Diario a Cuba
Ad ogni modo, data la mia astinenza da email che avevo vissuto in quelle due settimane da escremento (cerco di essere politically correct), appena tornato a casa controllo la mail, ci sono alcuni messaggi, uno è di Ermanno, al secolo il dr. McCoy dell’astronave Enterprise che un anno e mezzo prima aveva attraversato in lungo e in largo i prati verdi dell’Irlanda. Tra i saluti che si fanno ad un amico dopo tanto che non ci si sente mi chiede se mi interessa di andare con lui a Cuba (hmm … Sì sì da ogni parte basta che sia il più lontano possibile dalla Germania !!!). Da lì, tra intoppi e piccoli passi, nasce il progetto del viaggio, l’idea è di prenotare solo il volo e poi “arrangiarsi” là, magari prenotando le prime notti a L’Avana (che da ora in poi chiamerò La Habana alla cubana) e decidendo il da farsi durante il viaggio.
L’impresa sembra arenarsi quasi subito … Tutti i voli sembrano essere esauriti, non si trova posto nemmeno nella stiva dei bagagli, quando grazie all’agenzia Anthurium Viaggi di Pisa riesco a trovare due posti di straforo su un volo charter di una compagnia per me semisconosciuta (la Neos) per la Ciudad de La Habana con partenza da Malpensa, però le date non sono male, si partirebbe il 24/12 e si tornerebbe il 7/1, vale a dire ci aspetta un favoloso ultimo dell’anno tra salsa, spiagge e donne cubane (sigh … Vedi oltre).
Beh, a questo punto il più è fatto, basta trovare la sistemazione per le prime notti, attraverso il fido sito di Hostelworld (meglio di un’agenzia di viaggi in quanto a precisione e serietà) prenoto quattro notti in una casa privata (in cubano “Casa particular”, dove il senso di particular dà adito a varie fantasie … A parte gli scherzi particular vuol dire privato), i padroni si chiamano Aurora e Nelson e le foto della casa sembrano farci capire che abbiamo fatto un buon affare (15 dollari a notte !). Addirittura loro mi contattano subito per email per darci varie informazioni e chiedermi varie cose tra cui orario di arrivo, io rispondo che arriveremo un po’ tardi (dopo mezzanotte), mi rispondono che non ci sono problemi, quindi tutti felici e contenti.
E quindi arriva il giorno della partenza, prima della quale è bene fare un breve escursus sui partecipanti: il primo (in ordine casuale …) sono io, informatico anarchico sinistrorso senza patria con una recente passione per tutto quello che riguarda Ernesto Che Guevara, dalla felicità a momenti quanto dal futuro incerto, il secondo è Ermanno Ramazzin, agronomo e storico che ora si occupa di macchine a ciclo continuo (anche se non ho ancora capito cosa voglia dire, l’hanno capito le cubane ma io ancora no, eh eh), i cui molteplici motivi del viaggio a Cuba si possono tradurre in due parole: Mare e Gnocca.
La partenza dalla Malpensa è tranquilla, partiamo dal Terminal 2, praticamente il vecchio aeroporto prima della recente espansione, non c’è quasi nessuno, solo i passeggeri dei pochi voli charter che partono in quel giorno di vigilia.
Come detto la partenza è tranquilla, ci aspettano circa 15 ore di volo (!) con scalo a Montego Bay in Giamaica, l’unico particolare non trascurabile di preoccupazione è il nome del pilota, Hassan, forse un praticante di Al Qaeda ? Mah …
Le tante ore di volo scorrono abbastanza tranquille, tra 2 film noiosissimi e varie portate di cibi e bevande, il servizio a bordo è ottimo, gentilissime le hostess e gli steward, tra cui un simpatico gay allietato dalla salita a bordo di un bel giamaicano a Montego Bay.
Arriviamo alla Ciudad de La Habana con un leggero anticipo, mi fare fossero le 23 o poco dopo, le operazioni di sbarco non sono delle più veloci, al controllo passaporti guardano tutti in faccia attentamente per controllare che la foto sul documento corrisponda al proprietario, ma secondo me è tutta scena perché tutti sono diversi. I bagagli poi ci mettono una vita ad arrivare … Ma nulla rispetto a quello che ci aspetta a Milano al ritorno.
Scambio i primi 150 euro alla Cadeca all’aeroporto. Usciti prendiamo un taxi per la casa di Aurora e Nelson che si trova nel quartiere residenziale di Vedado … Viaggiando in quella notte cubana (a proposito: fa un caldo bestia) vedo per la prima volta i manifesti pro rivoluzione lungo la strada, che hanno la stessa diffusione e formato dei nostri cartelli pubblicitari, provo un po’ di emozione quando attraversiamo una deserta Plaza de la Revolucion, finché arriviamo a destinazione.
