Destinazione Porto: in pousadas e con l’Oceano

Destinazione Porto: viaggio in pousadas, con corsa a perdifiato verso l’Oceano. *** Siamo quattro amici molto affiatati che quest’anno ( dal 13 al 24 agosto 2006) abbiamo deciso di regalarci una vacanza in Portogallo, partendo da Lisbona in macchina fino ad arrivare a Porto. E abbiamo anche deciso di dare al viaggio un taglio più...
Scritto da: fulvius63
destinazione porto: in pousadas e con l'oceano
Partenza il: 13/08/2006
Ritorno il: 24/08/2006
Destinazione Porto: viaggio in pousadas, con corsa a perdifiato verso l’Oceano.

*** Siamo quattro amici molto affiatati che quest’anno ( dal 13 al 24 agosto 2006) abbiamo deciso di regalarci una vacanza in Portogallo, partendo da Lisbona in macchina fino ad arrivare a Porto.

E abbiamo anche deciso di dare al viaggio un taglio più singolare e tipico, soggiornando nelle famose “ pousadas”, ovverosia in alloggi spesso di natura storica ( come castelli e conventi), gestiti dallo stato portoghese, con standard alberghieri di alto livello, pur se a prezzi sostenibili.

Ed, infatti, la spesa complessiva del viaggio sopportata – tutto compreso- è stata di € 1.800 a persona. Ad ogni modo, ove possa servire per rintracciare la pousada più confacente alle proprie esigenze, si consiglia di consultare il sito “ www.Pousadas.Pt”.

Vogliamo, inoltre, specificare che la prenotazione dell’intero pacchetto di viaggio è stata effettuata dall’Italia, tramite agenzia; scelta risultata più conveniente rispetto alle contrattazioni in loco ed effettuata alcuni mesi prima della partenza e ciò al fine di poter pianificare con maggiore tranquillità gli itinerari ( anche consultando il sito “ Turisti per caso”) e, soprattutto, al fine di trovare posto negli alloggi che più ci interessavano ( come la Pousada nel castello di Obidos ed il convento Santa Marinha a Guimaraes); alloggi che, seppure più defilati rispetto ai classici alberghi delle zone centrali ( e, tuttavia, sempre a pochi minuti dai vari centri da visitare), avevano il pregio di essere ubicati in zone non congestionate dal traffico, spesso immersi nel verde e nella quiete di parchi, a volte dotati di piscina e che, comunque, offrivano stanze e locali a dir poco sontuosi, che facevano respirare l’aria più autentica di questo meraviglioso paese, tutto proiettato verso il futuro, ma dove la tradizione ed un forte sentore del passato erano perfettamente percettibili.

Queste brevi note di viaggio vogliono essere non soltanto un mezzo per ricordare una vacanza a dir poco fantastica che abbiamo vissuto, ma soprattutto una indicazione che speriamo possa essere utile per chi decida di intraprendere un viaggio similare, e lo facciamo in quanto anche noi, prima di partire, consultando proprio il sito “ Turisti per caso”, abbiamo tratto dalle varie esperienze, raccontate dagli altri, utili spunti per pianificare la nostra vacanza. Un ringraziamento particolare ci sentiamo, pertanto, di doverlo dare ai “ Turisti” Bruno e Teresa che, con il loro racconto “ Per le strade del Portogallo” dell’08.08.06, forniscono un resoconto ragionato e completo della loro esperienza, effettuato metabolizzando sapientemente il loro vissuto con le notazioni delle guide, e dal momento che questa loro narrazione ci è stata molto utile, ne consigliamo la lettura.

Sempre sotto il profilo pratico, riteniamo che molto funzionale per questo viaggio sia, innanzitutto, l’utilizzo della guida turistica “ Portogallo”, edita da Mondadori, sia perché per immagini consente di “ appropriarsi” più celermente dei posti più importanti da visitare, sia perché, a margine di ciascun luogo, fornisce varie note utili ( come la fermata di metropolitana da prendere o la linea del tram, gli orari di apertura e di chiusura dei musei, delle chiese, etc), ed è altresì preziosa perché analoghe indicazioni le fornisce per i ristoranti o gli alberghi, laddove le altre guide si limitano ad indicarli e a descriverne le caratteristiche, senza però fornire l’indicazione circa la loro precisa ubicazione.

Ad integrazione e a supporto della guida della Mondatori abbiano, inoltre, utilizzato la sempre verde guida del Portogallo, edita dalla Lonely Planet, la quale fornisce maggiori approfondimenti sui luoghi e sui monumenti da visitare ed è soprattutto utile perché contiene la cartina topografica dei paesini più piccoli, consentendo un rapido orientamento nel corso della loro visita.

Altra indicazione preziosa che ci sentiamo di dare è quella relativa all’utilizzo del navigatore satellitare, che abbiamo trovato molto utile perché le strade del Portogallo sono a volte mal segnalate o addirittura prive di indicazioni e , soprattutto, perché consente di semplificare il viaggio durante tutti i percorsi, specie all’uscita degli aeroporti o per rintracciare gli stessi ( in particolar modo nella intricata città di Porto, che, seppur bellissima, è un vero cantiere a cielo aperto). Precisiamo, inoltre, che al momento della prenotazione della macchina da noleggiare avevamo richiesto che la vettura fosse spaziosa, fornita di lettore CD e munita di satellitare. Ci è stato, tuttavia, detto che quest’ultimo è praticamente introvabile in Portogallo nelle macchine a noleggio, per cui abbiamo supplito a questa carenza portando con noi dall’Italia un navigatore satellitare portatile, previo acquisto di licenza per il Portogallo, che ci consentisse di ricevere il segnale satellitare aggiornato anche in questo paese.

Sempre sotto il versante del noleggio, specifichiamo di aver noleggiato una macchina con la ditta “ National” che è stata, nel complesso, molto efficiente, in quanto ci ha fornito macchine di buona qualità ( usiamo il plurale in relazione alle vetture per le ragioni che spiegheremo appresso), ma ha l’inconveniente di avere molti clienti, per cui all’arrivo a Lisbona abbiamo dovuto fare una fila di oltre un’ora. Altri “ Turisti” ( come Bruno e Teresa) hanno invece noleggiato in loco una macchina con Auto Jardim, che dicono essere altrettanto efficiente e che è effettivamente priva di file.

Infine, sempre in relazione al tema “noleggio”, segnaliamo l’opportunità di acquisire chiarimenti dall’Italia circa il tipo di assicurazione che si stipula noleggiando una vettura: noi, infatti, avevamo avuto la rassicurazione dall’agenzia di avere una copertura totale per ogni inconveniente. Abbiamo, invece, scoperto che la copertura assicurativa stipulata non era totale come volevamo, perché sussisteva una franchigia di circa 1.200 Euro, nel senso che ogni danno che avessimo causato o patito, e che fosse rientrato in quella cifra, sarebbe stato a nostro carico. Abbiamo, pertanto, integrato il premio assicurativo pagando la somma aggiuntiva di € 150, per cui qualunque problema avessimo avuto ( furto, danneggiamento, etc), per qualsiasi importo, sarebbe stato coperto dall’assicurazione. E presto abbiamo visto i vantaggi di questa copertura assicurativa integrale, in quanto a Lisbona, per come diremo più avanti, ci hanno rotto un finestrino laterale per cercare di rubare ( seppure invano) qualcosa all’interno dell’auto, per cui non abbiamo dovuto pagare l’importo del finestrino ( come altrimenti avremmo dovuto fare se non avessimo integrato la polizza), e abbiamo ottenuto il repentino cambio di macchina.

