Dalle valli Trentine a Gardaland

Dalla quiete degli incantevoli laghi di Coredo e Tovel in Val di Non, alla scoperta delle perle di Ossana in val di Sole, fino al puro divertimento nel parco di Gardaland.
Scritto da: alvinktm
dalle valli trentine a gardaland
Partenza il: 05/08/2021
Ritorno il: 08/08/2021
Viaggiatori: 3
Spesa: 500 €
Io e mio marito abbiamo sempre evitato di viaggiare in agosto per via del costo eccessivo delle strutture ricettive, dell’affollamento delle località turistiche e soprattutto perché attendevamo di volare all’estero a settembre. Quest’estate 2021 però, ancora fortemente condizionata dalla pandemia e da una situazione in continua evoluzione fra l’incidenza dei contagi e i documenti necessari agli spostamenti, ci ha convinti a rimanere in Italia. Sfruttando l’entrata in vigore il 6 agosto del tanto discusso Green pass ho programmato una sorpresa per nostro figlio Leonardo di cinque anni, acquistando sul sito ufficiale gli abbonamenti per il parco divertimenti più amato d’Italia: Gardaland. In questa breve vacanza non c’è solo lo svago del più piccolo della famiglia, ma pure i paesaggi dolci e meravigliosi della valli trentine.

GIORNO 1

Cominciamo proprio da qui, dagli specchi d’acqua di Coredo e Tavon in VAL DI NON, divisi da una parete artificiale e immersi in una pineta a poco più di 800 metri di quota, fra colline e rilievi tondeggianti. Il primo e più esteso possiede un maggiore fascino, sebbene meriti il sentiero sterrato pianeggiante, adatto ai bimbi e ai passeggini, che segue le rive di entrambi. Il tempo di percorrenza, indicativo, è di circa un’ora a passo rilassato. Si parte dal parcheggio a pagamento al lago di Coredo, accanto al punto noleggio bici, o in alternativa c’è pure un secondo posteggio con parcometro tra i due laghetti. La prima porzione della passeggiata è caratterizzata da praticelli sulla riva, spiaggette ghiaiose e canne lacustri. Poco più su si estendono le piante aromatiche e i fiori come la calendula e la malva blu dell’orto biologico della cooperativa sociale di Cles che compongono un un patchwork di colori con tanto di cartelli esplicativi delle proprietà di ogni specie. Appese alla staccionata vediamo migliaia di scarpe colorate, sono le ‘impronte vuote di memoria’ in ricordo delle vittime della guerra. Sull’altra sponda, all’ombra dei pini che arrivano fino all’acqua, sono sistemati tavoli, panche, attrezzi ginnici, e si vede l’antica segheria veneziana con tanto di canale e mulino. La parte che più interessa ai bimbi è il grande parco attrezzato antistante l’accesso ai laghi. Qui si divertono e testano le capacità ginniche con giochi originali disseminati nel prato, nell’abbraccio della pineta.

Spinti dalle recensioni buone e curiosi di visitare un altro ritaglio della val di Non, a cena scegliamo il Ristorante Pizzeria Centrale nel paese di Flavon. A dispetto dei molti giudizi positivi non posso esprimere altrettanto entusiasmo sui primi piatti ordinati. Forse dovevamo optare per la specialità della casa, i tortei di patate… Il rapporto qualità-quantità-prezzo discreta come quella di tanti altri locali assieme agli arredi datati e per niente caratteristici mi spingono a non consigliarlo.

Cosa diversa per l’Albergo Tuenno nell’omonimo e vicino borgo, piccolo eppure meritevole di una passeggiata serale. Situato in centro, all’inizio della strada per Tovel, è circondato da posteggi liberi e accoglie i clienti in un palazzo storico dagli ambienti interni completamente ristrutturati. La gentilezza del personale e la bontà della colazione composta da torte e marmellate di produzione propria, formaggi e succhi trentini, lo rendono un ottimo hotel dove soggiornare. Ciliegina sulla torta è il pass gratuito per accedere a qualsiasi ora del giorno al lago di Tovel, prima meta del giorno seguente.

