Dubai toccata e fuga

16 - 20 MAGGIO 2001 La partenza è fissata per le 21.45 dal Terminal 1 di Malpensa. Dopo aver imbarcato i bagagli andiamo a cenare al self service ed attendiamo pazientemente l’ora di imbarco. Il volo Alitalia non si smentisce mai. Infatti, dopo averci fatti salire ed aver condotto il mitico “Giuseppe Verdi” sino alla rampa di lancio, il...
Scritto da: uini
dubai toccata e fuga
Partenza il: 16/05/2001
Ritorno il: 20/05/2001
Viaggiatori: in coppia
Ascolta i podcast
 
16 – 20 MAGGIO 2001 La partenza è fissata per le 21.45 dal Terminal 1 di Malpensa. Dopo aver imbarcato i bagagli andiamo a cenare al self service ed attendiamo pazientemente l’ora di imbarco.

Il volo Alitalia non si smentisce mai. Infatti, dopo averci fatti salire ed aver condotto il mitico “Giuseppe Verdi” sino alla rampa di lancio, il comandante ci informa di un guasto tecnico al computer principale. Una sciocchezza insomma ! Morale : siamo costretti a tornare in officina, la partenza slitta di almeno un’ora e che Dio ce la mandi buona.

Finalmente si decolla. Il volo procede tranquillo e alle 7 di mattina ora locale (in Italia sono le 5) atterriamo a Dubai.

L’aeroporto è enorme e davvero splendido, proprio come ce lo avevano descritto. Marmi stupendi, palme altissime e rigogliose, pulizia e ordine assolutamente invidiabili.

L’impatto con il mondo arabo è tuttavia immediato. I passaporti ci vengono infatti controllati da giovani impiegate in abito nero rigorosamente lungo e con i capelli nascosti dal chador.

Nell’arco di dieci minuti siamo già in possesso delle nostre valigie (proprio come a Malpensa) e le assistenti della Arabian Adventures ci indicano l’uscita alla quale il taxi ci sta aspettando per condurci all’Hotel Marco Polo.

Ci assegnano la stanza n.224 e, depositati i bagagli, ci precipitiamo a fare colazione.

Il breakfast viene servito nel ristorante Tex Mex ovviamente impregnato del fortissimo odore di spezie che i popoli orientali sono soliti utilizzare nella loro cucina. La colazione non è niente male. Ci sono i soliti contenitori di alluminio con patate, uova bianchissime, piccole salsicce, tapas, bacon etc. Accanto vi sono numerosi vassoi con brioches, plum cake, panini di vari tipi compreso un pane strano molto simile alla nostra piadina, marmellate, miele, corn flakes, macedonia di anguria, melone e avocado, formaggio squisito simile alla feta e te, caffè e succhi di frutta a volontà. Accanto al nostro tavolo sono sedute due signore indiane o pakistane di una certa età che ci fanno sganasciare dalle risate perché continuano ad emettere rumorosissimi rutti.

Visitiamo la piscina dell’albergo e rimaniamo piuttosto delusi poiché essa si trova in un cortile interno nel quale non spira un filo di vento e la sua altezza media non raggiunge i 40 centimetri.

Ci infiliamo pantaloni corti e maglietta e decidiamo di visitare Dubai a piedi.

Non appena ci allontaniamo dal vortice di aria condizionata che avvolge l’hotel, siamo colpiti da un’indescrivibile ondata di caldo umido e soffocante. Non ci perdiamo d’animo e, cartina alla mano, ci dirigiamo verso il centro attraversando quartieri assolati e polverosi nei quali non incontriamo anima viva, salvo qualche indigeno appisolato nelle aiuole all’ombra delle rare piante esistenti.

Raggiungiamo a fatica il famoso Creek, ovvero il canale che divide la città in due parti, Dubai, quella vecchia e Bur Dubai, quella nuova.

