Etnie e terre namibiane

Sono tornata dal mio viaggio in Botswana e Zambia poco più di un mese fa ed eccomi di nuovo a fare le valigie. Siamo in sei, tutte donne. Stavolta la nostra meta è la Namibia, prima di recarci a Livingstone per andare a trovare i bambini della scuola materna che supportiamo tramite la nostra associazione onlus. La curiosità ci spinge a cercare...
Scritto da: Gaho
etnie e terre namibiane
Partenza il: 10/05/2008
Ritorno il: 19/05/2008
Viaggiatori: fino a 6
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Sono tornata dal mio viaggio in Botswana e Zambia poco più di un mese fa ed eccomi di nuovo a fare le valigie. Siamo in sei, tutte donne. Stavolta la nostra meta è la Namibia, prima di recarci a Livingstone per andare a trovare i bambini della scuola materna che supportiamo tramite la nostra associazione onlus.

La curiosità ci spinge a cercare sempre nuove mete, scoprire nuovi popoli ed ambienti a noi sconosciuti. Percorriamo le strade del mondo non per misurare le distanze, ma per provare nuove emozioni e nuove esperienze da condividere e da raccontare. L’Africa ci ha chiamato ancora e, per la seconda volta, visitiamo la Namibia con i suoi deserti, i suoi paesaggi e, soprattutto, con i suoi popoli antichi: gli Himba, gli Herero e i San, etnie che riescono ancora a mantenere le loro tradizioni, le loro abitudini, i loro costumi. Ma per quanto tempo ancora? L’itinerario di questo viaggio è nato l’anno scorso, quando abbiamo visitato il nordest della Namibia, partendo da Livingstone in Jeep e con le tende attraverso il Caprivi Strip per visitare l’Etosha Park e il popolo San, ossia i boscimani. Dai precedenti viaggi è rimasto in noi ill desiderio di vedere gli Himba e gli Herero nel Kaokoland e quest’anno abbiamo realizzato il sogno. Dopo aver studiato guide e riviste specializzate e, dopo esserci informati bene in alcune agenzie e confrontato i prezzi, abbiamo fatto la nostra scelta e prenotato il viaggio. Sabato 10 maggio 2008 Partenza alle 20.25 da Venezia via Zurigo per Johannesburg. Siamo emozionate, come sempre quando intraprendiamo un viaggio importante. Il volo per Zurigo è regolare, la coincidenza per Johannesburg parte dopo un’ora e dobbiamo recarci velocemente all’imbarco. Al momento della prenotazione non ci siamo ricordate di chiedere la prenotazione dei posti ed ora siamo sedute ognuna per conto proprio. Rileggo tutto il programma del nostro viaggio e studio la guida turistica, poi guardo un bel film sullo schermo inserito nella poltrona davanti a me. Ma poi sopraggiunge il sonno e fino al mattino dopo, quando arriva il profumo di brioches e caffè, non mi sveglio. Domenica 11 maggio 2008 Arrivati a Johannesburg ritiriamo il nostro bagaglio e ci rechiamo al check-in. Abbiamo 4 ore di attesa per il volo di coincidenza e dopo esserci liberate dal peso delle valigie, giriamo per i negozi. All’aeroporto di Johannesburg ci sono alcune botteghe di artigianato locale molto ben fornite. Ma al momento ci limitiamo a curiosare, gli acquisti li faremo nei prossimi giorni.

Proseguimento alle 13.20 da Johannesburg a Windhoek, la capitale della Namibia, dove arrivamo dopo 2 ore di volo.

Ad attenderci all’aeroporto di Windhoek è Enrico, figlio di oriundi italiani, che sarà la nostra guida e autista per i prossimi otto giorni. Ci accompagna nella sede dell’Agenzia, dove siamo accolte dal titolare nella sua B&B House. Ci vengono offerte una fetta di torta fatta in casa e delle bibite fresche, mentre viene spiegato dettagliatamente il programma del viaggio che ci attende. La Namibia è un paese immenso, grande quasi tre volte l’Italia, con spazi infiniti, poco popolata e dove le distanze sono enormi. Quando abbiamo stabilito l’itinerario da seguire ringraziamo dell’ospitalità, salutiamo e partiamo con Enrico per raggiungere il nostro albergo.

