Dal deserto al cielo: Uzbekistan e Kirghizistan

Tre settimane attraversando l'Uzbekistan da ovest a est (Khiva e il deserto del Karakalpakstan, Bukhara, Samarcanda e Tashkent) per poi volare sulle montagne del Kirghizistan, costeggiando il lago di Yssyk-Kul
Scritto da: giorgia eva
dal deserto al cielo: uzbekistan e kirghizistan
Partenza il: 11/08/2019
Ritorno il: 30/08/2019
Viaggiatori: 2
Spesa: 2000 €
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Questo viaggio mi girava dentro da anni, ma solo quando ho letto che dal 2019 il visto in Uzbekistan sarebbe stato gratuito ho deciso di concretizzarlo.

Uzbekistan, un nome evocativo di leggende, mistero, luoghi da Mille e una Notte lungo la Via della Seta. Inizio a fare ricerche e a imbastire un itinerario, ho tre settimane a disposizione, molto tempo per il solo Uzbekistan, quindi lascio scorrere lo sguardo sulla mappa, esplorando i paesi confinanti. Cerco di capire per i visti, il capitolo più ostico: Kazakistan e Kirghizistan non li richiedono. Approfondisco la conoscenza di questi stati, e alla fine la scelta ricade sul piccolo Kirghizistan, tappa di nicchia, poco battuta dalle masse, con una dimensione di natura incontaminata e una buona dose di avventura.

L’ORGANIZZAZIONE

Per l’Uzbekistan la preparazione del viaggio si rivela molto semplice, i voli non sono molto costosi (addirittura per l’andata c’è un comodissimo Malpensa-Urgen diretto), gli hotel si trovano tutti su booking e sono cancellabili, per i trasferimenti opto per il treno, un po’ più macchinoso l’iter per l’acquisto dei biglietti online, ma grazie ai forum in rete, alla fine riesco a prendere tutto quello che mi serve. Le tappe non saranno molte: Khiva, Bukhara, Samarcanda e Tashkent. Da ogni tappa ci muoveremo a raggiera per visitare anche i dintorni. Pensavo che l’Uzbekistan sarebbe stato una meta con pochi italiani invece, complice la semplificazione del visto, parecchi tour operator la stanno proponendo, per cui spesso le città sono invase da gruppi di connazionali vocianti e poco disciplinati. Essendo una meta sicura ed economica, temo diventerò sempre di più invasa dal turismo di massa, per cui consiglio di visitarlo il prima possibile, prima che perda, suo malgrado, la sua autenticità.

Per il Kirghizistan la situazione è ben diversa: i mezzi pubblici sono pochi, le escursioni da fare sono tutte naturalistiche e un po’ disperse qua e là, per cui opto per appoggiarmi a un’agenzia locale. Dopo vari preventivi la scelta ricade sul CBT, sia per il prezzo parecchio inferiore rispetto agli altri, sia per la filosofia che c’è dietro. Infatti CBT sta per Community Based Tourism, cioè è un progetto per favorire lo sviluppo del turismo nelle comunità rurali, distribuendo in questo modo le entrate del turismo in modo sostenibile ed etico. Questo vuol dire dormire nelle case dei contadini, dei nomadi, o in piccole strutture nei villaggi. Inoltre, spesso per i pasti si è ospiti delle famiglie nelle campagne, piuttosto che andare al ristorante (che comunque sono pochi e spesso non all’altezza della cucina casalinga delle signore kirghise). Inoltre abbiamo avuto a nostra disposizione jeep con autista/guida che ci ha portato in luoghi difficilmente raggiungibili in autonomia e che ci ha aiutato a capire questo piccolo paese. Inoltre organizzano anche i trek a cavallo. Sia la Aigerim, la ragazza che mi ha seguito nella definizione del viaggio, che Uzak la nostra guida, si sono rivelati dei professionisti eccellenti e delle persone veramente speciali. Li ho contattati via mail, ho concordato con loro l’itinerario che volevo, definendone ogni dettaglio, e abbiamo poi pagato in euro al nostro arrivo, senza anticipi.

CONSIDERAZIONI VARIE:

In Uzbekistan ogni auto è un taxi, non vi spaventate, ma contrattate a lungo, cercano di spremere i turisti. Prendere i bus non è semplicissimo, noltre non sempre le persone parlano inglese al di fuori dei circuiti più turistici: io ho studiato il russo per qualche mese prima di partire, saper leggere il cirillico e spiccicare qualche parola di russo può rivelarsi essenziale in qualche situazione.

La gente uzbeka è meravigliosa, sono molto incuriositi dai turisti, soprattutto a Khiva e nei paesi più piccoli: a noi hanno chiesto molte volte di posare per delle fotografie con loro. Il mio compagno ha i capelli lunghi, probabilmente questo li incuriosisce molto, a me sembrava di girare con una star, ogni volta che ci spostavamo qualcuno gli chiedeva una foto, sia ragazzi giovani che vecchie matrone dai denti d’oro. È stato divertentissimo, e ci ha permesso di scambiare qualche parola in russo/uzbeko/italiano/inglese con la gente del posto.

