Egitto 2007: sotto la stessa luna

(sulla sponda sinistra del grande fiume) Mi arriva l’sms sul telefonino : “ciao ! Saremo da voi tra 15 minuti”. E’ H., la mia guida, che mi comunica che la nostra avventura verso sud sta per iniziare. Amo progettare le mie vacanze. A inizio anno chiudo gli occhi, respiro una meta e…cerco di scoprire tutto quello che c’e’ intorno...
Scritto da: salyma
egitto 2007: sotto la stessa luna
Partenza il: 17/07/2007
Ritorno il: 31/07/2007
Viaggiatori: fino a 6
(sulla sponda sinistra del grande fiume) Mi arriva l’sms sul telefonino : “ciao ! Saremo da voi tra 15 minuti”.

E’ H., la mia guida, che mi comunica che la nostra avventura verso sud sta per iniziare.

Amo progettare le mie vacanze. A inizio anno chiudo gli occhi, respiro una meta e…Cerco di scoprire tutto quello che c’e’ intorno da poterlo vedere, capire, esplorare e vivere una volta sul posto.

Quest’anno mi sono fatta affascinare dall’egitto, quello un po’ fuori dai soliti standard :le oasi occidentali e la costa mediterranea. Una parte consistente oltre al sahara e al suo fascino indiscusso, la occupa anche la storia. Si, la triste storia delle battaglie che in questa zona si sono svolte durante la seconda guerra mondiale, storie studiate sui libri, raccontate dai genitori e dai nonni, storie che qui vivono, coperte da un velo di sabbia chiara, e stanno appena provando ad affiorare nei ricordi di chi, come me, pensava che fino a ieri certe mete non fossero cosi’ raggiungibili.

Cosi’ a gennaio, dopo aver letto vari diari di viaggio, ho trovato quello di claudia, che mi ha letteralmente stregato e l’ho pregata di mettermi in contatto con la persona che le aveva organizzato le escursioni, nell’oasi di siwa e al cairo, evitando il tour operator. K. , mi ha fatto subito buona impressione, a pelle e quando lo abbiamo conosciuto di persona a sharm, durante le vacanze di pasqua, e’ stata davvero una gradevole conferma. Sentivo che potevo fidarmi totalmente di lui, e per una questione di biochimica sentivo anche che per me, era gia’ un amico. Un caro amico.

Cosi’ gli avevo esposto il mio progetto, un po’ una via di mezzo tra il sunto delle escursioni dei tour operator e della curiosita’ di vedere posti di cui ti innamoravi solo a sentirne pronunciare il nome.

Abbiamo concordato un tour di 1+ 4 giorni in cui avremmo visto : alessandria, marsa mathrou, siwa, avremmo attraversato il sahara fino a baharyia, saremmo scesi fino a farafra per poi ritornare su a nord e goderci qualche giorno al mare ad el alamein, dove avevamo prenotato un hotel per il soggiorno.

Da aprile, quando abbiamo concordato con K. Il percorso, fino a qualche giorno prima della nostra partenza (io, il mio compagno e la nostra bambina di 8 anni) , abbiamo cercato compagni di viaggio. Posso dire di aver messo appelli in parecchi posti, proposto il viaggio a molte persona. Niente!!! Non uno solo che volesse condividere questa esperienza con noi. Anche K. Cercava tra i suoi clienti se per caso avesse avuto richieste nel nostro stesso periodo, ma il caso ha voluto che rimanessimo da soli.

Cercavo compagni di viaggio, piu’ che altro per poter condividere emozioni e magari scambiare qualche parola, visto che di chilometri ne avremmo macinati parecchi e pensavo che, sia a me che al mio compagno, avrebbe potuto far piacere riuscire a fare un paio di battute con almeno una persona che non fosse la guida o l’autista piuttosto che noi due. Oggi posso dire con fermezza che non mi e’ mancato nulla di tutto cio’. Con H. E A. Siamo stati divinamente, e alla fine dei cinque giorni eravamo davvero come una famiglia.

La partenza per questo “5 days tour” era fissata non per il giorno immediatamente successivo al nostro arrivo, proprio perche’ avevo paura che l’aereo tardasse. L’arrivo era previsto in serata, ma bastava poco per farci arrivare in hotel intorno a mezzanotte e non mi andava di scaraventarmi subito su un’auto a zonzo per il mondo e cosi’ il primo giorno lo abbiamo passato in hotel, con la sorpresa gradita di un mare davvero strepitoso!!! Ancora oggi mi domando perche’ fare tante ore di volo per raggiungere i caraibi quando abbiamo lo stesso mare fantastico a tre ore da casa. K. Mi aveva avvisato che sarebbe venuto a prenderci un pullmino della city stars tour all’uscita dell’hotel, alle 08.30 del giorno successivo e che la prima tappa sarebbe stata alessandria.

Cosi’ avevo avvisato i referenti del tour operator che saremmo spariti dalla circolazione per qualche giorno, di stare tranquilli che noi ce ne andavamo soltanto per conto nostro, nonostante avessimo prenotato due settimane in hotel.

A quelle parole ho avuto come l’impressione che la povera ragazza addetta alle relazioni del tour operator, trasecolasse. Possibile che non le fosse ancora capitato nessuno che se ne andava per conto proprio? Anzi, a dire meglio, ho avuto la netta sensazione che potesse svenirmi da un momento all’altro sui piedi. Invece raccolse tutto il fiato che trovava, e con la voce fioca e il viso pallido come un cencio riusci’ a mormorare : “beh, prendetevi il nostro numero, almeno. Aveste bisogno, chiamateci”. Avra’ avuto poco piu’ di vent’anni. E io, che potevo essere sua madre, mi sono sentita quasi una monella.

Il pullmino era arrivato. Non proprio puntuale, ma in africa e’ cosi’ e noi eravamo abituati a queste cose africane che quando entri nello spirito le assapori proprio come un piatto locale che si gusta poco a poco. L’autista aveva superato indenne tutti gli sbarramenti e i posti di blocco prima dell’hotel e ci aveva fatto accomodare , noi, unici tre passeggeri. Ma…Non doveva esserci una guida? K. I aveva parlato di H. , una signora davvero in gamba che ci avrebbe accompagnato. Anche claudia, la persona che mi aveva fornito i contatti, era stata con H. E ne parlava benissimo e con un reale affetto, per cui eravamo rimasti molto contenti di sapere che ci sarebbe stata lei con noi.

Invece non c’era. C’era solo l’autista che non parlava una sola parola di italiano e ne biascicava si e no un paio in inglese. “cominciamo bene!” ricordo di aver pensato.

Imbocchiamo la strada. I cippi e la segnaletica stradale indicano 140 km ad alessandria. Pazzesco come in questi luoghi il deserto arrivi a lambire i bordi delle strade anche se siamo sulla costa! Ci sono tante costruzioni, tanti palazzi, palazzetti e palazzini. Interi “paesi” fatti di palazzi uno identico all’altro. Commentiamo che si riesce a fare una intera citta’ col progetto di un solo palazzo.

Poi il pullmino, improvvisamente fa un’inversione a u, una di quelle inversioni a u tanto care al ministero della viabilita’ egiziano, che ti fanno andare avanti di 5 chilometri per poi tornae indietro magari anche di quattro , visto che non c’erano prima gli accessi per poter svoltare. E ci troviamo il sacrario italiano di fronte.Silenzio. Non c’e’ nessuno. Solo il guardiano e un custode.Saranno si e no le nove del mattino. Il sacrario si trova al fondo di un lungo viale alberato e fiorito di bouganvillee, e prati verdi, ben curati preceduto dall’arco di accesso. Il ragazzo si avvia per andarci ad aprire la porta, mentre noi, soli, ci guardiamo attorno. Le iscrizioni sono tutte in italiano, le scritte sono davvero da pelle d’oca : “fra le sabbie non piu’ deserte sono qui di presidio i ragazzi della folgore…” “vive nel cuore dei paracadutisti in armi il ricordo dei commilitoni che da queste sabbie assursero al cielo degli eroi…” . Si sente solo lo scalpiccio dei nostri passi e il cinguettare degli uccellini.

