Dalla diga del vajont alla marmolada
Era da tanto tempo che volevamo andare nei luoghi del Vajont. Avevamo già visto sia lo spettacolo di Paolini che il film del regista Martinelli, ed eravamo molto curiosi di vedere dal vivo quei luoghi di cui molto avevamo sentito parlare. Così un giorno siamo partiti da Padova verso le 07.30, e siamo arrivati a LONGARONE verso le 10.00, passando...
Era da tanto tempo che volevamo andare nei luoghi del Vajont. Avevamo già visto sia lo spettacolo di Paolini che il film del regista Martinelli, ed eravamo molto curiosi di vedere dal vivo quei luoghi di cui molto avevamo sentito parlare. Così un giorno siamo partiti da Padova verso le 07.30, e siamo arrivati a LONGARONE verso le 10.00, passando attraverso quella specie di girone dantesco chiamato “tangenziale di Mestre”, che ci ha fatto perdere quasi un’ora a causa di un incidente. A Fortogna, 5 km prima di Longarone arrivando da sud, c’è il Cimitero Monumentale delle vittime del Vajont: un prato con una distesa di piccole lapidi, riportanti il nome e l’età del deceduto. A Longarone c’è poco da vedere, il paese è stato quasi interamente ricostruito. Siamo andati alla Pro Loco, che si trova in piazza Jacopo Tasso, dove pagando solo 1 euro si può visitare una mostra fotografica su quel tragico 9 ottobre 1963. Di fronte c’è la chiesa del paese, costruita dopo il disastro e dedicata alle vittime. Della vecchia resta solo qualche rudere, che si può vedere scendendo una rampa di scale. In un certo punto del paese, all’interno della valle del torrente Vajont, si può vedere la diga… che da lì non impressiona più di tanto, sembra quasi piccola… Abbiamo poi imboccato la strada per la diga, ben segnalata. Passando il ponte sul Piave ci si può fare un’idea di cosa provocano 50 milioni di metri cubi d’acqua che si abbattono su una valle alla velocità di 90 km/h: tutto il fondovalle è completamente spianato, senza la minima asperità, sembra quasi “piallato”. Insomma, una tavola con un fiume che l’attraversa. Salendo, dopo qualche km, c’è un punto in cui si vede la diga da vicino, e da lì fa tutto un altro effetto… un muro alto 260 metri, con un coronamento di quasi 200, che chiude ermeticamente la valle retrostante. Poco dopo la diga c’è un parcheggio. Da lì si può arrivare all’inizio del coronamento, oppure scendere sul terreno franato, che ha interamente ricoperto la valle dove prima c’era l’acqua. C’è anche la possibilità di scendere ulteriormente e di arrivare a ridosso della diga. Il coronamento è visitabile solo da gruppi di almeno 20 persone, previa prenotazione presso la Pro Loco di Longarone (www.Longarone.Net). Alzando lo sguardo verso il Monte Toc, si può vedere una parte della montagna franata. Appunto, solo una parte… Ripresa l’auto, continuiamo a risalire la valle e ad un certo punto svoltiamo a sinistra, verso CASSO. Attraverso una strada stretta e ripida, verso mezzogiorno arriviamo in questo minuscolo paese, che si trova sulla sponda opposta della valle rispetto alla frana. Quando rivolgiamo lo sguardo al Monte Toc, restiamo letteralmente a bocca aperta… Alla montagna manca una gigantesca “M” di 260 milioni di metri cubi di roccia. E’ solo allora che capiamo la portata di questo disastro… Facciamo anche due passi nel paesino, in giro non c’è nessuno. Una signora molto anziana ci vede salire la stradina, ci guarda storto… C’è anche un piccolo negozio di souvenirs, ma è aperto solo la domenica.
Scendiamo da Casso e proseguiamo verso ERTO (www.Erto.It). Seguiamo le indicazioni per il centro del paese, e passiamo attraverso il cuore della vecchia Erto, semiabbandonata dopo il disastro, ma che ultimamente ha visto molte persone ritornare per sistemare le proprie vecchie case. Vedere questi luoghi ci ha molto colpito, soprattutto perché eravamo informati già da prima su quanto era successo. A tutti coloro che volessero andarci, consigliamo di vedere prima lo spettacolo di Paolini e/o il film.
Torniamo verso Longarone e ci dirigiamo verso la successiva tappa: Cortina d’Ampezzo. Ci arriviamo verso le 13.30, lasciamo l’auto in uno dei tanti parcheggi a pagamento, mangiamo i nostri panini in un parchetto, e facciamo due passi nella zona pedonale.
Ripresa l’auto, imbocchiamo la statale n° 48, passiamo a fianco dello splendido Massiccio delle Tofane, e al Passo Falzarego prendiamo per il Passo Pordoi (che però non faremo). Ad un certo punto, infatti, svoltiamo a sinistra per la Marmolada. A Caprile d’Alleghe facciamo gasolio e poi affrontiamo la ripida salita (pendenze anche del 15-16%) che ci porta al Passo della Fedaia. Su questo Passo dolomitico a 2000 metri c’è un laghetto, ma soprattutto, rivolgendo lo sguardo verso sud, il GHIACCIAIO DELLA MARMOLADA con i suoi 3343 metri di altezza. La giornata è splendida, e il ghiacciaio illuminato dal sole è un autentico spettacolo! Facciamo due passi sul coronamento della piccola diga, che costituisce una sponda del lago, e raggiungiamo un bar che vende anche alcuni souvenirs. Ma è ora di tornare… Scendiamo verso Canazei, imbocchiamo la Val di Fassa, e dopo Pozza di Fassa giriamo a destra verso Bolzano. Scolliniamo al Passo di Costalunga, passiamo il Lago di Carezza, Nova Levante, e attraverso la Val d’Ega (bellissima da fare in macchina) arriviamo a Bolzano, dove prendiamo l’autostrada per tornare a Padova. Ci arriviamo verso le 20.30.
Un giretto su e giù per le montagne un po’ lungo (470 km in tutto), ma che ci ha permesso di visitare luoghi emozionanti e molto suggestivi, anche se per motivi diversi.