Cogliamo inoltre l’occasione, in relazione a quanto accadutoci, per segnalare che soprattutto a Lisbona ( ma in pratica in tutto il Portogallo, per come indicatoci dal personale della National), sono molto frequenti episodi di furti o danneggiamenti di finestrini per tentare di sottrarre quello che possa esserci sulle auto, per cui raccomandiamo di non lasciare mai nulla sulle vetture e di valutare l’opportunità della copertura assicurativa totale, nei termini sopra specificati.

Dopo queste molteplici segnalazioni ,che speriamo siano state più utili che noiose, andiamo adesso a parlare del nostro viaggio che si è articolato nei termini che seguono: – le prime 3 notti ( dal 13 al 15 agosto) abbiamo soggiornato a Lisbona, Hotel Lisboa ( 4 stelle),con digressione ad Evora ( patrimonio dell’Umanità); – le ulteriori due notti ( del 16 e 17 agosto) abbiamo soggiornato ad Obidos, alla suggestiva Pousada do Castelo; – altre 2 notti ( 18 e 19 agosto) abbiamo dormito a Condeixa Nova, alla Pousada S. Cristina; – dal 20 al 21 agosto siamo stati ospiti in Guimaraes della meravigliosa Pousada S. Marihna ( il vero gioiello di questo viaggio); – infine, le ultime due notti del 22 e 23 agosto abbiamo soggiornato nell’affascinante città di Porto,all’Hotel Mercure Lisboa ( 4 stelle), con rientro in Italia il successivo 24 agosto. Tanto ciò premesso, e prima di procedere alla narrazione del viaggio nel dettaglio, facciamo presente che l’illustrazione che intendiamo di comune accordo prospettare, ometterà di soffermarsi sui dettagli circa le caratteristiche architettoniche dei numerosi monumenti da visitare, perché, per queste, rimandiamo alla lettura delle 2 guide sopra indicate, molto più tecniche ed esaustive di noi. Quello che invece ci proponiamo di suggerire sono solo alcuni consigli pratici che le guide sottacciono, ripromettendoci, in particolar modo, di poter trasmettere- nei limiti del possibile- le piacevoli sensazioni di rapimento che questo Paese ci ha regalato, e che hanno contagiato noi 4, pur essendo persone dalle sensibilità molto diverse l’una dall’altra.

Cominciamo, quindi, questo nostro viaggio, abbandonandoci ai ricordi: – 1 GIORNO ( domenica 13 agosto 2006), LISBONA: Arrivo a Lisbona alle ore 15.30 circa e noleggio all’aeroporto della vettura. A dire il vero non sarebbe stato necessario noleggiare da subito l’auto, perché Lisbona è una città ben collegata, con ottimi servizi di trasporto ed è perfettamente visitabile a piedi, solo che nei tre giorni programmati di permanenza nella capitale non avevamo ancora stabilito quando andare ad Evora e ciò in considerazione del fatto che volevamo valutare l’eventuale congestione del traffico in vista dell’imminente ferragosto, giocando anche sul fatto che, ove la città si fosse svuotata per il periodo estivo ( come di fatto è avvenuto), l’auto ci sarebbe potuta servire- come in concreto si è verificato- per coprire le distanze più lunghe ( come il castello di S. Giorgio o Belem). Precisiamo che queste valutazioni sulle distanze abbiamo potuto farle con una certa cognizione di causa in quanto io ( che mi chiamo Fulvio) e mio fratello Claudio eravamo già stati a Lisbona, per quattro giorni, appena tre anni prima, per cui la conoscevamo molto bene e , quindi, in soli due giorni visita, anche grazie all’uso del satellitare, abbiamo consentito ai nostri due compagni di viaggio ( Ezio e Raffaele), che non la conoscevano, di apprezzare in pieno questa bellissima città.

Per completare la descrizione di questo primo giorno, evidenziamo che, giunti in albergo ormai a pomeriggio inoltrato ( per la lunga coda alla National di cui abbiamo detto sopra), ricoverata la macchina in un parcheggio e posate le valige, ci siamo inoltrati a piedi per una prima visita della città in centro, passeggiando per Praca dos Restauradores, fino al Rossio e più giù fino a Praca da Figueira, con la visione in alto delle case multicolori e del Castello di S. Giorgio. La nostra passeggiata è proseguita, quindi, per Rua Augusta fino ad arrivare alla grandissima Praca do Commercio, che si stende nella zona bassa della città, proprio in riva al Tago, quel grande fiume che sa di mare. Essendo ormai prossimi all’orario di cena, e seguendo le indicazioni forniteci da altri “ Turisti per caso”, abbiamo deciso di cenare al Barrio Alto, alla mitica Cervejaria da Trinidade ( in rua Nova da Trinidade, 20 C). Facciamo presente che per andare al Barrio Alto è necessario salire a piedi da Praca dos Restauradores, in quanto l’elevador da Gloria ( una funicolare d’epoca che consente di coprire comodamente il vistoso dislivello tra la Baixa , cioè la zona bassa, ed il Barrio Alto, è in restauro e lo sarà per altri mesi). Quanto alla Cervejaria di cui dicevamo, è una antica birreria di Lisbona, molto caratteristica in quanto ha le pareti maiolicate dell’inizio del secolo scorso, dove bisogna andare molto presto, possibilmente prima delle 20,00 perché è molto affollata. E’ stato gradevole nell’attesa consumare una birra fresca con accompagnamento di lupini ( ormai quasi spariti dai nostri più snob aperitivi italiani); quanto invece, alla cena, non ci è sembrato si mangiasse benissimo o, quanto meno, il risotto ( arroz) con pesci vari e gamberi, che tutti e quattro abbiamo ordinato ( forse con poca fantasia), non era proprio una squisitezza, sebbene il prezzo fosse contenuto ed il servizio discreto. Valutate voi, quindi, se limitarvi a visitare e fotografare il locale ( che merita senz’altro una visita, magari trattenendovi per l’aperitivo), oppure se avventurarvi a gustare altri piatti, possibilmente diversi dal nostro arroz.

