Emozionarsi nel sud dell’India
Ma è bello solo per una notte!
L’antica danza del katakalì, nel Kerala, e quella del Bharata Natyam (Bha, Ra, Ta dal rispettivo significato di: espressione, melodia e ritmo) nel Tamil!
Sono danze espressive del corpo, del viso e delle mani; rappresentano storie intessute di leggenda e mitologia. I personaggi, esclusivamente maschili del katakalì, con i volti dipinti di colori accesi e con costumi elaborati, rimandano alle storie epiche indu. Le devadasi( ballerine del Tamil) sono le serve del Dio, desiderose di dedicare la loro vita, come danzatrici, al servizio delle divinità abitatrici dei templi; le loro pose di danza sono usate come motivi di decorazione nei templi. Sia la musica che la danza hanno un carattere divino che noi occidentali non riusciamo a comprendere se non superficialmente. “Quando una danzatrice danza, una distinta tradizione letteraria e religiosa prende vita: essa esprime, tramite il movimento del suo corpo, ciò che uno scrittore vuole descrivere attraverso le parole e la poesia”.
L’Ayurveda (ayur, durata della vita o longevità e veda conoscenza rivelata) la conoscenza delle regole di vita atte a mantenere i dosha (energie vitali) in equilibrio! E’ prevenzione, oltre che cura, per migliorare la propria salute e rispettare il proprio corpo. Se il ripetere azioni o il tenere atteggiamenti che, pur sapendo intrinsecamente sbagliati, vengono perpetuati in nome di desideri o pulsioni materiali, se un uso improprio, in eccesso o difetto, dei sensi, se oscillazioni dei dosha all’interno del giorno, delle stagioni e della vita inducono l’istaurarsi di uno “squilibrio” e quindi di una “malattia”, con tecniche di respirazione profonda, con esercizi yoga, con opportuni massaggi con olio caldo ed alcune scelte dietetiche, si può andare alla ricerca del proprio benessere. E necessario però un soggiorno prolungato, nello stile dell’ayurveda.
Guru, ( gu, oscurità, e ru, svanire), colui che disperde l’oscurità, il maestro spirituale! Sri Aurobindo è stato qualcosa di più, considerato dai suoi discepoli un avatar, un’incarnazione dell’Assoluto venuto per avvicinare l’umanità alla meta del suo difficile cammino ascendente. Mirra Alfassa, la Madre, Mère, ha voluto nel 1968 realizzare la città sperimentale Auroville, una città universale dove, secondo i suoi dettami, uomini e donne di ogni nazione, di ogni credo, di ogni tendenza politica possono vivere in pace ed in armonia. Ma è solo un esperimento per pochi discepoli che continuano ad abitare nella città dell’aurora: i turisti distratti possono ammirare solo da lontano l’ashram dorato dove i residenti vi eseguono varie forme di pratiche spirituali, di meditazione e yoga “allo scopo di superare l’uomo ed evolvere verso il superuomo”.
