Ecuador e Isole Galpagos 2003
Viaggio in Ecuador e Isole Galapagos. (9 – 23 agosto 2003)
9 agosto (Partenza per Quito):
Anche quest’anno le tanto sospirate vacanze estive sono arrivate; le valige sono pronte e così eccoci pronti ad affrontare una nuova avventura; questa volta in Sudamerica. Inoltre, per Lorella si sta per realizzare un sogno che ha fin da bambina: vedere le Isole Galapagos e i suoi “abitanti”.
E’ tutto pronto.
Ecuador arriviamo!
Dopo un viaggio che sembra interminabile, arriviamo a Quito, la capitale dell’Ecuador, posta a circa 2850 metri sul livello del mare. Già dall’arrivo in aereo ci si rende conto della vastità di questa città, che si estende a perdita d’occhio sotto le pendici di uno dei tanti vulcani di questo paese, il Pichinchia. Facendo delle ricerche in Internet siamo venuti a conoscenza di un posto particolare dove poter pernottare, si chiama Cafè Cultura e ci è sembrata un’ottima alternativa al solito e anonimo hotel. Si tratta di posto veramente accogliente e “artistico”, decisamente unico nel suo genere, che ci fa sentire “a casa” e che consigliamo a chiunque voglia recarsi in questa città ed assaporarne ogni aspetto. Approfittiamo del pomeriggio per fare due passi in città e vediamo il primo dei tanti variopinti mercati che accompagneranno questo nostro viaggio. Si tratta del mercatino domenicale e, anche se la tentazione è forte, cerchiamo di non farci prendere fin dal primo giorno dalla voglia di fare acquisti. Ma è davvero difficile. Tutto è così simpatico e colorato…
10 agosto (Quito):
Dopo una meritata notte di riposo siamo pronti per iniziare il viaggio vero e proprio, che naturalmente parte con un giro della città. La giornata è bellissima. Tutto ha un aspetto gradevole: le tante chiese, le case dall’aspetto coloniale, le piazze dove si incontrano tanti visi e tanti colori. Anche se per molti aspetti Quito sembra sempre più assomigliare a tante altre metropoli, tuttavia, girando un angolo o imboccando una strada secondaria, un mercatino, un piccolo negozio di artigianato, una chiesa con la sua facciata barocca o una donna vestita con colori vivaci, ci fa capire qual è il vero Ecuador, quello che speriamo di vedere, non appena usciti dalla capitale. Visitiamo la Cattedrale e ci si rende conto del profondo sentimento religioso di questo popolo. Anche qui, come in altri nostri viaggi, trovandoci di fronte ai numerosi bambini che per raccogliere qualche soldo si industriano come possono, facendo per esempio, i lustrascarpe, riflettiamo su quanto siano fortunati (e inconsapevoli di esserlo) i nostri…
11 agosto (Quito – Metà del mondo – Quito):
Dopo una bella dormita, una sostanziosa colazione (molto particolare, come del resto tutto qui al Cafè Cultura) e dopo aver ammirato il pavone “di casa” mentre fa le sue evoluzioni e la toeletta mattutina, si riparte. Questa volta la destinazione è il monumento alla “Metà del mondo”. Questa località turistica (forse troppo!) si trova a circa 22 Km dalla capitale ed è il luogo in cui, nel 1736 alcuni studiosi determinarono la posizione dell’equatore e diedero origine anche al sistema metrico decimale, provando inoltre che la terra non è una sfera perfetta, ma un po’ più “panciuta” proprio all’equatore stesso. Si tratta di un monumento di pietra, alto 30 metri, posto proprio sulla linea equatoriale, sulla cui sommità c’è una piattaforma, da cui si gode un bellissimo panorama, in tutte le direzioni …ed è proprio il caso di dirlo. Ci divertiamo a stabilire da che parte è l’Italia e naturalmente ognuno ha una sua personale teoria. All’interno c’è anche un museo etnografico e tutto intorno non mancano piccoli negozi di artigianato. E’ una bellissima giornata di sole…il sole dell’equatore. C’è una luce tutta speciale e una calma assoluta. L’atmosfera quaggiù è davvero rilassata. Abbiamo anche saputo che in questo luogo si pesa qualche libbra in meno, il che è decisamente preoccupante per uno come Flavio.