Il canale , testimonianza dell’antica tradizione commerciale di Dubai, è affollato di dhow, le tipiche barche di legno che ancora oggi navigano verso l’India. Decidiamo di fare il tour del Creek con l’abra, il taxi acquatico che fa la spola tra le due rive. Lungo il tragitto ci viene offerta la possibilità di filmare e fotografare Dubai dall’acqua e soprattutto di rinfrescarci le idee. Al termine della mezz’ora prestabilita chiediamo al taxista di lasciarci sulla sponda opposta a quella di partenza e ci troviamo esattamente a Bastakiya, ovvero nel famoso quartiere delle torri di ventilazione, il più antico sistema di aria condizionata utilizzato un tempo per rinfrescare le case nel Golfo. Bastakiya si trova a est di Forte Al Fahidi, costruito nel secolo scorso e trasformato in museo nel 1970.

Antichi reperti archeologici e ricostruzioni di situazioni di vita tradizionale sono tra le principali attrazioni. Ci rifiutiamo di entrare e proseguiamo la nostra camminata esplorativa verso Shindagha, il nucleo dal quale si è sviluppata la città di Dubai.

Qui si trova la casa dello sceicco Saeed, accuratamente restaurata, dove viveva un tempo la famiglia regnante Maktoum. Ci troviamo nella zona della foce del Creek e siamo alla disperata ricerca del Tunnel Shindagha per tornare dalla parte opposta del canale. Il clima è veramente torrido e, quando ci rendiamo conto che l’accesso al tanto sospirato tunnel è vietato ai pedoni, siamo costretti a cedere alle “avances” di un taxista di abra di età non superiore ai 14 anni il quale ci chiede una cifra spropositata per traghettarci sull’altra sponda.

Contrattiamo il prezzo e riusciamo a spuntarla. Ci godiamo quei cinque minuti di frescura, dopodichè ripiombiamo nel clima infernale di Dubai o meglio del famoso souk dell’oro. Dubai è una delle principali piazze mondiali per la vendita di oro al dettaglio. Si vende di tutto, dai lingotti ai gioielli più elaborati a prezzi imbattibili. I negozi della strada principale nascondono un labirinto di vicoli, tutti con vetrine stracolme di un oro giallissimo.

L’atmosfera è simile a quella delle medine Tunisine o Turche con gli indigeni locali che si avvicinano per vendere i loro prodotti o semplicemente per offrire ai turisti bibite gelate.

Accanto al souk dell’oro vi è quello delle spezie, sicuramente molto più caratteristico. Si tratta di un vero e proprio paradiso di profumi e sapori : chiodi di garofano, cardamomo, zafferano, karkadè, cannella, incenso, frutta secca ed altre innumerevoli varietà di spezie sono in vendita in migliaia di sacchi che invadono i negozi ed i vicoli.

Siamo fisicamente sfiniti e decidiamo di rientrare in albergo anche perché alle 13 abbiamo appuntamento nella hall con Dolly, l’assistente della Arabian Adventures.

Ci incamminiamo e lungo il tragitto ci fermiamo a consultare più volte la pianta della città che ci ha regalato l’agenzia. L’Hotel Marco Polo sembra svanito nel nulla, eppure la direzione è quella giusta. I piedi sono cotti, gli abiti inzuppati di sudore, i capelli appiccicati alla fronte e i nervi a fior di pelle. Presi dallo sconforto chiediamo informazioni in un negozio di cellulari. Fortuna vuole che nel momento in cui entriamo squilli il telefono, così abbiamo l’opportunità di goderci cinque minuti di aria condizionata gratuita. Finalmente troviamo l’hotel e nella hall c’è già la guida ad attenderci. Dobbiamo avere un aspetto davvero sconvolto poiché ci guarda allucinata e ci fa capire in modo gentile che siamo dei veri pazzi ad avventurarci a piedi con questa temperatura.

Dolly ci propone numerose cene etniche (sulle quali probabilmente ha una percentuale alta) e poche escursioni.

Ovviamente evitiamo le prime ed accettiamo di partecipare al tour degli Emirati dell’Est che si svolge l’indomani con guida parlante italiano e francese. Ne approfittiamo per bombardarla di domande e gentilmente ci aiuta a noleggiare un’automobile per il pomeriggio.Facendo infatti un rapido calcolo deduciamo che per visitare la Dubai nuova ci conviene noleggiare la macchina anche solo per il pomeriggio piuttosto che prendere continuamente il taxi.

