ancora dato uno sguardo in basso. La visibilità e incredibile. Sembra che tra la superficie e il fondo non via sia l’acqua, ma l’aria! Premo immediatamente il tasto “rec” per immortalare questo momento e scendo lentamente giù. Giro intorno ad un grande masso dietro il quale c’è una piccola tartaruga che sta riposando. Infastidita dalla nostra presenza lascia il suo giaciglio nuotando verso un posto più tranquillo. Mentre mi sfila davanti, le faccio le mie scuse, a nome di tutto il gruppo, ma dal suo sguardo non sembra gradirle e se ne va. D’altronde gli intrusi qui siamo noi! Proseguiamo infilandoci in un tunnel così stretto da costringerci a procedere in fila indiana. All’uscita ci si apre davanti un fondale sabbioso cosparso di rocce e ricco di pesci tropicali di varie specie. L’istruttore richiama la nostra attenzione indicando il mare aperto: un bellissimo squalo grigio di circa tre metri sta nuotando indisturbato verso il largo. Quasi simultaneamente io ed un fotografo ci lanciamo verso di lui, ma mentre pinneggiamo affannosamente, è già sparito nel blu. Torniamo indietro delusi e ci uniamo nuovamente al gruppo per proseguire verso la Grotta dell’Inferno. Arrivati sul posto ci rendiamo conto che l’interno non è ampio abbastanza da accoglierci tutti, quindi per visitarla entriamo pochi alla volta. Al mio turno purtroppo la visibilità si è talmente ridotta per via della sospensione sollevata da chi è entrato in precedenza, che rinuncio ad accendere la telecamera. Poco male, perché qualche istante dopo arriviamo in un punto in cui, semi-nascoste nella sabbia riposano delle pastinache enormi! Sono immobili e la nostra presenza non sembra turbarle. Mi appoggio sul fondo cercando di non sollevare la sabbia. Sono a un paio di metri dal muso di uno di questi enormi pesci e con lo zoom mi avvicino fino ad ingrandirle un occhio: il suo sguardo è fisso su di me, forse per controllare i miei movimenti, ma non sembra infastidita e continua a restare immobile. Con la coda dell’occhio vedo che gli altri si allontanano. Resto da solo ancora per qualche secondo davanti a questo splendido animale prima di sollevarmi anch’io dal fondo e lasciarlo al suo riposo.

Facciamo ritorno alla barca costeggiando il lato opposto della roccia dalla quale siamo venuti. Ad un tratto l’istruttore, con il caratteristico gesto della mano tesa sulla testa, indica la presenza di un altro squalo: questa volta si tratta di un nutrice. E’ lungo circa due metri ed è fermo sulla sabbia tra due grossi massi. Ci osserva per un po’, poi decide che siamo troppi e lentamente sfila davanti al gruppo andando a cercare un posto evidentemente meno affollato. I nostri manometri segnalano che la quantità di aria a disposizione per restare sul fondo è finita e dobbiamo tornare in superficie verso il catamarano. Prima di salire a bordo giro un’ultima volta la testa verso il basso come per confermare a me stesso che la trasparenza di queste acque sia reale! I giorni successivi faremo immersioni anche più impegnative e tutte avranno un unico denominatore comune: la sensazione di trovarsi dentro un immenso acquario naturale a contatto con la natura selvaggia e accogliente dell’isola. Ma non sono solo i fondali di Fernando de Noronha a renderla così bella. Vale infatti la pena affittare un buggy per andare alla scoperta dell’interno e delle sue spiagge. Ed è durante una di queste escursioni che scopriamo il ristorante alle spalle della spiaggia di Cacimba do Padre. Chiamarlo ristorante è un eufemismo visto che è composto da una struttura in legno ricoperto dalla salsedine, con un frigorifero per i gelati, alcuni tavolini all’aperto e un cucinino da campeggio con all’interno il barbecue: il tutto situato in mezzo alla foresta! Il caso però ha voluto che arrivassimo qui verso l’ora di pranzo ed un simpatico signore dall’età indefinibile e con il volto segnato da rughe evidentemente dovute ad una vita passata in mare, ci passa davanti con in mano un grosso Snapper, un pesce simile al dentice, avvolto in una foglia di banano e cotto alla brace. Ci guarda sorridente dicendo in uno spagnolo-portoghese poco comprensibile, che ha un altro di questi bei pescioni e se vogliamo ce lo cucina. Come fare a dirgli di no? Vedendo che ho la telecamera in mano, mi fa cenno di seguirlo in “cucina” per filmare il metodo di cottura. Mentre pulisce il pesce, getta le interiora ai piedi di un albero poco lontano da lì e con un’espressione divertita esclama:“E’ per il gatto!”. Trascorsi un paio di minuti vedo spuntare dalla foresta un varano di circa ottanta centimetri di lunghezza che si avvicina agli scarti e inizia a divorarli voracemente. Il mio nuovo amico mi guarda soddisfatto dicendo: “Ecco, è arrivato il gatto!” Dopo aver condito il pesce con aromi profumati, lo avvolge nella foglia di banano e lo appoggia sulla graticola rovente. Pochi minuti prima della fine della cottura ci accomodiamo al tavolo ed una ragazza porta due coppette di metallo con dentro della polvere di caffè mista a cera per candele. Versa dell’alcool nelle ciotole e con un accendino appicca il fuoco alle pseudo-candele. “A cosa servono?” le chiedo, “Sono per le mosche!” Guardo dubbioso Antonella, pensando “quali mosche?” Il pesce arriva in tavola e con un gesto rapido il nostro amico sfila la foglia di banano, ci augura buon appetito e va via velocemente.

Tutto succede nel giro di pochi istanti. Una nuvola di mosche si forma intorno a noi. Sono centinaia e vorrebbero “aggredire” il nostro pranzo, ma incredibilmente le candele funzionano riuscendo a tenerle a debita distanza! Preoccupati e anche un po’ divertiti, spiniamo il pesce pregando che le candele non si spengano da un momento all’altro. Finito di pulirlo mi alzo, porto la lisca rapidamente su un tavolo poco lontano dal nostro e scappo via! In un attimo le mosche volano verso l’insperato banchetto e lo ricoprono completamente, concedendoci così di gustare appieno uno squisito Snapper! Potrei continuare a raccontare delle onde che si infrangono sulle spiagge di Fernando de Noronha e che ogni anno attirano migliaia di surfisti da tutto il mondo, oppure di Praia do Sancho il cui accesso è possibile solo tramite una scala a pioli che scende verticale tra le strette spaccature della roccia o degli splendidi panorami e tramonti che si godono dalle alte cime delle rocce a strapiombo sul mare, ma l’unica cosa che posso consigliare è di andarci, perché solo in questo modo l’isola riuscirà a trasmettervi le sue meraviglie!



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