Windhoek, la capitale della Namibia, è circondata dalle maestose montagne Eros. Si trova ad un altitudine di 1600 metri in mezzo a colline lussureggianti. La temperatura è gradevole con un cielo azzurro ed un aria pulita e frizzante, tipica dei luoghi montani. Siamo in Africa, ma si ha l’impressione di essere in una città europea. Lungo il percorso per arrivare al nostro Hotel passiamo per la periferia con i suoi graziosi edifici in stile europeo con giardini curati e ci fermiamo per una breve visita alla Chiesa luterana Christuskirche. Si tratta di una costruzione in stile tra il neogotico e l’art nouveau con i muri in pietra saponaria, tipica della zona, progettata all’inizio del XX° secolo. Di fronte alla chiesa si trova il Reiterdenkmal, un monumento ai soldati delle Schutztruppen, caduti durante le guerre Herero all’inizio del 1900, nel periodo della colonizzazione della Namibia da parte della Germania. Dopo aver scattato alcune foto ci dirigiamo verso il nostro albergo, il “Windhoek Country Club Hotel”, situato fuori città in una zona molto tranquilla, in mezzo ad un campo da golf. Siamo tutte golfiste ma, naturalmente, non abbiamo portato le nostre sacche da golf. Non ci sarebbe nemmeno il tempo per fare un giro in campo. Le camere assegnateci sono di dimensioni generose, come pure i bagni. Tutto è ordinato e pulito, la hall accogliente e il buffet della sala da pranzo ricco e vario. Dopo il lungo viaggio ci sediamo volentieri a tavola per gustare tutte le specialità offerte. Trascorreremo solamente una notte qui, la partenza per la prossima tappa è per le 8.00 di domani mattina. Lunedì 12 maggio 2008 La sveglia suona alle 7.00 e alle 8.00 si parte, dopo un’abbondante colazione, per raggiungere il Kaokoland, una regione che si trova nell’estremo nordovest del paese, al confine con l’Angola. Sono previste 2 tappe per arrivare nel cuore della regione degli Himba e degli Herero, con un pernottamento a Kamanjab, al Rustig Toko Lodge.

Dopo un’ora di viaggio ci fermiamo a Okahandja, tappa obbligatoria per far rifornimento di benzina. Okahandja è un importante centro tribale Herero. La cittadina è famosa per l’annuale festa del Maharero Day, nell’ultima domenica di agosto. In quell’occasione si svolge un’ imponente processione durante la quale le donne sfoggiano i tipici costumi tradizionali, imposti dai missionari tedeschi dell’era vittoriana e composti da una crinolina indossata sopra ad una serie di sottogonne ed accompagnati da un copricapo a forma di corna di bue. Il locale mercato artigianale è conosciuto in tutta la regione. Mentre Enrico fa il rifornimento noi facciamo un giro al mercatino e subito troviamo alcuni oggetti simpatici in legno e bigiotteria. Subito siamo attorniate da alcuni bambini che ci chiedono caramelle. Non ne abbiamo portate, anche perché non ce ne sarebbero mai abbastanza per tutti i bambini che incontriamo.

