Dieci a Marrakech
Quattro intensi giorni tra le bellezze di Marrakech e le Kasbah del sud
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Malpensa ore 10’05 del 2 marzo: decollo puntualissimo del volo Easyjet per Marrakech. Con allegria, eccitazione ed ansia (e qualche gesto scaramantico) il gruppo “Agenzia due gatti” prende il volo. I due gatti organizzatori fanno parte del gruppo: in tutto dieci pensionati (giovani e pimpanti) accomunati da una lunga conoscenza e dalla passione per il viaggiare “fai da te”. Tutto è stato programmato da casa, via internet, e nulla è stato lasciato al caso se non la scelta, da fare in loco, dei ristoranti (ma sul programma ne era stata proposta una selezione orientativa) e l’opportunità di fare qualche “riposino” nel Riad prenotato, dal momento che, più o meno, siamo sul traguardo dei 60! Atterraggio perfetto, dopo un primo colpo d’occhio, dall’alto, sul Marocco che ci appare inaspettatamente molto verde, ricco di bacini d’acqua, con appezzamenti di terreno rigogliosi e perfettamente tracciati. Velocissimo disbrigo di formalità e rapida consegna dei bagagli. All’uscita ci aspettano i 3 taxi prenotati per noi dal Riad “Dar Al Kounouz.”. Secondo le aspettative, avendo letto tante relazioni in internet di viaggiatori come noi, il traffico ci appare caotico, ma, arrivati ai confini della Medina, scesi dai taxi e caricati su 2 carrettini i bagagli, nell’inoltrarci tra i vicoli non possiamo che stupirci della circolazione in doppio senso di marcia che troviamo negli angusti percorsi: carretti a mano e carretti trainati da asini che trasportano carichi voluminosi, biciclette, motocicli con 1-2-3 passeggeri, il tutto in un continuo stridìo di freni e strombettare di clacson. Non esistono regole di circolazione in genere e diritti di precedenza in particolare. Per noi l’incolumità è perennemente a rischio! Siamo stupiti di sentirci continuamente chiedere la strada da carri e motorette su percorsi che, a parer nostro, dovrebbero essere solo pedonali. In compenso i locali sembrano stupirsi per la nostra “imbranataggine”. Il giorno dopo conosceremo Chouquir Hicham, la guida prenotata dai nostri compagni-agenti di viaggio. Ci consiglierà 2 semplici regole per ridurre il rischio: stare tutti da un solo lato della strada e non avere incertezze negli attraversamenti. Il Riad è molto carino, tranquillo, in pratica lo abbiamo occupato quasi per intero, la pulizia è accurata, il personale discreto e disponibile: ci sembra di essere arrivati in casa di amici. Come da accordi presi, ci hanno preparato un leggero pranzo dopo l’arrivo avvenuto intorno alle 15. Subito dopo (senza riposino) ci siamo lanciati in un primo contatto “senza rete” nella città. Orientandosi (si fa per dire) con la pianta fornitaci nel Riad, giriamo per i vicoli richiamati ad ogni passo dai venditori di mercanzie varie. La guida ci dirà in seguito che “si calcola” che i negozi nel souk siano oltre 5.500. Visitiamo la Medersa Ben Youssef (Scuola coranica), il Museo e l’esterno della Moschea di Ali Ben Youssef. Ci riempiamo gli occhi e cominciamo a scattare foto, stupiti da tanta ricchezza di decorazioni che ci richiamano alla mente le opere che gli artisti della stessa scuola hanno lasciato nel sud della Spagna (Granata, Cordova, Siviglia). Riceviamo alcune informazioni da un affascinante giovane che, in perfetto italiano, ci illustra l’ambiente della Medersa nel quale ci siamo, casualmente, incontrati. Il giorno dopo scopriremo che si trattava di Hicham. Segue un primo attraversamento della piazza Djemaa el Fna, al tramonto e sotto un’incipiente pioggia. Si decide di cenare al Cafè Arab con qualche difficoltà