Due ragazze in Brasile di Rio Grande do Sul e Santa Catarina – Cascate di Iguazù

Tour dello stato del Rio Grande do Sul e di Santa Catarina... fai da te
Scritto da: clohill
due ragazze in brasile di rio grande do sul e santa catarina - cascate di iguazù
Partenza il: 23/03/2013
Ritorno il: 06/04/2013
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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Due ragazze in Brasile (Rio Grande do Sul e Santa Catarina) – Cascate di Iguazù

Ecco arrivato il fatidico 23 marzo 2013, data tanto attesa da mesi. Ci imbarchiamo a Linate, destinazione Porto Alegre, passando da Lisbona, tramite la TAP, aerolinea portoghese (la meno costosa che abbiamo trovato e soprattutto la più diretta, senza troppi scali intermedi).

La prima cosa che mi colpisce arrivate a destinazione è che dagli altoparlanti dell’aeroporto tutto viene annunciato “solo in portoghese”, niente inglese o altro… Questo problema mi attanaglierà per tutta la durata del viaggio, in quanto praticamente nessuno laggiù parla l’inglese. Fortunatamente, la mia compagna di viaggio lo parla e sono salva, ma se avessi dovuto chiedere un’informazione qualsiasi sarebbe stato davvero un grosso problema (neanche negli uffici informazione o turistici o negli alberghi lo parlano…).

Arrivate la sera stessa nella capitale del Rio Grande do Sul cerchiamo subito la nostra Pousada, la “Pousada do Parque”. Non molto ben situata, a dire il vero, ma ben tenuta e comoda (100 reali a notte) e lì finalmente trovo Milton, l’inserviente, che “parla l’inglese”: grande!

Restiamo a POA (così viene chiamata Porto Alegre) per solo il giorno successivo, in cui visitiamo a piedi tutto il centro storico, il mercato pubblico (pieno di vita e frenetici acquirenti), il Centro Culturale (di libero accesso, in cui vediamo una mostra dedicata alle varie monete e banconote coniate negli anni in Brasile) e a sera ci rechiamo a quello che sembra essere a detta di tutti il fulcro della vita “mondana” di POA, il Gasometro, un vecchio edificio sulla laguna, riadibito a centro di aggregazione dei più o meno giovani. Qui, circondate da una folla infinita, assistiamo ad un concerto rock e per sfuggire alla calca ci sediamo in riva al mare per ammirare uno dei più bei tramonti che abbia mai visto, godendoci una birra e chiacchierando allegramente. Particolare che ci ha colpito durante tutta la giornata è stato il vedere che praticamente tutti portano con sé delle borracce di acqua calda e tengono in mano una particolare tazza riempita di erba mate: qui la chiamano “il Chimarrão” e sembra che nessuno possa farne a meno! Se qualcuno ve ne offre un sorso (come è successo a me), mi raccomando, non rifiutate: è segno di scortesia! Il Chimarrão va bevuto “in condivisione”, il suo gusto potrebbe non sembrarvi entusiasmante (è piuttosto amaro…), ma è la bevanda per eccellenza di tutto il Rio Grande.

Il giorno dopo, tramite autobus, raggiungiamo Gramado, lussureggiante piccola frazione a nord, patria di immigranti italiani e tedeschi. Ci colpisce subito la sua pulizia, l’organizzazione impeccabile e soprattutto decine e decine di uova di cioccolata piantate in mezzo alle vie (siamo sotto Pasqua e Gramado è il regno della cioccolata!). Prendiamo un autobus per turisti chiamato “La Jardineira das Hortensias” che ci permette con pochi reali (questa è la moneta brasiliana) di fare un giro ben architettato per tutta la città, senza dover prendere mille mezzi diversi e concentrandoci sui punti essenziali. Tra i vari luoghi in cui sostiamo c’è il “Lago Negro”, un bacino artificiale immerso nel verde. Prendiamo una piccola macchinetta elettrica e con questa facciamo tutto un giro del lago, godendone della serenità e della sua lussureggiante vegetazione. Sul lago spiccano dei pedalò a forma di cigno, su cui i turisti possono noleggiandoli farsi un giretto.