Ci attende Nelson, che parla una strana sorta di italiano con accento napoletano, ci accoglie parlandoci di come una volta ha salvato la vacanza a due romani rimasti senza soldi, e ci dice che per quella notte staremo in un’altra casa mentre le 3 successive staremo a casa sua.
La casa alternativa provoca in noi alquanto disgusto, ma forse nemmeno tantissimo data la stanchezza e voglia di dormire che abbiamo, comunque la nostra camera fa proprio pena. La mattina successiva, dopo una colazione altrettanto penosa la padrona di casa ci presenta (chissà perché ?) la figlia di 13 anni (ma ne dimostrava effettivamente ben di più …). Cosa che mi fa un pò tristezza …
Dopo colazione usciamo, vicinissimo alla casa c’è il parco John Lennon dove approfitto per farmi una foto con l’ex Beatles, dopo di che ci dirigiamo verso Plaza de la Revolucion. Noto subito la condizione pietosa di tante auto i cui gas di scarico rendono l’aria in certi momenti quasi irrespirabile. Arrivati in Plaza de la Revolucion non si può evitare di rimanere colpiti dal volto del Che sul palazzo del ministero dell’interno, più di quanto colpisca la statua e il memorial dedicato a Josè Martì (eroe nazionale cubano, protagonista dei movimenti indipendentisti di fine 1800, nonché letterato e poeta, autore tra l’altro dei versi della canzone Guantanamera …).
A proposito: è Natale. Però a parte una ragazza al banco di un negozio col cappello rosso in testa e qualche albero di Natale qua e là, non se ne ha praticamente l’impressione.
Ci dirigiamo verso il Centro Habana e l’Habana Vieja passando per Plaza Carlo III, un centro commerciale alquanto affollato dove pranziamo con pollo e patate. Dirigendoci verso il Centro Habana ci imbattiamo nel primo di quelli che la guida Lonely Planet definisce come “seccatori”, cioè uno di quei cubani che si diverte ad attaccare bottone coi turisti sperando poi di ottenere qualcosa in cambio. Però questo è anche molto simpatico e intelligente (a dire la verità quasi tutti i cubani mostrano di essere molto svegli), si chiama Ruslan ma per noi è Lucien (come abbiamo compreso il suo nome quando ce lo ha detto la prima volta), ha 20 anni, fa una scuola di elettricisti e il prossimo anno spera di fare l’elettricista particular, cioè privato e abusivo, perché così guadagnerà più che a lavorare per lo stato.
Parla bene l’italiano e ci fa anche da cicerone nei vicoli del Centro Habana, quelli più malandati e che come dice lui non sono di solito compresi nei percorsi turistici (oddio, capisco anche il perché …), però in fondo è onesto perché come la sera prima Nelson ci dà alcuni consigli per non essere fregati, tra cui quello di non cambiare i soldi in strada (truffa nella quale rischieremo di cadere la mattina dopo). Anzi, oggi posso dire che è stato il più onesto tra tutti quelli che abbiamo incontrato a L’Habana.
Dopo ci porta a visitare le quattro piazze principali dell’Habana Vieja, Plaza de la Catedral, Plaza de Armas, Plaza de San Francisco de Asis e Plaza Vieja. In Plaza de Armas in particolare saliamo con un ascensore ad un ristorante in cui c’è una bella vista sulla Bahia de la Habana.
Lucien mi colpisce perché, come quasi tutti i cittadini dell’Habana che incontreremo in seguito, è molto critico verso il governo di Fidel Castro, considera Cuba come una grande prigione e alla mia domanda di cosa vede negli Stati Uniti risponde che ci vede l’occasione di fare tanti soldi. E’ però cosciente del fatto che a Cuba sono molto fortunati ad avere un’istruzione e una sanità pubblica che funzionano molto bene, però ribatte che è inutile imparare cose che non si possono mettere in pratica. Mi dice che tanti avvocati e medici invece di esercitare la loro professione fanno i tassisti abusivi così da guadagnare molto di più (un avvocato guadagna 8 dollari al mese contro i 15 che si possono prendere con una corsa in taxi …). Alla fine di questa passeggiata offriamo un Mojito a Lucien e ci congediamo dopo una camminata lungo il Malecon (il suggestivo lungomare de L’Habana) con la promessa (da marinai) di chiamarlo in caso ci serva un taxi privato per andare in spiaggia il giorno dopo.