Richiamando per un attimo il discreto servizio che abbiamo riscontrato in questo locale, ci piace, più in generale, segnalare che i portoghesi possono essere a volte lenti nel servire a tavola ( sebbene non più che in moltissimi locali del Sud d’Italia, dove due di noi vivono); e riteniamo, inoltre, che essi appartengono ad un popolo cordiale e gentile, con un temperamento di fondo che di massima appare un po’ schivo e orgoglioso, per nulla esuberante come quello spagnolo, ma estremamente cortese e disponibile, specie nei confronti dei turisti. Finita la cena, abbiamo un po’ girovagato per le vie del Barrio Alto, che a dire il vero non sono molto piaciute ai nostri amici Raffaele ed Ezio, perché probabilmente- influenzati dai nostri racconti del viaggio pregresso- si aspettavano una Lisbona diversa, cioè quella che hanno poi avuto modo di conoscere e ammirare nei giorni successivi. E forse non avevano torto, perché il Barrio Alto, di notte, affollato e un po’ disordinato, pieno com’è di localini che forse ne hanno snaturato il fascino originario, può fornire a prima vista un’impronta deviata di questa città, che va invece assaporata con lentezza, gustandone le sue diverse anime, tra cui senz’altro rientrano anche i vicoli del Barrio, che però non sono sicuramente il biglietto da visita che caratterizza la capitale portoghese. Ed è così che, per ricucire lo strappo estetico che rischiava di appannare la prima immagine di questa bella città, che io e Claudio abbiamo guidato i nostri due amici riportandoli nelle vie illuminate della Baixa, quasi non sopportassimo che Ezio e Raffaele potessero andare a letto con una prima immagine distorta di Lisbona. Abbiamo, pertanto, ripercorso con lentezza le stesse strade che frettolosamente avevamo imboccato prima di cena, godendo della brezza che rinfrescava l’aria e ci siamo così rilassati pian piano dal peso di un viaggio cominciato troppo presto all’alba del giorno precedente, immergendoci nelle luci discrete delle piazze, assorbendo il suono cantilenante delle fontane del Rossio, fino a ritornare a quel grande fiume che sa di mare, nella Piazza in fondo a tutto, poco prima di dormire, ormai sfiniti, al rientro al nostro albergo. -2° GIORNO ( lunedì 14 agosto 2006): LISBONA-EVORA LISBONA.

Di buon mattino ci rechiamo a visitare Evora, che dista circa 150 Km dalla capitale, percorrendo strade ben asfaltate e prive di traffico. La cittadina, dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità, è di impronta medievale, è molto carina e gradevole, si gira in una mezza giornata, e tuttavia non ci è sembrata assolutamente impedibile.

Rientrati a Lisbona nel primo pomeriggio, dopo una rinfrescata in albergo, ci siamo recati a cena nella zona della cosiddetta Doca De Santo Amaro ( in località Alcantara, parte ovest di Lisbona, vicino alla torre di Belem),ovverosia in un vivace e animato quartiere che si snoda sul lungo fiume, pieno di locali e ristoranti che affacciano sul Tago. In uno di questi ( CERGER,Armz 6) abbiamo festeggiato il compleanno di Claudio ( per i suoi 37 mitici anni!), godendoci dalla piattaforma ove è ubicato questo ristorante sia la vista del ponte XXV aprile, suggestivamente illuminato di notte, che l’insieme delle luci dell’altra sponda del fiume che si riflettevano sull’acqua, dove dondolavano pigramente molte barche e motoscafi. Ad ogni modo,la qualità del cibo è stata ottima, il prezzo medio alto ed il servizio a dir poco eccellente.

In ultimo,non paghi dei dolci consumati in quel locale a mò di torta ed utilizzati per sostenere le 37 candeline ( accuratamente portate con noi dall’Italia), a fine cena ci siamo diretti verso l’imperdibile pasticceria di Belem, sita in rua de Belèm, 88 ( proprio a fianco del Monastero di S. Geronimo), dove abbiamo gustato, ad accompagnamento di un caffè piuttosto allungato, i famosi pasteis de nata ( una sorta di cestini di pasta sfoglia che ricorda le sfogliatelle napoletane, con dentro crema calda, che a sua volta richiama la crema delle frolle partenopee, il tutto guarnito all’esterno con zucchero a velo e cannella).

I dolcetti in questione, che tutti mitizzano, seppure gustosi, non ci sono sembrati eccellenti. Quello che invece è particolare è l’ambiente tutto portoghese di questa pasticceria ( anch’essa maiolicata, ma senza alcun pregio), che, pur affollata e rumorosa, è tuttavia molto allegra ed autentica, e ci è servita per immergerci un po’ meglio ed in modo non artefatto nel “ clima” del paese che visitavamo. Dopo tutto ciò, siamo tornati nel nostro albergo. Cogliamo l’occasione per dire che l’Hotel Lisboa, situato in rua Barata Salguerio n. 5, vicino all’aeroporto e nei pressi della piazza del Marchese de Pombal, pur essendo un 4 stelle, con camere piuttosto comode e pulite, non era eccellente, specie per il bagno ( che aveva il pregio di avere il bidet, come tutti gli alberghi del Portogallo), ma che era un po’ cupo, con la sua lucina al neon che trasfigurava le immagini, e da cui si aveva voglia di scappare perché dava all’ambiente un alone spettrale ed inospitale.

Al di là di queste mie ( forse) esagerate valutazioni del tutto personali, l’albergo aveva l’altro merito di essere vicino al centro, anche se non era in nulla confrontabile con gli ambienti raffinati e confortevoli delle pousadas che ci avrebbero ospitati nei giorni successivi.

– 3° GIORNO: ( martedì 15 agosto 2006), LISBONA: In questo fresco ferragosto portoghese abbiamo completato la visita di Lisbona: prima monastero di S. Geronimo, Torre di Belèm, Pedrao dos Descobrimientos ( ovverosia il monumento dedicato alle scoperte); quindi la zona di Alfama, con i suoi pittoreschi vicoli, fino al Castello di San Giorgio, con il suo spettacolare mirador ( cioè belvedere), nei cui pressi abbiamo fatto un rigenerante quanto costoso spuntino al bar della pousada che è proprio lì allocata.

Nel tardo pomeriggio abbiamo lasciato la parte vecchia della città per dirigerci verso la zona nuova, creata in occasione dell’Expo 98, il cosiddetto Parque dos Nacoes ( Metro Oriente). Naturalmente non c’è alcuna continuità con le linee architettoniche del passato; qui il “ futuro” impera nella sua gelida geometria di cristalli e cemento: ma il colpo d’occhio non è trascurabile e l’acquario che vi si trova( e che io e Claudio abbiamo visitato nel viaggio precedente, perché quel giorno l’abbiamo trovato da poco chiuso) merita una visita.

Per cena ci siamo soffermati dentro il Parco, alla CHOPPERIA, ristorante al 3° piano del complesso commerciale che immette alla zona nuova, dotato di una bella terrazza con vista sul Tago e sulla funicolare che lo attraversa. Segnaliamo che in quel posto, qualunque cosa si mangi al buffet, ricco ( tra le altre cose) di verdure, il prezzo fisso è di € 8,50 a persona ( bibite, frutta e dessert esclusi). Il servizio anche qui è ottimo, per cui ci sentiamo di consigliarlo.

In appendice al racconto odierno segnaliamo di aver saputo dai alcuni ristoratori che la seconda domenica di ogni mese la gran parte dei musei e dei monumenti sono chiusi. Vi informiamo, invece, che a ferragosto tutto è aperto e che molte visite sono gratuite ( come al monastero di S. Geromino e alla torre di Belem, non anche al Castello di S. Giorgio).