A Gramado alloggiamo presso la “Pousada Xixo-Escultura”, situata alle sue porte, dove veniamo accolte da proprietari molto gentili e disponibili.

Ci fermiamo solo una notte (100 reali, circa €40 a camera) perché il giorno dopo, fatta una ricca colazione, ripartiamo per Canela, a pochi chilometri, dove visitiamo il “Parco do Caracol”, famoso per la sua magnifica cascata, alta 130 metri, seconda attrazione più visitata del Rio Grande. La cascata è magnifica, imponente: unica pecca è che per raggiungerne la base unico modo è scendere una scalinata in metallo di più di 900 gradini! Dio mio! (il problema è che poi, bisogna risalire!). Rinunciamo purtroppo all’idea e ci accontentiamo di guardarla dai vari punti panoramici sparsi qua e là per il Parco. All’uscita del Parco, prendiamo un taxi e sapendo che Canela è nota per la sua produzione vinicola, ci facciamo accompagnare presso un’azienda produttrice, la Jolimont: qui, guidate da uno dei proprietari, ci permettono di visitare le loro cantine e, alla fine del “giro”, circondate da decine e decine di enormi botti, ci permettono di degustare alcuni dei loro vini. Ci spiegano, con nostra sorpresa, che non esportano in alcun paese, neanche nel Brasile stesso, perché la vendita è riservata solo esclusivamente a pochi privati. Compriamo una bottiglia di buon rosè e ci dirigiamo verso la nostra pousada. Per strada notiamo una meravigliosa villa, il “Castelinho”: chiediamo all’autista di fermarci per fotografarla e l’autista ci spiega che quella è la casa dei fondatori di Canela, coloro che per primi sono giunti in questa landa inabitata e che grazie a loro, nel giro di pochissimi anni, sia stata creata una vera e propria ridente cittadina.

A Canela dormiamo presso la “Pousada Casa Rosa”: molto carina, molto ben tenuta e gestita, solo non economica come le altre (R$185, €70 circa a camera). La sera chiediamo alla proprietaria di indicarci una “churrascheria”, lei telefona e ci dice che ci attendono e che al ritorno addirittura ci accompagneranno indietro… Prima di arrivarvi però facciamo una camminata a piedi per il centro e notiamo subito la magnifica cattedrale che, completamente illuminata, cambia continuamente colore: bellissima!

Andiamo a cena e qui… Spettacolo! Mi lasciano entrare in cucina e resto letteralmente a bocca aperta quando vedo decine e decine di spiedi di carne di ogni tipo cotti su un immenso barbecue. Il “churrasco” è un modo tipico di mangiare la carne di questi luoghi: i vari tipi di parte dell’animale (manzo, maiale, pollo, ma anche ananas e formaggi) vengono infilzati in spade che poi vengono portate direttamente in tavola. Il cameriere appoggia la spada su un piattino e con maestria impeccabile ve ne taglia una parte…e il giro di valzer degli spiedi continua finché non siete completamente sazie ed esauste e mettete sul rosso un piccolo semaforino situato sul vostro tavolo, che indica che non ne potete più! La più buona carne del mondo!… e soprattutto non perdetevi la parte del manzo chiamata “picanha”: favolosa!

Finita la cena, come promesso, ci riaccompagnano alla pousada. Pare che sia consuetudine per tutti i ristoranti della zona rendere questo servizio ai propri clienti.

Da Canela ci dirigiamo nuovamente a POA, all’aeroporto, dove avevamo dall’Italia, tramite il sito “Destinia”, prenotato un volo interno per raggiungere quella che è la meta principale di tutto il nostro viaggio: le mitiche Cascate di Iguazù, le più estese del mondo, più di 2 chilometri e mezzo e costituite da ben 275 cascate diverse, ognuna con un proprio nome. Sono talmente vaste che segnano il confine fra 3 diversi stati: Brasile, Argentina e Paraguay.