Il Cibo uzbeko non è male, ma poco vario: spiedini di varie carni, plov (riso), langman (spaghetti), samosa, ravioli vari e una grande varietà di insalate. Loro sono molto orgogliosi della loro cucina, e fanno pure bene, è molto gustosa, però dopo una settimana avrete già provato tutto il menù! La cosa positiva, in questa conoscenza approfondita, è che quando pranzerete nei posti per locali e vi daranno il menù in russo o uzbeko, sarete comunque in grado di ordinare quello che vorrete (tanto hanno tutti le stesse cose).

Il tea è bevuto sia ai pasti, insieme alle bibite, che durante tutto il giorno, ogni occasione è buona per fermarsi a bere un tea, noi abbiamo adottato volentieri questa usanza, ordinandolo ad ogni pasto.

Se volete chiedere la mano della vostra fidanzata, Khiva è il posto giusto, al tramonto credo sia uno dei luoghi più romantici del mondo.

COSTI:

Voli: Malpensa-Urgen (Uzbekistan Airways, diretto 675 euro in due), Tashkent-Bishkek (Uzbekistan Airways, diretto, 246 euro in due), Bishkek-Malpensa (Turkish Air, scalo a Istanbul 520 euro in due)

Treni: Khiva-bukhara, Bukhara-Samarcanda, Samarcanda-Tashkent: totale complessivo 53 euro in due

Tour Kirghizistan: hotel durante il viaggio, jeep privata con autista, 3 colazioni, 2 pranzi, 3 cene, ingressi inclusi, notte in yurta, spettacolo con le aquile 425 euro a testa (trekking a cavallo escluso)

Hotel: Khiva Islambek Hotel 139 euro 4 notti, Bukhara Samani Bukhara 96 euro 3 notti, Samarcanda B&B Emir 113 euro 4 notti, Tashkent Anvar’s Guest 69 euro 2 notti, Bishkek My Hotel 76 euro 2 notti. Prezzi per camera doppia per due persone colazione inclusa. (totale 1341 euro in due)

Varie: Assicurazione 103 euro, vaccino (anti tifo) 66 euro

Spesa totale, souvenir e ristoranti esclusi per 19 giorni circa 1950 euro a testa

LIBRI DA LEGGERE:

Colin Thubron “Ombre sulla via della seta”

Erika Fatland “Sovietistan: un viaggio in Asia Centrale”

Peter Hopkirk “Il grande gioco”

IL VIAGGIO

– UZBEKISTAN

KHIVA

Atterriamo a Urgen con volo diretto da Malpensa alle 5.15 del mattino. Data l’impossibilità di cambiare i soldi a quell’ora, il mio consiglio, col senno del poi, è quella di prenotare il transfert direttamente con l’hotel: mezzi pubblici non ce ne sono, e i taxisti tendono un po’ ad approfittarsi sul cambio.

Hotel Islambek (35 euro a notte, prenotato su booking opzione cancellabile) struttura un po’ spartana, colazione ripetitiva, ma vanta una posizione fantastica all’interno delle mura e l’agenzia viaggi interna, gestita dal gentilissimo proprietario (che parla un ottimo inglese), è ottima e a prezzi imbattibili. Unico neo la scarsa conoscenza dell’inglese degli autisti, cosa che ha reso un po’ complesso comunicare e farsi capire. Però è andato, tutto sommato, tutto liscio.

Dopo aver dormito qualche ora iniziamo a visitare la città, che dire, è difficile trovare le parole per descrivere questo gioiello, io me ne sono perdutamente innamorata. Credo che Bellezza sia l’unica parola adeguata, Bellezza Assoluta, totalizzante, assordante. Infatti il mio consiglio, anche se per comodità degli aerei viene da metterla per prima, è lasciarla per ultima, perché poi le altre tappe non saranno mai all’altezza e si rischia di non apprezzarle appieno. Anche i souvenir di artigianato qui sono migliori e più economici.

Facciamo subito il biglietto per due giorni (tutto il centro storico di Khiva è un museo a cielo aperto, e per girarla, serve il biglietto che si compra appena fuori le mura). Prima proviamo l’ebbrezza di cambiare i soldi e ricevere le nostre prime mazzette (letteralmente) di banconote locali (Som): scordatevi il portafogli, si usa direttamente lo zaino!

Per due giorni girovagheremo per la città: ci perderemo nei vicoli, visiteremo moschee, madrase, mausolei, piccoli musei, ammireremo i minareti. Non ve li descriverò uno per uno, per quello basta la Lonely, quello che voglio lasciarvi è la mia impressione cumulativa: ogni angolo nasconde un tesoro, l’azzurro delle ceramiche, la magnificenza dei minareti, la terra con cui sono costruite le case: salite sulle mura per avere una visione dall’alto, il tuffo nel passato è assicurato, vi aspetterete di vedere comparire una carovana di cavalli e cammelli da un momento all’altro. Vi segnalo solo i must to see: Palazzo Tosh-Hovli, Minareto Kalta Minor, Mausoleo di Pahlavon Mahmud, Minareto Juma. Se avete solo un giorno a disposizione non perdeteli, ma se riuscite a fermarvi due giorni non disdegnate anche i piccoli siti minori, compresi nel biglietto cumulativo, non avranno l’effetto “wow” dei fratelli maggiori, ma sono comunque molto interessanti.