GIORNO 2 Il LAGO DI TOVEL, perla della val di Non, si trova nel Parco naturale Adamello-Brenta, a 11 chilometri da Tuenno. La strada per raggiungerlo viene chiusa al traffico dalle 10.30 alle 16:30 durante l’estate e i fine settimana di settembre e ottobre, e viene messa a disposizione una navetta facente da spola tra i vari parcheggi i cui costi variano a seconda della posizione. Per info e prenotazione dei posteggi consultate il sito dell’azienda per il turismo Val di Non al link: https://www.visitvaldinon.it/it/poi/i-parcheggi-di-tovel-in-estate/. Una volta giunti a destinazione gli amanti del trekking come noi possono scegliere diversi sentieri. Quello delle Glare che si snoda in discesa tra il lago e il ristorante Capriolo, serpeggiando in distese di rocce e ambienti forestali interessanti. Poi esiste il tracciato per la malga Tuena e il giro delle malghe, e quello che segue le rive di Tovel. Avendo poco tempo a disposizione scegliamo l’ultima opzione, adatta anche ai bambini ma transitabile solo in parte con i passeggini. Il luogo offre tantissimi scorci da immortalare in fotografia. Baie prative e barchette attraccate a minuscoli moli, e la casa in legno con le persiane dipinte nel bosco. E’ un continuo procedere e fermarsi ad ammirare paesaggi romantici, splendidi, come le fronde degli alberi piegate sino all’acqua e quello sui massicci del parco Adamello Brenta specchiati nel lago. Considerate due ore per coprire l’intero anello, comprese di brevi deviazioni, numerose pause fotografiche e soste appetitose. Per ristorarsi e alloggiare ci sono infatti alberghi e ristoranti ben amalgamati nell’ecosistema montano. La pineta poi custodisce alcune sorprese. La sorgente del roccione compare inaspettata lungo il sentiero e pare sgorgare direttamente dal suolo. Proviene invece dal ruscello Rislà che disegna un’alta cascata poco più a monte. Alla base del salto si infiltra tra i detriti rocciosi per sbucare di tanto in tanto in superficie e giungere poi al lago in gran parte al termine del largo conoide e nei pressi delle spiagge bianche. Qui i piccoli ciottoli candidi immergendosi al di sotto della superficie lacustre creano un effetto da mare caraibico, limpido, da sogno. La differenza è nella temperatura dell’acqua, poco adatta a bagni rilassanti, ma per bagnarsi i piedi va benissimo. Non solo gioielli naturali, anche dei misteri popolano Tovel. Mi riferisco all’arrossamento di una parte del lago durante il periodo estivo sino al 1964, evento che si mantiene in bilico tra scienza e leggenda. Quest’ultima narra del rifiuto della principessa di Ragoli alle nozze con il re di Tuenno, spinto all’unione per i possedimenti terreni e non dall’amore. L’atteggiamento della giovane provocò uno scontro violenta sulle rive del lago e lo sterminio dei ragolesi. Quel giorno il sangue colorò l’acqua di rosso e da allora si ripeté ogni anno in ricordo della bella sovrana. La spiegazione scientifica invece attribuisce il fenomeno estivo alla presenza di un’alga particolare capace di sviluppare un pigmento rosso che sospinta dalla vento lieve si ammassava nella baia. La sua fine rimane ancora un mistero per gli scienziati e tale aspetto rende Tovel ancora più fascinoso. Un luogo così non si dimentica anzi, induce a pianificare una seconda visita, magari per salire in quota e ammirare il lago da una diversa prospettiva.

Due ore di macchina gran parte sull’autostrada A22 del Brennero ci portano nel basso Garda, in un posto magico per i bambini. Dal 19 luglio 1975, giorno della sua inaugurazione, GARDALAND ha accolto milioni di giovani e famiglie regalando momenti spensierati. Certo è cambiato molto da quella data eppure l’incanto che sprigiona è rimasto lo stesso, persino in tempi di pandemia. Sbrigate le pratiche alla biglietteria per la consegna tessere dell’abbonamento stagionale acquistato su internet, varchiamo i cancelli di un parco semi-vuoto per via, ci conferma il personale, dell’entrata in vigore del Green pass, i cui controlli all’ingresso sono rigorosi. D’altronde il target di età a cui si rivolge Gardaland coincide con la parte della popolazione meno vaccinata. Meglio per noi che possiamo godere fino alle 23 (orario di chiusura durante il periodo estivo) in piena tranquillità e rilassatezza di spettacoli, ristoranti e attrazioni. Per accedere ad alcune di queste dall’anno scorso è stata introdotta l’app Qoda da scaricare sul cellulare e con cui prenotare il proprio turno per sé e la famiglia. Novità a mio parere comodissima in quanto elimina le lunghe attese fermi in coda, consentendo nel frattempo di salire sulle giostre in cui non è richiesta la prenotazione o, se siete con bambini, di lasciarli scorrazzare nelle aree libere e attrezzate appena introdotte. La giornata si conclude verso mezzanotte nelle camere a tema del Gardaland Magic Hotel, limitrofo al parco. E il mattino seguente ne comincia una nuova al ristorante Quercia magica dove consumiamo una colazione molto varia e abbondante. In conclusione tuttavia né noi, né Leonardo rimaniamo folgorati dalle ambientazioni tanto pubblicizzate del Resort, trovando il complesso dispersivo, caotico, con arredi delle stanze appena sufficienti e decorazioni passabili, e soprattutto dal costo estremamente eccessivo, nonostante il cospicuo sconto abbonati. L’intenzione era quella di regalare a nostro figlio un’esperienza da sogno ma visto il risultato non la replicheremo. Questa però è soltanto un’opinione personale, molto soggettiva!