Dopo solo un’oretta circa di volo, atterriamo a Foz, dove ad attenderci, con tanto di cartello con i nostri nomi, c’è il sig.Josè, proprietario della “Pousada Oliveira”, che abbiamo contattato dall’Italia. Si dimostra subito molto disponibile e, caricate le valigie, ci accompagna alla sua struttura (abbiamo speso R$90 a camera per notte, circa €34). Ci mostra una camera al pian terreno, grande e spaziosa, ma… mancano le finestre! Io non faccio molto caso a questo particolare e comincio a disfare la mia valigia, ma noto subito che la mia amica è tesa. Dopo averne discusso tra noi, decidiamo di chiedere a Josè se può accontentarci dandoci una delle camere al piano superiore, molto più arieggiate ed illuminate. Ci risponde che il giorno dopo tutto sarà fatto!

Josè parla un misto di portoghese, spagnolo ed inglese e riusciamo quindi ad intenderci piuttosto agevolmente. Si offre inoltre di farci da autista (sotto compenso, chiaramente) per accompagnarci durante i 3 giorni che resteremo a Foz ai vari siti da visitare, evitando quindi di prendere i mezzi pubblici, chiaramente più economici, ma che ti fanno perdere un sacco di tempo. Dobbiamo dire che se sul momento questa non ci sembrava la soluzione più vantaggiosa, si è rivelata però quella vincente, perché ci ha permesso di visitare molte più attrazioni di quanto non avremmo potuto fare altrimenti.

La mattina dopo siamo prontissime ed euforiche: andiamo finalmente alle cascate. Prima però Josè ci accompagna al “Parque das Aves”, il parco degli uccelli: vi rimaniamo quasi 2 ore perché è immenso e migliaia sono le specie in esso contenute, da ogni tipo di pappagallo multicolore a specie più rare… e scattiamo foto a più non posso, anche se vedere quegli animali magnifici chiusi in gabbie ci rattrista.

Di fronte all’uscita, c’è finalmente la nostra meta: le Cascate del versante brasiliano. Dopo una prima camminata nel verde lungo un sentiero, finalmente le scorgiamo ed il cuore si gonfia di immenso. Maestose, possenti, infinite, di una bellezza inimmaginabile… eppure avevo visto migliaia di foto, di video prima di partire, credevo di essere preparata, ma vederle con i miei occhi è stata un’emozione fortissima! Qui la potenza della natura regna incontrastata; gli umani possono accedervi, ma non intaccarla, perché limitati in zone ben definite; gli animali scorrazzano liberi e tranquilli, decine di “coati”, piccoli mammiferi innocui e simpatici, vengono presso di voi nella vana speranza di racimolare un boccone… ma soprattutto loro, le cascate, vi immergono nel loro fragore e catturano la vostra vista, il vostro udito: non si smetterebbe mai di guardarle!

Ci rechiamo ad un imbarcadero, il Macuco-Safari, dove saliamo su un gommone motorizzato. Ci avvisano di coprirci con abiti impermeabili perché ci aspetta “una bella doccia”… ed infatti, percorso un bel tratto, il pilota ci porta proprio sotto una delle cascate, ma per “sotto” intendo proprio “sotto”, “dentro”…. Dio mio! Che emozione! Ridiamo tutti come matti e non ci accorgiamo neanche di essere filmate in continuazione da uno dei guidatori. Sarà uno shock, al nostro ritorno, rivedere le nostre espressioni ilari ed entusiaste proiettate sullo schermo, tanto che decidiamo di comprare il video in questione: un bel ricordo… Consigliatissimo!

Continuiamo a percorrere i numerosi sentieri che costeggiano sia sopra che sotto le meravigliose cascate e non ci rendiamo neanche conto che il tempo sta passando velocemente tanto siamo coinvolte da quello spettacolo.

Alle 18 il parco chiude e noi usciamo: ad attenderci c’è il buon Josè che ci riporta alla nostra pousada, stanche, ma assolutamente soddisfatte! … e non è finita, perché il giorno dopo ci rechiamo al versante argentino. Attraversiamo la frontiera, passaporti in mano, ed entriamo… Ci accorgiamo subito però che l’organizzazione è meno promettente: code infinite di persone, i trenini che portano i turisti alle varie destinazioni non sono abbastanza capienti e si fanno attendere all’infinito.