Percorrendo il viale, da destra e da sinistra, notiamo delle lapidi distanziate quattro, cinque metri. Ricordano i vari reggimenti, le varie divisioni, e ogni volta che si legga, nel cuore pare di ricevere una stilettata : “ terzo battaglione fanteria- bologna” “contraerea-caserta”…Cosi’ raggiungiamo le scale. Il ragazzo con la djellaba bianca apre piano la porta e…Il tempo si ferma. Si leggono tanti nomi. Tante lapidi bianche nelle stanze, per ordine alfabetico “riposano in questo luogo, o in altro sconosciuto nel deserto…”. Quando poi troviamo una stanza che da cima a fondo in lungo e in largo ospita soltanto scritte “ignoto, ignoto, ignoto…” Quasi mi metto a piangere. Mi sembra di capire di colpo, di sentire sulla pelle l’orrore vivo e questa parola mi rimbomba nella testa. Ignoto,ignoto,ignoto…

Usciamo nel sole. Cantano gli uccellini, esattamente come prima. Forse siamo noi ad essere cambiati un pochino dentro.

Risaliamo sul pullmino. E ripartiamo alla volta di alessandria. Si susseguono incredibilmente, tutte queste localita’ che scopriremo in seguito paesi di villeggiatura, con palazzi e palazzetti e palazzotti tutti uguali, usciti dal progetto unico di un ingegnere pigro. Un centinaio di chilometri di cittadine fatte con lo stampino. Come le stelle e i cavallucci marini che escono dalle formine colme di sabbia dei bambini al mare. E ancora e ancora. Sembrano non finire mai anche se molti di questi palazzi sembrano completamente disabitati.

Arriviamo alla periferia di una cittadina piu’ grande e qui capiamo che sta succedendo qualche cosa, perche’ l’autista sembra cercare qualcosa. O qualcuno. Accosta e…Arriva lei! H. : una donna, un sorriso. Bruna, occhiali da vamp, camicia rossa e pantaloni bianchi, dopo dieci minuti che e’ salita in macchina sembra gia’ di conoscerla da dieci anni, due lauree e sta studiando per prendere la terza, due bambine bellissime che sono dalla nonna quando lei lavora, ha interrotto le sue vacanze apposta per noi. Per accompagnarci nel nostro tour.

Intanto arriviamo ad alessandria. Grande, caotica come tutte le metropoli africane, ci accolgono gli stabilimenti petroliferi della periferia. Ci infiliamo piu’ avanti in una strada che per una sorta di deja vu’ a me sembra genova. Pazzesco!!! Sono ad alessandria, in egitto e mi sembra di stare ai vicoli a genova!!! Tanta gente passa , cammina, chiacchiera…Noi arriviamo alle catacombe.

Non si puo’ fotografare alle catacombe , pero’ io le trovo magnifiche nonostante H. Ci racconti che tutto quello che vedremo non fa parte del periodo d’oro dell’epoca egizia, e cosi’ le cose , non saranno mai ai livelli di perfezione di quelli che si ammirano a luxor . Proseguiamo per la biblioteca, grande, fantascientifica, avveniristica. Si gela. Mannaggia a me che non ho portato una maglia!per fortuna, passato l’atrio, si riesce a stare un pochino meglio. Solo un pochino. Infatti la biblioteca me la godro’ poco, ero troppo presa a tremare per il freddo.

E’ comunque un mondo a se che si sviluppa su sette piani. Magnifica. Tutto il sapere e la cultura sono concentrate qui. I sette piani a balconata lasciano spaziare la vista sul complesso e sulle persone che lo frequentano. Riesco a rubare letteralmente una foto ad un tavolo dove sono sedute delle studentesse velate. Una dorme , completamente abbandonata sulla scrivania, le altre non sembrano preoccuparsene. Poi visitiamo una mostra in una sala annessa di un regista famoso (ahime’, H. !!! Non ricordo il nome!!!) un regista di film e opere storiche che aveva il pallino della perfezione e ricostriuva con minuziosita’ i costumi e le scene delle sue opere. Degli acquerelli davvero fantastici!!! Dopo una sosta al nnegozio della biblioteca, dove mia figlia vorrebbe comprare un’improbabile dea bastet gonfiabile (!) usciamo finalmente nel calore “normale” della citta’.

Ci avviamo verso il forte di quait bai, passando per un inverosimile mercato. Talmente improbabile e talmente affollato che due macchine in senso opposto non ci passano . Si vende di tutto, come in ogni buon mercato nordafricano. La tentazione di scendere e’ tanta. Ma ancora non sappiamo fin dove possiamo osare e fin dove ci possiamo spingere. Quando dal lato opposto al nostro pullmino compare un tram, penso che questa volta almeno venti persone rimangano schiacciate sotto. Invece niente. Tutti gridano, si agitano, esaminano la merce e le macchine strombazzano all’impazzata per implorare il passaggio in mezzo a tanti pedono, polli, merci e quant’altro.Le donne sono tutte velate. Tutte!!! Io con i miei pantaloni sotto al ginocchio e la mia camicetta bianca a mezze maniche mi sento quasi nuda.

Passiamo per un altro quartiere. Qui regnano i mecchanici e ammiriamo interi “quarti “ di auto con targhe anche italiane pronte a essere rimontate e a rifarsi una nuova esistenza oltremare. Alla faccia dello sconto rottamazione euro zero o euro uno.

Qui parliamo di macchine che avranno almeno vent’anni. Almeno. Se non di piu’.

Arriviamo al forte. Bello, grande e imponente. Domina davvero la citta’, con i suoi muri spessi nell’oro del sole e’ bello guardare il mare dalle feritoie.

Da qui alessandria assomiglia persino un po’ a l’habana. Il malecon sembra proprio quello. I palazzoni anche. Tanta gente sembra vivere su grandi coperte stese per terra. Incredibile quanta gente si sia accampata. Eppure non hanno l’aria di accattoni. Chissa’ che ci fanno? H. Spiega che sono contadini, gente di campagna in pellegrinaggio. In questi giorni si commemorera’ il santo protettore e loro sono arrivati da lontano per questa festa. E si sono accampati sulle coperte stese sui marciapiedi e ne hanno fatto una casa, un campeggio, un posto da sostare.

Poi ci fermiamo per il pranzo. Il ristorantino di pesce e’ situato proprio sul malecon.Bello, caratteristico, ci sediamo vicino alle finestre da cui filtra una piacevole brezza e non si sente per niente la mancanza dell’aria condizionata. Guardo fuori. Il solito traffico caotico e le spiagge. Ma che tenerezza!!! Queste spiagge affollatissime e gli ombrelloni colorati di tela mi riportano alla mente l’italia degli anni 60. Non mi stupirei di vedere apparire una seicento fiat carica all’inverosimile . Arrivano le portate! Pesce cotto bene e una infinita’ di piattini con infinite salsette multicolori, tutte da gustare. Che bello!!! Siamo solo in cinque e mangiamo tutti assieme!!! A H. Racconto che siamo gia’ stati in egitto svariate volte, ma che nel 2000 avevamo fatto la crociera+il cairo e che la nostra guida si chiamava nagua. Incredibilmente lei la conosce!!! Mi racconta che sono state le pioniere delle guide turistiche donne in egitto e sfodera prontamente il suo telefonino (scopriremo in seguito il rapporto di amore profondo che la lega al suo cellulare) per avvisare nagua che la conosciamo.

E’ bello stare con H. E A.. Non ci si deve sforzare per farsi capire dagli altri e sembra quasi di essere loro ospiti. Starei delle ore a guardare la spiaggia davanti a me e la vita che si affanna in strada, ma finito il pranzo, ripartiamo.