Tornati a casa, scopriamo che Nelson ci ha già trasferito i bagagli nella sua casa, e che casa ! La camera in cui ci troviamo ora è grandissima e molto accogliente, finalmente abbiamo la possibilità di farci una doccia, però il clima in casa è strano. Tanto Nelson è affabile, ma sotto sotto anche un po’ subdolo, tanto la moglie Aurora sembra un po’ scontrosa, dall’aspetto sembra di origini colombiane … Ma tutta Cuba, anche per le sue vicende storiche, è molto variegata in questo senso.
Nella camera di casa Nelson noto per la prima volta una particolarità delle case cubane: in gran parte di queste le finestre non hanno vetri, solo delle sorte di persiane … Purtroppo quelle della nostra camera non si chiudono nemmeno bene e la notte c’è molto vento ! Sarà per quello, forse combinato con l’inquinamento della città, che nei giorni successivi mi prende una raucedine, a tratti anche un po’ fastidiosa, che mi accompagnerà per tutto il viaggio.
Altra particorità sono le abat-jour che, come tutte quelle che troveremo nel corso del viaggio, hanno un metodo di accensione “ingegnoso”: un tocco col dito sulla base provoca una prima tenue accensione, toccando di nuovo di ha un incremento della luminosità, al terzo tocco l’intensità raggiunge il massimo mentre al successivo la luce si spegne.
La sera ci godiamo un meritato riposo e poi usciamo per cenare; ci dirigiamo verso il Malecon, il bel lungomare de l’Habana e becchiamo forse l’unica fregatura di tutto il viaggio, di sicuro la più grande … Un pò per la stanchezza, un pò perché Ermanno non è come me che non considero nessuno, ci facciamo portare da due tipi in un ristorante, nemmeno troppo bello, dove mangiamo un buon pollo con fagioli neri, ma anche pagando 17 dollari circa a testa (secondo me ci è stata addebitata la percentuale per i due tipi …). Tra l’altro i due tipi non sono nemmeno molto simpatici, anzi uno ha proprio l’aria del pezzo di merda, al contrario dell’altro sa bene l’italiano (dice che è stato in Italia e che ci tornerà per sposarsi a Modena con un’amica, ma lo fa solo per prendere la cittadinanza, dopo di che si separeranno), ha un telefonino extra lusso, però tra le tante balle che dice qualche cosa onesta traspare … Ma lui è il primo che tenta di convincerci a cambiare i soldi con lui.
Parentesi: perché i cubani per la strada tentano di convincere i turisti a cambiare soldi da loro. A Cuba vige una doppia economia, e quindi due monete, il peso convertibile e il peso cubano. Il primo è quello che viene dato nelle Cadeca, cioè i centri di cambio, in cambio di valuta straniera: esso è quotato alla pari col dollaro americano ma nel caso si tentino di cambiare dollari americani essi vengono svalutati del 10%, cioè per 100 dollari americani vengono dati 90 peso convertibili mentre per 1 Euro vengono dati circa 1.3 peso convertibili (cioè 1.3 dollari). Questa moneta è usata nella maggior parte dei negozi ed è quella che di solito usano i turisti. Il peso cubano viene invece cambiato 26 a 1 con il peso convertibile, ed è usato in soli pochi negozi e dovrebbe essere quello utilizzato maggiormente dai cubani. Detto questo è facile capire come si può venire fregati in strada: il cubano dice al turista: ehi bello guarda che alla Cadeca ti fregano, ti danno 1.3 peso convertibili per un euro, io te ne dò 2, però quelli che danno (o che almeno tentano di dare) in cambio non sono peso convertibili ma peso cubani …
Dopo la cena e la parentesi torniamo a casa, un pò demoralizzati, anche perché onestamente ero davvero curioso di vedere se Cuba fosse veramente il luogo dove si veniva avvicinati facilmente da donne (oltre ovviamente ad essere la patria de la revoluciòn …), mentre fino ad ora abbiamo trovato solo uomini …
