Dalla California a Yellowstone
Siamo partiti in due, Luca ed Antonella, tour rigorosamente “fai da te”, prenotando dall’Italia solo il voloA/R, il noleggio macchina e la prima/ultima notte in albergo a S. Francisco. In 2 ci si può tranquillamente assumere il rischio di non prenotare, anche in alta stagione: (al limite pagando un po’ di più ma comunque una camera si trova), ed il programma di viaggio è mooolto più elastico e su misura.
VOLO: DELTA, Venezia – S. Francisco con scalo ad Atlanta. Senza problemi.
Ricordate che adesso le procedure di “immigrazione” si fanno al primo scalo su suolo americano (e non a destinazione finale). Significa che ti scaricano e riconsegnano i bagagli, e dopo avere espletato tutta la procedura di ingresso nel Paese potrai reimbarcarli verso la tua destinazione finale. In sintesi: serve del tempo, noi avevamo un intervallo di 2 ore ad Atlanta, ed in questo modo lo abbiamo occupato quasi tutto.
MACCHINA: arrivati a S. Francisco con il voucher per ritirare una categoria “economy” ci siamo visti consegnare una Chevy HHR (una “giardinetta” simile al PT Cruiser, ma leggermente più grande) dove siamo stati comodissimi. Si sa che negli Stati Uniti tutto è “PIU’ GRANDE” dei nostri standard, regolatevi…
A nostro avviso il fuoristrada nei parchi non è necessario (nemmeno nella Monument Valley), sempre che non vogliate togliervi uno sfizio o fare percorsi particolari.
Stesso discorso per il navigatore; le città infatti hanno praticamente tutte una rete stradale a griglia con incroci ad angolo retto, e le strade extraurbane sono contrassegnate oltre che da un numero anche dalla direzione (est, sud, ecc.) in cui la si sta percorrendo: con una buona cartina si arriva dappertutto senza problemi.
ENTRATE NEI PARCHI: nei parchi statali (NP – National Parks) esistono diversi tipi di biglietti: BIGLIETTO SINGOLO – solitamente vale 1 settimana, per 1 veicolo contenente max. 8 persone, il costo si aggira tra 15 e 25 dollari (dipende dal Parco).
ANNUAL PASS – Valido 12 mesi, per un singolo parco, costa 50 dollari.
INTERAGENCY ANNUAL PASS – valido 12 mesi, per tutti i parchi nazionali e le aree ricreative federali, costa 80 dollari Se pensate di visitare 4/5 parchi nazionali vi conviene sicuramente l’acquisto dell’Interagency Annual Pass, come abbiamo fatto noi.
LE NOSTRE TAPPE: – S. Francisco – s. Francisco – yosemite np – yosemite np – bodie – lee vining – lone pine – lone pine – death valley np – las vegas –st. George – st. George – bryce canyon np – salt lake city – salt lake city – west yellowstone – yellowstone np – yellowstone np – cody – cody – moab – moab – arches np – dead horse point –monument valley – tuba city – tuba city – page – antelope canyon – grand canyon – grand canyon np – bullhead city/laughlin – bullhead city – santa monica – venice beach – los angeles – hollywood – malibu’ – santa monica – monterey – monterey – s. Francisco – s. FRANCISCO
I NOSTRI COMMENTI SAN FRANCISCO: non è la solita città americana, ha un fascino particolare ed a noi è piaciuta molto.
Ricordatevi che d’estate è molto fredda, le massime di solito stazionano sui 21° – 24°C e le minime sui 10° – 12° C; se non volete finire nella schiera dei “congelati di S. Francisco” descritti da Beppe Severgnini un maglioncino di lana ed un giubbotto sono necessari, soprattutto di sera.
Dopo avere trascorso il primo giorno visitando le zone più caratteristiche della città (i suggerimenti si trovano in qualsiasi guida e non li ripetiamo) il secondo giorno abbiamo ritirato la nostra macchinetta (si fa per dire) e ci siamo diretti verso il primo parco in programma, Yosemite.