Dopo un’ora ci ritroviamo alla macchina e si riparte. Abbiamo ancora tanta strada davanti a noi, ma questo tratto è stato asfaltato di recente; un nastro dritto che attraversa il bush africano con una vegetazione fitta e verde ai lati. La monotonia del percorso viene interrotta dal passaggio di qualche carro tirato da asini e qualche mandria di mucche. A mezzogiorno pausa pranzo a Outjo, una piccola località lungo il tragitto. Enrico conosce la Bäckerei Outjo e ci consiglia di fermarci qui. Si ha l’impressiono di essere in un Gasthof bavarese e, infatti la cucina offre piatti e dolci tipici tedeschi in un ambiente pulito sotto un bel pergolato. Fa un certo effetto mangiare Würstel e Kartoffelsalat e, come dessert, una fetta di Apfelstrudel nel cuore dell’Africa. Lasciamo Outjo ed abbiamo altri 150 km da percorrere per raggiungere Kamanjab e il Rustig Toko Lodge, dove passeremo una notte. Appena fuori dal centro abitato di Kamanjab c’è l’indicazione che il lodge dista 27 km. Sono le 16.00 appena passate e per il tramonto dovremmo arrivare a destinazione. La descrizione della guida turistica promette una bellissima vista dall’alto con il sole che tramonta oltre l’enorme distesa dietro le colline. Arriviamo dopo mezz’ora al bivio per il lodge ma Enrico, invece di Toko, legge Toro, e non nota il disegno del tucano sull’insegna. Prosegue nonostante le nostre osservazioni. Continuiamo a percorrere la strada sterrata in mezzo ai vastissimi campi delle farms, attraversiamo ben 7 cancelli, che bisogna aprire e richiudere dopo il passaggio. Invece dei 27 chilometri indicati sul cartello stradale abbiamo percorso almeno 50 chilometri, ma Enrico è convinto di dover ancora andare avanti. Finalmente arriviamo in un punto dove c’è nuovamente campo per il telefonino e lui chiama l’ufficio a Windhoek per farsi spiegare bene come arrivare al lodge. Non era mai venuto in questo posto prima d’ora. Quando chiama direttamente il lodge, la proprietaria Heidi gli spiega che eravamo passati davanti al loro cancello, dove aveva letto Toro Lodge. Il lodge fa parte di una grande farm di allevamento di mucche. Purtroppo perdiamo il tramonto e arriviamo alle 18.30. La cena è già pronta e ci laviamo e cambiamo velocemente. Le stanze sono semplici ma pulite. Nel boma centrale è apparecchiata con cura la tavola grande, dove mangiamo tutti insieme con altri ospiti e i gestori. La cena è ottima, la zuppa di zucca, l’agnello e le bistecche di Eland, le piccole zucchette al burro, patate al forno, crocchette di patate americane e, come dessert, una squisita crema bavarese. Al lodge seguono l’orario del sole per andare a dormire e per alzarsi. Dopo aver mangiato e chiacchierato un po’ con gli altri ospiti ci salutiamo e, stanche dalla lunga giornata passata quasi sempre in macchina, andiamo a dormire.

Martedì 13 maggio 2008 Sveglia all’alba per metterci in viaggio di buon’ora per arrivare a Opuwo nel Kaokoland all’ora di pranzo. Ma non rinunciamo all’abbondante colazione, che è stata preparata con cura nella sala centrale e poi diamo una veloce occhiata al lodge che adesso, con la luce del sole, risulta molto bello, in una posizione elevata rispetto alla vallata sottostante e con un giardino con piscina e tante piante endemiche. Ritorniamo sulla strada principale non senza assicurarci che sul cartello ci fosse scritto effettivamente “Toko Lodge” con il disegno del tucano.

Interrompe la monotonia del lungo tratto di strada la vista di un gruppo di donne Herero, sedute all’ombra di un albero. Chiediamo di poterle fotografare, perché sono vestite con i loro costumi caratteristici. Forse erano sedute sotto l’albero proprio per aspettare il passaggio di qualche turista. Ci rendiamo conto subito che non sono 3 donne, ma 2 donne e un uomo, vestito da donna. Nonostante l’abbigliamento ampio in stile vittoriano con il caratteristico copricapo a forma di corna di bue si vede chiaramente che si tratta di un uomo.

Dopo aver scattate alcune foto e pagato la cifra pattuita di dollari namibiani (Nad) 100,00, che corrispondono a circa € 10,00 €, ripartiamo. Percorsi alcuni chilometri ci fermiamo nuovamente per fotografare un carretto tirato da due asini, sul quale è seduta una famiglia di Herero. E’ molto frequente incontrare questi mezzi di trasporto nel Kaokoland e Damaraland, dove vivono i Damara, gli Herero e gli Himba.

Arriviamo a Opuwo, la capitale del Kaokoland, come previsto all’ora di pranzo e passando per il centro della cittadina incontriamo tante donne nel loro tradizionale abbigliamento. Ci rendiamo conto di essere penetrati in una realtà diversa. Qui, in questo angolo sperduto dell’Africa convivono differenti culture e gruppi etnici secondo ritmi e tradizioni diverse. Siamo gli unici bianchi in mezzo alla popolazione esclusivamente di colore. Per il pomeriggio è previsto la visita di un villaggio Himba e ci fermiamo soltanto per una breve sosta nella piazza della cittadina, ma poi ci dirigiamo direttamente all’Opuwo Country Lodge.