La gente è cordiale, non insistente anche nella vendita, i sorrisi sinceri, le donne sono bellissime, come solo il mix di etnie per centinaia di anni può creare. Vi consiglio inoltre di uscire dalle mura, noi abbiamo visitato anche il Palazzo di Nurullabay, niente di ché in realtà, ma la cosa più divertente è stato il parco poco dopo, un parco giochi in stile sovietico, con delle giostre e dei pupazzi di cemento improponibili, dove eravamo gli unici turisti, nessuno parlava inglese, ma abbiamo mangiato degli ottimi spiedini a un prezzo irrisorio, e soprattutto ci siamo calati nella vita reale della gente del posto. Da qui abbiamo sempre cercato i parchi giochi in ogni città, sono una realtà veramente imperdibile. Tutto l’Uzbekistan è molto sicuro, per cui perdetevi senza paure anche nei posti meno turistici.

Abbiamo inoltre avuto la fortuna di essere a Khiva durante il Festival del Melone. Il melone e le angurie in Uzbekistan sono un’ossessione, ne mangiano in quantità impressionante, sono ovunque, sono buonissimi e sono quasi un aggetto di culto. Per cui immaginatevi un festival a loro dedicato: ovunque torri di angurie e meloni, stand dei vari produttori, gente da ogni villaggio del circondario, vestiti coi costumi tradizionali, con balli tipici, musica a tutto volume e sorrisi con mille denti d’oro (caratteristica del popolo uzbeko, dopo i 40 anni i denti “diventano” d’oro, anche quelli davanti, regalando dei sorrisi senza eguali). È stato molto divertente confondersi nella folla, il festival non è per i turisti, è una specie di festa di paese, ma gli stranieri sono comunque sempre benvoluti.

Ristoranti in città: per pranzo ci siamo fermati nella via principale in un giardino, cibo buono, servizio gentile, prezzi bassi. La prima sera siamo stati al Khorezm Art Restaurant (fortunatamente, anche se non avevamo prenotato, ci hanno trovato l’ultimo tavolo), situato sulla terrazza di fronte alla Medressa di Allakuli Khan, mangiare al tramonto con quella vista, con il cielo che da rosa diventa azzurro e poi nero, con i palazzi che pian piano si illuminano, mi ha fatto sentire fortunata. Anche il cibo non era male, ma, con quella vista, diventa un fatto secondario. Siamo poi stati alla Terrasse Cafè, prenotazione obbligatoria se si vuole sperare di mangiare in terrazza, locale molto richiesto dai turisti per la vista mozzafiato sulla Khuna Ark. Cibo buono, tea veramente particolare. Per ultimo segnalo il Cafè Zerafshan, anche questo con il dehors all’ombra del Minareto di Islom Hoja, che dire, a tanta bellezza ci si abitua ed è poi difficile rinunciare a un’atmosfera da mille e una notte. Anche qui consigliata la prenotazione, a noi è andata bene e abbiamo condiviso l’ultimo tavolo con un’altra coppia, ma 5 minuti dopo e non ci sarebbe stato posto.

LE GITE NEI DINTORNI:

Organizzate entrambe dall’agenzia del nostro hotel ci sono costate complessivamente 850000 som (auto privata)

MOYNAQ DAYTRIP: LAGO DI ARAL. Tenevo moltissimo a questa escursione, e anche se è faticosa, ne vale la pena. Raggiungere il lago di Aral e constatare di persona quali disastri riesce a fare l’uomo quando per profitto non pensa all’ambiente, è quasi un dovere morale. Al di là delle imbarcazioni abbandonate, in quella che era la riva del lago e oggi è uno sconfinato deserto, che sono molto fotogeniche, è il poter approfondire e conoscere meglio la storia di questo disastro ecologico che rimane impresso (interessante a tal riguardo il museo in città). Ho dibattuto a lungo nei forum prima di partire se valesse la pena o meno di sobbarcarsi un viaggio di 10 ore per vedere solo sabbia (quel che rimane del lago è lontano centinaia di km), la mia risposta, col senno di poi, è decisamente si, ne vale assolutamente la pena. Inoltre è anche un modo per aiutare l’economia di Moynaq, piccolo villaggio di pescatori a cui è stata tolta l’attività principale e che ora cerca di sopravvivere con il turismo.