Decidiamo allora di cominciare a passeggiare liberamente nel parco e raggiungiamo il “sentiero inferiore”. Una bella passeggiata immersa nel verde, che porta a diverse cascate che ci accolgono con i loro arcobaleni scintillanti. Da qui, abbiamo una visione piuttosto globale delle cascate.

Finito il sentiero, ritorniamo verso il trenino, che è l’unico mezzo meccanico disponibile per arrivare all’attrazione principale delle cascate argentine: la Garganta do Diablo, una gola a forma di U profonda 150 metri e lunga 700 metri, la più imponente, e segna il confine tra Argentina e Brasile.

Ma la coda non accenna a diminuire. Ci dicono che ci vogliono almeno due ore di attesa, quindi decidiamo di farcela a piedi costeggiando la ferrovia, sotto un sole cocente. Incontriamo lungo la stradina turisti che tornano indietro e chiediamo loro quanto tempo ci vuole. Ci rispondono che in 20 minuti ce la si fa… e così proseguiamo. Altro che 20 minuti! Arriviamo sconvolte e dobbiamo sederci ad un bar per reidratarci e riprenderci un attimo, ma poi, eccitate dall’idea di vederla, ci avviamo verso la Garganta. Passiamo in mezzo alla foresta, attraversiamo ponticelli da cui vediamo tartarughe, tucani ed alligatori e finalmente, eccola! Già prima di arrivarci ne sentiamo il fragore e man mano che ci avviciniamo una pioggia di vapore ci avvolge completamente. È potente, maestosa, fragorosa… Avvolgiamo le macchine fotografiche nel cellophane per renderle impermeabili, ma anche così è difficilissimo fotografare perché le gocce si accumulano in pochi attimi sull’obiettivo. Siamo circondate da arcobaleni che spuntano dovunque si elevi una nuvola di vapore (e quindi praticamente ovunque). La gente ride, urla, scappa. Noi continuiamo fino alla fine della passerella e da lì ci rendiamo conto di quella forza immensa. Restiamo finché siamo completamente zuppe e poi torniamo indietro, questa volta riusciamo a prendere il trenino e all’uscita ecco ancora lui, il sig.Josè.

L’indomani dobbiamo ripartire per l’aeroporto per recarci a Curitiba, capitale dello stato di Santa Catarina, ma essendo il volo nel pomeriggio, il sig.Josè ci accompagna a visitare un tempio buddista che si trova lungo la strada. Ci fa davvero strano vedere un eremo del genere in Sud America: statue di Krishna, Visnu, del Buddha, in un bel parco immerso nel verde silenzioso. Sostiamo inoltre alla Centrale Idroelettrica di “Itaipù” e alla sua immensa diga, dove ci caricano su un autobus e ci portano a visitarne le varie infrastrutture. È davvero imponente: attualmente l’impianto idroelettrico di Itaipù produce circa 90.600 GWh ogni anno, alimentando grandi città come Rio de Janeiro e San Paolo. La diga è stata da poco inserita nella classifica delle 25 meraviglie del mondo stilata da Rough Guides e fa parte delle sette meraviglie ingegneristiche del pianeta.

Prima di raggiungere l’aeroporto, inoltre, chiediamo a Josè di portarci al confine con il Paraguay e lui, un po’ riluttante, ci accontenta, dicendoci che il “Ponte dell’Amistade” viene chiamato dai locali “il ponte infernale”, perché gli ingorghi di auto su di esso sono sempre presenti e ci vogliono ore per attraversarlo. Così ci fermiamo prima e ne percorriamo un pezzo a piedi per scattare qualche fotografia, risaliamo in auto e ci rechiamo all’aeroporto. Per strada ci fermiamo a bere una buona “aqua de coco”, semplicemente un cocco fresco tagliato con un machete e da cui puoi bere grazie ad una cannuccia il fresco liquido interno: buonissimo!

