Egitto, il deserto dei deserti

Una settimana di deserti, di gente affabile e di straordinarie testimonianze storiche
Scritto da: laurasergio
Partenza il: 28/12/2013
Ritorno il: 05/01/2014
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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28 dicembre 2013

Partenza da Malpensa con un volo Alitalia costato solo 350e. a/r. Stavolta il servizio degli assistenti di volo è stato di soddisfazione (rispetto all’ultimo volo con Alitalia davvero pessimo di 4 anni fa), ma l’esiguo pranzo offerto ha suscitato le rimostranze di alcuni passeggeri. Siamo arrivati in anticipo, purtroppo non è venuto nessuno a prenderci, malgrado avessimo prenotato il pick-up service tramite l’hotel. Ci siamo arrangiati con un servizio alternativo a 25 euro fino all’Oasis Hotel, ma per un po’ abbiamo avuto l’impressione di essere stati raggirati: ci siamo quindi giocati l’asso, chiarendo che ci attendeva un nostro amico egiziano, con tanto di nome e numero di telefono; probabilmente sarebbe andato bene lo stesso, ma non si sa mai.

Arrivati finalmente all’Hotel Oasis a Giza, vicino alle Piramidi. Ci siamo sistemati e abbiamo aspettato Essam, il nostro amico egiziano, che ci ha portato direttamente a casa sua. Abita a Giza in una bella, grande, e nuova casa. Abbiamo conosciuto due dei suoi bellissimi figli e ce la siamo raccontata. Poi ci ha portato nel suo quartiere di nascita, sempre a Giza e infine ritorno all’hotel.

29 dicembre, 2013: GIZA BAHARIA

Stamattina ci è venuto a prendere Adel, l’autista che ci accompagnerà questa settimana, e abbiamo iniziato il giro organizzato via internet con la Pan Arab Tour. L’auto è una Jeep Toyota 4×4 e la nostra guida si dimostra simpatica, e riesce anche a parlare un inglese sufficiente. Abbiamo rinunciato alla guida per limare i costi e per essere semi-sufficienti.

Dopo essere entrati nel deserto, siamo arrivati al lago Qarun, davvero grande, dove i cairoti vanno in villeggiatura. Ora siamo fuori stagione e fervono le attività agricole. Poi ci dirigiamo per il Wadi el Hittan, una zona desertica diventato parco nazionale grazie al ritrovamento di scheletri pietrificati di ossa di balena. Si fanno tre chilometri a piedi in mezzo ad una piccola Monument Valley, cosparsa di numerosi scheletri di balena pietrificati, antiche mongrovie, tartarughe marine. E’ davvero incredibile che qui dove ora c’è il deserto più brullo, una volta ci fosse il mare. Al rientro alla base, un campo beduino pulito e ben organizzato, abbiamo mangiato all’ombra, seduti su stuoie (pomodori, cetrioli, tonno, formaggio morbido patatine) e ci siamo riposati.

Ci siamo poi diretti, tramite una “lunga” scorciatoia, in mezzo al deserto, pieno di wadi e di montagne. Con sorpresa, ad una sosta, ci siamo accorti che la sabbia è piena di conchiglie di ben 40 milioni di anni fa, al tempo dei mari. Infine, mentre il sole scendeva rapido all’orizzonte dietro a nubi nere, dopo oltre 200 km di strada dritta e asfaltata, siamo giunti all’oasi di Bahariyya con il buio più totale. All’hotel, bello e spartano, c’eravamo solo noi e una donna svizzera con la guida. Caso vuole che oggi fosse il suo compleanno e il dopo cena si è trasformato in una festa musicale, con balli, torta, té alla menta, narghilé. Bella serata.