– 4° GIORNO: ( mercoledì 16 agosto 2006), LISBONA- OBIDOS-ALCOBACA-BATALHA: Oggi il risveglio è stato traumatico: oltre alla pioggia battente che ci ha accompagnato quasi per l’intera giornata, ci accorgiamo che il finestrino posteriore della nostra auto era stato rotto dai ladri nella notte, per cui la mezza giornata sfuma per il necessario rientro in aeroporto per cambiare la macchina. Ci conforta almeno il pagamento dell’integrazione della polizza assicurativa per la copertura totale delle spese! In più, per la pioggia, salta anche la nostra programmata visita di Sintra e dintorni, oltre al fatto che a partire da oggi, e per tutto il viaggio, decidiamo per cautela, allorché abbandoniamo una località ove abbiamo soggiornato, di trasportare subito i bagagli alla dimora successiva, per poi girare con comodità e in tutta tranquillità.

E’ così, quindi, che ci rechiamo alla suggestiva Pousada do Castelo, ad Obidos, per ricoverare le valige. Qui, nonostante il pregio storico di questa Pousada, che probabilmente è la più costosa del Portogallo ( rientrando essa tra i 500 alberghi più importanti del mondo), rimaniamo lievemente delusi per il fatto che le stanze sono molto piccole ed i bagni a dir poco minuscoli e con poca acqua, seppure molto carini, perché maiolicati con gusto, e quindi parecchio lontani da quelli orridi e lievemente spettrali di Lisbona.

In più, va detto che questa pousada è ubicata all’interno delle mura del paesino, nella zona alta, e vi si accede per vie molto strette, dove spesso è difficile parcheggiare, per cui occorre farlo nella zona extramuraria. Infine, per accedere al castello ( altrimenti che castello sarebbe!!!) bisogna fare molti scalini e il trascinamento dei bagagli non è semplicissimo.

Dopo quanto detto, non vogliamo certo demolire l’immagine di questa pousada, che rimane sempre una allocazione di classe ( specie negli arredi, compreso il letto con baldacchino di foggia contemporanea) ed è anche molto suggestiva, soprattutto nel salone adibito a zona pranzo, dove grandi vetrate affacciano sulle mura merlate e lasciano intravedere il paesino in lontananza. Certo è, comunque, che con la nostra immaginazione avevano forse un po’ troppo ingigantito la proiezione mentale di questo castello, di cui a dire il vero rimane ben poco, al di là delle mura di cinta e di una torre, il che spiega l’angustia delle stanze, peraltro poco numerose ( non più di una decina).

Rimane però in noi- e su questo non c’è dubbio- il gusto di avere soggiornato in una dimora storica, all’interno di una paesino che è una vera e propria bomboniera ( seppure forse un po’ addomesticato dal numeroso afflusso turistico); paese che, però, di notte fortunatamente si spopola, restituendo il suo fascino antico e solitario ed il piacere di perdersi per le viuzze lastricate, con i muri in calce bianca e orlati di giallo e azzurro, con i vasi di gerani disseminati un pò ovunque e con il suono dell’acqua che da una fontana vicina amplifica il vuoto che c’è attorno e che a me, personalmente, piace tanto, perché mi mette in sintonia con i miei silenzi, che spesso, specie di sera, sono miei graditi compagni di viaggio.

Tornando, dopo questa digressione, alla narrazione della cronaca di questa quarta giornata, dobbiamo ricordare che, liberatici finalmente, e per due giorni, delle valige, approfittando del fatto che la pioggia ci dava una tregua, restituendoci il sole, effettuavamo un breve giro per il minuscolo e aggraziato paese che ci ospita, attraversando le alte mura merlate; quindi, dopo un ancor più fugace pranzo ( a base di toast, a dir poco ottimi in tutto il Portogallo), ci siamo diretti verso il monastero di S. Maria ad Alcobaca. Qui la pioggia ha ripreso il suo vigore, e, senza poter più aspettare in macchina che smettesse di piovere, perché altrimenti non avremmo potuto visitare il monastero, ci dirigiamo al suo interno sotto l’acqua scrosciante. Letteralmente fradici e seguendo le indicazioni della guida, cominciamo la nostra consueta visita e, con nostro stupore, ci accorgiamo che a volte anche le evenienze più avverse hanno un loro ruolo importante: quella pioggia, infatti, aveva scoraggiato le frotte dei visitatori; l’interno del monastero, quindi, era poco popolato ed il chiostro si presentava altamente suggestivo, battuto com’era da una pioggia sferzante. In più, in sottofondo, in quel silenzio magico, all’improvviso sentiamo materializzarsi, da una cappella laterale, la voce con tonalità di contralto di un ragazzo che, accompagnato da un altro giovane con chitarra, interpretava musiche sacre di Bach ( come attestatoci da Claudio che, tra le altre cose, studia da anni musica). Ci lasciamo guidare da quella voce ed entriamo, quindi, in quella cappelletta laterale, sita nella zona del chiostro, sempre con la pioggia alle spalle, e qui, come rapiti da quelle melodie, ci sediamo in quella sala appena appena illuminata da lampade alogene che soffondono intorno un vago colore dorato, e che mettono in risalto gli archi di pietra e le statue abbandonate ai lati della stanza, un po’ ovunque.

E’ inutile proseguire oltre, perché ritengo che le sensazioni siano patrimonio privato, difficilmente comunicabile; è però certo che i mie tre compagni di viaggio hanno provato qualcosa di similare, perché leggevo nei loro sguardi uno strano rapimento ed avvertivo l’immobilità nel loro ascolto, quasi respirassimo qualcosa che era un regalo che ci veniva dato perché riuscivamo ad abbandonarci a quel paese con semplicità, senza avanzare alcuna pretesa e comunque, con entusiasmo.

Ma i regali di quel luogo non si esaurivano in quelle melodie: ed infatti avremmo di lì a breve appreso, non essendocene accorti all’inizio, poiché eravamo entrati in quel luogo in tutta fretta per la pioggia, che in quel monastero, in fondo alla navata, proprio in prossimità dell’altare, vi erano le tombe di Pedro, figlio di Alfonso IV, e di Ines de Castro; personaggi di cui fino a quel momento ignoravamo l’esistenza e della cui storia vogliamo narrarvi, perché ha dato un senso a questo nostro viaggio e forse anche perché siamo inguaribili romantici.

Ebbene, Pedro, figlio di Alfonso IV, fu obbligato da quest’ultimo a sposare, per ragion di stato, l’ infanta di Castiglia, a nome Costanza, che lui non amava. Il suo cuore era invece nelle mani di una dama di corte, a nome Ines de Castro, che egli amò a dir poco smisuratamente. Ed, infatti, morta Costanza, Pedro si trasferì a Coimbra unitamente alla sua amata Ines. Questa decisione non fu, però, gradita ad Alfonso IV, il quale considerava che il lignaggio familiare di Ines nuocesse al buon nome della loro famiglia, per cui il 07.01.1355 fece uccidere la compagna del proprio figlio. Quest’ultimo, morto il padre Alfonso, si vendicò dell’affronto subìto, rintracciando, innanzitutto, i sicari della propria amata, a cui fece strappare il cuore. Dopo ciò, dichiarò pubblicamente che Ines era sua moglie, “ne fece esumare e incoronare il cadavere e obbligò la corte a inginocchiarsi davanti alla sua compagna e a baciarne la sua mano, ormai decomposta”.