12 agosto (Quito – Otavalo – Quito):
Flavio, che, nonostante la “mole” , è decisamente una buona forchetta, sembra sempre più a suo agio con le super colazioni che servono qui e ogni mattina sperimenta con gusto nuove combinazioni. Ma è già il momento di rimettersi in viaggio, destinazione Otavalo, il mercato più famoso, più grande e più turistico dell’Ecuador. Lungo la strada ci fermiamo ad ammirare una versione più piccola del monumento alla Metà del mondo e anche a Calderon, una piccola cittadina, in cui andiamo a visitare una bottega dove si fabbricano bambole e piccoli oggetti artigianali in pasta di pane. Ne approfittiamo per fare qualche ripresa della vita quotidiana di questa simpatica località, che sembra svolgersi con ritmi lenti e tranquilli, sotto questa intensa luce solare e questo cielo terso. Proseguiamo poi per Cajambe, dove ci fermiamo per vedere la piccola fabbrica di “bizcochos”, delle gallette salate che si servono con il caffelatte…non male davvero! Durante il tragitto per Otavalo non manchiamo certo di fermarci, di tanto in tanto per ammirare lo stupendo paesaggio, le vallate, i villaggi e le sempre presenti vette dei vulcani, che sembrano accompagnarci ad ogni passo. Ma eccoci arrivati ad Otavalo. Questa cittadina a circa 2550 metri di altitudine è famosa non solo per il suo mercato, ma anche per la cordialità della sua gente e dobbiamo dire che è proprio così. Anche se il mercato è forse un po’ troppo turistico, non possiamo non venir attratti dalle numerose bancarelle di frutta e verdura, di cibi vari, ma soprattutto di lane e manufatti artigianali dai mille, vivacissimi colori. Uno degli aspetti più interessanti di questa cittadina è la profonda e radicata identità culturale che si manifesta, tra i tanti aspetti, anche nel modo di vestire. Gli uomini portano una lunga treccia, pantaloni bianchi al polpaccio e sandali di corda, oltre agli immancabili “poncho” e ai cappelli di feltro scuri. Le donne indossano camicie bianche ricamate su lunghe gonne in tinta con gli scialli e numerosi e vistosi gioielli. Inoltre portano, legati in testa dei fazzoletti, ai quali gli abitanti di Otavalo attribuiscono diversi significati. Giriamo curiosi tra le numerose bancarelle e quasi perdiamo il senso del tempo, ma un forte vento improvviso e un repentino annuvolarsi del cielo ci riportano alla realtà e ci ricordano che è ora di ritornare verso la capitale.
13 agosto (Quito – Cotopaxi – Quito):
Per noi che amiamo la montagna e che sogniamo le vette più alte, quella di oggi sarà davvero una grande giornata. Infatti la nostra metà odierna è il Parco Nazionale del Cotopaxi. Questa area protetta è dominata dal cono innevato dell’omonimo vulcano, alto 5897 metri, la seconda vetta dell’Ecuador. Arriviamo a circa 3700 metri con un pulmino, su una strada parecchio accidentata, ma ne vale decisamente la pena. Il vento qui è fortissimo e la temperatura decisamente più bassa, ma lo spettacolo è stupendo. Le nuvole, nel loro continuo movimento, coprono e scoprono continuamente la cima del vulcano che così può mostrare a tratti tutta le sua maestosità. Si vedono qua e la cavalli selvatici e c’è un bellissimo lago, sulle cui rive si possono ammirare numerosi uccelli e crescono parecchi fiori colorati. E’ un’esperienza incredibile…stupenda e quasi ci dispiace dover andare via, ma il tempo corre e, a dire la verità, anche lo stomaco vuole la sua parte, non solo gli occhi. Così ritorniamo sui nostri passi e, sulla via del ritorno, ci fermiamo a pranzare in una bellissima “hacienda”. Come sempre Lorella, che è vegetariana, incontra qualche difficoltà, ma poi riesce a trovare qualcosa da mangiare e subito dopo è già pronta a rimettersi in viaggio. Ma prima visitiamo questa bella tenuta, con una cappella privata, un giardino stupendo e un maneggio, dove Lorella si ferma ad ammirare i cavalli, un’altra delle sue passioni. Adesso si che diventa difficile convincerla ad andare. E’ un’altra bellissima giornata di sole. C’è una luce fantastica e tutti i colori qui sembrano più vivi e più brillanti. Ma dobbiamo rientrare. Questa sera dobbiamo preparare il bagaglio da portare con noi domani…si perché domani sarà un grande giorno: si parte per le isole Galapagos.