GIORNO 3 La calura diurna rende meno piacevole la seconda giornata a Gardaland, perciò in estate consiglio vivamente di sfruttare l’apertura serale prolungata. Usciamo dal parco nel tardo pomeriggio per risalire la Vallagarina lungo la statale ed evitare così l’autostrada intasata di code a tratti, camion e godere dei paesaggi suggestivi attraversati dal tragitto secondario. Come la gola di Ceraino sovrastata dai forti di Monte, di Rivoli, di Ceraino: qui le falesie verticali si gettano nelle acque grosse e agitate del fiume Adige. Splendido ammirare le distese di vitigni fra cui quelli coltivati a pergola del Marzemino, davvero fascinoso poi seguire le indicazioni per Arco di Trento e scorgere da lontano la porzione nord del lago di Garda, e quindi avventurarsi nella Valle di Laghi con scorci ameni verso le montagne e il torrente Sarca. Merita una sosta, seppure con la pioggia com’è capitato a noi, il lago di Toblino racchiuso dai canneti e da una vegetazione lussureggiante, con la penisola dominata dal castello omonimo oggi ospitante un ristorante non proprio economico. Poco sopra, allungato su un altopiano verdeggiante, si adagia il borgo medievale di Calavino, dove trascorreremo la notte nell’affittacamere Casa di Patrizia. La proprietaria, Patrizia per l’appunto, ci accoglie con cordialità e disponibilità uniche. Le due camere mansardate della struttura sono ampie, pulite, dotate di ogni confort e affacciano su una cucina attrezzata comune rifornita di tè, caffè, zucchero, sale, condimenti, tutto il necessario per preparasi cena e colazione in autonomia. Se per la seconda ne abbiamo approfittato, per la sera preferiamo ripiegare sul vicino ristorante Cipriano, nel quale ritroviamo le stesse premure e gentilezze affiancate da un’ottima cucina e un buon rapporto qualità-prezzo.

GIORNO 4

Il mattino seguente rinfrescato dal temporale notturno è perfetto per un giro nel piccolo centro storico di Calavino, ottimamente restaurato, fino all’enorme area giochi e di svago collocata accanto alla chiesa parrocchiale. Siamo alle pendici del Monte Bondone conosciuto per le piste da sci e vediamo poco sopra, su un colle, le torri di castel Madruzzo, non visitabile. Mentre davanti a noi, sull’altro lato della vallata, s’innalzano biancastre le falesie verticali della valle dei laghi che incombono sui piccoli bacini lacustri di Toblino e Massenza. Per Leonardo le ultime discese sullo scivolo, poi venti minuti d’auto per raggiungere sul lungo Adige della cittadina di Trento il PALAZZO DELLE ALBERE. L’edificio deve il suo nome al viale alberato con pioppi bianchi che lo collegava al portale d’ingresso della tenuta. Di proprietà della famiglia Madruzzo, fu eretto nel 1550 e appare austero e robusto, con le torri ai quattro angoli a rafforzarne la struttura a base quadrata. Solo le tante finestre assieme agli archi e alle colonne dell’ingresso principale alleggeriscono le facciate. Gli interni ben ristrutturati conservano ancora una parte degli affreschi, e le stanze fino al 19 settembre 2021 ospiteranno la mostra fotografica TERRE ALTE, con i capolavori di STEVE MCCURRY (info sul sito: http://www.mart.trento.it/mccurry). Prima di addentrarci nelle sale passeggiamo lungo i vialetti dell’orto del MUSE, il famoso museo delle scienze che già conosciamo e di cui consiglio la visita soprattutto se viaggiate con bambini. Il complesso museale colpisce per la modernità dell’architettura e le pareti in vetro, create apposta per abbattere le barriere tra interno ed esterno e su cui si riflettono i colori del prato nel quali sono immerse. I parcheggi del Muse sono pochi e costosi, 2 euro all’ora, perciò meglio andare alla ricerca di un posto gratuito nel piazzale Sanseverino, accanto allo stadio, o nell’area Montebaldo, entrambi distanti 500 metri. L’intero complesso sorge accanto al quartiere residenziale delle Albere progettato dal celebre studio Renzo Piano building workshop e del quale vi parlerò più avanti. Inaugurato nel 2013 assieme al museo rappresenta la nuova concezione di città. Gli architetti di Renzo Piano hanno creato degli edifici dalle linee moderne ed ecosostenibili che si integrano al paesaggio alpino circostante. Sono riusciti a riqualificare l’area del vecchio stabilimento Michelin, abbandonato dal 1999, creando uno spazio dall’alta qualità di vita dove gli appartamenti si affacciano su viali lastricati e pedonali, vivacizzati da alberi, canali d’acqua e ponticelli. Bar, negozi, ristorantini, panificio e pasticceria animano il piano terra delle abitazioni, sulla piazza si affaccia la biblioteca universitaria e ci sono persino un hotel quattro stelle della catena NH e il ristorante Old Wild West. Il tutto lambisce un immenso parco pubblico con giochi per bambini e prati sconfinati, ovviamente testati da Leonardo mentre noi sorseggiamo un buon caffè.