30 dicembre 2013: BAHARIA DESERTO BIANCO

Dopo una buona colazione, apprezzata anche dai numerosi gatti, ci dirigiamo con Adel verso i siti da visitare in questa oasi. Dapprima il museo delle mummie dorate: un edificio bunker con l0 mummie ottimamente conservate (foto vietate), aperto appositamente per noi. Poi al centro del paese due tombe risalenti alla XXVI dinastia, vicina all’epoca greco-romana. Gli egiziani assomigliano agli italiani: hanno talmente tanti reperti storici, che queste tombe a Baharia sono sottovalutate e minimaliste, in mezzo al nulla e piene di sabbia. Poi il tempio di Alessandro: grande l’emozione di sapere che qui è passato proprio lui, Alessandro. Da una hot spring infine usciva una gran quantità di acqua calda; l’acqua, una fonte così rara e preziosa, che mi ha fatto male vedere uscire così abbondante in mezzo alla spazzatura; per fortuna era ben canalizzata per l’irrigazione. L’oasi di Baharia si è dimostrata interessante anche per le numerose fattorie con annessi campi coltivati strappati al deserto. Raggiungiamo poi, e fiancheggiamo il deserto nero, una porzione di deserto pieno di vecchi coni vulcanici con la sabbia in superficie nera come il carbone; abbiamo scalato un piccolo cono. Pausa pranzo in un piccolo autogrill egiziano: qualche tavolo con annesso il negozio dove la nostra guida ci ha preparato il pranzo, freddo ma gustosissimo. La padrona era simpatica e non invadente, anche se ha ovviamente tentato di venderci i calzettoni fatti da lei con lana di cammello.

Ci dirigiamo quindi verso il deserto bianco, facendo una breve sosta alla montagna di cristallo, nome troppo pomposo per una collina con belle formazioni di cristallo che apprezziamo pur senza essere geologi. Passiamo anche dall’oasi di Farafra per procurarci gasolio per l’auto (prezzo, ca 10cent. al litro) e torniamo indietro verso il deserto bianco e il nostro campo tendato, con l’emozione di fare gli ultimi 20 km al buio sulla sabbia ad una discreta velocità : il GPS mentale di Adel si è dimostrato molto efficiente.

31 dicembre 2013: DESERTO BIANCO

Una nottata di ricordare: molto fredda, siamo andati a letto con la giacca a vento, cappelli e guanti, sotto una montagna di coperte. Poi piano piano ci siamo scaldati, ma guai a mettere fuori il naso fino al mattino, quando il sole ha scaldato l’atmosfera per fortuna rapidamente. Stamattina giro nel deserto per visitare questo splendido deserto bianco, formato da rocce di gesso, con formazioni stranissime, fragile ed emozionante. La lepre, il fungo, l’astronave, la sfinge sono alcuni dei nomi dati alle formazioni rocciose, sparse lungo il deserto, sempre diverso a seconda della prospettiva. La roccia nera, poi bianca, poi smeraldo, con pinnacoli di tutte le forme. Davvero strano e unico.

Dopo un altro giro a Fanafra, a comprare cibarie, con check points di militari che pare controllino il traffico di armi e di hashish proveniente dall’ovest (Libia, Algeria, Marocco) siamo tornati al campo tendato a pranzare e riposare al sole. Verso il tramonto camminata per una mezz’ora verso una piccola collina a gustare il sole adagiarsi all’orizzonte, tra silenzi immacolati e passioni travolgenti. Il ritorno fatto quasi al buio alla ricerca delle nostre orme puntando verso le luci lontane del campo.

1 gennaio 2014: FARAFRA – EL DAKLA

Lasciamo il deserto bianco e passiamo da Fanafra a comprare una ricarica telefonica per sentire i figli e approfittiamo per visitare il museo di Badr, artista poliedrico del luogo. Riprendiamo per l’oasi di el Dakhla. La strada è lunga e non si incrociano mai auto. Ci fermiamo quando costeggiamo alcune dune, le scaliamo con gioia e godiamo dello spettacolo del deserto, disseminato da dune e formazioni rocciose stile Monument Valley. Ma anche queste finiscono e rimane un mare di sabbiasabbiasabbia. Improvvisamente la nostra guida devia nel deserto; basta un attimo e perdiamo ogni riferimento: la strada non si vede più, colline non ce ne sono e non resta che il sole (a lui) per capire dove dirigersi. E’ un susseguirsi di miraggi di laghi, pozze, fiumi inesistenti dove si riflettono persino montagne lontane, puntini che si muovono all’orizzonte e ancora acqua che si trasforma in sabbia: perdersi nel deserto è facilissimo e vedere i miraggi inquietante.