Durante il tour abbiamo anche fatto altre tappe: il museo Savitsky (arte russa) di Nukus, imperdibile, dove sono state nascoste le opere russe d’avanguardia, messe al bando durante il periodo sovietico, la necropoli di Mizdakhan (tombe che risalgono al IV secolo), il Chilpik Kala (monte sacro con resti del culto zoroastriano) e infine il parco naturale di Badai Tugai (visto a tardissima ora, ingresso da pagare extra, in realtà saltabilissimo, in quanto la principale attrazione sono i cervi, carini, ma niente che non si trovi nei boschi dietro casa).

Piccola nota: le strade uzbeke del profondo ovest sono in condizioni devastate, piene di buche, voragini, mancanza di asfalto. Spesso il nostro autista guidava per km contromano alla ricerca di asfalto decente per non saltare troppo. Il viaggio è lungo, e spesso la velocità è stata sostenuta. Devo ammettere che, soprattutto all’inizio, ho avuto veramente paura per questo tipo di guida “sportiva”. Alla fine della giornata, mi ero rassegnata, fortunatamente siamo tornati indietro sani e salvi: purtroppo l’inglese stentato del nostro autista non ci ha permesso di comunicare in modo adeguato.

GITA 10 FORTEZZE NEL DESERTO: (Kizil, Tuprak; Ayaz, Dum, Yekke Parsan, Kirkkiz, Janbas, Koykirilgan, Guldursun & Angka, Kalas & Akchakul). Giornata divertente, girovagando per il deserto alla scoperta delle fortezze: alcune sono ben tenute, altre sono poco più di cumuli di sabbia in cui si intuisce vagamente che una volta erano costruzioni, i paesaggi sono mozzafiato, i siti minori abbiamo potuto visitarli in totale solitudine (quasi tutti scelgono l’escursione più corta ai soli 5 siti meglio conservati). Anche in questo caso non mi sono pentita di aver scelto la versione lunga, ci ha dato la possibilità di vedere anche i villaggi più remoti e di calarci nei panni di novelli Indiana Jones alla scoperta di siti in mezzo ai campi o nel deserto. Sosta pranzo in una yurta sulle rive di un lago, molto carino.

BUKHARA

Alle 8.57 prendiamo il treno per Bukhara, arrivo alle 14.50. Il treno non è male, è semi-vuoto, ma ricordavi di portarvi dietro del cibo, a bordo non lo vendono e sono morta di fame!

Dopo un viaggio cmq abbastanza confortevole, prendiamo un taxi dalla stazione ferroviaria (che è abbastanza distante dal centro) per il nostro hotel, il Samani (32 euro a notte la doppia, colazione inclusa, carino e ben posizionato vicino a Lyabi-Hauz, molto pulito, però chiedete una camera al primo piano, noi eravamo al piano terra e risulta un po’ rumoroso, perché i tavoli della colazione sono proprio sotto la finestra. Il personale è gentile, ma si ha sempre l’impressione che tenti di venderti qualcosa).

Il primo giorno facciamo un giro di perlustrazione fino al mercato (dove mangiamo ottimo street food: samosa e pane strepitoso): i monumenti sono enormi, anche le distanze e la quantità di turisti sono maggiori della piccola Khiva. Il secondo giorno lo dedichiamo alla visita dei monumenti: la moschea Maghok-i.-attar, le due medresse, il minareto di Kolon e le due moschee, poi l’Ark. Alcuni siti sono ben conservati, altri richiederebbero urgentemente dei restauri, anche in questa città la sensazione di Pura Bellezza permane. Continuiamo con la moschea di Bolo Hauz (dopo aver pranzato nel ristorante lì di fronte, molto carino, frequentato sia da locali che da turisti) e proseguiamo per il parco con la moschea di Chashra Ayub. Torniamo anche al mercato, per comprare del tea da un signore a cui lo avevamo promesso il giorno precedente. Terminiamo la giornata visitando le antiche prigioni dello Zidon. Il terzo giorno lo iniziamo visitando il piccolo Chor Minor (una bomboniera nascosta in un quartiere periferico), poi ci avventuriamo a prendere un bus pubblico per raggiungere il Palazzo dell’Emiro: avventura non perfettamente riuscita, nessuno parlava inglese, né sapeva cosa fosse il Palazzo (chiamatelo con il nome locale Sitorai Mohi Hosa, Emir Palace non dice nulla ai locali), siamo scesi nei pressi di un mercato locale, anche qui nessuno parlava inglese, alla fine una signora gentilissima, in russo e a gesti ha capito dove volevamo andare, e a contrattato lei con un taxi per farci recapitare a destinazione (al ritorno non ci abbiamo neanche provato a prendere il bus, abbiamo optato direttamente per un taxi). Il palazzo è carino, ma niente di che, probabilmente avremmo potuto evitarlo e stare un giorno in meno a Bukhara. Finiamo la giornata visitando il quartiere ebraico (sinagoga e cimitero), niente di speciale. Ultimo giorno di shopping selvaggio in attesa del treno che parte alle 16.10: l’artigianato è molto bello, ma i prezzi non sono economici. Ho preso una miniatura molto bella a 20 euro, ma quella su cui avevo lasciato il cuore ne costava più di 60. Tutti gli oggetti sono belli e veramente di artigianato, si vedono le botteghe e gli artigiani al lavoro ovunque, credo valga la pena scegliere pochi oggetti e rassegnarsi a spendere un po’.