Entriamo finalmente alla mostra Terre Alte, emozionati di ammirare le opere del fotografo Steve McCurry da noi tanto amato e stimato. Nato a Filadelfia nel 1950, si laurea in fotografia e cinema all’università della Pennsylvania e a ventotto anni parte per l’India, portale d’accesso per l’Afghanistan e il Pakistan. Si unisce a un gruppo di Mujahidin fingendosi uno di loro, nascondendo la macchina fotografica in un sacchetto di stoffa, per raggiungere i lori rifugi sui monti afgani e documentarne la lotta tenace. E’ il primo giornalista occidentale a entrare in Afghanistan e grazie al suo coraggio il mondo conosce finalmente la tragedia di questo popolo. Per tale impresa McCurry guadagna prestigiosi riconoscimenti e da allora ritorna nel paese più di quaranta volte. Proprio in uno di quei viaggi immortala lo sguardo della giovane rifugiata Sharbat Gula in un campo profughi pakistano, e dopo una ricerca durata diciassette anni riesce a ritrovarla. In suo nome crea l’associazione che si occupa dell’istruzione delle ragazze afgane.

L’esposizione ci entusiasma da subito! Viene rappresentata la resilienza dell’uomo a vivere negli ambienti duri, a volte spietati, eppure meravigliosi della montagna, nonché la sua tenacia nel resistere alle forze avverse, spesso distruttive, della natura. Le fotografie simboleggiano la carriera di McCurry, la volontà di conoscere e catturano il mondo più autentico, e di cogliere i sentimenti dell’animo umano. Immortalano i rilievi asiatici e testimoniano pure i soprusi perpetrati dall’uomo verso la natura e i propri simili.

Ma quando nasce la passione di McCurry per la fotografia? Probabilmente all’età di 12 anni quando gli viene regalato un libro fotografico raffigurante i monsoni. Capisce di voler viaggiare per conoscere il mondo e la professione di fotografo può concretizzare quel sogno. La fotografia del vecchio immerso nell’acqua fino al collo con una macchina da cucire sulle spalle, scattata proprio durante un monsone, viene scelta come copertina del National Geographic e compone uno dei diversi progetti da lui stesso creati.

Leggere è un altro di questi lavori. Un gesto semplice eppure profondo come la lettura accomuna tutti i popoli del mondo, un’azione possibile nei contesti più svariati, come nelle guerre o in un centro di protezione degli elefanti: proprio la foto che mi ha colpito. Fa parte inoltre di una campagna di alfabetizzazione delle realtà ai margini del mondo, volta a valorizzare il compito della scuola, fondamentale mezzo di emancipazione e libertà.

Un ulteriore programma del fotografo è Animals. Nata nel 1991 quando McCurry viene inviato a documentare la catastrofe ambientale della Guerra del Golfo, raggruppa una serie di istantanee capaci di elaborare la sua profonda sensibilità nei confronti degli animali. La foto simbolo è quella scattata ai cammelli con alle spalle il fuoco dei pozzi di petrolio in fiamme.