Arrivati a YOSEMITE NP: dopo qualche ora di viaggio, vi confessiamo che il parco non ci ha fatto molto effetto; è bello, ma non così diverso da certi paesaggi montani nostri. Comunque, essendo ubicato nel percorso classico che da S. Francisco porta verso Valle della morte – Las Vegas – Grand Canyon ecc vale la pena di visitarlo.
Ci hanno emozionato molto, nel parco, un’orsa con due cuccioli che ha attraversato la strada alle 7.00 di mattina mentre stavamo puntando su Glacier Point, e le sequoie di Mariposa Grove. Se, come noi, arrivate nel parco senza prenotazioni per la notte, provate i Lodge a Yosemite West: dirigetevi verso sud (su Mariposa Grove), e troverete le indicazioni e la stradina sulla destra poco dopo avere superato il bivio che porta a Glacier Point.
Usciti da Yosemite, ed arrivati a Lee Vining dopo aver valicato il Tioga pass, ci siamo diretti a nord poche decine di miglia per vedere BODIE, una città fantasma tra le meglio conservate (ed “autentiche”) dei tempi della corsa all’oro; siamo quindi ridiscesi verso sud facenso sosta per la notte a Lone Pine.
Quest’ultimo è stato la “capitale del cinema western” dai ruggenti anni ’20 fino ai ’50: in questo arco di tempo moltissimi film e telefilm western sono stati girati in esterni nella zona circostante, ed il paese ha ospitato a lungo anche un Festival cinematografico (di genere). Le ceneri dell’attrice Barbara Stanwich sono state disperse a Lone Pine.
Inoltre, e non meno importante, offre un buon numero di motels ed è a nostro avviso un’ottima base di partenza per affrontare la traversata della Valle della morte la mattina successiva (noi, ancora sballati dall’effetto fuso, alle 5.20 eravamo già in macchina: viste le temperature agostane della zona è stato meglio così, alle 9.00 erano già 40° C).
VALLE DELLA MORTE: alle 4.30 eravamo già svegli come grilli, ed alle 5.20 siamo partiti godendoci l’alba durante il cammino. Non ci ha impressionato più di tanto con le sue dune di sabbia e le variazioni cromatiche, altri parchi ci sono piaciuti molto di più. E’ vero che è caldissima, ed offre poco dal punto di vista “supporto logistico ai viaggiatori”; lungo la strada si vedono ogni tanto cisterne d’acqua per chi avesse problemi con il radiatore della propria macchina. Essendo partiti così presto, a fine mattinata eravamo già nella Capitale del Vizio: Las Vegas. Un gran luna park dove siamo rimasti qualche ora, visitando gli alberghi (o dovrei dire “centri commerciali”?) principali. Siamo saliti in cima alla tour eiffel del Paris – ma la vista di giorno non vale la salita – ci sono piaciuti molto il Bellagio ed il ??, ed infine, orrore e raccapriccio!! abbiamo verificato che le gondole del Venetian sono dotate di motore, con tanto di chiave d’accensione e due pulsanti (freno ed acceleratore?) a piede per il finto gondoliere di turno…Forse dovremmo segnalarli al gabibbo.
La città è abbastanza fasulla e poche ore sono sufficienti per deprimersi, meglio scappare prima che ti prenda una “botta di tristezza”: non abbiamo nemmeno aspettato che calassero le prime ombre della sera per vederla illuminata a giorno, ed abbiamo proseguito dormendo a St. George.