In camera ci rinfreschiamo, mangiamo qualcosa e ci riposiamo fino alle 15. A quest’ora scendiamo nella hall e troviamo ad aspettarci il noleggiatore il quale ci fa compilare miliardi di moduli e richiede altrettante firme, nonché le copie dei passaporti e delle patenti. Finalmente ci mostra l’ammiraglia che ha riservato per noi : una MAZDA 323 modello base color grigio metallizzato. Unici optional esistenti : aria condizionata (di vitale importanza) e cicalino che segnala se si superano i 120 km/h , se si lascia una portiera aperta o se si dimentica la chiave nel cruscotto. Ovviamente non sono compresi nel prezzo i finestrini elettrici, la chiusura centralizzata e neppure la lucina interna della quale tutte le automobili del mondo sono dotate. Nel complesso non possiamo certo lamentarci per la scelta. Partiamo all’avventura e facciamo i soliti due o tre giri a vuoto prima di imboccare la strada giusta in direzione Jumeirah. Gli Arabi guidano veramente da cani e oltretutto amano la velocità. Dopo circa mezz’ora di strada arriviamo ai due alberghi di Dubai famosi in tutto il mondo : il The Jumeirah Beach Hotel e il Burj Al Arab Hotel. Quest’ultimo, noto per la sua particolare forma di vela, si erge esattamente di fronte al Jumeirah Hotel togliendo in parecchie ore del giorno il sole ai clienti dell’albergo antistante. Parcheggiamo la nostra vettura per scattare le foto e fare qualche ripresa. Peccato per la foschia, altrimenti queste due imponenti costruzioni sarebbero davvero meravigliose.

Non osiamo immaginare quanto possa costare trascorrere una notte in questi hotels , in ogni caso non si pone neppure il problema.

Rimaniamo affascinati anche dal parco acquatico che visto da fuori sembra davvero grandioso.

Siamo quasi tentati a trascorrere tutto il pomeriggio su quei bellissimi scivoli d’acqua ma il “dovere” ci chiama e proseguiamo il nostro tour in direzione del famoso Emirates Golf Club, il primo campo da golf su erba di tutto il Medio Oriente. Con i suoi tre laghi artificiali ed un terreno ondulato ha acquistato fama mondiale grazie anche al PGA Desert Classic, il torneo internazionale che vi si tiene ogni anno.

Il centro è davvero splendido e con tutto quel verde intorno si ha quasi l’impressione che vi sia meno caldo. Scattiamo numerose foto e facciamo un giro di perlustrazione notando che vi sono parecchi giapponesi che stanno prendendo lezioni di golf.

Ci godiamo la soavità di questo magnifico posto cercando di capire come sia possibile che esistano oasi così verdi e rigogliose in mezzo ad un deserto secco e sterile.

Proprio di fronte al circolo del golf si trova il mitico Hard Rock Cafè di Dubai. La costruzione è piuttosto particolare : si tratta di una torre grattacielo in cima alla quale spicca la famosa palla “love all and save the planet”. All’ingresso vi sono due enormi chitarre incrociate piuttosto squallide.

Ovviamente entriamo e facciamo acquisti : la solita classica t-shirt bianca , una originale spillina che rappresenta il viso di un arabo coperto dalla tipica sciarpa, un cappellino nero ed una tazzina. Soddisfatti di questa tappa riprendiamo l’itinerario che ci siamo proposti di seguire in direzione questa volta di un centro commerciale nuovissimo, il Wafi Shopping Mall. Facciamo un rapido giro tra i vari negozi di lusso alla ricerca più che altro di uno sportello per cambiare qualche soldino. Appena a di fuori del Wafi Centre troviamo il Planet Hollywood. La foto accanto a Demi Moore e Silvester Stallone in scala reale è quasi d’obbligo. Nel classico giro di perlustrazione riusciamo anche a sbirciare un menu e decidiamo di tornare più tardi per cenare.