Concludo la mia personale dedica a Steve McCurry riportandone un pensiero che possiamo condividere nella nostra quotidianità: ‘predico sempre la pazienza, i lunghi appostamenti nell’attesa dello scatto perfetto. Ma la fotografia è fatta anche di attimi fuggenti da cogliere istantaneamente’.

E’ giunto il momento di avvicinarci a casa ripercorrendo in senso opposto la val di Non e quasi per intero la val di Sole fino al paese di OSSANA. Qui il Castello di San Michele si colloca in una posizione strategica sopra una rupe alla confluenza tra le valli di Pejo e Vermiglio e all’imbocco della salita del passo Tonale. Ha rivestito numerosi funzioni, di controllo, raccolta delle imposte, officina dove si lavorava il ferro estratto a Pejo. La prima documentazione scritta attestante la presenza del maniero risale al 1191, mentre la chiesa inglobata nelle mura dovrebbe appartenere al VI-VIII secolo. La massima importanza la raggiunge con il nobile lombardo Giacomino Federici nel 1400, il quale lo riedifica nell’attuale conformazione. Dopo 150 anni di opulenza comincia la parabola discendente della fortezza, relegata nel 1800 dagli austriaci a deposito di munizioni. Acquistata dalla provincia di Trento nel 1992 che ne termina il restauro, nel 2014 la apre al pubblico. Ora è possibile salire in cima al possente mastio a pianta quadrata alto 26 metri e da cui si gode un meraviglioso panorama sulle valli di Pejo e di Sole. Visitare quel che resta di alcune sale, come quella del camino dove l’impronta del focolare fa immaginare chi un tempo sedeva attorno alla fiamma sfavillante. Si cammina sulle due cinte murarie, l’una inscritta nell’altra, con i rispettivi portali d’accesso, i resti dell’antico edificio religioso, il viale d’ingresso, la corte interna. Ci si sporge nella magica stanza con il forziere su cui aleggia una leggenda, quella del ‘tesoro che acceca’. Pare che nel 1500 la giovane Loredana frequentante i salotti di Venezia sentì parlare delle immense ricchezze dell’allora famiglia nobile del castello. Avida e ambiziosa riuscì a farsi sposare dal conte Federici e la prima notte di nozze convinse il marito a mostrarle i bauli d’oro e di gemme preziose di cui tanto aveva sentito parlare. Giunti nella sala Loredana rimase abbagliata da tanta opulenza. Fu letteralmente accecata dalla sua stessa avidità, non aveva resistito al bagliore sinistro dell’oro e a quello assassino dei diamanti. Le sorprese di Ossana non sono ancora finite. Poco distante dal maniero, alle spalle della chiesa di San Vigilio, si estende lungo il fianco in salita della montagna il Giardino dei sensi. Si tratta di un percorso ad anello su vialetti asfaltati lungo i quali trovano posto panchine, gazebi, indicazione sulle specie vegetali. Conduce a un secondo tracciato circolare, quello degli gnomi, con sculture in legno dei simpatici abitanti del bosco a farci compagnia. All’apice dei sentieri si trova il Bosco Derniga, un giardino botanico immerso nella pineta a ingresso gratuito. Ahimè la chiusura alle 17:00 ci impedisce di percorrerne i viali, tuttavia lo osserviamo dal fuori percorrendone l’intero perimetro. E’ interessante sapere che i boschi nei quali ci si trova sono stati sfruttatati per la produzione del carbone di legna, a sua volta utilizzato nell’industria per la lavorazione del ferro estratto dalla val di Pejo. Fine industriale a parte, le pinete rappresentano un’oasi di tranquillità e frescura. Il percorso ivi descritto si percorre in un’ora circa a passo di bimbo e non è adatto ai passeggini, ma chi vuole può trascorrerci una mezza giornata o più, riposando e pranzando su una delle tante panchine o magari andando alla ricerca dei buonissimi funghi porcini nella pineta fiabesca.

Con quest’ultimo scorcio nel cuore salutiamo la val di Sole per rientrare in Valtellina attraverso i passi del Tonale e dell’Aprica, nella speranza di organizzare un altro viaggio a settembre nella nostra meravigliosa Italia.

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lago di Tovel in val di Non, Trentino

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Palazzo delle Albere a Trento

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lago di Coredo in val di Non, Trentino

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le pinete di Ossana in val di Sole, Trentino



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