Ti accorgi di avere raggiunto la strada asfaltata solo quando ci sei sopra, anche se pareva di averla avuta vicino innumerevoli volte. Ci torna in mente il miraggio della fata Morgana in Islanda, quando ci sembrava addirittura di vedere passare auto all’orizzonte.

Comunque alla fine ci siamo diretti, di filata, fino a destinazione, e raggiungiamo El Qasr. Alloggiamo al Desert Resort Lodge, un eco lodge in stile tradizionale a cui non mancano tutti i confort, che domina la città islamica e tutta la vallata circostante, tra macchie di verde, catene montuose e dune all’orizzonte. Finalmente ci laviamo i capelli pieni di sabbia, e ritorniamo con la nostra guida a visitare un monumento eretto dai Romani nel primo secolo, Dair El Hagar, con cartigli degli imperatori romani in stile faraonico e l’architettura mista egitto-romana.

Il tramonto lo andiamo a godere sulle dune di fronte, sempre impagabile.

Dopo cena sotto un immenso cielo stellato (Cassiopea, Orione, il Carro, luminosissimi; la via lattea) ci decidiamo di utilizzare la hot spring dell’hotel: una vasca con acqua corrente molto calda proveniente da sotto terra. Particolare e bello, abbiamo vinto la ritrosia di spogliarci al freddo e con il boss tra i piedi, gentile ma invadente e un po’ marpione con la donna occidentale. Alla fine siamo rimasti più di un’ora nella vasca di acqua calda, e all’uscita non si sentiva proprio il freddo.

2 gennaio 2014. MUT – EL KASR

Malgrado la hot spring, stanotte abbiamo sentito ancora freddo e dormito non benissimo. Laura poi è un po’ in difficoltà per problemi intestinali, che dureranno tutto il giorno. La méta di oggi è Mut, la città più grande di questa oasi. Ci sono rovine romane, poco valorizzate: si cammina persino su cocci di vasellame di duemila anni fa, sparsi per terra come se fossero rifiuti di ieri. In centro sono tutti cordiali; un motociclista si ferma e attacca bottone, stupito, ma contento di vedere finalmente qualche turista, ormai da qualche anno abbastanza raro. Una ragazzina con due fratellini si avvicina cordiale e ci accompagna nella città islamica antica, semi-abbandonata e purtroppo lasciata andare. Torniamo lentamente verso il lodge, ammirando ancora la quantità di acqua di questa oasi, la campagna ricca e lavorata (persino il riso: inimmaginabile) e laghi pieni di numerosi animali. Prima di rientrare al lodge, siamo ancora in tempo a visitare la vecchia Al Kasr medievale in stile ottomano, questa sì molto bene conservata, con i mattoni crudi in stile sudanese, dove si può ben immaginare come era organizzata la vita della comunità musulmana di qualche secolo fa.

Un pranzo leggero e minimalista, un riposino, e poi siamo andati con il boss locale a vedere i suoi possedimenti, i campi coltivati e i suoi progetti: davvero una persona intraprendente; di nuovo ha tentato di agganciare Laura, e quando ha visto che non c’era trippa per gatti, ci ha fatto accompagnare verso l’hotel.

3 gennaio 2014: BALAT- BASHANDI – KHARGA

La méta di oggi è El Kharga, l’ultima oasi. Lungo la strada che conduce a ElKharga, sorge Balat, che ha mantenuto l’aspetto islamico: nei suoi dintorni troviamo Qila al-Dabba l’antica necropoli di Balat con la presenza di ben 5 mastabe forse della VI dinastia; più avanti un insediamento dell’Antico Regno Ain al-Asil una grande fortezza, forse un tempo capitale dell’oasi.

