Favignana

La mamma ha riempito lo zaino di panini ed acqua, c’è di che sfamarsi per giorni e giorni e pesa un accidenti. La giornata non è limpidissima, ma le preoccupazioni dei giorni precedenti che il tempo possa peggiorare non mi sfiorano minimamente. Ormai siamo a Napoli, la vacanza è già cominciata. Il molo Beverello brulica di vita. Soffia una...
Scritto da: penny.blue
favignana
Partenza il: 10/08/2007
Ritorno il: 20/08/2007
Viaggiatori: in gruppo
Spesa: 1000 €
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La mamma ha riempito lo zaino di panini ed acqua, c’è di che sfamarsi per giorni e giorni e pesa un accidenti. La giornata non è limpidissima, ma le preoccupazioni dei giorni precedenti che il tempo possa peggiorare non mi sfiorano minimamente. Ormai siamo a Napoli, la vacanza è già cominciata. Il molo Beverello brulica di vita. Soffia una piacevolissima brezza che per un po’ ci affranca dall’afa di questi giorni.

Mi allontano un attimo per cercare un bagno e al mio ritorno mio fratello e la mia amica mi informarono che l’aliscafo, causa mare mosso, non partirà ed il prossimo è previsto non prima di qualche giorno, sempre che le condizioni meteorologiche lo consentano. Il cuore mi manca un colpo, ma lo sgomento dura un attimo, dobbiamo attivarci per trovare un modo alternativo per raggiungere la Sicilia.

La mia amica Katia (che si chiama come me) resta di guardia ai bagagli, io vado allo sportello della compagnia con la quale avremmo dovuto partire per chiedere il rimborso dei biglietti e mio fratello Piero si attiva per cercare i posti su una nave con la quale arrivare a Palermo. Troviamo posto sulla nave del mattino successivo. Nonostante sia agosto inoltrato nel giro di mezz’ora troviamo una sistemazione molto confortevole. Ci diamo una rinfrescata e incuranti della pioggia usciamo. La prima cosa da fare è cercare un internet point per organizzare tutti i collegamenti da Palermo a Trapani e poi per l’isola di Favignana. Il consierge ci suggerisce di recarci in via Toledo.

Dopo una buona mezz’ora di consultazione realizziamo che la nave arriverà troppo tardi a Palermo per consentirci di giungere a destinazione in serata. L’unica è pernottare a Palermo e poi rimettersi in marcia il giorno successivo. Potrebbe essere una buona occasione per visitare la città, ma nonostante mi sforzi di vedere il lato positivo della faccenda, come i miei compagni di viaggio mi porto addosso la costante preoccupazione di raggiungere Favignana il più presto possibile. Così mi viene l’idea di consultare gli orari dei treni e scopriamo che il diretto per Palermo è la soluzione a tutti i nostri problemi perché ci consentirebbe di arrivare due ore prima rispetto alla nave. Mio fratello si offre di tornare al porto per chiedere il rimborso dei biglietti. Io e Katia ci fermiamo dinanzi al Municipio che offre la vista sulle solide mura secolari di Castel Nuovo meglio conosciuto come Maschio Angioino. Anche se piove e sono un po’ angosciata, non riesco a non ammirare la bellezza di Napoli, il suo fascino mediterraneo, le vestigia di un passato opulento e sfarzoso che si intravede nelle grandi strade del centro. Napoli è un’elegante vecchia signora con lo sguardo furbesco di una zingara ammaliatrice. Sarebbe bello trascorrere qui qualche giorno, addentrarsi nei suoi angoli misteriosi, scoprirne passo passo il fascino e dimenticare per un momento le cose brutte che di essa si raccontano. Ci sentiamo come se fossimo partite da un’eternità ma ci siamo allontanate da casa solo di pochissimi chilometri. Inaspettatamente mio fratello ci chiama informandoci che si sono resi disponibili alcuni posti sulla nave in partenza per Palermo quella stessa sera… Si parte! La nave è gigantesca, fa quasi paura. Saliamo al sesto piano e ci guardiamo in giro spaesati, chiediamo informazioni ad un inserviente, lui guarda i nostri biglietti e dice soltanto “passaggio ponte” come se questa cosa dovesse avere un qualche significato per noi e ci consiglia di scendere al piano inferiore perché lì c’è sicuramente più posto. Al quinto piano troviamo un sacco di gente seduta in terra su teli mare e altri giacigli di fortuna. Ci spiegano che passaggio ponte vuol dire appunto passare tutta la notte nei corridoi della nave… cerchiamo un posto per noi tre e ci sistemiamo alla bene e meglio. Quando la nave leva l’ancora ci precipitiamo sul ponte di poppa. Tra poco calerà la notte. Le luci della città ancora frenetica si riflettono sull’acqua, ma tutto quel frastuono e quel movimento si allontana inesorabilmente assorbito dal mare calmo e plumbeo. Mi affaccio al parapetto nella speranza di scorgere la prua e non vedo altro che mare, mare infinito e scuro. Partire non è sempre un po’ morire, ma rinascere in una nuova pelle, come se tutto ciò che vedi di nuovo e sconosciuto possa cambiarti nel profondo dell’anima in un modo lento ed inesorabile. All’esterno si sta molto meglio, perché l’aria salmastra è piacevolmente fresca e non gelida come quella che viene fuori dai bocchettoni dell’aria condizionata.

Ben presto l’oscurità più assoluta avvolge ogni cosa e a testimoniare il fatto che siamo ancora di questo mondo è soltanto la scia bianca e spumosa tracciata dallo scafo della gigantesca imbarcazione nel fendere quell’immensa massa d’acqua. Sarà una notte lunga.