Bukhara è più grande e dispersiva rispetto Khiva, ma rimane comunque un centro storico da girare per scoprire scorci nascosti e sprazzi di vita locale. Imperdibile l’aperitivo in piazza Lyabi-Hauz, sulle sponde della vasca artificiale, dove si riversa la popolazione locale per trovare un po’ di sollievo dal caldo: prendetevi dal tempo per osservare le variopinte famiglie, magari scambiando qualche “chiacchiera” o scattando qualche foto di gruppo insieme. L’Ark è impressionante da fuori per la sua grandezza, un po’ meno la visita interna, in ogni caso consiglio di approfondire un po’ la storia locale per poter meglio comprendere l’importanza storica dei vari siti.

Ristoranti: Chinar, abbastanza buono, ma molto turistico con prezzi elevati per lo standard uzbeko, Ayvan (dentro un hotel): che meraviglia, è un antico palazzo, di una bellezza sconvolgente, basterebbe la location da sola per meritare una visita. In realtà anche il cibo è buono (sia locale che internazionale). Prezzi nella media. Old Bukhara molto carino nel quartiere ebraico, cibo come sempre tradizionale.

SAMARCANDA

Scesi dal treno (p. 16.10 a. 18.34) il primo impatto con Samarcanda avviene attraverso un simpatico taxista che ci fa un po’ da cicerone, la città, rispetto a quelle visitate finora, è molto più grande e… brutta. L’impronta sovietica è ben presente, con i viali grandi, i palazzi grigi, e i siti archeologici isolati dalla città dove vive la popolazione: infatti ho scelto un hotel in una posizione a metà strada tra l’area storica e quella russa, in modo da essere a portata di passeggiata sia dalle moschee (che sono nella città vecchia) che dai ristoranti (che si trovano nella parte russa). Purtroppo, se la posizione si è rivelata azzeccata, l’Emir B&B molto meno, è stata la struttura più brutta di tutto il viaggio: la camera era sporca, con il bagno interno con le pareti in assi di legno (vi dico l’igiene), la camera affacciava in un salone chiuso, dove spesso bivaccavano gli ospiti, con il risultato di avere la sensazione di averli in camera (la parete era composta solo di vetro e legno). Insomma, cercate altro. Ho utilizzato il servizio di lavanderia: per fortuna che ci siamo fermati 4 notti, altrimenti sarei dovuta ripartire senza i miei panni, come è capitato a una signora inglese.

La visita di Samarcanda è iniziata ovviamente dal Registan (purtroppo la visione d’insieme è stata rovinata dai palchi del festival biennale, siamo capitati nell’anno sbagliato, anche se abbiamo sbirciato lo spettacolo serale, e devo dire che è molto suggestivo). Durante la visita abbiamo potuto assistere alle prove per lo spettacolo dell’orchestra all’interno di un cortile, la sensazione di essere all’interno delle Mille e una Notte è tornata prepotentemente. Visitiamo accuratamente tutte e tre le medrasse che compongono il Registan: Ugulbek la più antica, Sher Dor o del leone (per la decorazione sulla facciata, che però è una tigre) e Tilla-Kari, per me la più spettacolare per gli interni dorati. Ci dirigiamo poi attraversando la via pedonale inaugurata pochi anni fa verso la moschea Bibi-Khanym (magnifica moschea realizzata dalla moglie di Tamerlano per il marito. La leggenda narra che per un bacio dato all’architetto perdutamente innamorato di lei, Tamerlano impose l’uso del velo alle donne e ovviamente giustiziò l’architetto) e il mercato adiacente (molto fotogenico e dove abbiamo comprato frutta secca e albicocche disidratate, la specialità locale. Anche qui i venditori sono stati molto cordiali e pronti a chiacchierare e farsi foto insieme, oltre che a farci assaggiare tante specialità locali). Per pranzo ci fermiamo a lato del Registan, in un locale dove mangiano i dipendenti del complesso e le guardie: ottimo, cucina super tipica e prezzi irrisori. Eravamo gli unici turisti e ci hanno riservato un trattamento speciale. Menù in russo ma con le figure. Ci dirigiamo poi verso la moschea Hazrat-Hizr (non entrate nell’area a pagamento, non ne vale la pena). Per finire visitiamo il sito che ho preferito su tutti (anche se la concorrenza è dura) lo Shai-i-Zinda, un viale di mausolei uno più bello dell’altro (foto in copertina anche del numero dei Meridiani sull’Uzbekistan).