14 agosto (Quito – Galapagos):
Dobbiamo confessare che la prima sensazione, una volta arrivati all’aeroporto dell’isola Baltra per poi imbarcarci alla volta delle isole, è quella di una certa preoccupazione. Sembra incredibile che tutta quella gente stia andando proprio là. Cominciamo a pensare che la nostra tappa a Galapagos sarà piuttosto “affollata”. L’aereo, comunque, con il suo pieno carico umano, decolla in orario. Appena sbarcati, dobbiamo passare su una specie di tappeto disinfettante, fatto in modo tale da non portare germi dannosi sulle isole e dopo aver pagato la salatissima tassa d’ingresso, una delle guide del parco ci preleva per accompagnarci alle barche che ci porteranno sull’isola di Santa Cruz. Da li, con uno sgangherato e affollato autobus locale ci rechiamo verso Puerto Ayora, dove ci imbarcheremo per la nostra crociera. Lorella non è certo al settimo cielo, al pensiero di passare 4 notti su una nave, visto che soffre un po’ di mal di mare, ma per Galapagos è disposta a tutto. Prima di arrivare, però, ci fermiamo per pranzare in un locale tipico. Si tratta di un posticino carino, con un basso impatto ambientale, da cui si può ammirare il panorama tutto intorno e cominciare a farsi un’idea del posto. Il cielo è grigio e sembra che le previsioni, che annunciavano brutto tempo, siano state rispettate. Dopo il pranzo andiamo a visitare la stazione scientifica “Charles Darwin”.
Che spettacolo!
La nostra guida comincia con il darci le prime nozioni sulle isole. Davvero molto interessante. Poi inizia la visita vera e propria. Questo centro si pone come obiettivo quello di preservare la fauna locale, in modo particolare le tartarughe, che vengono fatte nascere in cattività per poi venir riportate nelle loro isole di origine una volta raggiunti i 4 anni di età, o un peso di circa 1,5 kg. E’ veramente affascinante seguire le varie fasi dell’incubazione, della nascita e della crescita delle tartarughe. I piccoli sono bellissimi, mentre muovono i loro primi impacciati passi e sembra impossibile che possano diventare quelle enormi creature che vedremo poi. Infatti qui si trovano anche numerosi esemplari adulti, tra cui il famoso “Giorgio il solitario”, unico esemplare ancora rimasto della sua specie, proveniente dall’isola Pinta. Dato che la possibilità di accoppiarlo con una femmina della sua isola sono scarsissime ( fino ad ora, nonostante il premio di 10.000 USD per chi ne trova una, non si sono avuti risultati), si sta tentando di farlo accoppiare con una femmina di una sottospecie molto affine, ma senza risultato. Effettivamente, vedendolo, non sembra per nulla interessato alle femmine che sono state poste nel suo recinto e dalle quali sembra voler proprio mantenere le distanze. Ma chissà, forse un giorno….in fondo ha solo 45 anni, un giovincello! Una volta usciti dal centro, approfittiamo di un po’ di libertà, per visitare il paesino e la sera ci troviamo al molo per l’imbarco. Veniamo caricati su barche e gommoni e veniamo portati sulla motonave Santa Cruz, che ci farà da casa per qualche giorno. Peccato che già dalla prima sera il mal di mare si fa sentire e non solo per Lorella, ma per buona parte dei nuovi inquilini della nave, tra cui anche Flavio. L’idea di non prendere alcun farmaco contro il mal di mare e di rischiare non è stata decisamente delle migliori. Da domani porremo rimedio. Meglio non cercare di fare gli eroi, rischiando così di rovinare una vacanza sognata da una vita.