Ma quel che più conta, egli fece costruire ed allocare in fondo alla navata di questo monastero il sarcofago suo e quello della bella Ines, posti l’uno di fronte all’altra, di modo che, il giorno del Giudizio, quando Ines si fosse risvegliata dal sonno eterno, sarebbe stato lui la prima persona che lei avrebbe visto, e a lui sarebbe accaduto lo stesso prodigio.

Non sappiamo quanto di vero ci sia in questa storia ( che ci ripromettiamo di approfondire), certo è che i due sarcofagi riposano, meravigliosamente decorati, l’uno di fronte all’altro in questo luogo sacro, ove solo da poco ha smesso di piovere, e dove ci soffermiamo ancora per qualche tempo, ognuno perso nell’intreccio dei propri pensieri.

Quindi, colmi per tanta inaspettata scoperta, ci dirigiamo all’altra bella abbazia domenicana di S. Maria da Vitora, nel vicino paese di Batalha, dove, dopo la visita, gustiamo un aperitivo al bar che sta sul piazzale antistante, assolutamente felici di aver optato per questa formula di viaggio solitaria e non in tour, così piena di momenti di puro divertimento che si accompagnano ad altrettanti momenti di magico silenzio. A sera inoltrata, ci dirigiamo nel vicino paese di pescatori di PENICE e ceniamo al ristorante “ Abrigo do Pescador”( Largo da Ribeira), consigliatoci da un simpatico venditore di lupini.

Il locale è frequentato solo da portoghesi, il pesce è fresco ed il prezzo accettabile , pari a € 22 a testa, che non ci sembrano tanti, anche in considerazione delle quantità di cibo famelicamente gustato.

Torniamo, infine, nel nostro austero castello, unico luogo dove potevamo soggiornare dopo una giornata così carica di storie di corte e, prima di dormire, pazzi come siamo, chiacchieriamo un po’ a lume di una candela, appositamente acquistata il giorno precedente, per restituire a quelle mura la loro corposa luce originaria.

– 5° GIORNO: ( giovedì 17 agosto 2006), OBIDOS- QUELUZ-SINTRA-CASCAIS- CAPO DA ROCA-ESTORIL-OBIDOS: Oggi è stata una giornata intensa ed entusiasmante. Partiti da Obidos alla buon’ora e con un cielo splendente e azzurro, ci siamo recati al bel Palazzo di Queluz, con i suoi incantevoli giardini, e che ci è apparso – come del resto segnalato dalle guide -una sorta di Versailles tutta portoghese, troppo spesso ( e a torto) trascurata dalle visite. Dopo Queluz ci siamo diretti alla vòlta di Sintra, ove abbiamo canonicamente visitato il Palacio National ed il famoso Palacio del Pena, con le sue forme eccentriche, di disneyana memoria. In relazione a quest’ultima visita, segnaliamo che l’andata dalla piazza principale del paese al palazzo, dopo una lunga e vana attesa dell’autobus alla fermata, l’abbiamo fatta in taxi ( al modico prezzo di 8 Euro in tutto); per il ritorno, invece, non avendo avuto l’accortezza, come alcuni avevano fatto, di chiedere al taxi di aspettarci fuori dal Palazzo, abbiamo avuto un’attesa di oltre un’ora e mezza per prendere il pullman che ci riportasse al centro; pullman che, tra l’altro, per come abbiamo saputo, è l’unico del paese ( pur essendo Sintra un centro molto turistico, il che è, a dir poco, assurdo!). Ove non bastasse, il prezzo per scendere con quell’unico mezzo è stato di € 3,50 a persona, quindi di gran lunga superiore a quello del taxi, per cui è consigliabile informarsi prima con il tassista su qual’è il prezzo complessivo della corsa, che senz’altro sarà più conveniente sotto il profilo economico, specie se si è in più di due persone, come noi eravamo, ma soprattutto più celere.

Dopo Sintra, da cui siamo letteralmente fuggiti anche perché è stato l’unico centro del Portogallo che abbiamo constatato essere letteralmente invaso dai turisti, ci siamo diretti verso l’Oceano, approdando prima al paesino di Cascais ( gradevole e vivace, oltre che in riva al mare) e poi a Capo da Roca, il punto più ad ovest del nostro continente, con vista mozzafiato dall’alto sull’oceano, dove, tra le onde inquiete, si stagliano austeri e massicci agglomerati di roccia, che ricordano i faraglioni di Capri. Al ritorno da questa bellissima gita, ripercorrendo a ritroso quella lingua di asfalto che costeggia la spiaggia e che, dipartendosi da Cascais, arriva fino al punto più estremo dell’occidente, convinco i due riluttanti del gruppo ( Ezio e Claudio) a fare quello che io e Raffaele andavamo rimuginando da tempo alla vista di quelle onde selvagge che si abbattevano sulla spiaggia e cioè toglierci le scarpe, lasciare tutto sulla macchina parcheggiata ai bordi della strada per correre all’impazzata per quella spiaggia lunghissima ( di oltre 600 metri), fino al mare. Non so proprio cosa ci fosse preso: non so se fosse colpa della musica di Sting che rimbombava nell’aria dall’abitacolo della nostra macchina, o se il tutto fosse stato originato dalla forza magnetica di quelle onde al tramonto, che lasciavano sospese nell’aria goccioline che si spargevano intorno,come una sorta di patina nebbiosa, trafitta dal sole di quel pomeriggio, certo è che una sorta di urgenza ci stava dominando, ed era come se fossimo stati tartarughe appena nate che si lanciano contro il mare. Ed è quello che, infatti, abbiamo fatto tenendoci per mano, gridando come pazzi fino a raggiungere l’acqua. E’ stata una sensazione magnifica, dotata di una potenza liberatoria e vivificante, su cui è inutile spendere altre parole, perché l’unica cosa è vivere quel momento se si ha la fortuna di saperlo cogliere, come abbiamo fatto noi seguendo l’istinto. Tra l’altro, i riluttanti Ezio e Claudio sono stati quelli che per primi hanno avuto contatto con il mare, dove, tra spruzzi d’acqua e sorrisi da bambini, con i vestiti bagnati, abbiamo fatto tante foto, che forse sono tra le più intense tra quelle scattate. In ultimo, trafelati ma felici, ci siamo seduti su quella grande spiaggia piena di gente, godendoci insieme le ultime luci del giorno.

Dopo qualche tempo, per cena, ci siamo infine recati all’insignificante e vicino centro di Estoril ( di cui si sconsiglia la visita), dove abbiamo cenato al ristorante “ Divino” ( annesso all’omonimo hotel in Avenida Marginal, Apartado, 49). Qui, all’accettabile prezzo di € 17,50 a testa, abbiamo letteralmente divorato il buon buffet che ci veniva offerto, accumulando con interessi tutto quello che avevamo bruciato nella giornata ( non avendo, tra l’altro, neppure pranzato).

Sfiniti, torniamo infine ad Obidos, dopo un piccolo giro per il paese di Estoril, con visita anche dell’americanissimo Casinò, fiore all’occhiello di quel paese, ma che a noi non è piaciuto affatto.