E siamo sul malecon. Sono stata l’anno scorso a l’havana, garantisco che sembra di essere li’, mancano solo i musicisti . Ma gli innamorati seduti sul muretto sono gli stessi. Che importa se qui le ragazze hanno un velo colorato sui capelli e a cuba sono appena coperte di un mini top e pantaloncini cortissimi? Scendiamo in piazza della moschea. Quanta vita qui attorno!!! Un vero mercato e H. Ci vizia! Basta chiedere “cos’e’?” che lei pronta che lo compra. Assaggiamo cosi’ mini fagioli da gustare tipo noccioline chiuse in una bustina microscopica,le buonissime patate dolci cotte in strada e servite in carta di giornale e lo stranissimo zucchero filato che ha la consistenza del cotone.

E’ bello vivere la vita qui, dove gli unici turisti siamo noi e la gente continua tranquilla per i suoi affari, senza badare a te.

Ultima visita un grande giardino. Quello che una volta era del pascia’ di alessandria. Ma i giardini del central park di new york, saranno grandi come questo? Beh, sara’ il dopo pranzo, sara’ che non ci dicono granche’, rimpiangiamo di non aver chiesto di poter scendere al mercato, in quella confusione indescrivibile. Intanto nagua risponde all’sms di H. : incredibilmente, mentre noi stiamo visitando la sua terra, lei e’ a pompei, a visitare la nostra!!!! Rientrando verso el alamein, lasciamo H. Nella cittadina dove l’abbiamo trovata questa mattina e ci diamo appuntamento per l’indomani, stasera prepariamo il bagaglio per il sud!!!! E cosi’ oggi partiamo!!!il sud ci aspetta, la sabbia il deserto, le oasi…Siamo seduti sui gradini davanti all’hotel che aspettiamo la jeep e i camerieri notano il borsone. “state partendo?” ci chiedono educati. Alla risposta affermativa, confabulano tra loro e poi ci chiedono di saldare il conto. Ma come? Oggi e’ il terzo giorno su quindici che siamo qui…Che ci diano gia’ per dispersi nelle sabbie del grande sud? Nel frattempo arriva la jeep con H. E A. E mentre carichiamo i bagagli e H. Mostra un sacco di fogli scritti in arabo alle guardie dell’hotel, una coppia di romani ci avvicina e ci chiede dove andiamo. Quando spieghiamo che siamo autonomi, svincolati dal tour operator e gli spieghiamo l’itinerario che faremo, mi pare di leggere nei loro occhi una punta di invidia. Ci augurano buon viaggio e tornano ciabattando dietro i vetri della hall. Noi partiamo. La jeep non ha i sedili tradizionali dietro, ma due sedili messi per la lunghezza . Salamo, le porte si chiudono, i bagagli sono a posto e si va. Direzione marsa mathrou, 144 km a ovest. La chiamano la citta’ bianca, e’ la porta verso sud. E si fa subito deserto. Finite le poche case ,nonostante stiamo costeggiando, oltre la strada c’e’ ben poco. Alla nostra destra sempre il mare turchino, alla sinistra il nulla. Mia figlia gioca col nintendo e H. La ribattezza subito “habibi”, amore. Si affezioneranno tantissimo una all’altra.

La strada e’ sempre uguale e chiacchieriamo di merci cinesi che hanno invaso noi e pure l’egitto e H. Ci racconta pure che poco tempo fa ha fatto da guida a bertinotti e di quanto lui fosse gentile e di come sua moglie, lella,fosse sorridente e disponibile con tutti. Qualche tempo fa , ha fatto da guida anche a prodi, ma romano lo ricorda piu’ schivo, piu’ timido. Ascoltava interessato , ma non parlava molto. Si vede che la famiglia bertinotti le e’ piaciuta di piu’!!! Ogni tanto arriva qualche telefonata. E lei parla proprio volentieri. H. E’ una di quelle persone che ridono prima con gli occhi e poi con tutto il resto. Oggi come oggi credo di capire il suo attacamento al cellulare : un modo come un altro per rimanere vicino ai propri cari quando si e’ sempre in giro.

Marsa mathrou sembra un paesone della costa romagnola : grande strada al centro, tanti negozi di carabattole marine ai lati, salvagenti, asciugamani, giocattoli…Ci vengono subito incontro dei ragazzi che chiedono se cerchiamo un alloggio in affitto. Cavoli, non pensavo che ci fosse tutto questo flusso turistico! Ci fermiamo a sostare in bell’hotel, fresco e profumato di incenso, il “san giovanni cleopatra” un hotel di lusso per egiziani ricchi (e quelli quando son ricchi , son proprio ricchi, mica per finta!) e una signorina gentile ce lo fa visitare. Sono ancora tutti a colazione, sono poco piu’ delle 11 del mattino. Tutte le signore nei loro abaaya, i signori che leggono il giornale…La spiaggetta privata e’ calma e sembra un gioiellino con l’acqua cosi’ trasparente e la sabbia bianca! Arriviamo poi ai bagni di cleopatra. Non si sa se la mitica regina sia davvero passata da queste parti, ma il mito e’ il mito! Bella, spiaggia e scogli, mare…Di tutti i colori che vanno dal turchese al blu. E’ talmente tanta la luce che da questo momento non riusciro’ piu’ a fare a meno dei miei occhiali scuri. E’ venerdi’ e molti sono al mare per il giorno difesta. Anche qui siamo gli unici turisti stranieri. Mentre ci inerpichiamo sugli scogli, mia figlia viene aiutata da una ragazzina a salire, le porge la mano. Elena le risponde “grazie”, in italiano e la ragazzina rimane a bocca aperta.

H. Insiste, non capisce come mai noi non amiamo fare foto a noi stessi in posti tanto belli e semplicemente preferiamo fotografare il posto e basta. Alla fine del viaggio avremo una collezione di foto nostre che in dieci anni, noi da soli, non ci saremmo mai fatte! La ragazzina di prima capisce che H. E’ egiziana come lei e tenta di comunicare. Lei e la sua famiglia sono di alessandria e sono al mare per il giorno di festa. Da dove venivamo? Come ci chiamiamo? Possiamo fare una foto ricordo con lei? Acconsentiamo e ci mettiamo tutti in posa. Presto pero’ anche tutta la allegra famiglia di gehed , la ragazzina di alessandria, reclama una foto. Mi sento cosi’ bene…Nessuno che ti chieda di comprare alcunche’, nessuno che ti chieda altro che non una foto ricordo. Sorridiamo…Click!!! Che bello questo gruppone di persone allegre!!!! Che bello salutarsi allegramente e rumorosamente mentre noi andiamo di qua e loro sbracciandosi vanno di la’, tutti allegri e ognuno torna alla propria vita, felice di aver fatto un incontro.

Per gli italiani e’ ora di pranzo, gli egiziani mangiano molto piu’ tardi, ma H. Cerca un posto per fermarci. Ci fermiamo in un baretto aperto, vista strada con lavori di manutenzione annessi, martello pneumatico compreso. Dall’altra parte della strada la solita bella e affollatissima spiaggia di ombrelloni di tela colorata anni 60.

Per parlarci dobbiamo urlare, ma mangiamo una shawarma spettacolare e un dolce fatto con la stessa pasta della pizza ( gli egiziani fanno pizze strepitose!) bagnato con acqua di fiori di arancio e zucchero di cui ho scordato il nome.

Passa un venditore di asciugamani e mi sento davvero come a casa. Ammiro la bella spugna e i colori sgargianti, io e H. Ci rintaniamo in un discorso da donne sulla qualita’ dei tessuti.

E il martello pneumatico continua e continua…Sotto il sole delle 13.00.