15 agosto (Galapagos):
Dopo una notte piuttosto movimentata, in cui navighiamo per una decina di ore, il mattino si preannuncia bellissimo, il cielo è sereno e non si vedono nuvole all’orizzonte. Forse le previsioni, per nostra fortuna, non erano così esatte. Ci troviamo al largo dell’isola Isabela e, dopo la colazione, ci caliamo nei gommoni e partiamo alla volta della caletta Tagus, dove abbiamo modo di vedere per la prima volta iguane marine, pellicani, pinguini delle Galapagos, sule dai piedi azzurri e leoni marini. Nessuno di loro sembra accorgersi di noi, mentre svolge le sue attività quotidiane. Facciamo uno sbarco “asciutto” tra granchi coloratissimi e leoni marini che giocano e subito ci incamminiamo su per il sentiero che porta verso la sommità dell’isola. Tra la scarsa e brulla vegetazione, possiamo ammirare il Lago Darwin, un piccolo bacino salato con il mare sullo sfondo. Ancora più su il panorama che si offre ai nostri occhi è fatto di scarsi alberi e rada vegetazione, cresciuta sulla roccia lavica, che si è depositata qui, a seguito di eruzioni vulcaniche ormai lontane nel tempo. Dopo aver camminato per circa 3 km, facciamo rientro alla nave per pranzare e per rilassarci un po’, prima di riprendere il mare alla volta di Punta Espinoza sull’isola Fernandina. Qui la giornata è bellissima e il sole dell’equatore, di cui ci hanno raccomandato di proteggerci, si fa sentire (diversi di noi, tra cui Flavio, ne porteranno le conseguenze per un po’ di giorni). Camminiamo tra le iguane marine, del tutto incuranti della nostra presenza e ci fermiamo rapiti ad osservare i cuccioli di leone marino, ancora incerti, che muovono i loro primi “passi” verso il mare, sotto l’occhio attento e severo delle loro madri. Quasi non ci si crede. Al calare del sole si torna alla nave e la sera, dopo cena, ci si incontra con la guida e il gruppo per scambiarci le impressioni sulla giornata, ma soprattutto per parlare di domani. Ci vengono descritti il percorso che faremo e ciò che vedremo e ognuno di noi è libero di porre le domande che vuole, sicuro che la nostra guida esperta potrà soddisfare ogni curiosità. Poi la stanchezza e il farmaco contro il mal di mare prendono il sopravvento e si va a nanna con ancora negli occhi le meraviglie della giornata e la speranza di vederne altrettante il giorno dopo.