ad orientarci nel dedalo di vicoli, subito “disinteressatamente” soccorsi da un ragazzo che non ci lascia se non dopo aver ricevuto un compenso all’entrata del ristorante. L’ambiente è gradevole, la seduta a tavola scomoda (come quasi in tutti i locali nel quale consumeremo i pasti), il cibo buono, ma il servizio lentissimo. Si serve birra alcolica. Costo della cena circa 250 Dirham a persona. Rientriamo senza problemi nel Riad e dormiamo saporitamente fino al canto del muezzin e al cinguettìo insistente degli uccelli nel patio, al primo sorgere del sole. Dopo colazione, ottima e abbondante, alla reception, puntualissimo, ci aspetta Hicham, la guida contattata via internet. Scopriamo che, senza conoscerci, ci eravamo già incontrati alla Medersa. Con lui trascorreremo l’intera giornata, percorrendo a piedi i quartieri del cuore di Marrakech, visitando il Palazzo El Bahia, le tombe Saadiane, Palazzo El Badi. Vedremo anche l’esterno del palazzo reale addossato in parte ad un quartiere incredibilmente povero. Hicham è una guida perfetta. La sua conoscenza della nostra lingua è eccezionale sia nella pronuncia che nella ricchezza lessicale che nella precisione sintattica. Ha competenze storico-artistiche, ha una conversazione piacevole, ci parla con emozione del suo paese, degli usi e costumi, dei problemi dell’emigrazione, della sua fede religiosa e della stima per il giovane re. Consumiamo con lui il pranzo in un ristorante frequentato dai locali dove, per meno di 50 Dirham pro capite ci servono un pasto più che soddisfacente in un ambiente molto essenziale, ma pulito. A sera l’empatia è stata tanta che decidiamo di trascorrere con Hicham anche il venerdì successivo. Prima di lasciarci il giovane ci prenota la cena al “Comptoir”, locale dove oltre a mangiare si ascolta musica e si assiste ad uno spettacolo. Cena e trasporto sono le uscite più “pesanti” dal nostro budget, ma il servizio è stato preciso e curato. Lo spettacolo (danza del ventre) bellissimo ed……eccitante. Ci siamo poi alzati di buon mattino, e al Riad ci hanno servito la solita ottima colazione prima del normale orario, perchè avevamo prenotato dall’Italia l’escursione al sito di Ait Benhaddhou e a Ouarzazate: ci ha raggiunto alla reception Manuela, una simpatica ragazza italiana che a Marrakech ha aperto l’agenzia turistica “Amira tourisme” che per noi ha organizzato in loco l’escursione. Manuela sta per aprire un Riad in un edificio della Medina che ha fatto restaurare e che è ormai quasi ultimato. Lo visiteremo il giorno dopo in compagnia di Hicham. Abbiamo raggiunto il minibus da 12 posti, conosciuto l’autista e siamo partiti. Il viaggio è lungo, sono circa 200 chilometri su una strada che si inerpica sulle montagne dell’Alto Atlante superando il passo Tich’n Tichka a 2.260 metri. Il paesaggio è veramente eccezionale per la gamma di colori della terra e dei monti che variano dal rosso all’ocra, al viola, al verde brillante dei campi che spiccano in ogni spazio toccato dall’acqua. Notevoli e caratteristici gli ambienti umani che si incontrano lungo il percorso. Ait Benhaddhou è una Kasbah sotto la protezione dell’Unesco ed è un sito veramente incredibile per le caratteristiche architettoniche e il paesaggio nel quale è inserito. Per raggiungere la Kasbah occorre guadare un fiumiciattolo dalle acque limacciose. Fuori dai periodi di siccità (come durante il nostro viaggio perchè la neve sull’Alto Atlante era ancora abbondante) il guado si effettua a dorso d’asino. L’impresa ci ha dapprima intimorito, ma alla fine è stata un’avventura divertente, immortalata da foto e video da conservare nei ricordi. A Ouarzazate abbiamo visitato la Kasbah