Il giorno dopo siamo ripartiti alla volta di Bryce Canyon NP, una meraviglia del creato che a noi è piaciuta moltissimo e che assolutamente non va persa, una tavolozza di colori incredibili. Volendo si può scendere a piedi nel canyon, ci sono tutta una serie di sentieri più o meno lunghi ed impegnativi; noi abbiamo optato per la visione dall’alto, dai vista point classici. Dopo qualche ora (più che sufficiente per la visita del parco) e dopo una tappa dal gommista nell’officina all’uscita del parco (ci siamo ritrovati infatti con un bel chiodo piantato nel pneumatico) siamo risaliti in macchina arrivando a Salt Lake City per la notte. Lungo la nostra strada verso Salt Lake abbiamo (ho..) avuto un incontro ravvicinato con un poliziotto che dopo averci fermato ci ha gentilmente fatto notare che avevo tenuto una velocità troppo alta nell’attraversare il paesino a lui affidato. E’ finita così, senza multa, ma non vi dico che agitazione mi era venuta!! Da lì in avanti siamo stati più attenti ai limiti soprattutto nei centri abitati dove la presenza di polizia è maggiore – anche se spesso abbiamo visto macchine della polizia appostate in mezzo ai cespugli nelle aree sterrate spartitraffico tra i due sensi di marcia delle Interstates. A nostra discolpa va detto che è difficile rispettare i limiti, soprattutto quando percorri miglia e miglia su una striscia d’asfalto in mezzo al deserto e ci sei solo tu, la strada, il nulla intorno…Arrivati a Salt Lake, l’unica cosa che ci ha colpito è stata l’imponenza del tempio, il complesso religioso edificato dai mormoni nel centro cittadino, impenetrabile dietro lo spesso ed alto muro che lo circonda; per il resto è una città apparentemente molto tranquilla e senza attrattive turistiche. Abbiamo visto e confermiamo che esistono le bandierine rosse già segnalate da un altro turista per caso: agli attraversamenti pedonali dei viali più larghi, vi sono dei cestelli con bandierine rosse che possono essere utilizzate dai pedoni per rendersi maggiormente visibili durante la traversata.
Il giorno seguente ad ora di pranzo siamo arrivati a West Yellowstone (Montana): il paese è a ridosso dell’entrata ovest del parco di YELLOWSTONE, ed è un’ottima base per visitarlo, sia per la vicinanza al parco stesso, sia per la presenza di numerosi motels. Yellowstone è un’altra di quelle cose che non vanno assolutamente perse, e tutto sommato non è poi così tanto distante da quelli che sono i parchi del circuito classico: in macchina vanno considerati (e persi) un giorno di viaggio per arrivarci partendo da Bryce canyon ed un altro giorno di viaggio per scendere da Cody (nel Wyoming, ad est del parco) fino a Moab (vicino ad Arches NP, Canyonlands, Dead horse point, ad est della Monument valley).
All’interno di Yellowstone il circuito stradale ha la forma di un otto, lungo circa 140 miglia totali; noi lo abbiamo suddiviso in due parti (metà di sopra e metà di sotto), visitandolo in due giorni. Il parco è molto bello dal punto di vista paesaggistico e ricco di fauna, si vedono tranquillamente e senza affannarsi orsi grizzly, cervi, bisonti, alci, coyotes; vi sono anche i lupi. Noi nel parco abbiamo scoperto che i bisonti amano camminare sulle strade asfaltate creando ingorghi pazzeschi del traffico, siamo stati tra gli emozionati spettatori della quotidianità di un grizzly, un coyote ci ha tranquillamente attraversato la strada mentre giravamo in bici aspettando Old Faithful, i cervi abbiamo smesso di contarli (erano troppi…).
Oltre a questo sono molto molto particolari ed affascinanti tutti i fenomeni di vulcanismo, riscontrabili e visibili in diverse zone del parco, non solo nella zona sud dove si può assistere all’eruzione di Old Faithful (il più famoso dei geyser, puntuale nel dare spettacolo ogni 90’). In merito a quest’ultimo: quando arrivate entrate nel visitor center adiacente, e verificate sulla lavagnetta appesa all’interno a che ora è attesa l’eruzione successiva; nel caso ve la foste appena persa potete impiegare i 90’ facendo una passeggiata o noleggiando delle bici (come abbiamo fatto noi) nel negozio di souvenirs dall’altra parte del parcheggio.
A Yellowstone fa freddo, soprattutto di notte; anche qui, come a S. Francisco e lungo la costa californiana, un maglione ed un giubbotto sono necessari.