La mattina successiva (domenica 26 dicembre) studiamo un po’ cosa fare, Ermanno vuole andare alla Playas del Este, io propongo di andare la mattina al Museo de la Revolucion e il pomeriggio in spiaggia. Decidiamo di far così. Cerchiamo dove fare colazione, cosa alquanto improba a Cuba, dato che una colazione che non sia proprio europea ma anche solo un po’ simile sembra esulare dal loro modo di pensare. Finalmente troviamo un bar davanti all’hotel Cohiba, dove alla radio danno la versione spagnola di “This ain’t a love song” dei Bon Jovi e dove il servizio, come iniziamo a notare in tutti i locali, è alquanto lento. Anche qua ci avvicina un tizio, dice che deve andare in Italia per fare uno stage in un albergo ad Ancona e tenta prima di convincerci a cambiare soldi con il discorso di 2 peso per Euro (“una mano lava l’altra e due mani lavano la faccia”), noi gli diciamo che non abbiamo euro dietro al che tenta un’altra carognata: dato che su alcuni peso convertibili è presente la scritta “Banco Central de Cuba” e su altri “Banco Nacional de Cuba”, ci dice che i primi non sono validi fuori Cuba ma solo a L’Habana ma che lui ce li può cambiare, ovviamente con i peso cubani … Che stronzo ! Usciti dal bar prendiamo un taxi per il Museo de la Revolucion, la cui visita è molto interessante. Praticamente è il museo di tutta la storia cubana, dai primi insediamenti ai giorni nostri, in cui però giustamente è dato risalto ai movimenti indipendentisti nel corso dei secoli. Dal museo tra l’altro si possono vedere belle viste della città e si può poi accedere al Pavillon Granma, dove è conservato il celebre traghetto su cui i rivoluzionari guidati da Fidel Castro sbarcarono dopo un’attraversata avventurosa partita dal Messico. Il pomeriggio ci rechiamo a Playa Santa Maria, in realtà il giorno ideale sarebbe stato ieri, oggi invece tira vento ed è nuvoloso, la spiaggia è vuota, comunque mi assale subito un’antipatia verso queste spiagge atlantiche che sarà ulteriormente motivata una volta che vedrò quelle caraibiche.
Il giorno successivo è dedicato ancora alla visita della città, di nuovo facciamo un bel pezzo del Malecon a piedi, le onde sono altissime ed arrivano sulla strada. Con più calma ripercorriamo i vicoli suggestivi della Habana Vieja, questa volta non c’è Lucien e ci godiamo il tutto con più tranquillità. Come ho detto prima in certi punti l’aria e irrespirabile per via delle condizioni pietose di molte auto, soprattutto le vecchie auto stanutitensi anni ’50 (Cadillac, Chevrolet, Buick), ma ci sono anche molte Lada (le vecchie auto della Germania Est), Fiat 126 e Fiat Uno.
La mattina abbiamo iniziato a pensare ai giorni successivi. Nelson ci dice che può aiutarci a organizzare la parte rimanente del viaggio, andiamo a vedere quanto costa noleggiare un’auto anche se in effetti sarebbe stato più intelligente pensarci prima in Italia, perché qua i prezzi non sono molto bassi. Decidiamo di non noleggiare un’auto ma di spostarci di volta in volta coi mezzi che si trovano, ed in effetti è la scelta migliore perché ci darà modo di avere a che fare con personaggi molto singolari …
Comunque decidiamo di organizzare il resto del viaggio nel seguente modo: 28-29-30 dicembre : Trinidad 31 dic. – 1 – 2 gennaio : Cienfuegos (sigh !) 3 gennaio : Santa Clara 4-5 gennaio : Playa Larga 6-7 gennaio: ritorno a La Ciudad de La Habana e ritorno a casa La mattina del 28 dicembre fuori è umido, la notte è piovuto. Come da accordi con Nelson ci viene a prendere un taxi statale ma che per l’occasione ci fa un prezzo analogo a quello di un autobus (25 dollari a testa), dato che dovrebbe tornare a Trinidad senza cliente e invece porterà 4 persone, noi 2 e 2 ragazzi francesi che andiamo a prendere dopo.
Al volante c’è Dolores, una donna sulla cinquantina, capelli rossi mossi, un bel carattere fiero come del resto lo hanno tutti i cubani. Si fa strada non senza difficoltà per le strade rovinatissime del Centro Habana, in alcune si aprono delle vere e proprie voragini lungo la careggiata, ben lontano dall’essere asfaltata. Arrivata sulla Carretera Central esulta : “L’autopista al fin !”.
I ragazzi francesi dormono, Ermanno non so cosa stia facendo, io seduto al posto del passeggero guardo il paesaggio e le persone lungo la Carretera Central, ogni tanto scambio due parole con Dolores. Spesso ci sono dei punti presiditati da poliziotti in cui bisogna rallentare, forse perché questi riescano ad osservare le auto che passano, come i taxisti dei giorni passati l’autista è solito salutare i militari.
Tante persone sventolano soldi o prodotti agricoli per ottenere un passaggio in cambio. I soliti cartelloni sulla rivoluzione ci fanno compagnia.