L’ultima tappa del tour è il Dubai Creek , Golf & Yacht Club, situato proprio ai margini del centro di Dubai, sulla riva del Creek. Il campo da golf di classe internazionale si estende su 200 acri e il complesso include un porticciolo turistico e la club house, fiore all’occhiello dell’architettura cittadina. Scattiamo le solite foto anche se ormai c’è quasi buio, e poi torniamo verso il Planet per cenare (con la tessere di Dolly abbiamo anche il 20% di sconto), non prima però di aver visitato il Dubay City Centre, un altro mega centro commerciale nel quale spicca il supermercato Carrefour.

Siamo affamati e puntiamo dritti al mitico Planet.

Il locale al suo interno non è male a parte l’aria condizionata fortissima che ti fa piantare tutto sullo stomaco se non schizzi fuori appena hai finito di mangiare. Ciò che comunque più ci colpisce è la presenza, in un locale di questo genere, di ragazzine del posto con indosso lunghi vestiti neri con tanto di stoffa che copre capelli e viso, lasciando scoperti solo gli occhi per vedere e, in questo caso, la bocca per mangiare hamburger e patatine. E’ difficile capire come possano convivere due mondi così diversi tra loro. Ordiniamo due mega insalatone e i mitici “onion ring” ma la cameriera ci informa che le cipolle sono finite e, forse per farsi perdonare, anziché portarci una Coca liscia ne porta una corretta che ovviamente respingiamo temendo la prova del palloncino.

Usciamo dal locale immediatamente dopo aver cenato per evitare la congestione da freddo e, stanchi morti, ci dirigiamo all’albergo.

18 MAGGIO 2001, VENERDI’ La partenza per il Tour degli Emirati Arabi è prevista per le ore 9.

Ci alziamo verso le 8 e ci fiondiamo al Tex Mex per la colazione. Alle 9 si presenta puntualissimo il pulmino griffato Arabian Adventures dal quale scende la guida Hannie, una signora olandese di mezza età il cui marito, ci spiegherà, lavora per la compagnia aerea degli Emirati Arabi.

I nostri compagni d’avventura sono una coppia di svizzeri, una coppia di italiani e due ragazze di Trieste.

Partiamo in direzione dell’emirato di Sharjah, poco distante da quello di Dubai e famoso per la bellissima moschea che sembra ricamata nel cui giardino antistante spicca un enorme corano. Anche oggi il clima è torrido e la guida ci permette di scendere solo per scattare le foto, dopodichè ci invita a risalire immediatamente sul pulmino attrezzato ovviamente con aria condizionata e con uno scatolone di bottiglie di acqua.

Percorriamo strade enormi in mezzo al deserto. Di tanto in tanto veniamo superati da Jeep di grossa cilindrata rigorosamente alimentate a benzina con a bordo sceicchi con abiti candidi ed occhiali da sole.

Lungo il percorso la guida ci fa scendere ad ammirare un mercato locale che si svolge proprio ai margini della carreggiata. I venditori espongono prodotti di ogni tipo : tappeti, vasi di terracotta, mangime per animali, frutta, ortaggi, spezie e bottiglie confezionate artigianalmente contenenti miele di dattero. Naturalmente nessuno osa acquistare anche perché ad essere sinceri l’igiene lascia molto a desiderare.

Le due soste successive sono particolarmente suggestive.

La prima avviene in prossimità di un’oasi che si è formata in una gola ai margini della strada deserta e polverosa che stiamo percorrendo.

Qui troviamo un gruppo di giovani sceicchi che, sopraffatti dalla noia che l’eccesso di denaro procura loro, non trovano nulla di meglio da fare che giocare a lanciarsi una vecchia ciabatta. Se il denaro fa questo effetto è quasi meglio non tentare più la fortuna al Super Enalotto ! La seconda sosta è invece finalizzata ad ammirare un panorama completamente diverso da quello precedente. Sembra di essere in un paesaggio quasi lunare, circondato da montagne brulle ed assolutamente spoglie dove è impensabile la presenza di una qualsiasi forma di vita. Il caldo rende tutto ancora più angosciante.