Altra tappa è il paesino di Bashendi, un piccolo villaggio il cui nome deriva da Pasha Hindi, uno sceicco medievale sepolto qui. Lungo la strada fanno impressione le dune di sabbia, che lentamente ma incessantemente si muovono, spostate dal vento e coprono tutto: addirittura costringono a far costruire nuove strade con una certa frequenza.

Prima di arrivare ad El Kharga visitiamo la necropoli di Al-Bagawat, costruita dai primi cristiani copti, oggi la più antica necropoli cristiana conosciuta: un posto molto ampio e interessante.

Dopo un piccolo pranzo freddo sotto le palme (peccato che lo sporco regni sovrano) eccoci al Tempio di Hibis, dedicato ad Amon, dei tempi della XXVI dinastia: un gran bel posto che stanno cercando di rivalutare.

Per finire, dopo un salto al tempio di ad Nadura, in disfacimento e zeppo di cocci di vasellame romano per terra, facciamo un giro per il suq cittadino, tipicamente pieno di colori, mercanzia, profumi, gente. La gente è affabile, anziani al bar con il narghilé o giocatori di domino ci invitano a sederci con loro, una donna con 3 figli, che si lascia volentieri fotografare, ci invita persino per un té.

Alla sera lunga chiacchierata con un australiano, unico turista insieme a noi in questo grande e bell’albergo. Fa tristezza pensare alle migliaia di turisti che l’Egitto potrebbe ancora attrarre… domani a Luxor sarà ancora peggio.

4 gennaio 2014: VERSO LUXOR

Alle 8 partenza, lasciamo l’oasi di Kharga: dopo 4 ore di auto e innumerevoli posti di blocco di polizia e esercito, arriviamo nella splendida Luxor; mentre cerchiamo un posto dove lasciare gli zaini (ci fa molto comodo l’albergo del nostro neo amico australiano che alloggia proprio davanti al Tempio di Luxor), fa piuttosto impressione passare davanti ad un carro armato posizionato nel centro del paese.

Salutiamo l’autista, che ci accompagna davanti al tempio di Karnak: rispetto a 6 anni fa, i turisti sono pochissimi, quasi tutti russi. A noi va bene così, perché abbiamo l’opportunità di visitare per bene il tempio, ma è chiaro che questa latitanza di turisti è un duro colpo alla fragile economia del paese.

Alle 16.00 siamo indietro, e dopo un falafel e uno spuntino, andiamo a vederci il tramonto sul Nilo; anzi, osiamo di più, prendiamo per un’ora una feluca e girovaghiamo sul Nilo – molto bello. Poi andiamo a prenderci un té a Luxor-West, insieme al nostro traghettatore che si rivelerà un ragazzo ciarliero e sentimentalmente incasinato, e infine andiamo a visitarci in notturna il bellissimo tempio di Luxor dedicato a Nefertiti. Non c’è quasi nessuno, e abbiamo occasione di scambiare due chiacchiere con una egittologa egiziana letteralmente inca..ata con i Fratelli Musulmani: abbiamo assistito ad una sua discussione con un suo collega, molto molto accesa. La situazione è veramente tesa e noi speriamo che non succeda qualcosa di più grave e che l’Egitto torni ad essere una delle mete turistiche più importanti e visitate del mondo. Lo meritano gli egiziani, per il 90% aperti, simpatici e brava gente, per nulla intransigenti, ma schiacciati dall’integralismo di pochi.

5 gennaio 2014. A CASA

L’ultimo giorno è solo di viaggio.

Partiamo da Luxor alle 00.40 e giungiamo, via Cairo e Roma, a Milano alle 10.00. Ci sembra pesante, questa volta il viaggio in notturna con 2 scali: forse non abbiamo più l’età!

Una settimana di deserti, di gente affabile, di straordinarie testimonianze storiche, dell’affascinante e inquietante mancanza di turisti per posti così famosi.



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