Il lodge si trova in una posizione incantevole sulla sommità di una collina. La struttura, comprendente il grande boma centrale in stile sudafricano ed i cottages, è molto accogliente. Tutto il complesso è perfettamente integrati nel paesaggio. Le nostre stanze hanno un grande letto con la zanzariera, che forma un enorme baldacchino, ed un bel bagno spazioso. Dalla terrazza, dove ci viene servito l’aperitivo di benvenuto, godiamo di una vista spettacolare sull’ampia vallata incorniciata dalle montagne che delimitano l’orizzonte. Dopo pranzo partiamo per la visita di un villaggio Himba. Siamo molto curiose di conoscere questo popolo. Per questo motivo ci siamo spinte fin qua, in questa regione arida e polverosa e meno invitante di tutta la Namibia. E’ consuetudine non offrire denaro per le visite, ma di recarsi con una guida del luogo a fare la spesa di generi alimentari di prima necessità. Al vicino supermercato acquistiamo farina di mais, caffè, olio, zucchero, fiammiferi e altri alimenti utili che, come ci spiega la nostra guida, possono servire alla gente del villaggio.

Gli Himba sono una fiera etnia che cerca di resistere tutt’ora ad ogni tentativo di contaminazione da parte del mondo occidentale. Vivono in modo seminomade e la loro principale ricchezza è il bestiame. Dal punto di vista fisico sono generalmente di bell’aspetto e presentano una statura considerevole. Le donne sono solite proteggersi la pelle con un impasto tradizionale di ocra rossa mista a grasso animale e un’ampia gamma di erbe aromatiche e medicinali. La donna sposata si riconosce dalle acconciature di cuoio e da altri ornamenti, tra cui braccialetti, collane di rame e conchiglie che valorizzano il seno nudo. Si vestono con gonnelline di pelli di capra, fatte a mano da loro. Dopo aver percorso per mezz’ora delle stradine sterrate in mezzo al bush ci troviamo davanti il recinto e le capanne di una tribù Himba. La nostra guida va a parlare con l’anziano capo del piccolo insediamento, uno dei tanti sparsi in tutto il territorio. Gli Himba, popolo che discende dagli Herero, vivono in capanne fatte di frasche, perloppiù dell’albero di mopane, tenute insieme da una mistura di fango ed escrementi bovini. Il capotribù accetta la nostra visita, deponiamo i doni per terra e ci facciamo spiegare il loro modo di vita. Con l’aiuto della guida e di Enrico il capotribù ci spiega che sempre più giovani abbandonano i villaggi perché attratti dalla vita moderna con i suoi progressi.

Lui è molto critico verso la vita al di fuori di quella loro terra, la ritiene pericolosa, senza valori spirituali e morali. Ci fa vedere le loro capanne e ci presenta la sua famiglia. I bambini si lasciano fotografare volentieri, come pure le giovani e le donne. Non vediamo alcun uomo e, alla nostra domanda, ci spiega che sono fuori con il bestiame. Dopo aver trascorso alcune ore ad osservare lo svolgersi della vita quotidiana ci chiediamo fino a quando riusciranno a mantenere le loro tradizioni ed i loro costumi, ai quali sono ancora orgogliosamente legate.

Torniamo al lodge dopo questa visita molto coinvolgente giusto in tempo per vedere lo spettacolare tramonto del sole dietro le montagne. Prima di cena viene servito un aperitivo accompagnato da lombrichi del mopane, che sono molto ricchi di proteine. Non ci attira tanto questo aperitivo e ci rechiamo subito a tavola per cenare.

Mercoledì 14 maggio 2008 Come ogni mattina ci alziamo di buonora e, subito dopo aver fatto colazione, partiamo per raggiungere la prossima meta, la Twyfwelfontein Country Lodge nel Damaraland.

La mattina si presenta fresca, ma ben presto il sole comincia implacabile a scaldare. Anche oggi la strada da percorrere è molto lunga. Fino a Kamanjab ripercorriamo la strada del giorno precedente, ma poi ci dirigiamo verso ovest, in mezzo a un paesaggio ondulato e roccioso, ma con una rigogliosa vegetazione di mopane e acacie. Man mano che avanziamo lo scenario cambia e diventa più arido e secco. Il fascino del Damaraland è da ricercarsi nella ricchezza delle formazioni geologiche, nell’aspra ma coloratissima bellezza del suo paesaggio. Il pranzo è stato prenotato a Palmwag, un lodge in un’oasi di palme in mezzo ad una distesa di erba chiara e secca che sembra un deserto di sabbia. Lungo la strada incontriamo alcune mandrie di mucche e capre al pascolo. Per chilometri e chilometri ci sono soltanto rare abitazioni o insediamenti. Man mano che avanziamo la strada sterrata diventa micidiale, fatta di piccoli sassolini ed Enrico deve prestare molta attenzione alla guida. Ci inoltriamo sempre di più nelle piane del Damaraland per arrivare finalmente a Twyfelfontein, nella zone delle pitture rupestri. Abbiamo il tempo per fare una splendida passeggiata tra graffiti e pitture preistoriche, a testimonianza di una colonizzazione umana assai remota. Qui, a Twyfeltontein, vi è la più grande concentrazione di petroglifi dell’Africa, effettuati probabilmente dai cacciatori San ben 6000 anni fa. Si trovano incisioni di elefanti, rinoceronti, giraffe e leoni, raramente figure umane, mentre sono raffigurate delle otarie, a dimostrazione che i San si sono spinti fino al mare nelle loro esplorazioni del territorio.