Usciti da Yellowstone NP dall’uscita est, ci siamo diretti a Cody (Wyoming), il paese fondato da Buffalo Bill (William) Cody. Qui è terra di cowboy ancora adesso. Il paese ha la classica struttura che abbiamo visto in tanti films, due file di edifici abbastanza bassi ai lati della main street. Al centro del paese resiste ancora l’Hotel IRMA, costruito da Buffalo Bill che ne fu il primo proprietario; adesso è più che altro un fumoso covo di bikers, ma vale la pena di visitare l’interno, ci sono gli arredi originali. Davanti all’hotel nel periodo estivo tutte le sere alle 18.00 ha luogo la loro “rappresentazione storica” in costume, un gruppo di attori (sosia di svariati famosi pistoleri dell’epoca tra i quali Wild Bill Hickock, Buffalo Bill ecc) mette in scena una finta rapina con sparatoria, botti a salve e finti morti stesi per strada. Il tutto dura circa un’ora e può anche risultare divertente se non sapete cosa fare aspettando di cenare prima di andare al rodeo.
Sissignori, il Rodeo: qui a Cody è una cosa seria, fuori paese esiste la stampede (arena) che viene utilizzata tutte le sere da giugno a settembre; lo spettacolo dura circa due ore, non è prettamente turistico, e comprende tutto quello che ci si aspetta da un rodeo, dai cavalli selvaggi ai tori alle prove di abilità con il lazo ed il bestiame fino alle gare di velocità dei quarter horses (le corse intorno ai barili). Ci siamo goduti due ore di sano divertimento.
Cody non è solo folklore, molto interessante è il BBHC (Buffalo Bill Historical Center). Il museo è articolato in 5 diverse Sezioni relative a: Buffalo Bill, usi e costumi dei nativi americani, fauna e flora locale, una galleria di quadri aventi come soggetto “la frontiera, cowboy ed indiani” (è stato un filone della pittura americana dell’800) ed infine – last but not least – un museo delle armi da fuoco (ovviamente, da queste parti…).
A Cody abbiamo ceduto (unica volta in tutto il viaggio) alla tentazione di mangiare italiano, e ne valeva la pena: abbiamo provato la cucina di Adriano, un signore pugliese di Gallipoli trapiantato a Cody da 5 anni soltanto, non ancora contaminato dall’american way of eating. I suoi spaghetti erano ottimi… Dal paese di Buffalo Bill con una giornata di macchina (un tappone di trasferimento – temevamo che si rivelasse fantozzianamente mostruoso ed invece è fattibile senza troppi problemi) siamo arrivati a Moab, dove abbiamo dormito e fatto base per visitare il giorno dopo Arches NP e Dead Horse Point. Moab è un paese carino, molto turistico,. Arches è un bel parco ma richiede tempo, gli archi vanno raggiunti a piedi con passeggiate più o meno lunghe; Dead Horse Point invece è un vista point spettacolare, vale davvero la pena di arrivarci per vedere dal vivo quest’ansa del fiume Colorado tanto fotografata. Canyonlands abbiamo deciso di tagliarlo per questioni logistiche, non avevamo tempo per vedere tutto, ci è un pochino dispiaciuto ma a volte si devono fare delle scelte… Da Moab, dopo una sosta nella galleria del fotografo Tom Till (con relativo acquisto di una foto artistica incorniciata) siamo ripartiti alla volta della Monument Valley.
La sosta per una foto in una piazzola piena di camionisti in pausa ha “dato il la” al mio socio/compagno di viaggio Luca, che da tempo moriva dalla voglia di vedere l’interno di uno di quei camion mostruosi. Ha abbordato gli autisti, mandandoli in brodo di giuggiole con l’uscita ”da noi in Italia camion così non esistono”, dopodichè lo hanno accontentato mostrandogli le cabine di guida di tutti i camion (ed ha anche provato tutte le trombe, immaginate il rumore…).
Siamo finalmente arrivati nel pomeriggio alla Monument Valley (dopo una lunga sosta pranzo a Mexican Hat, in cui aspettando che ci servissero abbiamo conosciuto 2 ragazzi siciliani poi ritrovati anche al Grand Canyon). A mio avviso, anche la Monument rientra nei “fondamentali”, non va assolutamente persa. Io mi aspetto sempre di vedere comparire dietro una curva John Ford con la sua troupe mentre dà indicazioni ad un gruppo di comparse indiane in costume.Unico neo: essendo agosto era strapiena di macchine dappertutto, ma è il prezzo da pagare in certi periodi dell’anno.