– 6° GIORNO: ( venerdì 18 agosto 2006), OBIDOS- CONDEIXA A NOVA-TOMAR-LEIRIA- COIMBRA: Di mattina, viaggio da Obidos e trasferimento a Condeixa a Nova, alla pousada S. Cristina, per il consueto deposito delle valige. Questa nostra nuova dimora si presenta come molto diversa dalla precedente: storica la prima, del tutto moderna nelle linee la seconda,pur se arredata in stile neoclassico, immersa però nel verde, in un silenzio assolutamente riposante, nonchè dotata di un gran prato frontistante le camere, alla fine del quale è stata ricavata una piscina, di cui purtroppo non abbiamo potuto usufruire nei due giorni di soggiorno poichè la temperatura esterna era piuttosto bassa, anche se si è trattato di giorni senza pioggia. Le camere, poi, sono molto spaziose, luminosissime, e con un bagno che, rapportato al precedente, ci sembra, specie per la sua ampiezza, a dir poco regale.

Esaurita questa prima breve ricognizione della nuova pousada, ci dirigiamo al grazioso paesino di Tomar, dove, attraversato il fiume tramite un ponticello, e percorso una breve via lastricata in pietra e piena di negozi, arriviamo alla chiesetta gotica di Sao Joao Baptista, sita al centro del paese, che campeggia su di una bella pavimentazione a scacchiera, bianca e nera, di efficace impatto visivo. Da lì, percorsi circa 300 metri a piedi ed in salita, approdiamo alla mèta di quella nostra visita mattutina, ovverosia il famoso Convento do Cristo, assolutamente impedibile , a nostro avviso, per la complessità e bellezza delle sue strutture e dei suoi elementi architettonici, tra cui fugacemente ricordiamo la notissima finestra manuelina, il chiostro grande ( silenzioso e scenograficamente magico), ed, infine, la rinomatissima Charola, che è poi il cuore di quel monastero, che fu oratorio dei templari e le cui linee bizantine, gli affreschi e la doratura del suo insieme meritano assolutamente questa gradevole visita.

Lasciata Tomar dopo aver effettuato un breve spuntino, naturalmente a base dei fantastici toast portoghesi, consumati in un bar sito nei pressi della bellissima piazza centrale, ci dirigiamo al paese di Leiria, dove però arriviamo troppo tardi, a castello ormai chiuso.

Ci trasferiamo, quindi, a Coimbra, dove facciamo una prima superficiale perlustrazione della città, dopo aver parcheggiato la macchina fuori dal centro ( così come consigliatoci da tutte le guide turistiche), nei pressi del ponte di S.Clara, in Avenida de Conimbriga, dove si trova un grande, quanto disordinato parcheggio pubblico. Ceniamo, infine, nella zona universitaria, in un ristorantino carino, dove si mangia molto bene, in gran quantità e a prezzi modici. L’unico “ prezzo” aggiunto da pagare è lo spettacolo di fado, a lume di candela, che in quel locale offrono gratuitamente. A me piace, anche se è un po’ turistico, anche perchè in fondo fa atmosfera e poi i suonatori non ossessionano i clienti con canzoni e musica ad oltranza, ma alternano brevi spazi di esibizione ad altrettanti momenti di tranquillità. L’effetto del tutto sui miei tre compagni di viaggio è, però, diametralmente opposto al mio: loro, infatti, anche facendo un po’ di scena, mostravano una sorta di insofferenza; so però – io che li conosco bene – che sotto sotto quelle esibizioni non sono loro dispiaciute, anche perché l’accompagnamento con chitarra era davvero gradevole.

Quanto al ristorante di cui dicevo, è situato nei pressi della vecchia cattedrale ( la Sé) e si chiama TROVADOR( in piazza Sé Velha). Anche qui i camerieri sono simpatici ed efficienti e, comunque, assolutamente da assaggiare, perché impedibile , è il loro dolce della casa ( una sorta di tiramisù a cui non si può resistere).

In ultimo, ormai disfatti, ci dirigiamo verso la nostra pousada per riposare, accompagnati durante il tragitto dalla musica delle radio libere portoghesi, che sono davvero di buon livello, perché mandano ottimi pezzi di musica locale ed internazionale con rarissimi commenti.

– 7° GIORNO: ( sabato 19 agosto 2006), CONDEIXA A NOVA- COIMBRA- FIGUERA DA FOZ- COIMBRA: Oggi giornata in tono minore, decisamente più tranquilla delle altre, con visita, nella prima parte della giornata, ai monumenti di Coimbra, con la sua bellissima zona universitaria, ove si raccomanda l’ingresso nella straordinaria biblioteca Joaniana; quindi un po’ di relax fino alle 14.00 circa, girovagando per i negozi del centro per qualche acquisto. Per pranzo siamo tornati al gradevole ristorante di ieri sera ( tra l’altro l’unico che ci sembrasse decente, oltre che aperto).

Al pomeriggio, i miei compagni di viaggio minacciano di disertare le ulteriori visite da me programmate e quindi decidiamo di fare una piccola siesta – di cui anch’io, a dire il vero, sento l’esigenza- per spezzare il ritmo convulso dei giorni precedenti. A sera, ben rinfrancati dalla pausa pomeridiana, ci dirigiamo alla vicina Figueira da Foz, sulla costa, per giungere alla quale, attraverso alcune strade secondarie, ci imbattiamo nell’austero ed imponente castello di Montemor–o-velho, uno dei tantissimi e ben conservati manieri che costellano il territorio di questo paese. Poco dopo, arriviamo alla mèta prefissaci, che ci appare subito come una città senza particolari qualità estetiche, seppure sia ad un tempo molto vivace. Lì ceniamo ad un buon ristorante di pesce, la Caçarola ( segnalatoci dalle guide), che è frequentato solo da portoghesi, e dove, per la verità, si mangia piuttosto bene ( specie le sardine cotte alla brace), anche se non ci sentiamo di consigliarlo vivamente, in quanto ci è sembrato un po’ sporco oltre che caotico, perché molto affollato.

Col sottofondo appropriato di musica locale mandata dalle radio libere di questo generoso paese, torniamo alla dolce accoglienza della nostra pousada, dove letteralmente stramazziamo, affondando nei nostri comodissimi letti, vinti da una stanchezza stratificata e che oggi ha avuto il sopravvento sul nostro consueto dinamismo.

– 8° GIORNO: ( domenica 20 agosto 2006), CONDEIXA A NOVA- GUIMARAES.: Dopo una riposante notte di cui tutti sentivamo il bisogno, all’indomani, poco dopo colazione, abbandoniamo la nostra quieta pousada di S. Cristina per approdare a Guimaraes, nella regione del Minho, nella meravigliosa pousada de S. Marinha, un ex convento agostiniano trasformato in residenza di lusso. La sua visita merita il viaggio in questo piccolo centro, che si è rivelato, tra l’altro, essere un paese pulito, ordinato e bellissimo, ricco com’è di numerose testimonianze storiche, nonché comodo punto di partenza verso altri paesini altrettanto importanti, siti nelle sue vicinanze, prima di perdersi nei dedali della imprevista città di Porto.