di Tourit illustrataci da una guida parlante italiano e, sulla via del ritorno, abbiamo osservato dall’esterno i teatri di posa che stanno trasformando Ouarzazate nella Hollywood marocchina. Non manca un chilometrico viale di palme (ancora in fase di completamento) che ricorda il famoso Sunset Boulevard californiano, con una rotonda ornata da un monumento che rappresenta le vecchie “pizze” di pellicola. Sono ormai molti i film famosi girati qui dal “Tè nel deserto” a “Gesù di Nazareth”. Hicham ci ha detto che in questi giorni si stanno girando alcune scene dei nuovi episodi della serie “Sex and the city”. Siamo rientrati tardi, era ormai buio pesto, ed eravamo stanchissimi. Un’ottima cena che ci era stata preparata al Riad, una passeggiatina serale alla piazza… e una dormita (fino al primo muezzin) ci ha rimesso in forma. Il giorno dopo nuovo incontro con Hicham e partenza per il Jardin Majorelle o giardino di Yves Saint Laurent. La guida ci ha proposto una divertente esperienza: raggiungere il luogo, decentrato rispetto alla Medina, usando 2 soli taxi. Così, divertendoci come ragazzini, ci siamo stipati su 2 vecchie Mercedes: in 6 su una e in 7 sull’altra. Il giardino è bellissimo per la ricchezza di varietà botaniche provenienti da tutto il mondo, per i colori (al verde delle piante fanno da cornice costruzioni ed elementi d’arredo gialli e blu). Le piante sono curatissime, soprattutto le succulente sono eccezionali per varietà di forme e per grandezza.. Sono seguite soste per acquisti in negozi di antiquariato ed artigianato. Il pranzo è stato consumato, su consiglio di Hicham, in un locale nei pressi della famosa piazza. Ci siamo “scomodamente” seduti su una terrazza ricoperta e chiusa da una tenda secondo lo stile berbero. La vista spaziava da un lato sulla Koutoubia e dall’altro sui monti innevati dell’Alto Atlante. Ottimi i datteri e il tè alla menta, servito con stile particolarmente coreografico. Pomeriggio con visita al Mellah, l’antico quartiere ebraico, al Dar Si Said Museum e all’esterno della Koutoubia. Cena veloce con pizza e birra analcolica (eh, alla fine siamo italiani!). Ultimo giro a piazza Djema el Fna nella sua veste più scintillante, quella notturna, con luci, colori, suoni, profumi e fumi dell’area gastronomica. Raggiungere la piazza ad ora tarda, con gran parte del souk con le botteghe già chiuse, non è stato semplice. Il souk in quella veste è ancora più disorientante. Ad un tratto si è avvicinato un ragazzo che ci ha chiesto se volevamo raggiungere la piazza. Alla nostra risposta affermativa si è posto alla guida del gruppo sconsigliandoci di procedere nella direzione che avevamo scelto perchè, a suo dire, quella strada era chiusa. Dopo molte deviazioni ci siamo ritrovati davanti al ristorante-pizzeria in cui avevamo cenato, con il ragazzo che, a mano tesa, ha preteso la mancia. Anche questo fa parte del folclore locale!!! Abbiamo comunque raggiunto la meta e, mentre gli stanchi del gruppo si godevano lo spettacolo davvero unico della piazza, i più arzilli hanno raggiunto a piedi il famoso albergo “La Mamounia”, tentando inutilmente di andare a prendere un caffè. I body guard ai cancelli sono stati irremovibili: avremmo potuto solo andare a bere qualcosa al Casinò dell’albergo. Abbiamo rinunciato (anche perchè ciò che restava del nostro budget di viaggio non ce lo avrebbe permesso!). Il mattino dopo viaggio a ritroso con i carretti carichi di valige, i taxi e un ultimo sguardo alla città e al giardino Menara per raggiungere il modernissimo aeroporto che prende il nome proprio dal giardino imperiale. Partenza, con ritardo, sull’airbus Easyjet per Malpensa. Shukran Marrakech!