Siamo stanche ed infreddolite, soltanto mio fratello non si sa come è riuscito a dormire per quasi tutta la notte, coperto dalla stuoia a strisce bianche e gialle che lo faceva assomigliare ad un enorme bruco, incurante delle luci del corridoio che sono rimaste accese per tutto il tempo e del via vai dei passeggeri colpiti dal mal di mare. Io e Katia usciamo sul ponte. Accendo l’ennesima sigaretta e mi soffermo ad ammirare l’alba sul mare che è uno spettacolo di impareggiabile bellezza. La linea dell’orizzonte magicamente riappare, il mare sembra piombo fuso con riflessi argentei ed in lontananza si intravedono le luci del porto di Palermo che appaiono pallide nel chiarore del mattino.

Il porto di Favignana apre immediatamente la vista sull’enorme Tonnara Florio, definita dalla guida che ho acquistato “superbo esempio di archeologia industriale”. Benché “la mattanza”, la tradizionale pesca dei tonni che avviene una volta all’anno nel mese di maggio, sia ancora in uso sull’isola il risultato di tale attività è divenuto ormai simbolico rispetto al suo fiorente passato. Favignana è il paradiso degli appassionati di tuffi e snorkeling, delimitata in maggior parte da scogliere più o meno impervie. Infatti, la spiaggia di sabbia bianca e sottilissima di Lido Burrone situata a sud è anche l’unica dell’isola, fatta eccezione per alcuni fazzoletti di sabbia come Cala Azzurra e Marasolo. Di fronte a noi si apre lo spettacolo di una piscina naturale delimitata lateralmente da scogli abbastanza praticabili che consentono un salto non troppo pauroso. L’acqua è limpida e gelida. Sulla nostra destra si staglia il monte di Santa Caterina alto circa trecento metri il cui profilo mi ricorda la sagoma di un enorme capodoglio sul cui dorso spiccano le rovine di un antico castello. Sono stanca oltre ogni limite, ma in questo momento ciò che vedo mi ripaga di tutti i disagi che abbiamo dovuto subire per giungere finalmente qui. Mi tuffo senza pensarci troppo e l’impatto con l’acqua gelida mi toglie il respiro. Riprendo fiato e mi immergo cercando di scendere quanto più in profondità è possibile. Gli occhi impiegano pochi secondi per abituarsi al nuovo elemento. I raggi del sole attraversano l’enorme muro d’acqua che si apre dinanzi ai miei occhi formando un reticolato dorato sul fondo candido e sabbioso del mare, con decise bracciate avanzo dosando l’aria nel tentativo di prolungare quel momento di intensa spiritualità. Resisto fino a che sento la pesantezza delle braccia ed il petto bruciare per la mancanza d‘aria. A quel punto riemergo in superficie e abbandonandomi al dondolio lento del mare riprendo fiato. Per cena ordiniamo cous cous di pesce, un piatto tipico di queste zone, fritto misto e panelle, frittelle preparate con farina di ceci. Se è vero che la cultura di un popolo comincia a tavola devo dire che i siciliani, in quanto a questo, non hanno proprio nulla da invidiare a nessuno. Dopo cena, nonostante la stanchezza, decidiamo di fare un giro in paese. Favignana come anche le isole minori che costituiscono l’arcipelago delle Egadi, Marettimo e Levanzo, mantiene intatta la sua natura selvaggia. E’ il posto ideale per coloro che amano il mare e scelgono di fare una vacanza di tutto relax in un posto tranquillo, battuto in minima parte dalle automobili, da visitare in barca o in bicicletta. Come ho avuto modo di constatare nel pomeriggio il territorio è per lo più arso interrotto di tanto intanto dalla macchia mediterranea che da queste parti assume forme e colori mai visti prima. Dagli eucalipti, ai pini marini, dalle bouganville rosse, fucsia e viola, agli isbischi con i loro enormi fiori rossi o rosa. Ci sono poi rigogliosi arbusti con fiori violetti e bacche gialle e un’altra varietà dai fiori gialli con penduli baccelli di colore verde di cui ignoravo l’esistenza.

L’illuminazione pubblica è concentrata in prossimità del centro e delle strutture turistiche, pertanto nei venti minuti di cammino che ci separano dal piccolo centro abitato ci ritroviamo a percorrere una strada buia costeggiata da muri di pietra che delimitano ville e campi. Sebbene l’oscurità non favorisca la nostra passeggiata essa consente alla notte di mostrarsi ai nostri occhi in tutto il suo splendore. Erano anni che non mi trovavo sotto un cielo stellato così bello, talmente limpido e scuro da offrirci la possibilità di ammirare la Via Lattea ed intravedere qualche stella cadente. Il paesetto, tipicamente marittimo, con case basse per lo più di colore bianco, due piazzette gremite di turisti e l’affaccio sul porticciolo, è incantevole. Rientriamo presto, siamo stanchi e poi ne avremo di tempo per girare, esplorare e respirare l’aria dolce e odorosa di questo paradiso.

La vacanza comincia qui. Sarebbe doveroso soffermarmi sulle stupende calette che abbiamo avuto modo di ammirare, ma temo che nessuna parola potrebbe rendere giustizia all’incanto offerto dall’isola di Favignana, al suo mare azzurro ed incontaminato, alle spettacolari scogliere tappezzate di piante di fichi d’india e capperi, alle sue grotte marine, all’accoglienza dei suoi abitanti, alle specialità gastronomiche che in otto giorni abbiamo avuto la possibilità di onorare in un crescendo di sapori ed odori.



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