Do un’occhiata al tachimetro di Dolores, arriva a fondoscala, segna più di 200 Km/h, mi viene da sorridere.
A un certo punto abbandoniamo la Carretera Central e prendiamo la strada per Cienfuegos, avvicinandoci al mare dei Caraibi comincia a fare capolino un sole che si preannuncia superbo. La strada da Cienfuegos a Trinidad è molto suggestiva, la zona da una parte è ricca di vegetazione, dall’altra guarda dall’alto un mare splendido.
“Trinidad, al fin !” dice Dolores mentre entriamo in una cittadina che già dai primi metri si preannuncia essere molto suggestiva. Prendiamo alloggio nella casa particular di Cesar e Irelia, due persone molto gentili e simpatiche. La casa è molto bella, in stile coloniale, come gran parte di quelle che si trovano a Trinidad. Purtroppo la camera è alquanto piccola, dato che nell’altra più grande c’è una famiglia di francesi dai pargoli molto rumorosi (soprattutto la mattina …), ma è comunque accogliente. Qua apprendiamo anche che nelle case particular si può anche avere la colazione e la cena a prezzi alquanto bassi (3 dollari la colazione, 7 la cena), un’altra cosa che Nelson non ci aveva detto.
Sono circa le 15, decidiamo di andare al mare, alla celebre Playa d’Ancon, che dista una decina di chilometri dalla città.
Per nostra fortuna oggi è in funzione l’autobus (cosa non scontata come impareremo i giorni successivi).
La spiaggia è molto bella, almeno per me che non amo il mare e che non ero mai stato ai Caraibi. C’è molta tranquillità, il mare è calmissimo.
La sera ceniamo in casa, la cena è molto abbondante e nella tipica cucina cubana che prevede un piatto principale (in questo caso “pescado”, cioè pesce di razza non identificata), con accanto una ciotola di riso, banane fritte e poi frutta tropicale in abbondanza, papaya, banane e un altro frutto di cui mi hanno detto il nome ma non lo ricordo. Da bere birra cubana (Crystal, più leggera e priva di gusto, o Bucanero, che ricorda un po’ la Becks) oppure succo di frutta.
Dopo cena andiamo sulla bella scalinata di Plaza Mayor alla Casa de la Musica, dove da mattina a sera c’è gente che suona salsa ed altri ritmi cubani, ma che ovviamente è a quest’ora che ha la maggior presenza di persone. Mi accorgo che c’è un presenza multinazionale di turisti, italiani ma anche molti tedeschi, canadesi, francesi, ecc. Il giorno dopo, 29 dicembre, facciamo un giro della città, un salto in un Internet point ci informa tramite il sito de La Repubblica e una mail della madre di Ermanno della tragedia dello tsunami.
La città è molto bella e suggestiva, con le sue case coloniali, le strade acciottolate e tutto il resto che hanno fatto sì che sia stata dichiarata Patrimonio dell’Umanità dall’UNESCO (come ad esempio i sassi di Matera e le mura di Quebec City, tra le cose che ho visitato in passato). Il pomeriggio andiamo di nuovo alla Playa d’Ancon ed incontriamo due ragazze cubane, molto simpatiche e carine, che chiaramente hanno come scopo quello di essere portate in Italia. Una si chiama Ledis (o roba del genere …), è molto spontanea, dice di fare la maestra di matematica e storia cubana. Parlando rimane colpita dal fatto che conosco “Hasta siempre comandante” di Carlos Puebla ma lei preferisce la salsa di cui mi insegna i passi sulla spiaggia. Mentre parliamo di musica italiana (loro conoscono molto bene Eros Ramazzotti e Tiziano Ferro), mi viene l’idea di insegnarle “Bella Ciao”, lei la canta un po’ alla sua maniera ma ci divertiamo lo stesso.
Parlando con questa ragazza, come del resto ne avevo già avuto la sensazione osservando il carattere molto più rilassato e amichevole delle persone di Trinidad rispetto a quelle dell’Habana, mi rendo conto di quanto la Rivoluzione goda di maggiori consensi in queste cittadine rurali rispetto che nella capitale, e questo è ben chiaro per il fatto che ora questa gente gode di un’istruzione e un’assistenza sanitaria pubblica che farebbero invidia a tanti paesi più ricchi.