Il percorso è sterrato, ma fattibile con qualsiasi macchina; basta andare piano e stare attenti alle eventuali buche. L’entrata costa 5 dollari a persona e non è utilizzabile l’interagency annual pass che abbiamo sfruttato finora per tutti i parchi nazionali; la Valle, infatti, è all’interno della riserva navajo e viene gestita da loro privatamente.
Usciti dalla Monument ci dirigiamo verso Tuba City per la notte; questo posto di “city” ha solo il nome ma non le dimensioni e non offre molto in termini di ospitalità. Siamo fortunati e riusciamo comunque a trovare una stanza (fumatori – il giorno dopo le nostre valigie saranno impregnate) nell’unico albergo presente in città; di fronte ci sono solo un McDonald’s ed un Taco Bell e, vista l’ora, puntiamo subito su Mc Donald’s per la cena. Qui siamo ancora dentro il territorio della riserva indiana, che è molto vasta, e si vede: Tuba City ci dà l’impressione di essere abitata solo da nativi. Dopo una bella dormita, narcotizzati dalla nicotina che impregnava la stanza, il mattino seguente ripartiamo verso il Lake Powell e Page, dove vogliamo vedere Antelope Canyon.. Arrivati verso le 9,00 partecipiamo subito ad un escursione guidata dentro il canyon, e forse è ancora troppo presto, la luce non filtra come a mezzogiorno ed i colori non sono al massimo. Il canyon è molto stretto, e già abbastanza pieno di gruppi di visitatori nonostante non sia ancora l’ora di punta; secondo me a mezzogiorno vedi colori più intensi ma sei così stretto in mezzo alla gente che non riesci nemmeno a fare decentemente qualche foto; tra l’altro, non si può usare il flash…
Aspetti negativi a parte, il canyon è molto molto particolare, vale davvero la visita; all’interno si ha una sensazione di isolamento dal resto del mondo, c’è questa luce che filtra dall’alto illuminando la roccia rossa, bellissimo.
Antelope a parte, in zona c’è il Lake Powell NP; anche qui potete sfruttare il pass annuo per i parchi per entrare. Lungo il lago vi è la possibilità di noleggiare barche e moto d’acqua, oppure potete costeggiarlo con la macchina fermandovi nelle spiaggette. In fondo in fondo al lago c’e un arco di pietra, chiamato “Rainbow bridge” raggiungibile solo in barca, anche con escursioni giornaliere organizzate. Dicono che sia molto bello. Noi dopo una breve sosta abbiamo proseguito, secondo i nostri piani ci attendeva il Grand Canyon. Arrivati nel primo pomeriggio, al solito senza prenotazioni alberghiere, abbiamo trovato subito una camera all’interno del parco nello Yavapai Lodge, vicino a Market Plaza (la piazzetta con ufficio postale, negozi, ristorante self service). Al nostro arrivo era esposto un bel NO VACANCY, (non so se dimenticato fuori per errore) ed invece chiedendo comunque se avevano disponibilità ci hanno subito sistemato. Della serie “tentar non nuoce”; anche perché gli alloggi dentro il Grand Canyon sono gestiti tutti dalla stessa società (Xanterra); anche se una struttura fosse No Vacancy possono comunque indirizzarti verso le altre ove vi fosse posto.
Dopo un bel temporalone (pare che siano frequenti il pomeriggio) siamo usciti dal parco in direzione sud verso il Grand Canyon Airport di Tusayan dove abbiamo prenotato un giro in elicottero; i primi posti disponibili erano per il primo pomeriggio del giorno dopo. Qui all’aeroporto ci è capitato l’incredibile: abbiamo incontrato due nostri amici che partecipavano ad un viaggio organizzato in pullman; un appuntamento preordinato non ci sarebbe venuto così bene… Il resto del pomeriggio e la mattina successiva sono stati impiegati tra i vari vista point del south rim, la visita di El Tovar Hotel (aperto dal 1905, credo sia stata la prima struttura ricettiva aperta nel parco, ed effettivamente è un posto pieno di fascino), l’utilizzo dell’autobus navetta gratuito, una minuziosa attività esplorativa di tutti i negozi presenti all’interno del parco, la ricerca (vana) di qualcuno che noleggiasse biciclette per fare una sgambata tra parco e dintorni, due sessioni fotografiche tramonto/alba (quest’ultima alle 05.45 am) dal south rym. Finalmente è giunto il grande momento, siamo saliti a bordo di un elicottero della Papillon per il volo sopra il Grand Canyon (non ci si addentra nella gola), che dura circa 25’ – 30’ ed è molto emozionante. Prima dell’imbarco ti pesano ed i posti a bordo sono assegnati in modo da distribuire al meglio il carico umano.