Proseguiamo il tragitto ed arriviamo a costeggiare il mare. Ci troviamo proprio al confine con l’Oman e la guida ci permette di scattare la mitica foto accanto al cartello stradale di benvenuto. Non vediamo l’ora di piantare l’ennesima bandierina sul nostro mappamondo immaginario e di poter dire che siamo stati anche qui.

E’ quasi ora di pranzo e, sempre costeggiando il mare, ci dirigiamo verso l’emirato di Al Fujayrah.

E’ venerdì, giornata che per i musulmani corrisponde alla nostra domenica. Ci imbattiamo in una moschea proprio nell’ora di punta. Numerose auto sono parcheggiate in doppia ed addirittura tripla corsia ma nessuno sembra farci troppo caso. A questo punto assistiamo ad una scena davvero incredibile : il camion cisterna che viaggia davanti a noi si ferma improvvisamente in mezzo alla strada . L’autista scende e, senza curarsi di nulla, entra nella moschea a pregare. Il traffico è completamente bloccato ma nessuno osa protestare. Quando la funzione sarà terminata, l’autista riprenderà tranquillamente la guida del suo veicolo.

Tutto ciò è pazzesco ed assolutamente inconcepibile per la nostra cultura, ma siamo costretti ad adeguarci perché siamo a casa loro.

Questo episodio tuttavia ci permette di capire molte cose, in particolare l’influenza che la religione ha su questa gente, mantenendola spesso in uno stato di completa ed assoluta ignoranza. Ad Al Fujayrah sostiamo presso il bellissimo Hotel Hilton. La guida cerca di trascinarci a pranzare al ristorante (ovviamente la sua parcella sarà tanto maggiore quante più persone riuscirà a portare).

In realtà nel programma del viaggio era prevista una sosta per il bagno senza l’obbligo di consumare alcun pranzo. Nessuno ha il coraggio di parlare, così mi faccio avanti a nome di tutti. Conclusione : di tutta la comitiva solo i due svizzeri seguono Hannie. Tutti gli altri, noi compresi, senza sganciare una lira ci spariamo un bagno rilassante e tonificante nella meravigliosa piscina dell’hotel. Nessun problema per asciugarsi : l’Hilton mette a disposizione dei suoi clienti morbidissimi teli da bagno arancione e comodissimi lettini mare. Non manca neppure lo spogliatoio con tanto di doccia calda e aria condizionata.

Per finire in bellezza, stavolta però ci tocca sganciare, ci accomodiamo al bar in stile tipicamente tropicale della piscina e ordiniamo due bibite. Attenzione : io chiedo un semplicissimo te freddo al limone, possibilmente senza l’aggiunta di cubetti di ghiaccio nel bicchiere per evitare eventuali problemi intestinali causati da batteri presenti nella loro acqua. Il barista si impegna tantissimo : prepara un te caldo, lo versa in un bicchiere, lo schekkera con cubetti di ghiaccio ed ecco che il te freddo è servito. Complimenti per la trovata davvero geniale.

Alle 14.30 ci ritroviamo con il resto del gruppo nella hall dell’hotel per riprendere la via del ritorno. L’ultima sosta avviene in un villaggio sperduto in mezzo al deserto e ciò che ci rimarrà più impresso sarà il calore che ci travolge non appena scendiamo dal pulmino. La guida dice che la temperatura reale si aggira intorno ai 46° anche se la televisione non dichiara mai una temperatura superiore ai 39°.

E’ una sensazione pazzesca ed anch’io che non soffro il caldo sono sconvolta.