Rimaniamo d’accordo di vederci la sera per andare in discoteca, e che discoteca ! Si chiama Disco Ayala ed è ricavata all’interno di una grotta naturale (per questo si chiama anche La Cueva), si paga 5 dollari per entrare ma si può bere tutto ciò che si vuole. L’atmosfera è veramente molto bella, e dire che io odio sia il mare che la discoteca …
L’indomani compriamo i biglietti dell’autobus per Cienfuegos per il giorno dopo e facciamo ancora un giro della città. C’è un mercatino dove vendono soprattutto oggetti di artigianato, cappelli e tessuti. L’unico difetto di Trinidad sono i mendicanti molto insistenti che si trovano in alcuni punti, soprattutto nella salita per andare verso la discoteca, sono loro oltre al sole non ottimale a farmi desistere dal tentare di fare qualche foto del bel panorama.
Il pomeriggio andiamo di nuovo in spiaggia, le ragazze non ci sono ma le trovo la sera alla Casa de la Musica, Ledis mi chiede di rimanere la sera dopo per passare l’ultimo dell’anno insieme, devo dire che è molto brava a trovare argomenti convincenti, ma un po’ per non mettere in difficoltà Ermanno (che è rimasto in casa perché non in perfette condizioni) un po’ perché non so che mortorio c’è a Cienfuegos, le dico che non posso. E mentre ci salutiamo mi regala una moneta da 3 pesos cubani con la faccia del Che.
Cienfuegos insomma non è che sia una città bruttissima, solo che starci 3 giorni è davvero eccessivo. Ci arriviamo la mattina successiva in autobus e troviamo il buon Pepe ad aspettarci.
Pepe è molto simpatico, è sulla sessantina, lui e sua moglie Fefa hanno l’aria di chi fa di tutto per far sentire a suo agio il turista, hanno anche una figlia con dei bei occhioni di cui Ermanno si innamora subito (non fosse che ci sono serie prove che abbia il fidanzato e anche molto grosso ..). Poco dopo usciamo per fare un giro della città. La parte migliore è Parque Josè Marti e il viale pedonale che conduce ad esso, ma anche il lungomare, chiamato anch’esso Malecon, non è male ma nulla a vedere con quello de La Habana. Cienfuegos è una città rilassante, anche troppo, ci sono molte ragazze bionde ma di un biondo che dà quasi sul rosso. Oggi è il 31 dicembre, domani oltre ad essere il primo dell’anno sarà il 45esimo anniversario della vittoria della Rivoluzione, e quando rientriamo a casa notiamo che alla TV Pepe sta guardando un documentario sulle imprese di Fidel Castro. Notando che ci siamo fermati a guardare la TV non gli par vero e ci invita ad accomodarci in poltrona per seguire meglio. A me il programma sembra interessante, se non per il fatto che è in spagnolo (ovvio !) e capisco pochissimo, ma Pepe sembra essere attratto dalla figura di Fidel più che da quello che dicono. “Mira che cabeza, mira com’è alto!” ci dice ed Ermanno ci marcia anche sopra prendendolo in giro senza che lui se ne accorga. La sera Fefa ci cucina quella che lei dice essere la tipica cena cubana dell’ultimo dell’anno, maiale con l’immancabile arroz (il riso) e una sorta di vino rosato (neppure tanto speciale) che ci serve in onore del fatto che siamo italiani.
La sera pare che Cienfuegos non si animi neppure per l’ultimo dell’anno, sul Malecon c’è un po’ di vita ma la mezzanotte arriva e passa senza particolari emozioni.
La mattina dopo andiamo alla spiaggia di Rancho Luna, niente a che vedere con la Playa d’Ancon ma non è brutta. Ci sono molte conchiglie e rocce particolari (una che avevo preso mi si è poi rotta in valigia in aereo) e mentre si è sdraiati non è raro venire a contatto con dei simpatici granchietti che spuntano dalla sabbia. La spiaggia di Rancho Luna se non altro è molto rilassante e vi passiamo tutto il giorno. Una cosa che noto ora che scrivo è come questa vacanza sia stata molto diversa dalle altre che ho fatto, di solito io sono uno che sta sempre in giro tutto il giorno, invece questa è stata più all’insegna del relax, anche perché in effetti il luogo e il clima erano molto adatti a questo, e poi anche perché non avendo un’auto ma dovendo sempre contare su taxi particular e di rado sugli autobus (che non sono certo frequenti come possono essere negli Stati Uniti …) si può dire che non avevamo molta scelta.
La sera credo di essere vittima di un’insolazione, penso di avere un po’ di febbre, prendo una tachipirina e Fefa mi dà da bere una limonata calda con un’aspirina tritata dentro (che lei considera una sorta di rimedio contro tutte le malattie …).