Fatto anche questo, siamo saliti in macchina iniziando il nostro riavvicinamento alla costa californiana, e siamo finiti a dormire di fianco alla “Las Vegas dei poveri”… Il confine tra gli Stati Arizona e Nevada per un certo tratto è segnato dal fiume Colorado; in un punto ben preciso si fronteggiano, con il fiume in mezzo, da un lato la buia e silenziosa Bullhead City (Arizona) e dall’altra parte l’illuminatissima e friccicherella Laughlin (Nevada), piena di casino’, detta appunto la “Las Vegas dei poveri”. Arrivando da fuori sembra un unico agglomerato urbano, anche se con il buio i conti non ti quadrano, perché tanto la sponda sinistra del fiume è buia e tranquilla (morta…) quanto quella destra è animata e piena di luci. Noi abbiamo optato per dormire nella tranquilla Arizona e cenare nell’animato Nevada, all’interno del casinò Colorado Belle: ubicato in riva al fiume, è fatto in stile “battello del Mississippi”. Per ottenere lo sconto al ristorante self-service ci siamo anche fatti la “Player’s card” gratuita (usata solo per cenare ed esibita come un trofeo tra grandi risate al nostro rientro a casa..). In comune con la Las Vegas originale – distante un centinaio di miglia – c’è il clima: la sera il termometro segna ancora una quarantina di gradi, un bel caldo secco desertico che ti pare di avere un phon puntato addosso; per il resto notiamo con tristezza che i casinò sono pieni quasi esclusivamente di persone anziane.
Il giorno seguente, dopo qualche ora di viaggio, siamo di fronte all’Oceano Pacifico a Santa Monica, dove ci sistemiamo un paio di notti in un motel sul lungomare non lontano dal famoso molo, il Santa Monica Pier. La nostra scelta di sostare sul mare nella carinissima ed animata S. Monica e non a L. Angeles si è basata sulle impressioni della mia precedente visita in California, confermate anche questa volta. Los Angeles è una città che non ci ha trasmesso emozioni, e basta una giornata per vedere il centro con i suoi grattacieli, lo squallidissimo Hollywood e la zona di Beverly Hills con la passeggiata d’obbligo in Rodeo Drive. Emozioni o no, a Downtown dopo avere lasciato la macchina in un garage relativamente economico – 6 dollari la tariffa giornaliera, vicino a Macy’s – ci siamo avventurati dentro al Palazzo di Giustizia ed abbiamo assistito per un breve tratto ad un processo ( ci sembrava di essere comparse del telefilm Perry Mason). Nelle vicinanze vi è la City Hall (il municipio), dove è possibile salire come “visitors” al 27° piano e godersi la vista sulla città dalla terrazza belvedere. Se vi piace l’architettura moderna non mancate l’Auditorium Disney, progettato da F. Gehry. In metropolitana siamo arrivati ad Hollywood Boulevard, per vedere il Kodak Theatre (ospita la notte degli oscar) ed il Teatro cinese, con le impronte delle star nel cemento fresco. Infine, ripresa la nostra macchinetta, tornando verso Santa Monica abbiamo fatto sosta a Beverly Hills dove ci siamo concessi due passi a Rodeo Drive (e ci siamo pure abbandonati allo shopping…).