Il volo dura un paio d’ore e all’arrivo siamo obbligate a prendere un taxi perché scopriamo che la pousada che abbiamo prenotato si trova parecchio distante dal centro di Curitiba. L’autista ci parla un portoghese molto diverso da quello che ci eravamo abituate a sentire nel Rio Grande: velocissimo, strascicato, a mozziconi di parole…aiutooo! Per fortuna che c’è la mia amica che parla in portoghese perché anche qui nessuno conosce la minima parola d’inglese. La nostra pousada è la “Betania” e con sorpresa scopriamo che è gestita da evangelisti (sul sito non c’era scritto). Comunque nessun problema: sembra tranquilla e inserita in un vasto parco privato. Solo che quando chiediamo, verso sera, di uscire per andare a mangiare qualcosa, ci guardano in modo sbigottito e ci dicono: “Davvero volete uscire a quest’ora?” Insomma, ci sconsigliano di avventurarci per Curitiba di sera, dicono che è pericoloso, ma noi usciamo comunque perché non abbiamo cenato e dobbiamo infilare qualcosa in pancia. Entriamo nel primo ristorante che troviamo, una pizzeria, il luogo peggiore dove abbiamo mangiato in tutto il viaggio, e subito dopo torniamo in albergo.

Al mattino, ci rechiamo tramite bus verso il centro. Lì (visto che tutti ci continuano a dire che è pericoloso avventurarsi da sole per strada) prendiamo un autobus turistico che ci fa fare diversi scali alle attrazioni principali della città: andiamo al Giardino Botanico (che a dir la verità, è più bello da fuori che da dentro, in quanto le piante al suo interno sono a dir poco scadenti), al Parque Tanquà, al Museo Oscar Niedermayer e alla Torre Panoramica (anche quest’ultima non vale, a parer mio, la pena di essere vista, in quanto i riflessi sulle vetrate impediscono di avere una buona visuale). Insomma, Curitiba non è dopo tutto niente di imperdibile. Quando è il momento di ripartire, ci dicono alla Pousada che non accettano pagamenti con carte di credito e quindi, non avendo contante disponibile, siamo costrette a cercare una banca dove ritirare del denaro (impresa anche questa non così semplice come potrebbe sembrare, soprattutto in un posto ritenuto “pericoloso”).

Ripartiamo comunque il giorno seguente per Florianopolis, sulla costa, centro balneare rinomato per le sue spiagge, le sue diverse isole e la sua vita mondana. Per arrivarci, andiamo alla Rodoviaria, la stazione degli autobus, ci facciamo 6 ore di strada e finalmente eccoci a Floripa (come la chiamano gli abitanti). Andiamo alla ricerca della nostra sistemazione, la “Pousada Tonapraia”: impresa che si rivelerà difficilissima! La pousada è molto mal situata, in una zona estremamente isolata, lontanissima da qualsiasi attrattiva locale, anche andare a mangiare un boccone diventa un’impresa disperata, bisogna sempre prendere un mezzo di trasporto per qualsiasi esigenza. Comunque siamo qui e parliamo con la proprietaria che ci dà delle indicazioni su come raggiungere la spiaggia, poiché lì (secondo lei) ci sono dei ristorantini dove poter cenare. Seguiamo le sue indicazioni e ci ritroviamo perse nel nulla vicino ad un folto boschetto di arbusti che ci impedisce di raggiungere il bagnasciuga. Inoltre è già sera e l’illuminazione è inesistente. Meno male che ci volevano solo 10 minuti per arrivare in spiaggia! Torniamo indietro, piuttosto arrabbiate e deluse.