La mattina dopo sto meglio e, accompagnati da un simpatico ragazzo che ci fa da autista e guida, visitiamo El Nicho, una foresta sulla Sierra del Escambray (quella che il Che aveva preso come base prima dell’attacco decisivo a Santa Clara). Gli ultimi chilometri di strada sono davvero in condizioni pietose e capisco perché Fefa ci aveva detto che era necessaria una persona esperta per accompagnarci. Il tratto di foresta che è possibile visitare, lungo un percorso obbligato, non è molto lungo ma è affascinante, c’è una cascata, una serie di laghetti, vegetazione molto varia, arrivando in auto abbiamo visto molte piante di caffè, ed una bella vista sulla valle.
Nel pomeriggio torniamo a Cienfuegos dove ci riposiamo e facciamo poco altro.
Il giorno dopo (3 gennaio), ci trasferiamo a Santa Clara, la città di Ernesto Che Guevara, quella la cui conquista da parte della colonna del Che ha rappresentato la vittoria della Rivoluzione. Alloggiamo presso una signora “muy particular”, si chiama Martha, da quanto ricordo di quello che ci ha detto è un’anestesista in pensione e ora viaggia tantissimo, verso maggio-giugno doveva venire anche in Italia, dove sua figlia si è sistemata con uno di Modena.
Dopo aver posato i bagagli in casa ci rechiamo verso la tappa obbligata di qualsiasi visita a Santa Clara, il mausoleo al Che Guevara. La struttura è imponente anche se la statua posizionata su un altissimo piedistallo mi pare poco somigliante. Accanto alla statua vi sono dei bassorilievi rappresentati le vicende della guerriglia di rivoluzione del Che a Cuba e la celebre lettera del Che a Fidel quando decise di abbandonare Cuba per proseguire altrove la rivoluzione.
Purtroppo oggi è lunedì ed è l’unico giorno in cui non è possibile visitare ne’ il museo ne’ l’interno del mausoleo in cui tra le altre cose sono conservate le spoglie del Che, restituite a Cuba nel 1997.
Dopo torniamo verso il centro, cioè Parque Vidal, una bella piazza tra l’altro anche vicina alla casa dove alloggiamo. Vi si trova tra l’altro un cinema e l’Hotel Santa Clara Libre, la cui parte frontale reca ancora i fori dei proiettili lasciati durante la battaglia di Santa Clara.
Dopo un pranzo ad un fast food infestato di mosche chiamato El Rapido torniamo a casa.
Inizio un po’ a conversare con Martha, tra le altre cose mi chiede se sto cercando “una nuevia cubana” (cioè una moglie cubana …), dice che lei conosce una infermiera che le chiede sempre di cercarle un bravo turista … Della serie oltre a casa particular anche agenzia matrimoniale ! Io glisso ma lei sembra prendersela un po’ male.
Nel pomeriggio visitiamo il monumento al Tren blindado, cioè un treno pieno di armi la cui cattura da parte della colonna del Che fu fondamentale per la vittoria su Santa Clara. Non lontano sorge la sede del partito comunista cubano, al cui ingresso si trova la bella statua del Che col bambino. Quando arriviamo intorno alla statua ci sono i bambini di una scolaresca in quello che secondo me rappresenta l’immortalità dei principi del Che.
La sera mangiamo una cena deliziosa, non la cucina Martha ma una che mi pare fosse sua sorella, e scopriamo che per il giorno successivo non abbiamo alcuna prenotazione a Playa Larga (evidentemente Nelson si era dimenticato). Martha ci aiuta a sistemare le cose, chiama prima Playa Larga e poi Nelson a L’Habana, Ermanno teme di dover rimanere a Santa Clara anche il giorno dopo, io quasi quasi spero che non si trovi nulla a Playa Larga e di tornare a Trinidad …
La mattina dopo ci aspetta un altro personaggio, si chiama Tony Pozo, diventa subito l’idolo di Ermanno con il nome di Mario Puzo, fa il tassista particular ed è stato contattato da Martha per accompagnarci a Playa Larga per 20 dollari.
E’ una persona anziana, ci accompagna sulla sua Lada familare rossa che appare abbastanza vissuta ma pur sempre dignitosa, dietro ha una tanica di benzina, davanti un’autoradio sgangherata in cui gira e rigira la solita cassetta di musica cubana. Ogni tanto giustamente si fa un sorso di rum.
Playa Larga sorge sulla celebre Baia dei Porci. Lungo la strada che dalla Carretera Central conduce a quello che in definitiva è poco più di un villaggio ci sono molte lapidi in ricordo dei cubani morti durante l’invasione americana.
La casa in cui alloggiamo è molto suggestiva trovandosi proprio sul mare.