Non perdetevi Santa Monica, che è davvero carina: la via principale (3rd street) è pedonale, piena di bei negozi e locali ed anche il lungomare è piacevole; la spiaggia è ampia, vento e temperature permettendo si può fare spiaggia (vicino alle torrette in legno dei famosi “baywatch”). Il molo, il S. Monica Pier, è ormai una reliquia storica: offre i soliti locali turistici, una stazione della polizia, un mini luna park ed un noleggio di bici e tandem (noi siamo andati in tandem fino a Venice Beach lungo la pista ciclabile). Una delle prime costruzioni sulla sinistra all’inizio del molo contiene la vecchia giostra in legno che compare nel film “La stangata” con Paul Newman e R. Redford. Se siete “tipi da surf” non perdetevi le spiagge a nord di Santa Monica lungo la 101, in particolare la Surfrider’s beach a Malibù; non aspettatevi invece vita mondana da quest’ultima località, S. Monica è molto più vitale.
Da qui siamo quindi risaliti a Monterey, prima capitale californiana, dove nel pomeriggio abbiamo subito partecipato ad un Whale watching in partenza dal molo. Queste escursioni in California sono di tipo stagionale per quel che riguarda le balene grigie (che in primavera migrano a sud verso Baja California ed in autunno risalgono), mentre le humpback whales possono essere avvistate più o meno tutto l’anno. Altre cose da fare a Monterey? Avvistare la Moto Guzzi 1100 sport rossa che abbiamo visto circolare in centro senza riuscire ad abbordarla, andare in macchina fino a Carmel lungo 17 miles drive (tutto molto pittoresco), noleggiare un pedalò e fare il giro del laghetto (è una pozza, ti danno anche il salvagente obbligatorio e ti senti proprio un lupo di mare), visitare l’acquario (che è abbastanza piccolo, tutto a misura di bambino e molto “didattico”, non c’è paragone con il nostro bellissimo acquario di Genova. Unica cosa particolare qui a Monterey è la galleria delle meduse).
Risalendo verso S.. Francisco abbiamo fatto una breve sosta a Santa Cruz, una piacevole località balneare, sede universitaria, con il più antico tracciato di montagne russe della west coast, carina ma niente di notevole.
Arrivati a S. Francisco di sabato pomeriggio, senza prenotazione, siamo comunque riusciti a trovare una sistemazione per la sera al 3° o 4° tentativo; è weekend ed in più c’è qualche grosso concerto da queste parti. Arrivati a fine vacanza, ci rilassiamo tornando a Union Square in cable car e passiamo la serata gironzolando come classici turisti.
Domenica, è il nostro ultimo giorno californiano; al mattino con la nostra Chevy andiamo a fare un giro a Sausalito, in tempo per la prima messa…Non abbiamo mai perso il vizio di svegliarci presto!! Al ritorno, lasciate le valigie all’Hotel Clarion, nostro ultimo albergo vicino all’aeroporto (partenza all’alba lunedì mattina) torniamo in centro per riconsegnare la macchina. Ultimo pomeriggio a S. Francisco, tra l’altro con un bel sole (una rarità), appiedati, che fare??? Ma noleggiamo un GO CAR!! Sono dei trabiccoli gialli biposto a tre ruote, cabrio, motorizzati tipo i nostri scooter 50 cc a presa diretta; hanno tanto di GPS e guida turistico/stradale parlante anche in italiano. L’unico “problema” è che il passeggero (ridendo a crepapelle) a volte è dovuto scendere al volo nelle salite più ripide (il cinquantino non sempre ce la fa). Vi sono due punti di noleggio: a Fisherman’s wharf e nelle vicinanze di Union square. Noi ne abbiamo noleggiato uno e per un paio d’ore abbiamo scorrazzato in lungo e in largo per la città. In particolare possiamo suggerirvi di utilizzarlo per la famosissima discesa da Lombard Street (e chi non ci prova, con qualsiasi mezzo a disposizione?), per andare a vedere lo STADIO dove giocano i GIANTS (magari di domenica pomeriggio con la partita in corso, come è capitato a noi), e per arrivare a Fisherman’s wharf per sentire ed annusare per l’ultima volta i leoni marinidel pier 39 e dare un’ultima occhiata al Golden Gate, chiudendo in bellezza questa splendida avventura.