Prima di recarci al lodge, dove pernotteremo, andiamo a visitare le Burnt Montains, un crinale vulcanico senza alcuna vegetazione, che sembra devastato dal fuoco. Solo all’alba e al tramonto le rocce si accendono di vivacissimi colori dando vita ad uno spettacolo incredibile. Poco distante dalle Burnt Montains vediamo le Organ Pipes, un complesso di colonne perpendicolari di basalto, alte fino a quattro metri, che risalgono verosimilmente a 130-150 milioni di anni fa. Scattiamo qualche fotografia e poi abbiamo voglia di rinfrescarci con una bella doccia. La temperatura è decisamente africana, attorno ai 38 gradi, ma con un caldo secco. Arriviamo al “Twyfelfontein Country Lodge” dove trascorreremo la notte. Il lodge è incastonato tra le massicce rocce di color mattone. Accanto alla costruzione centrale ci sono i cottages con il tetto in paglia. Le camere sono caldissime e facciamo funzionare subito i ventilatori. Non capiamo a cosa servano le coperte pesanti sui letti. Non ne avremo certamente bisogno per coprirci di notte. Le rocce infuocate rilscinao tutto il calore accumulato durante la giornata soleggiata. Ma siamo tutte sportive e non ci spaventano nè il caldo né il freddo. Il grande buffet preparato nell’ampia sala del boma centrale offre una vasta scelta di pietanze e dopo cena le cuoche e i camerieri cantano e ballano per noi. Passiamo una serata piacevole e divertente.

Giovedì 15 maggio 2008 Dopo un’abbondante prima colazione partenza verso sud per raggiungere Swakopmund, città portuale sull’Oceano Atlantico. L’arrivo è previsto per mezzogiorno. Dal Damaraland ci dirigiamo verso la Skeleton Coast, costeggiando i vicini monti Brandberg con la montagna più alta della Namibia, il Königstein. Il nostro programma prevede la visita di Cape Cross, dove si possono vedere le colonie di migliaia di otarie, ma quando ci avviciniamo all’oceano una fitta coltre di nebbia in lontananza e un brusco calo della temperatura ci fa cambiare l’itinerario e andiamo direttamente a Swakopmund, passando per Henties Bay, la stazione balneare più famosa della Namibia. Swakopmund, tipica città tedesca ai confini tra l’oceano e il deserto, prende nome dallo Swakop River. Arriviamo al nostro albergo, il Swakopmund Hotel, dove la sistemazione è per due notti. L’albergo si trova nella vecchia stazione ferroviaria, ristrutturata adeguatamente. Una fitta nebbia copre le vie orlate di palme, le passeggiate sul mare. La temperatura è decisamente bassa, soprattutto rispetto a quella dei giorni precedenti. Ci copriamo con giacche a vento e scialli. Dopo pranzo la nebbia si alza ed esce il sole. Passeggiamo nel centro della città dove vediamo tante palazzine ed edifici in stile art nouveau. Ancora oggi la città conserva in molte delle sue strutture una chiara impronta tedesca. Entriamo in qualche negozio di souvenir dove troviamo degli oggetti simpatici. Arrivati davanti al museo dei minerali decidiamo di entrare. Il museo è ben fornito ed è possibile ammirare una ricca raccolta di tutti i minerali e pietre presenti in Namibia. La Namibia è tra i più importanti produttori di diamanti e pietre preziose.

Enrico ha prenotato la cena in un bel ristorante sul mare, The Raft, dove ceniamo a lume di candela e vista sul mare. Ad un prezzo decisamente modico facciamo una grande abbuffata di aragoste e gamberoni, accompagnando il tutto con un bicchiere di buon vino del Sudafrica.

