EL alamein: non solo mare
Qusta volta decido con mia moglie che bisogna tornare, primo per onorare la memoria di mio padre che laggiù ha combattuto e secondo perchè c’è ancora tanto da vedere.
Partiti alle 08 del 24 da Malpensa finalmente atterriamo a EL DABAH nel primissimo pomeriggio: Questa volta il tempo è decisamente migliore, niente nuvole e caldo piacevolmente accettabile.
Memore dell’esperienza precedente prendo subito contatti con beduini del luogo che noleggiano auto al fine di programmare i nostri giri svincolati dal programma del villaggio, ma scopriamo che dopo le tristi vicende di Dahab la polizia ha attuato restrizioni e quindi se l’auto non possiede targa turistica non ci si può allontanare che per pochi chilometri: quanto basta comunque per visitare El Alamein sidi abd el rahman el romaniya e l’immediato deserto che si estende al di la della litoranea.
El Romaniya è un sito archeologico che sembra abbandonato da poco , infatti il terreno( tre collinette) è cosparso di anfore, ciotole vasi e quanto altro a soli trecento metri dalla litoranea in direzione Fuka Marsa Mathru.
Il nostro obbiettivo però è un altro: dobbiamo raggiungere una zona a circa 60 km direzione sud verso la depressione di el Qattara.
Sono nomi tragicamente famosi: qeret el himeimat qeretel abd , qeret el munassib , qeret el kadim, nomi che chi ha visto il film di Monteleone El Alamein forse ricorderà.
Grazie all’aiuto delle guide del villaggio Ibrahim e ahmed prendiamo contatti con la apple tour del cairo al fine di avere la jeep idonea al giro.
Prima doccia fredda: la zona è interdetta al turismo in quanto militare e ancora fortemente minata; occorrono permessi speciali e non è facile ottenerli.
Restiamo in attesa e nel frammentre ci godiamo splendidi giorni sulla spiaggia bianca e facendo bagni in un mare turchese cobalto che nulla ha da invidiare ai caraibi o al mar rosso.
Finalmente riusciamo ad avere le autorizzazioni della polizia , servizi segreti, e ministero della difesa egiziano, ma i problemi non sono finiti: infatti vengono imposte due jeep di cui una di scorta, tel satellitare, gps, scorta armata guide beduine esperte della zona e autisti.
ovviamente il prezzo lievita di molto e ormai mi vedo costretto ad abbandonare l’idea.
Intervengono Ibrahim e Ahmed e finalmente ci si accorda per un prezzo ragionevole e così finalmente il lunedì successivo si può partire.
Ore 08.00 ritrovo fuori dell’albergo gioia alle stelle.
La piccola carovana composta da sei accompagnatori , io e mia moglie e le due jeep parte.
Prima sosta ad un caffè di El Alamein dove sorseggiando the alla menta e mangiando datteri si pianifica con carte militari alla mano pc portatile e gps l a rotta da seguire e le località da visitare.
Alle 09.00 superiamo il vecchio passaggio a livello e ci si immette in quella che in tempo di guerra era chiamata pista dell’acqua o pista Rommel.
E’ difficile immaginare cosa sia successo fra queste sabbie e fra questi via via più radi cespugli ma qui nell’autunno del 42 ha infuriato una delle più sanguinose battaglie della ultima guerra.
Man mano che ci addentriamo nel deserto in direzione sud la scarsa vegetazione si fa via via più rada fino a scomparire quasi del tutto e affiorano pietre , sassi e infine solo sabbia gialla meravigliosa.
Il gps indica che siamo a Abu Saq e la pista si confonde con un campo di atterraggio per aerei delimitato da un bordo di sassi: ma chi atterra in pieno deserto? forse è un campo dell’ultima guerra oppure di servizio alle compagnie petrolifere, infatti in lontananza si scorgono stazioni di pompaggio del greggio.
Un breve giro a piedi nella zona ci fa incontrare i primi tronchi pietrificati ( la zona della depressione ne è piena) e subito la guida beduina ci fa un urlo: non uscite dal tracciato della pista e fate attenzione alle collinette sormontate da un cespuglio sotto può esserci una mina!!! infatti poco più in la si intravvede qualche calotta metallica arrugginita.
Ripartiamo e dopo pochi km il gps indica qeret el abd: un ciglione roccioso a semicerchio delimita con sorpresa di tutti quello che era un ospedale militare sotterraneo! La visita è struggente: scarponi sparsi, fiale , forchette,fumogeni , proiettili, vetri di bottiglie infranti ,trincee con ancora i sacchetti di sabbia a protezione , le scalinate insabbiate e sottoterra le camerate dell’ospedale: quanta sofferenza! Dai dati in mio possesso ricavo che questa è la zona ove fu catturato mio padre e così decidiamo di apporre ad un roccione la lapide commemorativa che mi sono portato dall’Italia : foto di rito e partenza di nuovo per le colline dell’Himeimat.
Le raggiungiamo dopo pochi km e lo spettacolo che ci appare è mozzafiato: due grosse formazioni alte circa 200 mt formate da …Corallo fossile! Questo è stato un caposaldo della Folgore ed in mezzo a conchiglie fossili stupende ,coralli, ricci di mare, denti di squalo rinveniamo proiettili di ogni fattura e ahimè anche ossa umane ( le conosco bene).
Ci accampiamo per un the nel deserto e per riposarci( la jeep non è molto confortevole).
Con mia moglie giriamo in torno a queste colline: a nord sabbia a perdita d’occhio, a sud i bordi della depressione di qattara a terra ogni ben di Dio per appassionati paleontologi o cercatori di relitti bellici.
Un vento teso da nord ci fa piacevole compagnia e così sostiamo per un paio di ore abbondanti in piacevole conversazione fatta di un inglese non sempre felice e sciolto.
é ora di proseguire il viaggio per cui, smontate le tende si riparte . La pista ha un nome suggestivo: pista wisky e poi pista chianti. Dopo qualche km le jeep si fermano, la guyida scende e invita anche noi a farlo , non capiamo ma presto ci indica che siamo esattamente ai bordi di un campo minato intatto: cumuli di mine dappertutto e memore del suggerimento precedente noto come le collinette di sabbia con cespuglio siano stranamente simmetriche, distanziate di circa un metro e mezzo e sfasate rispetto a quelle precedenti e successive! Qui sono morti tanti beduini nella raccolta dei rottami post bellici e pure tanti cammelli ( alcune ossa hanno schegge metalliche conficcate).
Il sole comincia a calare e il deserto assume un colore rossastro indescrivibile e le colline prioettano la loro lunga ombra quasi sinistra.
Dobbiamo rientrare prima del buio e così dopo un pò riincontriamo la ferrovia e poi la litoranea. La guida beduina insiste per invitarci a bere un the a casa sua e così facciamo.
Non è una casa, è un museo infatti ci mostra stemmi distintivi stellette medaglie bossoli elmetti e quanto altro tutto frutto di una incessante ricerca fra queste sabbie .
Congedati e ringraziatolo torniamo verso l’albergo.
Una esperienza così non si dimentica ,rimane nel cuore e nella pelle: infatti a luglio tornerò per nuovi itinerari.