Il pomeriggio andiamo sulla spiaggia, non è molto grande, ma il mare non è male. In realtà queste zone sono famose per le attività subacquee e di snorkelling (di cui è molto appassionato Nelson), ma noi da pelandroni (e per quel che mi riguarda allergico al nuoto) preferiamo prendere il sole sulla spiaggia.
Una nota simpatica … Ad un certo punto ci avvicinano due ragazze, una è giovane, bionda con capelli corti, l’altra è di carnagione scura, meno giovane e anche meno bella, però molto più simpatica. Conosce bene l’italiano e in pratica è una sorta di “manager” dell’altra (che chiama “princessa”), mi dice che la posso avere per 15 dollari (tenendo conto che alla Habana partivano da 50 e a Santa Clara da 30 dà l’idea di quando questa zona sia poco turistica …), io dico che “no tengo dinero” dopo di che ci salutano.
La sera mangiamo carne di coccodrillo, che ricorda un po’ il maiale. A Playa Larga la sera è impossibile uscire perché l’illuminazione per le strade è assente, anche perché essendo un villaggio di pescatori e subacquei non è che ci sia molta vita notturna … Perciò ci godiamo la sera sulle sedie a dondolo in veranda mentre la costellazione di Orione domina il cielo.
Oltre che per le attività di cui ho parlato sopra Playa Larga è famosa anche perché da qua partono le spedizioni per la Laguna de Las Salinas, dove si possono ammirare tantissime specie di uccelli. La mattina successiva, dopo esserci passati per informazioni il giorno prima, passiamo dall’Ufficio del parco nazionale per vedere se c’è la possibilità di visitare il parco, però purtroppo non ci sono guide e dobbiamo rinunciare (e come noi anche uno ben più interessato di noi che si incavola …). Quindi anche questa giornata la passiamo in spiaggia.
La mattina seguente “Mario Puzo”, come da accordi presi due giorni prima, torna da Santa Clara a Playa Larga e sempre per 20 dollari ci riporta alla Habana, da questa cosa in Ermanno nasce la convinzione che per 20 dollari sia disposto anche a portarci da Milano a Venezia partendo da Santa Clara …
Durante il viaggio ci fermiamo ad un’area di sosta, dove troviamo parcheggiata una bellissima Buick anni ’50, in condizioni ben diverse da quelle che di solito si trovano a Cuba.
Arrivati a casa di Aurora e Nelson, la padrona di casa ci dice che ci hanno prenotato un’altra casa particular, forse perché la loro era piena, quindi andiamo a qualche isolato di distanza presso “Sara y Lucy”. Nella camera che ci tocca in questa casa per la prima volta trovo una radio, dove la sera con mia sorpresa trovo una stazione che trasmette Led Zeppelin e Sting .
Il pomeriggio andiamo di nuovo a giro per la Habana, dobbiamo trovare assolutamente un ATM point per prendere soldi con la carta di credito perché sono rimasto quasi senza, ma l’impresa non è delle più facili, tutte quelle che troviamo sono rotte o danno solo pesos cubani, finché in Obispo, una bella strada piena di bar e negozi, la nostra ricerca viene premiata.
Il giorno dopo salutiamo il mare cubano (o meglio l’oceano ..) passando qualche ora alla Playas del Este e precisamente alla Playa Tararà, dove in passato ebbe la sua residenza anche il Che (lo so, è una mia deformazione …). Al contrario della nostra prima visita alla Playa Santa Maria stavolta il tempo è molto bello, comunque non so perché ma queste spiagge sull’oceano non mi piacciono affatto, sarà perché sono rivolte a nord e si ha il sole dietro …
La sera ceniamo e ci facciamo accompagnare all’aeroporto, scopriamo che per uscire da Cuba dobbiamo pagare un’ulteriore tassa di 15 dollari a testa. L’aereo parte dopo l’una di notte, siamo stanchissimi ma rimane il ricordo di una bella esperienza.
Come tutte le vacanze, e in generale tutte le esperienze che si fanno nella vita, poteva essere interpretata in maniera differente, anche se non posso dire se migliore o peggiore, potevamo visitare altri luoghi invece di quelli dove siamo stati, però credo che in fondo abbiamo passato due belle settimane anche se tra alti e bassi. Per me che preferisco lo stile di vita e il carattere anglosassone Cuba ancora oggi è difficile da definire. Di certo una cosa di cui ho sempre vivo il ricordo è la spensieratezza con cui vive quella gente, anche se in gran parte si trova in povertà. Una caratteristica che contrasta molto col nostro modo di vivere.
Hasta la victoria siempre, Patria o muerte !