Venerdì 16 maggio 2008 Come tutte le mattina, ci alziamo presto per una visita della costa a Walvis Bay, base per le escursioni marine. Abbiamo prenotato una crociera tra delfini, fenicotteri, pellicani, cormorani, gabbiani e otarie. La corrente fredda del Benguela assicura cibo in abbondanza a tutti gli animali della baia. Purtroppo anche stamattina la nebbia copre il mare e la temperatura è sui 15 gradi. Ci siamo vestite bene e saliamo a bordo di una piccola imbarcazione. Subito dopo la partenza il marinaio lancia alcuni pesci in acqua e questo attira i pellicani che sono abituati ad essere foraggiati. Ci seguono per un bel tratto di mare e solo quando sono sazi rimangono indietro. Adesso è la volta delle otarie. Un forte odore e un acuto vociare segnala già da lontano il tratto di spiaggia occupato dalle centinaia di otarie. Una grossa otaria, quasi addomesticata, ci insegue e salta sulla barca e il marinaio le dà il suo abituale cibo. Normalmente vi si possono ammirare anche tanti fenicotteri rosa, ma stamattina non ce ne sono. Vediamo invece stormi enormi di cormorani, che depositano i loro escrementi, il prezioso guano, sulla struttura appositamente costruita. Lasciamo la barca e le jeep, che ci aspettano ci portano dall’altra parte della baia su un lembo di sabbia dove le foche amano prendere il sole. La nebbia si sta lentamente alzando e riusciamo a vedere meglio la splendida costa selvaggia. Quando le nostre guide si fermano in mezzo alle bianche dune e preparano i tavoli per lo snack di mezzogiorno a base di ostriche fresche e champagne possiamo toglierci le giacche e goderci il bel caldo del sole. Il luogo è incantevole con le sue dune alte e dorate che scendono fino all’oceano. Dopo lo spuntino i nostri autisti ci portano con le jeep 4×4 fino a Sandwich Harbour, una stretta striscia di spiaggia tra le dune e l’oceano. E poi su e giù per le alte montagne di finissima sabbia. Il nostro autista si diverte a vederci un po’ spaventate quando la jeep rimane in bilico in cima e poi discende pian piano facendoci sentire il canto della sabbia. Ritorniamo a Walvis Bay passando per le saline di sale, dove vengono prodotti ogni anno 400.000 tonnellate di sale marino. Quando arriviamo in albergo è già ora di cenare. Per stasera abbiamo prenotato i posti nel ristorante dell’albergo e dopo cena giochiamo un po’ a carte. Per una passeggiata fuori fa troppo freddo e dopo l’intenso programma della giornata siamo tutte stanche.

Sabato 17 maggio 2008 Lasciamo presto l’albergo di Swakopmund per raggiungere la nostra prossima tappa, il Namib Desert dove siamo alloggiati al Sossusvlei Mountain Lodge, situato in una riserva privata, la NamibRand Nature Reserve.

Trascorriamo per un tratto la Trans-Kalahari-Highway che porta fino a Johannesburg in Sudafrica attraversando tutto il Deserto del Kalahari. Il cielo si presenta limpidissimo stamattina e il sole comincia subito a scaldarci. Swakopmund sembra una città diversa, ora alla luce del sole, e le dune alte e chiare si ammirano in tutto il loro splendore. Dopo alcuni chilometri lasciamo la strada asfaltata ed entriamo nel Namib Naukluft Naturpark e percorriamo una strada sterrata in mezzo al deserto piatto, roccioso, lasciandoci dietro le dune.

Via via il paesaggio si presenta quasi lunare, di rocce grigio-scuro. La Moon Valley, una veduta panoramica delle colline erose dal fiume Swakop, dà veramente l’impressione di essere immersi in un paesaggio lunare. Ci fermiamo e facciamo una passeggiata in mezzo alle rocce, raccogliendo qualche sassolino che brilla sotto il sole.