Il giorno dopo andiamo in gita al villaggio di Urgut per visitare il mercato locale, molto tradizionale, famoso per i tessuti e l’oro, ma non ho trovato eccezionale nessuno dei due. È divertente perché non è turistico, ma nulla di più. Noi poi siamo tornati in città, sarebbe stato più furbo abbinarlo alla gita a Shakhrisabz (che è nella stessa direzione), per ottimizzare tempi e costi. Al ritorno visitiamo l’osservatorio di Ulug Beck e il museo di Afrosiab (non spostatevi a piedi come noi, le distanze sono impegnative con il caldo). Finiamo la giornata visitando il mausoleo Gur-e-Amir, di fianco al nostro hotel, dove è sepolto Tamerlano (il che emoziona un po’). Anche questo sito è molto bello (soprattutto illuminato di notte).

GITA A SHAKHRISABZ: avevamo contrattato con un taxista la sera prima (300000 som), partiamo alle 9 e arriviamo alle 10.45 attraversando dei panorami mozzafiato. Durante il viaggio fraternizziamo nel solito mix inglese/russo con il nostro autista, che ci offre anche una frittella (di cui evidentemente è ghiotto) lungo la strada. Il complesso è bello, con molte strutture nuove e una quantità di sposi inimmaginabile: evidentemente porta bene sposarsi qui, decine di coppie con rispettivi ospiti si aggirano per il sito scattando centinaia di fotografie (è difficile riuscire a fotografare un monumento senza una sposa nell’inquadratura). Altro elemento tipico sono le borse ricamate, sono bellissime. Non compratele al primo posto, se procedete con la visita verrete letteralmente assaliti dalle venditrici e spunterete prezzi decisamente inferiori. Dopo aver camminato per chilometri sotto un sole a picco a credo 45°, alle 13,30 terminiamo la visita e riprendiamo la strada verso Samarcanda: chiediamo al nostro autista di fermarsi a mangiare e ci porta in uno sperdutissimo ristorante (forse per cerimonie?) dove eravamo gli unici clienti. Ha ordinato lui per noi le specialità locali (muuuu e beeee, immagino mucca e pecora, anche se i sapori non corrispondevano alle sue indicazioni, per me, quella che lui indicava come muuu era chiaramente una pecora) e, dopo avergli ovviamente offerto il lauto banchetto, ci riporta a casa.

L’ultimo giorno a Samarcanda è stato decisamente di troppo, organizzando meglio le escursioni si può stare un giorno in meno: cmq, ci alziamo con calma, facciamo check out e ci dirigiamo verso il quartiere ebraico, la Mellah. È una zona molto autentica, nascosta dietro alle mura, dove è divertente perdersi nelle viuzze, alla ricerca delle sinagoghe, seguendo le indicazioni divertite degli abitanti. Siamo anche stati invitati a entrare in una chaikana (sala da tea locale), dove ci hanno servito dell’ottimo tea dalle tazze nemmeno sciacquate dove avevano appena finito di bere gli altri avventori: ringrazio le mie vaccinazioni che mi hanno permesso di poter vivere questa esperienza, erano tutti molto incuriositi da noi e il proprietario, ovviamente in russo, ci ha parlato per un’ora di Putin, del loro presidente e di come va la vita in Uzbekistan, sottolineando le differenze tra Samarcanda e Tashkent. Almeno, questo è quello che crediamo di aver capito dai gesti che faceva… peccato non saper giocare a backgammon, qui è il passatempo tradizionale degli uomini nelle sale da tea, purtroppo non abbiamo potuto accettare la sfida. Torniamo in hotel a prendere gli zaini e il nostro amico taxista ci porta in stazione.

Ristoranti: i ristoranti migliori sono nella parte russa, cosa che ha comportato una passeggiata di un paio di km a tratta ogni sera (occhio alle buche, io ci sono finita dentro, le strade non sono molto illuminate). Samarkand restaurant, stile russo, enorme, sempre pieno di comitive locali che festeggiano matrimoni e affini, con scatenate danze a cui, se volete, potete unirvi. Molto buono ed economico, soprattutto considerata la struttura lusso-kitsch; Old City, carino, ma nulla di speciale, un po’ troppo turistico; Platan, definito il miglior ristorante della nazione e a ragione, consiglio ardentemente di prenotare, a noi è andata bene perché ho impietosito un cameriere, ma siamo dovuti tornare dopo un’ora (intanto giro nei dintorni comunque interessante), molti altri meno fortunati sono stati mandati via. Besh Chinoir, bettola tradizionale, in una zona non proprio illuminata e allettante: personale gentile, cibo buono, prezzi ridicoli (60000 som in due). Come sempre il menu è in russo, ma la cameriera parla inglese e poi gli spiedini sono in una vetrina, basta indicare cosa si vuole. Da provare, soprattutto per calarsi in un posto non turistico (anche se ci sono anche i turisti), astenersi schizzinosi. Probabilmene non fosse stato per la LP sarebbe rimasto nel suo anonimato per sempre, ma sono contenta per loro che così gli entrano più soldi, non si sono montati la testa…

TASHKENT

Arriviamo alle 20.10 (con l’Afrosiab il treno veloce) che fa già buio. Dalla stazione prendiamo la metropolitana, ma all’uscita non riusciamo a orientarci per raggiungere l’hotel (la mappa della LP non serve a nulla). Come sempre contiamo sulla gentilezza dei locali: due signore prendono a cuore la nostra situazione e ci trovano un taxi (contrattato da loro) che ci porta in hotel (abbiamo poi saputo dal gestore che sono poi passate più tardi, mentre noi eravamo fuori per cena per accertarsi che fossimo arrivati sani e salvi). Anvar’s Hotel (34 euro a notte), posizione defilata, ma vicino alla metro, in una zona molto tranquilla. Stanza grande e pulita, personale gentile.