16 agosto (Galapagos):
Abbiamo navigato attraverso il Canale Bolivar alla volta della baia Urbina, sempre sull’isola Isabela e anche oggi le nostre aspettative non vengono deluse, anzi, se possibile, vengono superate. Sembra che il sole si faccia desiderare, ma siamo fiduciosi e ben presto le nostre preghiere vengono esaudite. Sarà un’altra bella giornata. Ci lanciamo in un divertentissimo sbarco “bagnato”su una spiaggia nera. Infatti questa parte dell’isola è nata da un sollevamento vulcanico piuttosto recente (nel 1954) ed è stata successivamente ricoperta da una vegetazione nativa delle Galapagos. Abbiamo modo di vedere le iguane di terra, diverse da quelle marine, perché più grandi e più “colorate” e anche i simpaticissimi fringuelli di Darwin. Flavio riesce persino a fare amicizia con un uccello Mimo che ci segue ad ogni passo, ma non in volo, bensì a…..piedi. Tornati alla nave, iniziamo subito la navigazione fino a Punta Moreno, situata a sud dell’isola Isabela. Questo è uno dei posti più naturali delle isole ed è anche circondato da due vulcani: Cerro Azul e Sierra Negra. Il posto è ricoperto da lava di recente formazione e per qualcuno camminarci è un po’ complicato, così la nostra guida deve fare parecchia attenzione, perché sembra che questa sia l’escursione che da più lavoro al medico di bordo. L’arrivo in gommone viene fatto, passando attraverso le bellissime mangrovie che circondano le costa e su cui nidificano i pellicani. Camminiamo sulla lava cordonata, tra crepacci e sporgenze appuntite, fino ad arrivare ad un fantastico lago popolato da fenicotteri rosa e anatre. Sembra un miraggio, apparso dal nulla, in mezzo a questo mare di lava e una volta di più ci stupiamo della bellezza di questi luoghi e del fatto che, durante le nostre escursioni, l’orda di turisti incontrati all’aeroporto sia come sparita nel nulla. Una volta ritornati presso la riva decidiamo di fare un giro in gommone, fino al calare del sole, per poi rientrare a bordo.
17 agosto (Galapagos):
Oggi si naviga alla volta della baia Gardner, sull’isola Española. Lo sbarco è “bagnato” su una bianca spiaggia corallina, dove le otarie riposano e prendono il sole. Sono tantissime e sono dovunque, maschi, femmine e tanti cuccioli…incredibile, una delle tappe più belle del nostro soggiorno a Galapagos. Qui l’uccello Mimo e endemico e si possono facilmente vedere parecchi fringuelli di Darwin. Qualcuno ci chiede se vogliamo fare snorkeling, ma preferiamo optare per un giro su una barca con il fondo di vetro (ottimo esercizio per chi soffre di mal di mare!), che ci permette di vedere i meravigliosi fondali e la vita che vi si svolge. Quando rientriamo troviamo ad accoglierci un bellissimo pranzo ecuadoriano. Il pomeriggio lo trascorriamo a Punta Suarez, facendo una passeggiata di circa 2 km su un sentiero di lava e rocce. Qui incontriamo iguane marine, rettili dai mille colori e otarie. La costa alta e le scogliere a picco sul mare, sono popolate da uccelli marini di ogni tipo, tra cui l’albatro marezzato, tipico dell’isola Española. Ma la cosa più straordinaria sono le miriadi di nidi di sule dai piedi azzurri, dove le madri accudiscono i piccoli appena nati e dove possiamo osservare i loro primi esperimenti di pesca e di volo, nonché la strana danza di accoppiamento di questi uccelli bellissimi, che sembrano aver camminato solo poco prima in un barattolo di vernice di un azzurro particolarmente intenso. Il tempo è passato veloce e presto ci rendiamo conto che è arrivata l’ultima sera a Galapagos. Le giornate sono volate e quasi non possiamo credere che sia già arrivato il momento di tornare sulla terra ferma. L’ultima immagine rubata a questo posto meraviglioso è quella di un piccolo leone marino, tutto “infarinato” che si rotola a pancia in su tra le rocce, nel difficile intento di rialzarsi dalla sua scomoda posizione. Non dimenticheremo mai questa e le tante altre meravigliose immagini di questa tappa del nostro viaggio…non sarebbe proprio possibile. Ma è arrivata l’ora di ritornare sulla nave, bisogna proprio andare.