Alcuni chilometri più avanti entriamo in una valle dove si possono ammirare, unico posto al mondo, le famose Welwitschie mirabilis, le piante millenarie con il cuore di pietra. Le radici di questa pianta raggiungono a volte anche un centinaio di metri di profondità, e le permettono di vivere molto a lungo. Infatti, si dice che alcuni esemplari abbiano un’età di quasi duemila anni. Usciti dalla valle puntiamo sempre a sud per raggiungere il Namib Desert, il deserto più antico del mondo con le dune più alte del pianeta, un mondo di spazi enormi, orizzonti interminabili, spettacolari paesaggi desertici ed alte montagne. L’arrivo alla Sossusvlei Mountain Lodge, la nostra ultima tappa, è previsto nel tardo pomeriggio. Dopo le soste per ammirare la Moon Valley e le Welwitschie mirabilis non sono programmate altre fermate prima della pausa pranzo. Attraversiamo i due passi Gaub Pass e Kuiseb Pass, l’auto arranca a causa della ripidità della strada. Quando lasciamo la montuosa regione del Khomas Hochland, con le sue tinte decisamente forti, dove dominano i colori scuri della roccia, il paesaggio cambia. Tutto è deserto, apparentemente privo di vita, ma ad osservare bene il terreno assume colorazioni diverse a seconda dei licheni che lo compongono. Di tanto in tanto svettano imponenti alberi faretra, i kokerboom, a rompere la monotonia del paesaggio. In lontananza vediamo qualche orice all’ombra delle rare acacie. Fermata obbligatoria per le foto di rito al Tropico del Capricorno, in mezzo al nulla. Prima di arrivare a Sesriem è d’obbligo la sosta a Solitarie, l’ultima stazione utile per fare rifornimento di carburante. Il posto è magico, come d’incanto ci troviamo davanti un luogo di ristoro, gestito da un boero robusto e puro, famoso per la sua torta di mele. Ne ha appena sfornata una e il profumo caldo di cannella e mele ci fa venire l’acquolina in bocca. Le porzioni sono enormi e ne ordiniamo una da dividere per due persone. Nel tardo pomeriggio arriviamo nelle vicinanze dell’entrata per Sossusvlei-Sesriem e il nostro lodge non dovrebbe più essere lontano. Il paesaggio qui si presenta con il giallo-chiaro dell’erba secca, il grass, l’ocra delle dune che si intravedono tra le montagne scure sullo sfondo, le camel thorns (acacie erioloba), il cielo azzurro con qualche nuvola bianca. In alcune acacie erioloba spiccano i nidi giganti di colonie di uccelli tessitori. Questi piccoli uccelli usano la forte struttura dei camel thorns per costruire con l’erba i loro nidi, una camera per ogni coppia, un vero condominio. Arrivamo al nostro lodge , 10 bungalows di roccia e vetro, addossati alla montagna e affacciati al deserto con i suoi vasti spazi ed orizzonti senza fine. I nostri bungalows sono molto lussuosi, con ampie vetrate, delle belle terrazze solarium, un grande lucernario sopra il letto per ammirare non solo il cielo stellato ma, addirittura il movimento della luna. Siamo proprio contenti di poterci rigenerare qui per 2 giorni. Prenotiamo subito un massaggio completo e distese sul lettino dietro la grande vetrata ci godiamo il lento imbrunire sopra l’ampia vallata, con il sole che è in procinto di nascondersi dietro le montagne ad ovest e la luna che si sta alzando ad est. I tramonti africani hanno sempre qualcosa di grandioso. L’enorme distesa di erba secca, dove sta pascolando un nutrito numero di antilopi, ed il cielo si stanno colorando di arancione e rosso.

Finito il massaggio siamo pronte per recarci a cena. Il lodge offre un’ottima cucina, piatti locali preparati con cura e di grande qualità e serviti dal gentilissimo e premuroso personale. Domenica 18 maggio 2008 Prima del sorgere del sole siamo già davanti all’entrata del parco in attesa dell’apertura dei cancelli, per affrontare la salita alla Duna 45, la più famosa e più fotografata duna al mondo. L’emozione è grande, immergerci nel Namib Naukluft Park per ammirare le dune è stato il nostro desiderio già l’anno scorso, quando siamo riuscite a visitare solo la parte nordest della Namibia. Le dune del Namib Desert, a differenza delle dune del Kalahari, sono in movimento per effetto del vento. Esso le modifica continuamente conferendo loro forme sempre diverse. Qui i colori del deserto assumono sfumature dall’albicocca al rosa in un caleidoscopio variabile, a seconda delle ore della giornata. L’età delle dune si riconosce dal colore della sua sabbia; più chiara è, più è vecchia.