Al mattino seguente ci alziamo presto per poter uscire a visitare i luoghi, ma la proprietaria ci dice che prima delle 9 non servono la colazione. “Cosa? Perché così tardi?” Le chiediamo se può farci almeno un caffè per non perdere mezza giornata di vacanza e lei scocciata ci accontenta con riluttanza. Nei due giorni che siamo state lì non ci ha praticamente più rivolto la parola… Certo l’ospitalità non è il suo forte! Solo quando abbiamo dovuto saldare il conto (100 reali a notte) è ricomparso un sorriso sul suo volto (chissà come mai…). Comunque, il soggiorno a Florianopolis non è stato quello che ci saremmo aspettate: prima di tutto perché il tempo non è stato dei migliori (ha piovuto spesso e l’aria era piuttosto freschina) e soprattutto perché la nostra pousada era davvero messa in posizione disperata! Inoltre, un giorno che ha piovuto, davanti all’ingresso si è formato un pantano e ci si ritrovava con il fango fino alle caviglie! Unico nostro divertimento è stato quello di passeggiare lungo la spiaggia (senza però poter avventurarsi in acqua, troppo fredda e burrascosa) e di guardare i surfisti cimentarsi sulle onde. Altro lato negativo di Florianopolis è che per potersi spostare ogni volta bisogna prendere un bus ed il costo (sia che si facciano pochi o molti chilometri) è sempre di circa 3 reali a testa… capite bene che se ne dovete prenderne parecchi e parecchie volte, è una delle spese da tenere in conto e che ha influito notevolmente sul nostro budget.

L’ultima tappa ci attende, Torres. Una piccola cittadina balneare accogliente, con spiagge infinite e soprattutto con degli splendidi faraglioni a picco sul mare. La raggiungiamo sempre tramite un bus preso alla Rodoviaria dopo 4 ore di viaggio. Qui alloggiamo al Farol Hotel, a pochi passi dal mare (R$140 a notte). Tutto sembrerebbe perfetto se non avessimo beccato una giornata pessima: pioggia a dirotto, freddo e vento. Ci facciamo coraggio ed andiamo lo stesso a passeggiare in spiaggia: saliamo su uno dei faraglioni e, sotto una costante pioggia fastidiosa, ammiriamo il bellissimo panorama che si vede dall’alto. Chilometri e chilometri di bianche spiagge si stagliano in ogni direzione. Siamo costantemente seguite da un simpatico randagio che ci accompagna sotto il diluvio e, raggiunto un Parco, entriamo in una abitazione in fase di costruzione, chiedendo ospitalità al custode che gentilmente ci lascia asciugarci e con cui avviamo una difficile (visto la nostra scarsa comunicazione in portoghese) conversazione.

La mattina seguente finalmente esce il sole e ne approfittiamo perché sono le ultime ore che abbiamo a disposizione prima di riprendere l’autobus che ci riporterà a POA, dove ci aspetta il nostro volo di ritorno.

La nostra vacanza in Brasile termina qui. Ci sono stati momenti bellissimi e altri meno gradevoli, ma nel complesso è andata piuttosto bene. Non abbiamo sempre avuto fortuna col il tempo atmosferico, ma questo non ci ha impedito di approfittare il più possibile delle curiosità che abbiamo trovato lungo il cammino.

Solo vorrei dire ai cari amici brasiliani che la difficoltà più grande (per quanto mi concerne personalmente) è stata proprio nella comunicazione: un paese grande, potente, ricco di attrattive turistiche come il Brasile non può permettersi di non conoscere l’inglese, la lingua definita universale. I turisti che verranno l’anno prossimo per i Mondiali di Calcio come potranno farsi capire? È importante che almeno nelle agenzie del Turismo, negli alberghi, negli aeroporti, all’ingresso dei Parchi Naturali ci sia personale almeno bilingue! È un piccolo rimprovero che mi sento di fare al popolo del Rio Grande Do Sul e di Santa Catarina…

Per il resto, una bella vacanza, che ha avuto il suo culmine di meraviglia alla visita delle Cascate di Iguazù, soprattutto quelle del versante brasiliano.

C’è chi mi ha chiesto: “Meglio quelle brasiliane o quelle argentine?”. La mia risposta è stata: “Sono le stesse, ma allo stesso tempo molto diverse. Nelle prime si percepisce la bellezza della natura, nelle seconde la sua potenza”.

Buon viaggio a tutti!



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