Dopo pranzo H. Ci propone di fare un giro al mercato!!! Accettiamo di corsa!!! Quanto amo camminare per le vie di una qualunque citta’ sbirciando nei negozi e nelle facce delle persone!!! Elena si fa comprare una bambola di pezza. Le piace da impazzire. scopriamo che , se si preme il s petto di questa bambola, canta, o meglio, gracchia una qualche melodia. H. Dice che e’ la canzone di una famosa cantante libanese. E pure la bambola che gracchia in libanese , ci mancava!!! Poi faccio lo sbaglio di chiedere a H. “cos’e’?” dove vedo una pila di dischetti gialli infilati uno sull’altro. Sono dolci e lei subito ce ne compra uno : miele allo stato purissimo!!!! La figata piu’ galattica che mi sia capitato di vedere a marsa mathrou e’ il semaforo : un semaforo con conto alla rovescia incorporato. Cosi’ sai esattamente quanti secondi di verde ti restano o quanti secondi devi ancora aspettare prima di ingranare la marcia. In quanti lo rispettano? Mah, non so. Pero’ li’ vicino c’era un vigile…

Facciamo il pieno e…Via! 300km a sud siwa ci aspetta.

E subito ricomincia il nulla. Niente di qua, niente di la’. Solo terra secca, e sabbia. Forse tre o quattro domedari al pascolo. Pascolo? Sa il cielo cosa pascolino. E da dove sono arrivati visto che H. Ci garantisce che non esistono dromedari senza padrone? Qui intorno non ci sono case, tettoie, recinti. Non c’e’ niente. La strada verso il nulla. Cosi’ scrivo in un sms “sono su una strada che porta verso il nulla”… A meta’ strada, ci fermiamo. Incredibilmente, dal nulla sbuca una pensilina. Intorno non c’e’ niente. Non un bar, non una costruzione, non un’anima viva. Ma c’e’ questa pensilina che hanno costruito per chi passa, per ci sta facendo questa lunga strada e vuole fermarsi a prendere una boccata d’aria. La pensilina e’ tutta scarabocchiata , e mentre noi scendiamo, A. Apre prudentemente il cofano del motore della jeep. Siamo tutti col naso per aria a guardare le scritte, anche se a noi, non arabi, sembrano piu’ dei ghirigori. Ad un tratto ali’ sale sulla panca e si mette a scrivere qualche cosa pure. Lui. Pazzesco!!! In quel momento scopriamo che le scritte sono tracciate con l’asfalto che si scioglie. L’aria e’ un phon caldo che ti scompiglia i capelli e ti sfiora la pelle. Aria secca che sa gia’ di sud.

Poi risaliamo. Chilometri e chilometri tutti uguali : sole, sabbia, terra secca. Non incontriamo quasi nessuno ne’ che vada nella nostra direzione, ne’ che arrivi dalla parte opposta. Mi trovo a trasalire pensando cosa succederebbe se si guastasse la macchina.

Pero’ ad un tratto il paesaggio inizia a cambiare : la terra fa posto a strane montagnole, sembrano quelle del beep beep e di willy coyote, e inizia un viale con tanti lampioni. Siamo finalmente a siwa. Siwa, una manciate di case di argilla attorno ad una rotonda erbosa dove la sera gli anziano prendono il fresco, coricati tra l’erba. Tutto chiuso, banca chiusa, posta chiusa. Oggi e’ venerdi’. Ci portano in hotel , lo “siwa safari paradise” che a prima vista pare una jungla tanto sono fitte le palme. La camera e’ piacevolmente fresca e pulita, anche se lo stile dell’albergo non e’ tipicamente europeo, e funziona pure il condizionatore , il frigorifero aveva la presa guasta ma lo abbiamo spostato e l’altra presa funzionava e incredibilmente, nel profondo sud egiziano, a 40 chilometro a est del confine libico, possiamo deliziarci con le trasmissioni di italia 1!!!!! Appena posati bagagli, mentre H. E A. Si fiondano a dormire, noi ci fiondiamo nell’esplorazione dell’albergo. Ci hanno detto che c’e’ una piscina in acqua naturale, ma io non riesco proprio a farci il bagno perche’ l’acqua e’ verde di alghe e un po’ viscida. Elena e gianni (mia figlia e il mio compagno) non hanno propblemi e ci sguazzano volentieri. Siamo quasi convinti di essere gli unici ospiti : non circola anima viva oltre a noi e ad alcuni gatti in questo albergo.

Ci vestiamo e usciamo. Alla scoperta di siwa. Le persone che incontriamo per la stradina ci salutano tutte. As salaam aleikoum! E in men che non si dica siamo in pieno centro!!! Un ragazzino si ferma col suo carrettino trainato dal suo somarello e ci chiede se abbiamo bisogno di un taxi. Taxi? Ma certo! Il somarello stanco parte. Povera bestia!!! Claudia aveva ragione quando diceva che ti viene da pagare il ragazzino per fare riposare il somarello e non per portarti in giro! E giriamo le due piazze di siwa e ibrahim ci fa da guida : questa e’ la banca, questa e’ la posta, questo e’ il ristorante, questa e’ shali…E una luce meravigliosa, quella del tardo pomeriggio che accende di oro e di magia le cose ci avvolge.

Scendiamo e veniamo quasi travolti da due asinelli che si rincorrono. Passeggiamo un po’. Nessuna donna in vista. Le poche , transitano sui taxi-carrettini e sono completamente coperte da un abaaya color carta da zucchero e hanno il volto completamente nascosto da un velo nero. Non hanno neppure la fessura per gli occhi! Noi ci fiondiamo in un negozio di succhi di frutta fresca, mentre un gregge di oche starnazza dietro a noi e si fa i dispetti. Ordiniamo un frullato di mango, una spremuta di arancia e un frullato di banane per elena, che le adora. Ma le banane non ci sono, tenta di spiegarci il ragazzo. Elena ci resta malissimo. Tentiamo di convincerla a prendere qualcos’altro, ma lei si e’ fissata con le banane. Dopo un po’ di minuti il ragazzo ci dice di aspettare e inforca la bicicletta. Tornera’ con le banane e preparera’ per elena un frullato delizioso. Paghiamo : 8 lire egiziane. Poco piu’ di un euro. Per tre frullati. Torniamo e ci prepariamo per la cena. Vediamo insegne di agenzie di safari nel deserto e negozi di rent a bike.

A cena siamo noi e un paio di altre persone. Gli unici ospiti dell’hotel. H. E’ sempre cosi’ allegra che e’ davvero un piacere starle assieme. Dopo cena usciamo. Shali, la vecchia citta’ ora in rovina, e’ davvero bella, tutta illuminata!!! Tanti uomini sono fuori dal baretto che seguono una partita di calcio e tanti sono stesi a chiacchierare sull’erba della rotonda. Giriamo per i negozi, e compriamo i datteri, mezzo kilo per 12 lire egiziane e curiosiamo tra le merci e le spezie. Regna una calma incredibile e tutto e’ tranquillo. E’ veramente rilassante passeggiare per siwa.

Andiamo a letto , domani sara’ una giornata impegnativa.

Ci alziamo di buon mattino, per visitare shali, piu’ tardi magari farebbe troppo caldo.Il panorama e’ magnifico e si sorgono in lontananza un grande lago e dalla parte opposta ci sono gia’ le dune che incombono!!! Poi andiamo a vedere i pozzi e non capisco perche’, sale un signore nuovo sulla jeep. E’ mohamed, la guida del deserto. Mohamed sta avviando una caffetteria nella zona dei pozzi, in previsione di quando verra’ aperto l’aeroporto e il turismo a siwa arrivera’ a fiotti. Per ora non c’e’ nessuno ma arriviamo ai pozzi in zona caffeteria. Incredibile come l’acqua filtri in questi vasconi dal terreno e i solchi scavati aiutano ad irrigare l’oasi, verdissima. Vediamo alcune palme col tronco stranissimo che mohamed co mostra con orgoglio, poi ci sediamo accanto al baretto di tronchi di palma, vista lago. Scattiamo le foto e mohamed ci chiede se vogliamo qualcosa. In pratica ci sentiamo quasi obbligati e ordiniamo.