Tashkent è enorme, consiglio di scaricare una mappa offline, perché quelle cartacee sono inutili. Ci spostiamo in metro (da segnalare le diverse stazioni, ognuna diversa dall’altra, piccoli gioielli in stile sovietico: sulla guida si dice che è proibito fotografarle, non è più così, i controlli si sono allentati di molto rispetto a quello che si legge di pochi anni fa). Caratteristica della città è l’architettura brutalista sovietica. Visitiamo per prima cosa il Chorsu Bazar (che consiglio per gli ultimi acquisti), poi la zona delle nuove moschee Khast Imom, alcune parti sono ancora in costruzione, impressionanti le dimensioni. Ci dirigiamo poi in metro verso Alisher Navoi x vedere il complesso del mausoleo di Sheikhantaur (chiuso dentro un cortile dell’università), andiamo poi in piazza Timur, dove c’è lo splendido Hotel Uzbekistan, dalla facciata in stile sovietico, e altri palazzi interessanti. A piedi ci dirigiamo verso piazza Mustaqilik, una bella passeggiata attraverso parchi e aree pedonali, con tanta gente a spasso. Dopo aver visto il senato e il Monumento della Madre Piangente, chiudiamo la visita della città al parco Navoi (non pensate di fare qui l’aperitivo perché non ci sono bar di sorta). Nella capitale ci sono anche dei musei molto interessanti, ma purtroppo non abbiamo avuto il tempo di visitarli.

Ristoranti: Jumanji, vicino all’hotel, molto turistico e costoso.

Finisce così il nostro viaggio in Uzbekistan, la terra delle Mille e una Notte, domani cambio di clima e di panorami, si va in Kirghizistan.

– KIRGHIZISTAN

Per problemi di salute legati all’altitudine (che in Kirghizistan in un attimo supera abbondantemente i 3000 m, le loro montagne sono sui 7000 m) abbiamo optato per il tour sul lago Yssyk-Kul, richiedendo esplicitamente di non superare quota 2500 m. Tutti gli altri itinerari proposti superano i 3000 m.

Al nostro arrivo in aeroporto troviamo ad attenderci Uzakbek, la nostra guida locale, che ci porta subito nell’hotel da me prenotato nella capitale (My hotel Bishkek 38 euro, nuovissimo, molto bello. Eravamo gli unici clienti, quindi siamo stati molto coccolati. Non è centralissimo, ma ha dei ristoranti vicini e una comoda fermata dei bus per il centro. Molto consigliato). Dopo aver riposato un’oretta Uzak ci porta a pranzo al Navat con Aigerim, la ragazza con cui ho definito l’itinerario via mail (e a pagare il tour) e a cambiare i soldi, per poi iniziare il tour.

ALA ARCHA

Prima tappa concordata, è un parco a un’oretta dalla capitale. Molto bello e molto frequentato dalla gente locale per sfuggire al caldo della città. Il primo impatto con le altitudini kirghise non è stato dei più semplici per me: le salite sono impegnative se non si è allenati, e quella che per la nostra guida era una piccola passeggiata, si è rivelata troppo per me, a neanche metà strada mi sono arresa e Uzak ci ha indirizzato verso il percorso (asfaltato!!!) che costeggia il fiume. Diciamo che la partenza non è stata con il botto, spero di riprendermi nei giorni successivi.

Cena da Mustapha, ristorante per famiglie vicino l’hotel, menù in kirghiso, ma la cameriera con grande inventiva ci ha fatto scegliere dalle foto pubblicate su Istagram. Buono, ma non servono alcolici.

CHONG KEMIN

Dopo aver trascorso la notte a Bishkek, di prima mattina partiamo per il tour vero e proprio.

Prima tappa Burana Tower, il sito più famoso della nazione, una torre alta 24 m del XI secolo. Ancor più interessanti le statue ai suoi piedi, che raffigurano guerrieri del passato.