Ritorno per un attimo alla descrizione della pousada, con i suoi arredi antichi d’epoca e subito mi scorrono per la mente i suoi grandi saloni con scricchiolante parquet, le pareti adornate con numerosi dipinti ad olio del seicento, e poi i grossi quadri incastonati tra archi di pietra con basamento maiolicato, le stanze ben arredate che danno sul parco e una meravigliosa fontana, con tavolini intorno, dove è delizioso perdersi in silenzio ( per come è mio costume) o raccogliere i pensieri al calar della sera. Insomma, un concentrato di eleganza senza sfarzo, di quieto stile che ci stupisce un po’, perché del tutto inaspettato, ma da cui ci lasciamo subito circuire, proprio per la sua naturalezza, per nulla arrogante e tutta da gustare, come del resto abbiamo fatto nei giorni a venire, qualificando questa pousada come il fiore all’occhiello ( sotto il versante del soggiorno) di tutto il nostro viaggio.

Fatto un giro esplorativo nell’ex convento che ci ospita, e già ammaliati per tanta bellezza di cui avremmo goduto per ben due giorni, ci rechiamo, quindi, al paesino di Giumaraes ( che dista circa 5 Km più a valle rispetto alla pousada), e dove, oltre al Castello, alla cattedrale di Nostra Senhora da Oliveira e alla chiesa di S. Francesco, con il suo stupefacente piazzale pieno di fiori, consigliamo la visita al Museo di Alberto Sampaio, ubicato proprio a fianco della cattedrale, che ci ha piacevolmente colpito per le numerose sue statue lignee di ottima fattura e, soprattutto, per un trittico in argento del XIV, secolo rappresentante la Visita, L’Annunciazione e la Natività, di pregevole esecuzione.

Nel pomeriggio, ritornati alla nostra pousada, siamo stati in piscina a prendere il sole e a rilassarci un po’, mentre da poco lontano si stagliava l’austero profilo in pietra della facciata del convento che ci ospita.

Al tramonto, in un continuo di sensazioni deliziose, abbiamo consumato un aperitivo nel chiostro maiolicato, con sottofondo appropriato di musiche gregoriane, che ci distendono in attesa della cena, che decidiamo di fare all’elegante ristorante della nostra pousada, a cui oggi, con ogni evidenza, ci aggrappiamo come api sul miele.

Tra l’altro, prima di cenare, Claudio decide di stupirci ulteriormente e, senza farne cenno, si siede al pianoforte a coda di uno dei saloni del convento ( anch’esso con pareti maiolicate, ricco di quadri d’epoca e con tante lampade e libri) e ci delizia suonando il suo repertorio, tra cui, indimenticabili, sono state le note della Danza De La Moza Donosa di Alberto Gina Stera.

Infine, dopo una gustosissima cena, servita con ospitalità squisita in un locale ben arredato, facciamo una passeggiata rilassante per il centro medievale ed illuminato di Guimaraes, prima di dormire tra le storiche pareti di pietra del nostro rifugio dorato. – 9° GIORNO: ( lunedì 21 agosto 2006), GUIMARAES- BRAGA-BARCELOS- VIANA DO CASTELO-GUIMARAES-.: La stanchezza si fa sentire e raggiunge il culmine al termine del denso tour odierno: visita di Braga ( austera e monumentale); del santuario di Bon Jesus do Monte ( con i suoi sfiancanti gradini), di Barcelòs ( dove, però, siamo arrivati nel primo pomeriggio, per cui i venditori ambulanti, rinomati per la vendita dei galletti, ormai simbolo del Portogallo, avevano già “ sbaraccato”), e, infine, di Viana do Castello, con il suo vivace centro e la sua bella e moderna pousada, cui abbiamo fatto visita per il meraviglioso panorama ( ed accedendovi anche all’interno), ma che si è rivelata imparagonabile rispetto al nostro eccellente convento di S. Marinha.

Letteralmente sfiniti e con il peso di tutto il viaggio addosso, decidiamo di tornare alla nostra bellissima e confortevole pousada, dove, dopo un bagno refrigerante in piscina di oltre un’ora, ceniamo al buon ristorante dell’albergo, al cui interno, al prezzo di 28 Euro a persona, bibite escluse, viene offerto un buffet di tutto rispetto, che ci sazia piacevolmente e in abbondanza.

Una chiacchiera finale negli eleganti saloni adiacenti al chiostro, la compilazione veloce del nostro diario di viaggio – che abbiamo sempre stilato insieme, per tutto il corso di questa meravigliosa avventura,anche quando pensavamo di non farcela per la stanchezza ormai divenuta estrema- e, quindi, a nanna, per l’ultima notte tra le storiche pareti di questo ex luogo sacro, che non vorremmo più abbandonare, specie in vista del prossimo soggiorno a Porto, da tutti descrittaci, prima di partire, come una città infernale e che si è, invece, rivelata la mèta più qualificata ed inaspettata di questo nostro articolato percorso.

– 10° GIORNO: ( martedì 22 agosto 2006), GUIMARAES- PORTO.: Approdiamo finalmente a Porto ed arriviamo con fatica in albergo ( Hotel Mercure, 4 stelle), che è molto centrale, in piazza Bataltha, ma abbiamo difficoltà a sistemare la macchina, che parcheggiamo, infine, in un’autorimessa convenzionata con l’hotel ma che, per raggiungerla, ci fa letteralmente impazzire, per i sensi unici che caratterizzano questa città.

Facciamo un primo giro panoramico della parte alta ( torre dos Clerigos, la Sé, stazione maiolicata di Sao Bento, etc) e, infine, scendiamo al caratteristico quartiere Ribeira, non a torto considerato dall’Unesco patrimonio dell’umanità, dove rimaniamo colpiti dalla bellezza del palazzi multicolori che si affacciano sul Douro. E qui un’altra sorpresa: quella dei giovani intrepidi che a torso nudo, come una sorta di Acapulco trasfigurata, si lanciano nel fiume dalle alte arcate del ponte Dom Luis I.

Notiamo anche che la città è ben lontana dalla descrizione che un po’ tutti ci avevano fatto, come si trattasse di un luogo infernale da cui scappare al più presto, perché disordinato, caotico e degradato; anzi, è forse proprio in ragione di una descrizione così catastrofica, che noi ne cogliamo pian piano i lati positivi, che – ad un primo sguardo un pò superficiale- possono rimanere confinati in una zona d’ ombra. E ci accorgiamo, per esempio, che questa città, con la sua bellezza superba e sfrontata, che acceca con i suoi colori sfavillanti, adagiata sulla riva di un fiume così vitale nell’economia estetica di questo quartiere, non si è lasciata “ addomesticare” dall’omologazione contemporanea. E, infatti, residua una selvatichezza ruvida, che resiste alla patina assorbente del nuovo che avanza. E’ questo – crediamo- il fascino segreto di questo luogo, così spregiudicatamente selvaggio, pur nella cornice moderna che cerca di imbrigliarlo senza ( fortunatamente) riuscirci.