Mi scappa quasi da ridere quando, dieci minuti dopo aver ordinato , ci sentiamo dire che, sono tutti spiacenti ma non c’e’ niente da bere in quel posto e che se vogliamo bere dobbiamo tornare a siwa!!!! Tornati ci fermiamo in un grande ristorante. Grande, oddio, per siwa, grandissimo. Siamo qui perche’ dobbiamo fare il permesso per attraversare il deserto, altrimenti domani niente baharyia!!! Oggi e’ sabato e per ottenere il permesso occorre fare un versamento di ben 10 euro a cranio alla banca, ma oggi e’ sabato e le banche sono chiuse. Per questo siamo qui. Il padrone del ristorante, e’ una persona molto influente, a tratti mi e’ sembrato un vero padrino, cerchera’ qualche conoscene che ci fara’ aprire la banca per consentirci di effettuare il versamento. Tutti discorrono animatamente in arabo e noi ci sediamo a guardare la vita che scorre. Tutti concordano nel dire che siwa e’ un posto in cui il tempo si e’ fermato. E’ davvero cosi’. Lo capisci dai gesti delle persone, lo leggi nelle rughe dei volti o sul sorriso aperto dei bambini.

Il padrino mette la mano sulla testa di mia figlia e la benedice. Intanto, i suoi collaboratori si affannano a rispondere al suo cellulare e poi a porgerglielo, previa breve presentazione di chi e’ al telefono. Mi sembra di essere in un film tanto trovo surreale la scena. E riesco a fotografare questo personaggio senza che lui se ne accorga.

La situazione e’ ad un punto morto e decidiamo cosi’ di proseguire per il pozzo di cleopatra in attesa che succeda qualche cosa di nuovo.

Anche qui, sembra di entrare nel ventre dell’oasi, tanto e’ profonda e ci troviamo davanti ad un grande pozzo con localino annesso. Elena e gianni si tuffano senza esitazioni assieme ai bambini locali, tra spruzzi e risate. Io mi accomodo con H. , sui cuscini posati sopra ai tappeti del baretto a chicchierare.

D’un tratto arrivano due jeep da cui scendono diverse persone. La loro guida spiega in italiano del pozzo, e una signora guarda con aria nauseata e superiore quelle creature che sguazzano la’ dentro. Peccato non sia riuscita a fotografarla.L ‘espressione che aveva , valeva veramente.

H. Che conosce la loro guida, viene a sapere che sono una comitiva di un tour operator molto famoso , specializzato in viaggi particolari. Loro risalgono in fretta e furia sulle loro jeep, e tornano in hotel. Io li guardo sparire nella polvere e nel mentre mi chiedo quanto abbiano speso in piu’ di noi per fare quel viaggio.

Noi , invece, restiamo. Siamo bloccati qua. Aspettiamo quei benedetti permessi. Io e gianni decidiamo di fare quattro passi li attorno, dato che c’e’ pure una montagnetta, e elena resta con H. A tirare freccette e a fotografare tutti i gatti che gironzolano attorno al bar.

Incuranti del sole di mezzogiorno ci avviamo.Palme e erbe secche che pungono, cerchiamo di salire sul montagna. Niente da fare, non troviamo la strada. Troviamo invece una carcassa di asino e un ragno gigantesco, che sembra abbia il corpo come una conchiglia. Stiamo per desistere e tornare indietro, quando da una strada sbuca un ragazzetto con un carretto carico di legna trainato da un povero somarello bianco. Il carretto somiglia piu’ ad un tir da quanto e’ carico e il povero animale non riesce a superare la piccola salita per mettersi sulla strada. Chiaro che ci fermiamo ad aiutare!!! Anche se l’impresa ha dell’inverosimile, aiutando con grandi pietre dietro le ruote il carretto, e spingendo pure gianni e il ragazzo come somari (io sono addetta alle briglie dell’asinello) dopo una mezz’ora incredibilmente il carretto esce dalla via traversa ed imbocca la strada principale.

Il ragazzo riconoscente si presenta e ci indica la strada per arrivare alla montagna. Ci chiede anche in quale hotel siamo,questa sera vorrebbe venirci a trovare. Povero amico!!! Chissa’ quanto ci avra’ aspettato!!! Quella sera noi avremmo avuto ben altre avventure non previste!!! Ci incamminiamo verso la schiena della montagna, ma il caldo comincia a stroncare anche me.

Mentre ci inerpichiamo troviamo un negozietto dove due uomini parlano tranquillamente. Compriamo una bottiglia d’acqua che costa una lira e mezza, la svuotiamo in brevissimo tempo. A fianco, poco piu’ in su, c’e’ un piccolo albergo di terra dalle cui stanze entrano ed escono persone e polli. Io non ce la faccio proprio a proseguire e mi fermo all’ombra di un pietrone, mentre gianni continua come se niente fosse, come uno stambecco.

Guardo l’ora. Sono passate le 13.00 ed e’ da piu’ di un’ora che siamo via, non vorrei far preoccupare nessuno. Decidiamo cosi’ di tornare. Sulla strada del ritorno incredibilmente troviamo ali’ che ci carica in jeep ed in quattro e quattr’otto ci riporta al baretto dove ci sono elena e H. A. E’ stata una vera benedizione : non so come avrei fatto a proseguire sotto il sole per la via del ritorno…

H. E elena hanno giocato a freccette , mia figlia ha scattato mille foto ai gatti e H. Le ha insegnato a scrivere il suo nome in geroglifico.

Mentre aspettiamo il pranzo, arrivano un gruppo di ciclisti. Sono americani e due spagnoli. Questi non sono puzza al naso come gli italiani, si svestono e si buttano nel pozzo. Il titolare del baretto, ci serve da pranzo una prelibatezza di pasta con formaggio fuso al forno dentro a vasetti di terracotta che bruciano!!! Il profumo e’ davvero eccezionale e anche il gusto!!! Poi le fresche insalate di pomodori e cetrioli e il pollo alla brace. Tutto ottimo, consumato seduti sui tappeti e sui cuscini.

E dopo pranzo….La buona novella!!!! Arriva mohamed trionfante con i nostri lasciapassare : il padrino di siwa e’ riuscito a far aprire la banca per effettuare il versamento e a far firmare il visto dalla polizia! Da quel momento la giornata pigra prende un’altra piega e diventa memorabile e densa di emozioni.

Ripartiamo , felici come bimbi, nella calura del pomeriggio. Passiamo tra le piste di sabbia costeggiando un lago bianco meraviglioso che rende il paesaggio fiabesco. Il suo nome e’ abou shrouf, ma io lo ribattezzo subito “il lago magico”. Ci fermiamo in zona militare, al pozzo num. 1 per fare ancora un bagno e poi ancora, mentre il pomeriggio avanza, tra sorgenti di acqua calda, sabbia incontaminata, piste che si snodano attraversando il lago…Che emozioni!!! Dobbiamo tornare per vedere ancora il monte dei morti e a malincuore lasciamo questo posto magnifico dove non abbiamo trovato nessun altro, oltre a noi, al di fuori di un paio di ragazze italiane al pozzo num.1, erano in escursione da alessandria.

Saliamo al monte dei morti nella luce d’oro . Silenzio, l’aria non scotta piu’. La collina e’ crivellata di buche e di ingressi, e’ qui che sono state scoperte centinaia di mummie. Dall’alto, arrivati in cima, ci aspetta un panorama mozzafiato : siwa con i suoi palmeti, il lago e in lontananza abou shrouf.