Arriviamo alla Duna 45, chiamata cosi perché distante da Sesriem 45 km, alta 150 metri. Saliamo faticosamente, affondando fino alle caviglie nella sabbia quasi impalpabile, procediamo lentamente, due passi avanti e uno indietro. Di tanto in tanto si vedono piccole lucertole e scarabei correre più velocemente di noi. Soltanto Paola e Marilina arrivano fino alla cima, noi altre ci fermiamo poco prima. Da qui in alto tutto il deserto del Namib è un susseguirsi di dune dalle forme insolite e dai vellutati colori rosa, rosso, mattone, amaranto, albicocca. Dopo essere scese proseguiamo per arrivare a Sossusvlei, considerato uno dei posti più belli del mondo, una depressione attorniata da maestose dune di sabbia finissima di colore che varia dal rosa all’albicocca, dove solo raramente l’acqua fa la sua presenza, durante il periodo delle piogge. Ogni 10 anni le precipitazioni sono cosi abbondanti da riempire il letto del fiume, che arriva poi alla fine della valle per versarsi nella pozza enorme di Sossusvlei. Nel letto ora prosciugato crescono rigogliose acacie, ancora verdi in questo periodo. Prima dello spuntino, preparato dalle nostre guide sotto gli alberi in prossimità di Sossusvlei, andiamo a visitare il Deadvlei. Il sole ormai è implacabile, la temperatura attorno ai 40°. Ma il posto è incredibilmente suggestivo: il deserto di sabbia e a distanza intravediamo già nella “Valle morta” i tronchi di alberi fossilizzati da centinaia di anni e, all’improvviso davanti a noi una distesa di fiorellini gialli, quasi un miraggio. Nonostante l’assenza di precipitazioni da più di due mesi l’umidità della notte riesce a far sopravvivere i fiori, cosi irreali in mezzo al deserto di sabbia.

La nostra colazione all’ombra delle grosse acacie è disturbata dall’arrivo di una tempesta di sabbia, sollevato dal forte vento alzatosi nel frattempo. Finiamo velocemente il nostro spuntino e ci rimettiamo in viaggio per tornare al lodge.

Lungo il tragitto di ritorno riusciamo ad osservare molti struzzi, antilopi e qualche raro orice. La nostra guida, un ranger non particolarmente loquace, ci dà qualche spiegazione circa il progetto della NamibRand Natur Reserve, un consorzio dei farmers che si impegna a preservare e proteggere il fragile ecosistema del territorio. Lunedì 19 maggio 2008 Ci dispiace dover lasciare il Sossusvlei Mountain Lodge stamattina, ma il nostro viaggio in Namibia giunge alla fine e dobbiamo ritornare a Windhoek. Abbiamo 350 chilometri da percorrere fino a Windhoek e non sono previste altre soste se non per un breve pranzo al sacco lungo la strada. Enrico ha voglia di tornare a casa. E’ stato per noi una guida ed un autista eccezionale, durante i tragitti in macchina ci ha dato tante informazioni utili e spiegato tutto quello che c’è da sapere e da vedere.

Anche noi per lui siamo state delle clienti facili; sempre di buon umore, pronte ad accettare i suoi consigli, cambiamenti di orari e itinerari, piene di curiosità ed interesse per scoprire questo paese meraviglioso. Un paese africano che non è l’Africa. La Namibia è emozione pura, ricca di scenari straordinari. Non esiste un paese così aspro, arido ed inospitale come la Namibia e si rimane storditi di fronte al silenzio assoluto, agli immensi spazi, agli infiniti paesaggi. Quando lasciamo il Namib Desert alle nostre spalle e ci dirigiamo verso Windhoek ripercorriamo l’itinerario fatto in questi 8 giorni, durante i quali abbiamo percorso più di 3500 km. Abbiamo vissute esperienze uniche, difficile da raccontare senza cadere nel banale racconto di continue bellezze e sorprendenti emozioni. Questo viaggio rimarrà impresso indelebilmente nei nostri ricordi.

Arriviamo nel primo pomeriggio a Windhoek dove facciamo un breve giro per il centro. La città colpisce non solo per le ampie strade sulle quali si affacciano eleganti negozi ma anche per la sorprendente pulizia e per il rigoroso ordine. Alle 17.00 Enrico ci accompagna all’aeroporto dove lo salutiamo scambiandoci indirizzi e numeri di telefono e ripromettendoci di fare con lui un altro viaggio nell’anno prossimo.

Africa, arrivederci a presto!



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