Ne sono testimonianza ( anche fotografica) la donnina che lava i panni alla fontana pubblica, proprio alle spalle di un moderno mercato in cristallo, poco più a valle della cattedrale; o l’omino rugoso, con la sigaretta che gli pende dal labbro, che in canottiera conduce la modernissima funicolare che dal basso trasporta alla zona alta della città, fino a piazza Bataltha.

Insomma, come dicevamo, un miscuglio di tradizione e di vita vissuta un po’ anarchicamente, del tutto in contrasto con i lavori pubblici che un po’ ovunque, come fosse un cantiere a cielo aperto, proiettano questa città verso orizzonti sempre più contemporanei.

Quanto a noi, trasportati da una luce magnetica che si spade ovunque, dopo un giro sul lungo fiume, con pausa ad uno dei bar che vivacizzano le banchine del Douro, risaliamo a piazza Batalha, servendoci della funicolare di cui si diceva in precedenza, sita nei pressi del ponte Dom Luis I.

Quindi, rinfrescatici in albergo e fattici belli per la serata, ceniamo al ristorante “ Tonho”, situato sulla riva frontistante al quartiere Ribeira, ovverosia in Vila Nova de Gaia, zona dove sono ubicate le varie cantine del famoso vino porto. Trattasi di un ristorante con vista mozzafiato sul fiume, con piatti portoghesi di qualità e dolcissima musica sullo sfondo, che esalta la bellezza del posto in cui siamo. Anche la cameriera che ci serve è molto carina, di una sensualità allegra, coinvolgente. Ed il prezzo, poi, di 22 Euro a persona, ci sembra accettabilissimo, per cui ci sentiamo di consigliare vivamente questo locale.

Dopo cena, facciamo un giro per la zona delle cantine, abbagliati dalle luci morbide che, dall’altra sponda, illuminano Ribeira e ci dirigiamo, infine, nella parte “ peccaminosa” della città, …E qui cala il silenzio… che ci piace proiettare in questa narrazione come un alone torbido, pieno di mistero. – 11° GIORNO: ( mercoledì 23 agosto 2006), PORTO: Stamane, come 4 Pretty Boys, ciondoliamo per la via dei negozi ( rua S. Caterina) per fare un po’ di shopping; quindi, dopo un pranzo leggero, consumiamo un dolcetto ed un caffè all’elegante caffè Majestic. Riposiamo poi un po’ in albergo per rinfrancarci e poter assaltare con la giusta grinta la imminente notte di Porto, in quest’ultimo giorno di vacanza, che già si tinge di nostalgia.

Prima di cena, passeggiamo attraverso il secondo piano del ponte Dom Luis I ( da cui, al tramonto, si gode un panorama fantastico), ed approdiamo di nuovo a Vila Nova de Gaia, percorrendo in discesa una via acciottolata e sconnessa, che ci offre scorci indimenticabili di questa città che ci ha ormai conquistato. Giungiamo, infine, al ristorante di ieri, che ci ha molto soddisfatto per il servizio e la qualità del cibo e,in attesa di cenare, rimaniamo in silenzio ad assorbire il fascino di questo luogo al crepuscolo, con i gabbiani le cui grida impazzite ci scuotono i sensi, e con le gondole cariche di botti di vino che ondeggiano, mentre le luci della sera impreziosiscono le casette multicolori di Ribeira, come fosse uno scenario fiabesco, di quelli sognati nelle scene romantiche della nostra fantasia.

E dopo aver riletto l’intero diario di viaggio stilato in questi 11 giorni, un po’ commossi, brindiamo, infine, con un buon Mateus al lungo percorso compiuto insieme, contenti della nostra complicità, gestita “ sul campo” con versatilità e rispetto, e ci auguriamo di riuscire a trovare presto un altro viaggio che, come questo, sia così carico di arte e di poesia.

Ma i regali che Porto ci offre non sono finiti: ed, infatti, dopo cena, passeggiando languidamente per l’ animato quartiere Ribeira, riceviamo un ultimo dono inaspettato, quasi che la città volesse con riconoscenza premiarci per l’entusiasmo con cui l’abbiamo abbracciata e fatta nostra, con le mille fotografie dell’anima, con il cuore emozionato, con le quali avevamo rubato le mille immagini che la rendono unica: quelle di un semplice muro sbrecciato di una casa, con il tetto sfondato, sullo sfondo abbagliante del fiume, assoluto protagonista di questo quadro; o quella di due gatti in calore che si amano furenti, lungo quella strada acciottolata che vertiginosamente si snoda verso il basso, verso quel senso di vertigine che ti prende dentro, e che ti porta a mollare gli ormeggi delle tue sensazioni interiori, che volano libere sull’acqua; o quella, infine,della gente dei quartieri bassi, che in abiti discinti si gusta la frescura della sera, fuori dalla porta delle proprie abitazioni, come nei vecchi paesi del nostro Sud, ormai quasi scomparsi.

E poi murales grigi e neri, raffiguranti visi di giovani segnati dalla violenza e dalla rabbia, di rara bellezza, e poi colori, ancora colori, sempre colori: quelli gialli delle poche facciate appena rifatte, o i rossi dei tetti di terracotta o gli azzurri delle maioliche di vecchio stile, che sbucano un po’ ovunque, come pennellate di questo insolito quadro vivente, ormai radicato dentro di noi.

Dicevo della sera: mentre la nostra ultima passeggiata stava per concludersi, verso mezzanotte, in largo Ribeira, una ragazza , accompagnata da un suo amico con la chitarra ( e munito di amplificatore), comincia a cantare canzoni portoghesi e del repertorio classico brasiliano. Potrebbe trattarsi di due semplici artisti di strada, che sbarcano come possono il lunario, in una qualunque nottata di fine estate, ed invece percepiamo qualcosa di diverso, perché, soprattutto la ragazza, ha un vero e proprio talento innato, ed interpreta le canzoni con una gestualità e una sensualità di pregio, assolutamente ammaliante. Siamo i primi a fermarci ad ascoltarli, e ci sediamo su un comodo spuntone metallico, che serve per l’attracco delle barche, sulla banchina del fiume. E tutto ci sembra perfetto: la musica, quella gestualità ammiccante della giovane, le luci, lo sciabordio dell’acqua poco lontano, la gente che numerosa si accalca per questa esibizione degna di tutt’altro palcoscenico, ma che noi viviamo come un premio. E sentiamo come scendere i titoli di coda su questo viaggio, in trasparenza e dentro di noi, ed evidentemente ancora non riusciamo a staccare il cuore da tutto questo, se siamo qui a scriverne, dopo tanti giorni, come unico rimedio per poter ritornare a fare la vita di sempre, archiviando in fondo in fondo questa minuscola luce estiva che si spegne.

E adesso, che siamo proprio arrivati alla fine di tutto, non possiamo che salutarvi, ringraziandovi in quel modo un po’ rude e però dolcissimo che abbiamo sentito rimbalzare un po’ ovunque per tutto il Portogallo: pagando ai caselli sulle autostrade, nei ristoranti, o semplicemente per strada. Il suono che ricordiamo e che vi porgiamo per dirvi grazie è sempre lo stesso:” Obrigado!”.

*** “Dedicato a chi già ama il Portogallo, o a chi vuole cadere nella tentazione di innamorarsene”.

Fulvio, Raffaele, Claudio ed Ezio



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