Sulla via del ritorno Hannie ci “intorta” per due ore con numerose informazioni di carattere generale sul popolo arabo. Tra gli argomenti più interessanti che vengono toccati vi è quello del lavoro e degli stipendi. Un occidentale che va a lavorare negli Emirati Arabi percepisce uno stipendio, rigorosamente in dollari, il cui ammontare è esattamente il doppio di quello percepito da un indiano o d un pakistano. Stipendio medio per un’impiegata : 4 milioni netti al mese (non è poi così male!). Gli indiani ed i pakistani tuttavia, anche se guadagnano meno, in pochi anni riescono a mettere da parte un bel gruzzoletto e a mandare anche soldi a casa. Hannie ci fa l’esempio dell’autista che in poco tempo è riuscito a guadagnare tanto da acquistare una casa dignitosa al suo paese ed anche terre da affittare. Quando a fine anno tornerà a casa, sarà un riccone e vivrà di rendita per il resto della sua vita. Per quanto riguarda la condizione della donna nel mondo arabo, la guida ci spiega che anche se all’apparenza non sembra, in realtà sono le donne che prendono le decisioni importanti e che mandano avanti la casa e la famiglia. In casa non sono mai sole perché hanno sempre qualcuno da ricevere o qualche bambino di qualche amica da curare.

Un musulmano può avere un massimo di quattro mogli e quello che viene dato ad una di esse deve assolutamente essere dato anche alle altre. Dunque oggi solo i molto ricchi o i molto poveri possono permettersi la poligamia. Molte donne studiano e trovano lavoro presso le numerose multinazionali che hanno sede negli Emirati e ciò favorisce sicuramente l’emancipazione anche se la maggior parte di esse è costretta da un padre o da un marito particolarmente religioso ad indossare il chador ogni volta che esce di casa.

Facciamo ritorno al nostro hotel verso le 16.30 e, dopo esserci fatti una doccia rinfrescante, prendiamo un taxi sino al souk dell’oro. Ci facciamo l’ultimo giro nella parte vecchia di Dubai e tentiamo di raggiungere il vicino souk delle spezie. C’è una gran confusione perché il venerdì per i musulmani corrisponde alla nostra domenica. Non riusciamo ad orientarci e continuiamo a girare a vuoto senza più capire dove siamo. Approdiamo finalmente alla nostra meta e nel primo bazar che incontriamo acquistiamo il karkade, dopodiché, completamente storditi dal caldo, saltiamo sul primo taxi disponibile e ci facciamo ricondurre in albergo.

E’ ora di cena e cerchiamo disperatamente un locale decente in prossimità del Marco Polo.La scelta è davvero molto ristretta . La maggior parte dei locali è assolutamente poco invitante o per il tipo di cibo offerto (indiano, pakistano o libanese), o per il tipo di ambiente, tanto che alla fine optiamo per il buffet dell’hotel.

Il menu proposto spazia dalle verdure crude e cotte al pesce, alla carne, al cous cous per finire con macedonia e dolci. La qualità del cibo è ottima ed abbondante .

Terminata la cena facciamo due passi nel caldo torrido, dopodiché decidiamo di rientrare perché domani ci attende una giornata altrettanto impegnativa.

19 MAGGIO 2001, SABATO Ci alziamo di buonora e, dopo l’abbondante colazione, scendiamo nella hall e chiediamo di noleggiare un’auto. Il giapponese di turno consulta uno dei mille biglietti da visita di noleggiatori e compone il numero. Sfoggiando il mio miglior inglese chiedo il modello meno costoso purchè sia dotato di condizionatore e cambio manuale.

Il primo tentativo fallisce poiché il noleggiatore non dispone di auto con cambio manuale. Il secondo invece va in porto e ci accordiamo per l’orario.

Verso le 9 si presenta un energumeno di razza pakistana con tanto di ascelle pezzate (alle 9 del mattino) e, firmati i vari documenti, ci conduce alla vettura. Meraviglia delle meraviglie, davvero un’ottima scelta : Toyota Corolla rossa metallizzata rigorosamente senza chiusura centralizzata, senza luce interna e senza alzacristalli elettrici ma dotata del simpatico bip che ti avvisa ogni volta che superi i 120 Km/h o ti dimentichi le chiavi nel cruscotto.

Partiamo in direzione di Hatta, località a circa due ore di strada da Dubai.

Facciamo il pieno di benzina (ben Lit 14.000) e di acqua e ci avventuriamo in un’autostrada a quattro corsie completamente immersa nel deserto.