18 agosto (Galapagos – Quito):
Eccoci sbarcati a Puerto Baquerizo Moreno, sull’isola San Cristobal. In attesa di riprendere “il volo” verso l’Ecuador, scriviamo e impostiamo parecchie cartoline (che non arriveranno mai a destinazione), facciamo le dovute telefonate tranquillizzanti alle mamme e visitiamo un centro culturale. Questa volta è davvero finita, andiamo all’aeroporto. Mentre ci troviamo ad aspettare un aereo che, per problemi non ben precisati non arriva mai, abbiamo parecchio tempo per riflettere. Siamo stati davvero fortunati, perché il tempo, contro ogni previsione per questo periodo dell’anno, è stato stupendo e le scottature di Flavio lo dimostrano. Ma la cosa che più ci ha colpito è che tutte le persone che abbiamo incontrato alla partenza sembrano ricomparse solo ora. Il nostro timore di vedere le isole superaffollate è stato scongiurato. Questo è davvero un grande merito per l’organizzazione di questo parco: l’aver saputo, nel limite del possibile, coniugare turismo e rispetto dell’ambiente e delle specie animali, facendo in modo che i gruppi di turisti non siano mai contemporaneamente nello stesso posto. Realizzare tutto ciò è possibile solamente studiando correttamente i percorsi delle navi e il movimento dei turisti…..davvero una piacevole sorpresa, speriamo che continui così. Poi l’aereo, seppure con un ritardo pauroso, arriva. Si parte. Il nostro viaggio non è ancora finito, ci sono ancora cose da vedere ed esperienze da fare in Ecuador, ma non possiamo non provare malinconia nel lasciare un posto simile, un sogno realizzato, che è passato troppo in fretta…. Atterriamo di nuovo a Quito, ma ci passeremo solo una notte. Già da domani si riparte verso sud.
19 agosto (Quito – Riobamba):
Salutiamo ancora la capitale e partiamo lungo la “Avenida de los volcanes”, la strada dei vulcani, con meta Riobamba. Facciamo una seconda abbondante colazione, ospiti di una bellissima hacienda. All’ingresso veniamo accolti da un gaucho, che, a cavallo, ci accompagna dalla padrona di casa, una signora davvero molto gentile e simpatica. Ci troviamo in una delle zone più fertili dell’Ecuador. Qui c’è moltissimo verde e si alleva bestiame, soprattutto bovini. Qui i lama sono animali domestici e ci divertiamo a fotografarli, sebbene non sembrino molto interessati a noi. Ben satolli, salutiamo e ringraziamo la padrona di casa e partiamo alla volta del mercato di Lacatunga. Apprezziamo molto di più questo mercato, rispetto a quello di Otavalo. Questo si che è un vero mercato ecuadoriano, pieno dicolori, odori, rumori di ogni tipo. Qui vediamo da vicino la gente del posto, parliamo con loro e, anche se per poco tempo, assaporiamo un pezzettino di vita locale. Ci dicono che qui gli Italiani, anche se se ne vedono pochi, sono ben accetti e ben voluti, perché aiutano molti ecuadoriani, dando loro lavoro nel nostro paese. Ci rimettiamo in viaggio e questa volta ci rechiamo verso le pendici del vulcano Chimborazo, la vetta più alta dell’Ecuador (6310 metri). C’è un rifugio qui, vicino ad un vecchio binario che sembra arrivare dal nulla e dove dei bambini giocano e accudiscono i loro lama. E’ davvero uno spettacolo questo posto. Ci rifocilliamo, bevendo il “canelazo” che ci viene gentilmente offerto insieme a delle specie di piccoli panini caldi.Questa bevanda, cha abbiamo ormai imparato a conoscere è una specie di punch di acqua calda , aguardiente, limone e cannella. Ci riposiamo un po’ nell’accogliente rifugio gestito da un esperto andinista, che fa da base di partenza per le spedizioni verso la vetta del vulcano. Quanto ci piacerebbe poter salire lassù! I ragazzi del posto hanno messo su un piccolo laboratorio artigianale, poco lontano dal rifugio e qui lavorano e vendono i loro prodotti fatti con l’avorio vegetale. Ci soffermiamo un po’ a guardare con quale abilità costruiscono queste piccole figure che rappresentano in modo particolare gli animali dell’Ecuador e acquistiamo qualche oggettino, soprattutto per dare una mano a queste persone, che, con grande ingegnosità, si sono inventate un lavoro “pulito” anche quassù dove l’afflusso turistico non è certo elevato. Questo è l’unico avorio che potremmo mai comprare e ci teniamo a dirlo! Lasciamo a malincuore questo posto a quasi 4000 metri sulle Ande, per avviarci verso Riobamba, dove arriviamo nel tardo pomeriggio. E’ già buio quando facciamo il nostro ingresso nella bellissima hacienda che ci ospiterà per la notte, un vero peccato, perché ci sarebbe piaciuto fare un giretto nei paraggi, inoltre domani dobbiamo alzaci prestissimo, per prendere un treno un po’…particolare e non faremo più ritorno qui…peccato davvero. Tuttavia la serata non è ancora finita e durante la cena possiamo goderci anche una bellissima esibizione di un gruppo locale che suona musica andina. Molto bravi. Acquistiamo due loro CD, che Lorella utilizzerà come sottofondo per il video del nostro viaggio. Ma adesso tutti a nanna, domani alle 5,00 dobbiamo essere tutti pronti per recarci alla stazione e trovare un posto, e che posto sul…treno delle Ande, che ci porterà alla “Nariz del diablo”.