La parte piu’ divertente deve ancora arrivare, nonostante sia quasi sera!!! Con la jeep ci diamo all’assalto delle dune. Mohamed dirige ali’. Vai di qui , prendi di la’. Dopo dieci minuti siamo gia’ insabbiati. H. Ride a crepapelle e scrive un grande sos sulla sabbia di fianco alla macchina. Siamo tutti giu’ a spingere, ma la sabbia scotta!!! Si sgonfiano le gomme , spingi tu, spingo io, spinge l’altro, tra una risata e la polvere ne veniamo fuori. Un breve tratto di strada e gianni prende il volante. Aveva gia’ guidato sulle dune in tunisia e gli era piaciuto tanto. Qui guizza davvero come un pesce, su questa sabbia vergine da ogni traccia, su questi percorsi dove ci sentiamo davvero i padroni e i protagonisti assoluti visto che non c’e’ nessun altro oltre a noi!!!! Dopo un quarto d’ora ci insabbiamo di nuovo. E di nuovo , tutti a ridere, tutti spingere finche ne usciamo. Ali’ riprende la guida, e soto le direttive di mohamed arriviamo a scorci favolosi, dune perfette con il lago alle spalle, posti che ti fanno davvero trattenere il fiato. Tante foto alla sabbia, ai disegni che crea, a elena che si fa tirare per i piedi giu’ da una duna, a H. Che riprende tutto col cellulare (tra una telefonata e l’altra) alle piedate che abbiamo lasciato sulla sabbia, fino a che…Inizia il tramonto. E allora parte la ricerca dello scorcio migliore per fotografarlo. Solo dune, dune e lago. Piu’ chiaro, piu’ rosso, piu’ rosso ancora…Fino a che il sole scompare. E noi stanchi e felici, pensiamo che la giornata sia finita. Niente affatto!!! Siamo ai bordi di un lago, dove si trovano tante isolette collegate alla terra da una semplice strada. Che pace!!! E che bella la luna d’argento che spunta nel cielo. Stavolta torniamo in hotel. Non e’ vero!!!! Mohamed scorge degli amici suoi su un’altra isoletta, scendiamo e…Siamo improvvisamente a casa. Ci viene offerto il the alla menta, preparato sulle braci di un fuoco, nell’unico bicchiere presente che a turno ci passiamo. The alla menta ottimo, acqua fresca a volonta’, atmosfera magica!!!!siamo qui, in questo angolo sperduto di mondo che sorseggiamo the con queste persone che abbiamo conosciuto pochi minuti fa e la cosa sembra la piu’ neturale possibile…

Pero’ dopo una mezz’ora ci tocca scappare!!!!i sand flies ci stanno massacrando! Mai saputo che nel deserto ci fossero i sand flies, e invece qui c’erano.

La cena in hotel e’ servita fino alle 22 e noi siamo ancora invitati da mohamed per un karkade’ (non si puo’ proprio rifiutare!)nonostante siano le 21 passate e H. Deve fare la spesa perche’ domani attraversiamo il deserto, solo piste per 650 chilometri e ci dobbiamo portare dietro il mangiare.

Che importa della cena? Mille volte meglio stare con mohamed. Quando arriviamo al suo negozio (che aveva abbandonato aperto al mattino per venire con noi) dove ci mostra i suoi articoli e le foto dove compare accanto alle persone e nei luoghi in cui ha fatto da guida. Compriamo una borsetta per elena. Di stoffa, tutta ricamata. Ogni articolo porta su un lembo di stoffa il prezzo e il nome della ragazza che lo ha fatto. La borsetta di elena, costo 25 lire egiziane (3,5 euro) l’ha fatta una ragazza di nome rima. Mohamed ci fa accomodare fuori, su delle belle sedie di legno, nell’aria quasi fresca della sera e ci serve il miglior karkade’ fresco con banane che noi abbiamo mai bevuto nella nostra vita.

Arriva H. Con la spesa e, a malincuore lo salutiamo. Nonostante sia tardissimo riusciamo ancora a cenare e H. Sparisce nella sua camera con tre fette di cheesecake dentro ad un piatto ridendo come una monella. Domani partiamo alle sei.

L’alba nelle oasi e’ davvero bella. Ti lasci inebriare dal profumo della terra e dell’acqua, che l’aria lieve del mattino fa scivolare fino alle tue narici. Di corte in corte , il canto dei galli echeggia senza sosta. Ti godi la frescura, prima che il sole si sia levato del tutto.

Carichiamo i bagagli sulla jeep, insieme alle scorte di acqua e alle provviste (pane, formaggio, frutta e verdura) perche’ oggi attraverseremo il deserto, da un’oasi ad un’altra. Ali’ ingrana la marcia e si dirige verso il posto di polizia per mostrare i visti e i permessi. E’ un orso buono, ali’. Parla poco e questo a H. Dispiace tanto. Non mette neppure le classiche cassette di musica araba che altre volte erano onnipresenti ed ossessionanti. Lui niente. Guida in silenzio. Non parla quasi. H. Dice che e’ pure un po’ sordo. Pero’ e’ infaticabile. Basta fargli un cenno e lui si alza…E via! Al posto di polizia non c’e’ nessuno. Deserto. Silenzio. E noi non possiamo partire se non ci timbrano il permesso. Ali’ scende, va fino alla casetta, torna indietro. H. Si arrabbia, non capisco l’arabo, ma dopo tre minuti filati che lei parla, ali’ sale in macchina, accende il motore e torniamo indietro.

La gente del deserto si sveglia presto, per godere delle ore di fresco e per strada c’e’ gia’ un gran numero di persone, tutte affaccendate nelle loro attivita’. Ci fermiamo a chiedere indicazioni. Giriamo e…Finalmente il posto giusto di polizia!!! Ci soono gia’ altre due jeep che aspettano : sono le stesse del tour operator famoso che scorazza gli snob che avevamo incontrato al pozzo di cleopatra, piu’ un terzo fuoristrada tutto rosso , su cui viaggia un uomo d’affari con il suo portaborse.Timbrano i visti, salgono tutti in macchina. Facciamo carovana. In un primo tempo mi dispiace : avrei preferito che avessimo continuato ad essere da soli. Appena foreremo mi rendo conto di quanto sia saggio viaggiare in carovana, oltretutto su piste , dove davvero bisogna avere in mente il percorso nel cervello, dato che un colpo di vento puo’ cancellare la strada che ieri era chiara.

Saluto siwa. Guardo con nostalgia allontanarsi in un’aureola rosea e dorata shali, il lago magico, i palmeti…Ed e’ gia’ primo posto di blocco.

Avevo letto su un forum di viaggi che da siwa a baharyia c’erano ben 14 posti di blocco, che le guardie ficcavano volentieri gli occhi nelle scollature delle signore, ma che le mummie d’oro di baharyia ben avrebbero ricompensato questa traversata. Bene, posso assicurare che io di posti di blocco ne ho ne ho contati solo 7, nessuna guardia mi ha degnato di uno sguardo (vestiti da viaggio adeguati o sono proprio io ad essere cozza? ) e che le mummie d’oro di baharyia posso al massimo definirle “carine”. Questione di gusti. Secondo posto di blocco. I cani delle guardie uggiolano felici vedendo le auto che arrivano, sanno che qualcosa per loro esce sempre. La strada si fa pista, l’asfalto lascia il posto alla terra. Un’auto si insabbia. E’ una delle due degli snob. Noi ci fermiamo ad aspettarli. A chi scappano bisogni fisiologici, basta nascondersi dietro la prima duna. Gli altri snob scendono, ci squadrano, non ci dicono una parola. Parlano piano, come fossero in chiesa, mentre noi e H. Ridiamo e ciarliamo come in una fiera da paese.

Arriva la terza auto e ripartiamo. La strada inganna. Io avrei proseguito dritto, invece giriamo a destra.Cinque chilometri, non di piu’, foriamo. Noi. Tutti si fermano, tutti scendono. Gli autisti sono tutti allegri, jamil, il piu’ giovane (ho sentito l’altro autista che lo chiamava cosi’) sembra addirittura che sia ad una festa. Cercano grandi sassi da mettere sotto alle ruote, tirano fuori il crick e…La gomma viene sostituita a tempo di record, sembra quasi di stare in formula uno.

Gli snob sono scesi a fare qualche foto alla gomma bucata. Jamil, nonostante sia l’autista di una delle jeep degli snob, ci allunga dolcetti e patatine. Noi ricambiamo con mele e cetrioli.