Lungo il tragitto ci fermiamo spesso per fotografare e riprendere il paesaggio circostante davvero molto suggestivo ma allo stesso tempo piuttosto angosciante. La sabbia mossa dal vento crea delle dune dalle forme stravaganti e dai colori davvero meravigliosi. Ciò che maggiormente ci preoccupa (anche se nessuno dai due vuole ammetterlo) è il rischio di rimanere a piedi in questo scenario assolutamente deserto (non c’è anima viva salvo qualche camionista o qualche sceicco). Di tanto in tanto spuntano dei villaggi costituiti da ville enormi e tutte rigorosamente uguali tra loro. Ne deduciamo che la fantasia degli architetti arabi lascia molto a desiderare. Finalmente arriviamo ad Hatta e ci rendiamo conto che non c’è assolutamente nulla da vedere. Ci pentiamo di aver fatto tanti kilometri per niente e scattiamo una foto ricordo per poter almeno testimoniare che ci siamo stati.

Il villaggio appare ai nostri occhi estremamente povero e desolato. Le case sono misere, le strade polverose ed i pochi negozi (se così si possono chiamare) sono davvero molto squallidi. Ci allontaniamo velocemente da questa località fantasma chiusa tra le montagne Ajjar e dominata dallo storico forte omonimo. Proseguiamo in direzione Al Ain che si trova a circa un’ora di strada.

Si tratta di una città piuttosto grande costruita praticamente in mezzo al deserto e caratterizzata da lunghissimi viali di palme. In realtà siamo un po’ sorpresi poiché non ci aspettavamo una località di queste dimensioni. Parcheggiamo in una via che ci sembra abbastanza centrale e proviamo ad avventurarci a piedi ma, dopo pochi passi, ci arrendiamo perché il caldo è davvero soffocante e non sappiamo neppure quale direzione prendere.

Decidiamo di girare in macchina ma non è decisamente una scelta azzeccata perché c’è parecchio traffico e siamo nell’ora di punta. Scattiamo qualche foto all’ingresso dell’oasi e del museo , dopodiché ci rimettiamo in viaggio. Affrontiamo un momento terribile di panico quando la Toyota fatica a mettersi in moto. Per un attimo la disperazione ci assale ma riprendiamo presto la calma e decidiamo di non spegnere più il motore per i prossimi 300 kilometri che ci separano da Dubai.

Ci rimane ancora da visitare Abu Dhabi, ovvero la capitale degli Emirati Arabi che si trova a poco più di 100 kilometri da Al Ain in direzione della costa. Dopo tanto deserto abbiamo voglia di vedere un po’ di mare. Arriviamo a destinazione nel primo pomeriggio e rimaniamo positivamente colpiti da questa magnifica metropoli decisamente occidentale piena di grattacieli dai vetri multicolori sedi di multinazionali, banche e importanti compagnie di assicurazione. Un bellissimo mare azzurro al cui orizzonte si staglia un isolotto di palme domina l’intero scenario. Abu Dhabi ci affascina davvero tantissimo forse perché la sua architettura è molto simile a quella delle metropoli occidentali e la distanza da casa sembra essersi di colpo annullata.

Dopo aver scattato numerose foto e fatto parecchie riprese ci rimettiamo in viaggio verso Dubai dove arriveremo nel tardo pomeriggio.

Ci riposiamo prima di scendere per la cena ma ecco che le sorprese non finiscono mai. Squilla il telefono. Rispondo e mi passano una tipa che parla solo inglese e mi spiega tranquillamente quanto segue : il nostro volo Alitalia Dubai-Milano con partenza alle ore 3 di notte è stato cancellato causa sciopero all’aeroporto di Milano Malpensa. Voleremo pertanto non più con Alitalia bensì con gli Emirati Arabi. Il volo partirà da Dubai alle 7 del mattino. L’arrivo è previsto a Roma alle 11 circa ora locale e solo alle 17.45 ci sarà il volo per Milano. Inizialmente accogliamo la notizia con entusiasmo poiché in questo modo ci viene offerta l’opportunità di viaggiare con una delle migliori compagnie aeree del mondo.

Avvisiamo Dolly di questo cambiamento ma lei casca letteralmente dalle nuvole poiché nessuno dell’Alitalia si è degnato di informare il Tour Operator.