20 agosto (Riobamba – Cuenca):
Per fortuna siamo arrivati presto, perché ci sono già parecchie persone che si accalcano per prendere posto sul tetto. Eh si, perché qui si usa viaggiare così e anche noi non vogliamo perderci questa esperienza. Così, sgomitando un po’, ci ritagliamo il nostro posticino e, nonostante le proteste di un signore tedesco, che pretende due posti solo per se, ci stringiamo e via….si parte. E’ una mattinata nuvolosa e piuttosto fredda per intraprendere un viaggio del genere, ma non importa, ci copriamo bene e ci godiamo lo stupendo paesaggio delle Ande dall’alto. Facciamo tappa, dopo più di un’ora ad una piccola stazione, dove le donne del posto ci offrono bevande calde e cibo per riscaldarci un po’. Lorella approfitta per comprare un paio di guanti, visto che le si sono congelate le mani, per cercare di fare le riprese con la videocamera. Li serberà come ricordo e ogni volta che li indosserà si ricorderà di questa avventura. Poi, tutti su di nuovo e si riparte, tra vallate, strapiombi, terrazzamenti coltivati, piccoli villaggi, uomini e donne intenti ai loro lavori e cani, tanti cani, che corrono come pazzi, abbaiando e inseguendo il treno. Riusciamo persino a vedere una vera e propria locomotiva a carbone in pieno funzionamento…che fumo! Oramai questo tipo di locomotiva non viene più utilizzata, ma si sta girando un film e quindi è stata “rispolverata” e, con nostra grande soddisfazione, rimessa in funzione. Lo spettacolo è incredibile e poi, quando finalmente esce il sole e la temperatura si scalda, dobbiamo ammettere che non è poi così scomodo, ma molto divertente ed emozionante. Nell’ultimo tratto in discesa, assistiamo alle manovre del povero macchinista, che fa su è giù dal treno, per attivare gli scambi e così, un po’ avanti, un po’ indietro, arriviamo finalmente giù nella gola della montagna, la “narice del diavolo” appunto. Riprendiamo a salire e terminiamo il viaggio alla stazione di Alausì e qui, un po’ anchilosati, ma felici, si scende. Abbiamo trascorso quasi sei ore sul tetto di questo treno e quasi non ce ne siamo accorti. Dobbiamo però affrettarci, perché ci aspetta ancora parecchia strada prima di arrivare a Cuenca e durante il percorso abbiamo ancora un’interessante tappa da fare: le rovine di Ingapirca. Questo sito archeologico, posto a 3230 metri sul livello del mare, è il più importante dell’Ecuador. Certo che, per chi come Flavio ha visto le grandi rovine del Perù ed è salito (a piedi!!! Ci tiene a precisarlo!!!) a Machu Picchu, forse appare poca cosa, ma ha ugualmente il suo fascino.Si tratta di un tempio, diviso in varie parti, la cui struttura centrale aveva probabilmente funzione religiosa e cerimoniale. Gli edifici periferici, meno conservati, potrebbero essere stati dei magazzini.Purtroppo, come spesso accade, molte pietre sono state portate via, per costruirci palazzi coloniali, ma anche moderni, ma per fortuna ora Ingapirca è un sito protetto e tali ruberie non sono più ammesse. Ci aggiriamo tra queste rovine del lontano passato e percorriamo un sentiero che ci porta alla scoperta di abitazioni locali e campi coltivati, in cui la gente lavora con il solito ritmo tranquillo. Riprendiamo il viaggio e arriviamo a Cuenca che è ormai sera. Oggi è stata una giornata lunghissima e piuttosto pesante. Abbiamo percorso parecchia strada e la stanchezza si fa sentire. Mangiamo qualcosa e poi a dormire, rimandando a domani la visita della città.