Altri cinque chilometri e fora il fuoristrada rosso dell’uomo d’affari. Stessa scena, stessa allegria, stessa velocita’. Gli snob non scendono : sono molto seccati. Poi la strada riprende senza piu’ intoppi. Mi scopro a chiedermi cosa succederebbe se forassimo di nuovo. Intorno a noi solo sabbia. Poi un posto di blocco, poi di nuovo sabbia,sabbia, tanta sabbia…E i miraggi. Li avevo gia’ visti, sembrano laghi e invece e’ solo luce rifratta, ma addrituura intorno a mezzogiorno vedo un’oasi, con le palme, con l’acqua…E invece e’ un miraggio. H. Ci racconta la storia di iside ed osiride, e noi la ascoltiamo, come i bimbi ascoltano le fiabe, con voracita’. Sono cosi’ belle le leggende…Mangiamo ai posti di blocco, trovo un cadaverino di una volpe del deserto. Che tenerezza, sembra un piccolo cane. L’acqua e’ calda. Ormai va bene da farci il te’.

Arriviamo a baharyia nel primo pomeriggio. Visitiamo due tombe, di un padre e di un figlio illustri. Queste tombe, per belle che possano apparire, sono comunque di un periodo posteriore ai fasti di luxor e nonostante siano molto ben conservate, non raggiungono la perfezione dei particolari dell’epoca d’oro dell’antico egitto. Poi scendiamo al museo per visitare le mummie d’oro. I sarcofaghi sono belli, con la maschera dorata sul viso, ma anche queste, frutto di lavoro postumo al periodo famoso, non hanno la perfezione ad esempio delle mummie del cairo, dove e’ possibile persino vedere i particolari di un dente.

Aariviamo aal’hotel. Scendo. So che qui non c’e’ la piscina. Pazienza, faremo un giro per il paese. Scendendo, sento un forte odore di pittura e noto le gocce biance per terra. L’hotel e’ chiuso e stanno ristrutturando. Lo hanno aperto solo per noi. La stanza e’ piccolina e spartana e la vista dal balconcino affaccia sullo stradone e sul “ristorante popolare” il cui boss, ci chiama a gran voce invitandoci per una birra. I letti sono in muratura, ci aggiungono una brandina per elena. Il bagno e’ talmente piccino che la doccia confina con il water e rinunciamo a lavarci per paura di inondare tutto. Tanto domani saremo in un altro deserto, mica ad un ricevimento! Gianni in un impeto di generosita’, scambia il suo letto di mattoni con la brandina di elena : se ne pentira’ amaramente quando , nel cuore della notte, la brandina rovinera’ paurosamente al suolo sotto il suo peso e verra’ da noi ritrovato per terra, col letto sfondato.

Usciamo, ma qui e’ tutti chiuso. Ali’ ha portato la ruota dal gommista, per farla riparare. C’e’ solo aperto qualche negozio di frutta e verdura e compriamo un bel po’ di banane per ben 5 lire egiziane.

C’e’ poca gente in giro, probabilmente fa ancora troppo caldo.

Torniamo e ci sediamo al lungo tavolo che c’e’ fuori al “ristorante popolare”. Ordiniamo la birra, e due pepsi. Di fianco a noi sono seduti due giapponesi. Lei e’ proprio bellina e delicata, lui sembra uscito da un cartone animato nipponico degli anni ottanta. Bevono vino. Io sono quasi scandalizzata che nel cuore di un paese musulmano, dove girano un mucchio di barbe integraliste e tutte le donne sono velate, si possano servire con tanta nonchalance, birra e vino. Ma pazienza la birra. Ma il vino proprio no!!! il cartone animato vivente ordina un’altra bottiglia. Chissa’ se poi ce la fa a tornare al suo albergo…Nell’interno del ristorante, e’ tutto un adesivo che ricorda il rally dei faraoni, che passa da qui. Idealmente salutiamo marcello, un nostro amico e collega con la passione per i deserti, che e’ stato nell’organizzazione di questo rally e che conosce baharyia come le sue tasche.

Saliamo in camera e tiriamo l’ora di cena.

I titolari ci viziano col cibo. Siamo gli unici ospiti e da mangiare ne hanno preparato per venti!!! Ottime le patate con la peperonata : il nome in arabo non lo ricordo, ma se capitaste da quelle parti…Uscendo, l’artista che restaura sta dipingendo delle cornici sul soffitto : e’ bravissimo e sembrano di legno anziche’ fatte col pennello! Andiamo con H. A fare spesa. Domani, ultimo giorno, sara’ il giorno piu’ duro.

E’ buio, l’aria piu’ fresca e l’oasi si popola. A differenza di siwa, che e’ un posto dove il tempo si e’ fermato, qui sembra di essere in un paesino di campagna. H. Sceglie i pomodori, le pere, ci fa assaggiare il formaggio. Mi regala una comfezione di hommus, la salsa di yogurt e ceci che mi piace tanto e cerchiamo il pane.

Le passo una confezione di panini, lunghi ma lei mi dice no! non sono freschi questi. Sto per posarli, quando sento una voce cristallina, che per un momento, congela l’istante. La voce, giovane e cinguettante , in perfetto inglese senza inflessioni mi dice “signora, se vai due negozi piu’ in la’, lo trovi sicuramente il pane piu’ fresco!” voltandomi resto a bocca aperta. Sono due occhi neri che spuntano da un abaaja nero a parlarmi, due magnifici occhi che spuntano da una cornice nera. La ringrazio, le chiedo quanti anni ha. Lei dice 21, a me la sua voce sembrava tanto piu’ giovane. Se ne vanno, lei e sua madre e mi lasciano uno dei piu’ bei ricordi tra tutti i miei viaggi. Non avrei mai pensato, in quel posto sperduto del mondo, che una ragazza velata parlasse inglese perfetto, ne’ tantomeno si rivolgesse con tanta neturalezza agli estranei.

Ci sediamo sul tetto del nostro hotel che e’ stato trasformato in giardino, ci godiamo il fresco, mandiamo gli ultimi sms e programmiamo per domani.

Alle cinque e’ ancora tutto buio, ma le persone del ristorante popolare sembrano non essere mai andate a letto. Gli asinelli passano per le strade, la gente e’ gia’ super attiva. Noi partiamo verso sud e quando il sole sta spuntando siamo nel deserto nero, appena 60 chilometri a sud di baharyia. Il paesaggio e’ lunaree fatto di montagne e collunette brune, come se tutto fosse bruciato. Lascia una strana sensazione questo paeaggio. Facciamo un paio di foto e scendiamo ancora. Dobbiamo arrivare fino al parco naturale di farafra, dove impera il deserto bianco.

Il telefono non prende piu’. Mi sembra persino incredibile!!! Ho attraversato il deserto e aveva sempre campo e qui invece…Niente!!! Per strada non incontri nessuno. La strada e’ una lunga striscia di asfalto scura che taglia i vari deserti : di sabbia, di montagne nere…Succedesse qualcosa qui non sapresti proprio come fare. Non passa nessuno, non prende il telefono, non c’e’ nulla da ripararsi…