Inoltre a lei risulta che lo sciopero a Milano Malpensa ci sarà lunedì e non domenica. A questo punto cominciamo seriamente a preoccuparci poiché temiamo ci sia stato un disguido e abbiano sbagliato ad avvisare proprio noi. Proviamo a contattare gli uffici dell’Alitalia all’aeroporto di Dubai ma scatta sempre una noiosa segreteria telefonica per nulla rassicurante. Anche da casa ci dicono che il telegiornale ha annunciato lo sciopero per lunedì e non per domenica. Rassegnati al nostro destino consumiamo l’ultima cena a Dubai all’hotel Marco Polo. Ancora una volta ci gettiamo a razzo sul buffet e assaggiamo praticamente tutto quello che viene offerto.

20 MAGGIO 2001, DOMENICA Il taxi prenotato dal Tour Operator ci passa a prendere puntualissimo alle 4.40 del mattino per condurci all’aeroporto. Una volta arrivati cerchiamo immediatamente gli sportelli dell’Alitalia per farci cambiare i biglietti. L’aeroporto è semi deserto e gli inservienti ai quali chiediamo informazioni ci dicono che gli sportelli sono chiusi e che per quel giorno l’Alitalia non ha più voli in programma. Momento di panico generale ma ecco che la Provvidenza una volta tanto viene in nostro aiuto. Infatti, mentre pirliamo come due biglie con tanto di bagagli al seguito, ci imbattiamo in un impiegato dell’Alitalia che gentilmente ci conduce allo sportello per il cambio biglietti. Su consiglio di Dolly ci lamentiamo per il disagio che ci hanno creato e chiediamo un risarcimento. Il tipo scarica subito barile consigliandoci di serbare tutte le nostre lamentele per quando arriveremo a Roma. Inoltre scopriamo che il volo è stato cancellato causa guasto tecnico dell’aereo. Secondo noi invece le cose sono andate diversamente : dato il periodo di bassa stagione, il volo era mezzo vuoto ed hanno pensato di sopprimerlo dirottando i passeggeri sul volo degli Emirates per Roma.

Dopo circa mezz’ora di spasmodica attesa finalmente riusciamo ad avere i biglietti Dubai-Roma e Roma-Milano con tanto di logo della compagnia aerea degli Emirati Arabi. Dopo aver imbarcato i bagagli facciamo un giro nel famoso duty free e, come al solito, spendiamo gli ultimi spiccioli in stupidaggini.

L’orario di imbarco viene perfettamente rispettato. L’aereo è proprio come ce lo aspettavamo: nuovo di pacca e dotato di video per ogni sedile con possibilità di vedere films, ascoltare musica o trastullarsi con qualche gioco elettronico. Le hostess, tutte con gli occhi a mandorla, ci distribuiscono le coperte ed il menu. Scopriamo quindi che durante il volo ci verranno offerte una colazione ed un pranzo. Le ore di volo sono circa sette (quasi come andare da Milano a New York) ma ovviamente passano in un baleno grazie a tutti i vari comforts.

Il pranzo è davvero squisito : ci vengono serviti gnocchi conditi con una salsa di mozzarella e olive, carne di pollo cucinata in modo molto gustoso e un dolce di limone davvero slurposissimo.

Le posate sono rigorosamente di acciaio e non posso certo resistere alla tentazione di portarmi a casa come ricordo un cucchiaini da caffè.

Atterriamo a Roma puntualissimi attorno alle 11 del mattino ora locale e dopo aver recuperato i bagagli ci dirigiamo spediti verso gli sportelli dell’Alitalia decisi a farci pagare almeno il taxi per andare in centro. Troviamo un’impiegata molto gentile e disponibile che ci mette in lista d’attesa per il volo che parte verso le 13 per Milano Malpensa. Sino all’ultimo siamo in forse ma ecco che stavolta la fortuna ci assiste e riusciamo miracolosamente ad imbarcarci … e qui si conclude la nostra entusiasmante avventura nel mondo arabo. Alla prossima !!!



    Commenti

    Lascia un commento

    Leggi anche