21 agosto (Cuenca – Quito):
Dopo colazione ci incamminiamo per le strade di questa città, che, pur essendo la terza dell’Ecuador, ha mantenuto intatta una piacevole atmosfera provinciale. Ci inoltriamo nel centro storico, con le belle piazze e le chiese, tra cui spicca la cattedrale. Oggi la città è in fermento a causa di una grossa manifestazione degli Indios, che in tutto il paese, stanno manifestando per i loro diritti politici. Si temono scontri, ma per fortuna tutto si svolgerà inmaniera pacifica. Passeggiamo in una bellissima mattina di sole, tra vie acciottolate, facciate dallo stile coloniale e case dai tetti di tegole rossi, tra gallerie d’arte e mercati di fiori, dove spiccano, con i loro colori e i loro magnifici profumi, le rose, di cui l’Ecuador è uno dei più grandi produttori ed esportatori. Una piccola bottega, attigua ad un monastero di clausura, ne vende i prodotti, per aiutare le suore che ci vivono. Andiamo a visitare anche un’antica casa coloniale, in cui si sta svolgendo un accurato lavoro di restauro degli affreschi, la maggior parte dei quali raffigurano donne di altri tempi e colombe… tante colombe bianche. Visitiamo il laboratorio di un famoso ceramista di Cuenca, lo stesso che ha realizzato la coloratissima scultura che troveremo poi nel giardino dell’Università.Ci fermiamo incantati ad ammirare le donne che lavano i panni nel Rio Tomebamba e li stendono ad asciugare sulla riva, mentre i bambini, tranquilli, riposano all’ombra degli alberi. In questa città sembra davvero che il tempo si sia fermato! Un’ultima fermata ad una fabbrica di cappelli Panama (si perchè, a discapito del nome, è qui che si producono) e poi di nuovo in aeroporto alla volta di Quito. Durante il volo di ritorno sembra che l’Ecuador ci voglia salutare, mostrandoci da vicino uno dei suoi aspetti più emozionanti e più temili allo stesso tempo, l’eruzione del vulcano Tungurahua, di cui parleranno tutti i giornali del giorno dopo. L’ultima sera la trascorriamo per le strade, ormai conosciute, della capitale e puntuale la malinconia che accompagna la fine di ogni viaggio ci assale. Tornati al Cafè cultura, prepariamo i nostri bagagli. Domani si ritorna a casa.
22-23 agosto (Ritorno a casa).
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Quello in Ecuador e Galapagos è stato un viaggio meraviglioso e “completo”, sotto ogni aspetto. Abbiamo avuto la possibilità di conoscere questo paese, soprattutto attraverso la sua gente, colorata, semplice e cordiale, che vive la vita con i ritmi tranquilli che noi non conosciamo più. Abbiamo navigato e salito montagne, abbiamo scoperto paesaggi meravigliosi e visto animali che solo qui avremmo potuto vedere. Porteremo per sempre dentro di noi questi ricordi, insieme ai ricordi dei viaggi già fatti e, speriamo a quelli dei viaggi futuri. Si, perché la miglior cura contro la malinconia, quando un viaggio finisce, è pensare a quale sarà il prossimo…
Ciao e alla prossima.
Flavio e Lorella