Arriviamo al deserto bianco. Penso di essere finita su un altro pianeta. Rocce e concrezioni bianche a 360 gradi, ovunque ti giri. Scendiamo a far colazione e le prime foto. Mia figlia mangia pomodori e si arrampica sulle rocce. Dopo colazione con la jeep facciamo chilometri e chilometri in questo posto di fiaba, senza incontrare nessuno, dove le rocce sembrano sempre uguali e poi scopri che sono sempre diverse e piu’ di una volta mi pongo la domanda “ma su quale pianeta siamo? Sul terzo dal sole?” . Impossibile descrivere le sensazioni!!! Ci mettiamo a giocare come i bambini : guarda quella roccia! Sembra un caallo! Guarda quella!! Sembra ad un coniglio!! Dopo un giro lunghissimo in questo posto fantastico, torniamo a baharyia. Qui compriamo datteri e ci fermiamo a prendere un the prima di intraprendere il lungo viaggio del ritorno. Il telefono prende di nuovo. Scrivo un sms : sono stata su un altro pianeta… Partiamo direzione cairo, 300 chilometri piu’ a nord, la strada adesso e’ strada. La solita lingua nera d’afalto in mezzo alla sabbia. Ogni tanto questa invade le corsie di marcia, sembra quasi ammonisca l’uomo che si illude, costruendo strade, di poter avere il controllo sulla natura. Il deserto invade le strade e ricorda che l’unico padrone e’ lui. E noi piccoli uomini, siamo solo suoi ospiti. Di nuovo il nulla intorno, sabbia e sabbia. Dorata, piu’ bruna, a volte del colore della cipria. Ma solo sabbia. Tra le dune vedo una lunga striscia nera. Chissa cos’e’, mi chiedo. E dopo poco appare un treno, lungo, lungo, nero, nero, che sbuffa un nuvolone nero dalla ciminiera. Sembra un treno fantasma: appare dal nulla, scivola sulle dune come un serpente e sparisce nel nulla. E poi piu’ su, piu’ su…H. Mi scarica sul mio telefono un mucchio di canzoni egiziane col blutooth e io in cambio le mando la foto di un gattino che tira i pugni. Ci fermiamo ad un autogrill che compare tra il nulla. Ali’ e’ sceso a far due passi e a bere un the e un caffe’ per tenersi su. Scendiamo e l’aria calda ci sferza come un phon. Davanti a noi un grande tir. La macchina ha perso totalmente il vetro anteriore e due ruote del bilico sono disperatamente storte. Come l’autista tenta la manovra, queste di staccano di netto. Ci sbracciamo e lui scende, controlla il danno e si mette al lavoro. Sembra una formichina operosa. Sotto quel sole cocente, gli chiediamo se ha bisogno di aiuto, ma lui nega e ringrazia. Lo guardiamo attoniti, mentre fa rotolare le grandi ruote sul retro, poi le fissa ad un argano e salta sul cassone per cercare in qualche modo di caricarle. Avete mai pensato quanto di eroico ci possa essere in un uomo che sotto il sole del deserto non si perde d’animo e tenta da solo di cavarsela? No? bene, io vi posso garantire che questa persona e’ un eroe. Allo stesso modo non tollerero’ mai piu’ di sentir dare dell’asino in senso dispreggiativo a qualche persona. Nel nordafrica ho imparato quanto valore e quanto coraggio e quanta forza e quanta dedizione posseggano questi dolci animali.

Ripartiamo con la sabbia ai lati. Vediamo i mulinelli creati dal vento e dopo poco l’autogrill sparisce e il grande camion tutto verde senza il vetro di cabina con il suo eroe che tenta di issare le grandi route, non si vede piu’. Ancora strada, strada, strada e poi….Il cairo!!! Quanto mi e’ sempre piaciuta il cairo!!! Che peccato che questa volta ci passiamo solo e basta, non abbiamo programmato di fermarci qui. Stasera dobbiamo essere ad el alamein, nel nostro bell’albergo e H. E ali’ devono tornare indietro, affrontando complessivamente un viaggio che in un solo giorno fa loro percorrere un migliaio di chilometri. Bella , caotica, strombazzante, dove il moderno vive a fianco all’antco e gli asinelli trottano a fianco ai fuoristrada, H. Sente aria di casa, qui ci sono le sue bambine, che domani riabbraccera’. Anche ali’ sembra sollevato, il grosso e’ andato. Giriamo un angolo e…Le piramidi sono davanti a noi!!! Che emozione rivederle dopo sette anni!!! H. Ci vorrebbe portare a vederle da vicino, oppure a casa sua per poterci rinfrescare, ma ahime’, pensiamo a quanta strada devono ancora fare loro e chiediamo di proseguire. H. Cara, non sai che rischio hai corso quando mi hai fatto vedere da fuori la tua casa!!! Un giorno sentirai suonare il campanello e…Zac!! Ti troverai tre ospiti in piu’ a casa tua!!! H. Si ferma in un hotel per cambiare del denaro e noi approfittiamo per fare foto. Gianni scrive un sms : “sono al cairo. Sotto alle piramidi!”.

Autostrada. 220 chilometri per el alamein. Passiamo il cairo, in pieno sviluppo edilizio, dove un anno fa era solo deserto, oggi ci sono i palazzi. E i cartelli di etisalat, il terzo gestore telefonico e il cantante amr diab che lancia sguardi infuocati e suadenti dai cartelloni pubblicitari…Ali’ e H. Sono proprio stanchi. Mi fanno tenerezza. Lui sembra di marmo e guida. Lei apre un grande foulard e se lo butta sul viso per dormire un po’. Sbagliamo a svoltare. Rimediamo con una retromarcia e una manovra da paura che in italia sarebbe costata la patente ad ali’ e a tutti i suoi discendenti fino alla terza generazione, ma con la coda dell’occhio mi sembra di scorgere un sorriso di condiscendenza da parte del guidatore dell’auto dietro a noi che ci ha fatto una strombazzata da paura.

Scende il sole e arriavo ad el alamein, vedo la cupola d’oro della moschea, riconosco quel palazzone brutto e tutto colorato sulla strada. Ci fermiamo prima dell’hotel, come cospiratori : dobbiamo nascondere in valigia le sei bottiglie d’acqua che abbiamo acquistato per una balla di fumo a baharyia. In hotel le vendono a due euro la bottiglia. Quando scendiamo all’hotel ci abbracciamo stretti. H. Non trattiene le lacrime, le voglio un bene da morire. In soli cinque giorni e’ diventata mia sorella.

Le porgiamo i nostri regalini: un aquilone a forma di gabbiano per il bimbo di khale, e un sacchetto di dolcetti per lei e per ali’. Da quanto sono golosi, sono convinta che abbiamo fatto centro.

Nella hall sembriamo degli zombi : siamo tutti sporchi e puzziamo come capre. H. E ali’ ripartono. Restiamo a guardarli fintanto che la jeep sparisce e anche noi abbiamo un groppo in gola.

Grazie K. , grazie H., grazie ali’, ci avete fatto vivere dei giorni indimenticabili e la vostra amicizia e’ un regalo prezioso.

Passiamo il resto dei giorni a fare i pigri e a goderci il mare. Il mare qui ha colori pazzeschi!!! Lo scorso anno sono stata a cuba, e posso garantire che questo mediterraneo non ha nulla da invidiare al mare dei caraibi. Passeggiamo tanto sulla sinistra e sulla destra dell’hotel per scoprire con meraviglia tante piccole calette, una piu’ bella dell’altra e quando incontriamo sulla nostra strada la baia chiamata “bora bora” , scopriamo di non poterci piu’ accontentare della spiaggia dell’hotel. Anche qui, si cammina per chilometri e chilometri senza incontrare nessuno…Scrivo un sms “cara H., qui siamo in paradiso, il mare e’ bello come un sogno, ma tu ci manchi tanto!” Il deserto mi ha fatto diventare insofferente a diverse cose. La vita vissuta in maniera essenziale ti fa capire cose che altrimenti non apprezzeresti.

La sera guardiamo gli spettacolini che l’animazione presenta. Premio la loro buona volonta’, ma spesso li trovo parecchio pesanti, troppo giocati sul doppio senso. Gli ospiti dell’hotel sono tutti italiani. Si comportano anche come avessero formato una piccola colonia e hanno trasportato qui anche tutte le afflizioni che hanno anche in patria. Sono facili alla critica, devono sempre dire la loro su organizzazione, menu’ e personale dell’hotel. Cosi’, riescono a passarsi delle settimane di tutta polemica, quando non la passano sul vaso perche’ si sono abbuffati di pasta con la panna o di arrosto in crosta. Sovente, quando sento qualche compaesano che polemizza contro l’ennesima cosa che non va oppure quando sento le risate grasse per una battuta che a me sembra volgare o un po’ pesante, alzo gli occhi e guardo il cielo. Se vedo la luna splendere, allora penso : a siwa vedono questa stessa luna. Siamo tutti sotto la stessa luna.



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