Mantra (manas, mente e trayati,liberare), una formula ripetuta sino ad ottenere un effetto a livello mentale e a livello fisico ed energetico! Suoni archetipali, parole e vibrazioni che inducono nei devoti una graduale concentrazione, parole in grado di liberare la mente dai pensieri; quello che simboleggiano dipende dal contesto e dalla mente della persona che li ripete. Aum, vibrazione divina primitiva da cui ha avuto origine l’universo manifesto; Brahman, sorgente di tutti i mantra, usato come prefisso e suffisso in tutte le preghiere Indù. In occidente la recita dei mantra è divenuta “tecnica” utilizzata nella meditazione trascendentale, conosciuta semplicemente come ‘M.T’, perchè la pratica può essere di beneficio in diversi aspetti della vita: nelle relazioni, nella riduzione dello stress, nella salute, nell’autostima. Ma è un tentativo di adattare ai tempi moderni una forma di meditazione, separandola dalla tradizione
L’induismo, religione con un simbolismo fortemente formalizzato e codificato, talvolta incomprensibile per un occidentale! Posture del corpo, gesti delle mani (mundra), acconciature, oggetti, vestiario, ornamenti, personaggi e figure di contorno dell’arte culturale sono codificati secondo un preciso simbolismo. La svastica, croce uncinata, è il simbolo dei quattro periodi e scopi della vita( i quattro bracci simboleggiano gli oggetti e le stagioni della vita che convergono verso il medesimo centro); le impronte dei piedi (pada), simbolo del maestro spirituale o del dio; il tilaka, simbolo posto sulla fronte dei fedeli, evidenzia l’appartenenza alle differenti correnti dell’induismo: bianco in senso orizzontale per gli adoratori di Visnu, verticale con tilaka rossa centrale per gli adoratori di Shiva; il filo sacro, indossato dagli uomini sulla spalla sinistra è simbolo di iniziazione alle sacre scritture; le offerte di cocco, di incenso e di ghirlande di fiori sono simbolo di purezza. Tutto per il turista è folclore ma il culmine dell’esperienza emotiva si verifica quando si partecipa ad un puja, o al rito di un matrimonio, celebrato sotto gli auspici dell’oroscopo tra centinaia di invitati, o ad un funerale, con invocazioni di purificazione e cremazione . Il rumore del tamburo ed il suono della tromba accompagnano le offerte della fiamma, del riso e del cocco, dell’olio sacro e dell’incenso; le vibrazioni dei mantra corali, esaltano l’immagine del nandù o del simbolo fallico, ricoperto d’olio, adornato con ghirlande di fiori, coperto da una veste colorata e custodito nel santa santorum da brahamani, coperti solo da un semplice dhoti, bianco o nero.
Il devoto va al tempio, o mandir, per praticare il Puja. Il rituale ha lo scopo di realizzare l’incontro mentale con la divinità. Nell’emotività collettiva anche il turista può percepire, a livello fisico-emozionale, una vibrazione che apre i punti nodali delle energie corporee predisponendo ad una comunicazione spirituale personale con la divinità. I riti indu vengono eseguiti nella parte centrale del tempio, “casa grembo”, di fronte all’immagine sacra, gli idoli o Murti; i fedeli hanno accesso alla stanza delle colonne e agli ampi cortili, cui si accede attraverso torri “gopuram”, riccamente decorate con colonne, divinità, guardiani, colorati con tinte pastello; torri sempre più alte perchè rappresentazione del mitico Monte Meru, dimora degli Dei. Elemento essenziale del tempio, oltre le torri e il santa santorun, è una vasca per le abluzioni che può diventare una riserva idrica per la popolazione o posto di ristoro per i pellegrini.
Che folclore!
Il portamento delle donne, con i loro sahari colorati, indossati come modelli d’alta moda da donne ricche e donne lavoratrici; la treccia nera ornata con ghirlande di fiori e con una tilaka rossa nella scrinatura dei capelli e tra le sopracciglia, per le maritate; la collana del matrimonio, i pesanti orecchini d’oro giallo, sorretti da catenelle sul lobo, le cavigliere e gli anelli da piede, le decorazioni con l’hennè. Gli uomini, dagli occhi e dalla carnagione scura, per l’origine dravidica; con i baffi ed un sorriso smagliante, talora tinto di rosso dalle foglie di betel; con un sacro laccio sul torso nudo, per il puja; con un dhoti che facilmente sale alla vita come un corto gonnellino. Venditori di cocco, di pentole, di souvenir, che oscillano la testa lateralmente per siglare un accordo; il fragrante ciapati ed il riso basmati, mangiato con la mano destra chiusa a cucchiaio, servito ai pellegrini su foglie di banano, ai margini del tempio; i pellegrini a torso nudo e i brahamani; gli studenti aggrappati a grappolo ad un finestrino di un autobus che li porta a scuola; le piccole case, alcune di fango e rami di palma, altre di mattoni dipinti coi colori dell’arcobaleno; le verdi risaie ed i palmeti inframezzati di bananeti; i sorrisi della gente che sembrano avvolgerti in un abbraccio universale.