Primo pranzo (o meglio banchetto) a casa dei contadini, un’esperienza veramente interessante che aiuta a capire le usanze di questo popolo. Innanzitutto colpisce il divario tra esterno e interno: se infatti all’esterno le case sono molto semplici e rurali, all’interno sono molto curate, ed è sempre presente una stanza molto grande, vuota, con la moquette, dove ci veniva servito il pasto su tavoli bassi, sedendoci per terra. In un angolo dei materassi impilati: questa è la stanza per gli ospiti, per i parenti che vengono da lontano e per i turisti. La tavola è riccamente imbandita, sempre presenti caramelle, confettura di lamponi, insalate varie, verdure dell’orto e tea caldo (manca invece l’acqua, che non è potabile, bollirla e trasformala in tea è più sicuro). Viene poi servito dalla mamma una zuppa e un piatto di carne. Le caramelle e i vari dolci si mangiano alla fine, la confettura sul pane come inizio pasto. Le signore, formate dal CBT, pur non parlando inglese, sono incredibilmente gentili (e grazie alla nostra guida non c’è problema di comunicazione) e delle ottime cuoche, e sicuramente danno il meglio di sé e del loro orto per fare bella figura, l’unica controindicazione è che esagerano con le quantità ed è oggettivamente impossibile finire tutto quello che ti portano. Uzak ci ha spiegato che i ristoranti sono pochi e non all’altezza, per cui hanno optato per utilizzare le case dei contadini, in modo da proporre cibo gustoso e coinvolgere le famiglie nella redistribuzione della ricchezza portata dal turismo.

Arriviamo poi nella Valle di Chong Kemin, dove ci aspetta l’escursione a cavallo con il figlio della signora della guest house. Indescrivibile la sensazione di vagare nella natura incontaminata per 3 ore senza incontrare strade o macchine. Il Kirghizistan è la patria dei cavalli, ogni abitante impara a cavalcare a 3 anni, lo sport nazionale è il Kok Boru (una specie di polo con al posto della palla una carcassa di capra decapitata) e i Nomad Games, le olimpiadi locali, hanno la maggio parte delle discipline legate all’equitazione. Noi andiamo a cavallo abitualmente anche in Italia, comunque consiglio un’escursione a cavallo a tutti, sono abituati ai turisti incapaci e sanno gestirli. Credo sia stato il momento migliore dell’intero tour e mi sono pentita di non aver impostato di più l’itinerario sui cavalli (con la CBT è possibile fare addirittura tutto il tour a cavallo, raggiungendo in questo modo i vari laghi in quota).

Rientrati in guest house facciamo un giretto nel villaggio, fraternizzando con i bambini e qualche vecchietto, poi finiamo la serata cenando al tavolo con dei turisti tedeschi. La struttura è molto carina, nuova e con il bagno in camera.

KARAKOL

Dopo la ricca colazione, partiamo per Karakol. Durante lla strada ci fermiamo a Cholpon-Ata a visitare un sito dove centinaia di pietre petroglife sono scese dalla montagna formando un bacino. Alcune di queste sono veramente interessanti, con scene di caccia e molti animali dipinti. Il museo è all’aria aperta, la mia preoccupazione è che le intemperie rovinino le iscrizioni preistoriche, facendole sbiadire nel tempo, e perdendo per sempre delle testimonianze così preziose del nostro passato: spero che, con l’aumentare del turismo, presto creino delle strutture coperte che possano proteggerle.

Dopo il pranzo in un ristorante nella cittadina di Cholpon-Ata, molto turistica per la vicinanza con il Kazakistan e il grande flusso verso il lago che da lì proviene, ci dirigiamo verso Karakol, dove visitiamo la Moschea Dungan (l’unica moschea in stile cinese, fatta in legno a forma di pagoda, veramente interessante. Per le donne d’obbligo indossare una caldissima palandrana che copre interamente corpo e capo) e la Chiesa Russa Ortodossa (anche questa molto bella, sempre con struttura in legno).

Dopo le visite andiamo in guest house.

LAGO YSSYK-KUL – BOKONBAEVO

Oggi costeggeremo la sponda meridionale del lago. Prima tappa il Jeti-Oguz Gorge, la Roccia dei Sette Tori, una formazione rocciosa molto bella. Purtroppo io non sono stata molto bene nella notte (la cucina locale ha dato qualche problemino) e non ero molto in forma, così Uzak ci ha fatto fermare in una yurta lungo il fiume per bere un tea e cercare di rimettermi in sesto (la loro concezione di tea leggero è quella di servirlo con le tradizionali frittelle e confettura di lampone, ma tant’è). Poi ci aspetta il pranzo a casa dei contadini: avevo chiesto di avvisare e di farmi solo un riso in bianco. Al nostro arrivo il solito banchetto in tavola, poi la signora porta un brodino di pollo, che accolgo con gratitudine, peccato che, una volta finito, porta il riso con altra carne! Inutile, il concetto di pasto leggero non appartiene a questo popolo.

Nel pomeriggio visitiamo il Szazka Canyon, cioè la Fairytale Valley, una valle rosso fuoco, con canyon incredibili. Giriamo per un paio d’ore facendo mille foto, le rocce rosse e sullo sfondo il blu del lago. Le farfalle accompagnano ogni nostro passo.

Per la notte soggiorniamo nelle yurta al campo Bel Tam, uno dei migliori, proprio sulle rive del lago. Qui incontriamo i primi turisti dal nostro arrivo, l’atmosfera è molto rilassata, giochiamo con Yurta, il cucciolo di cane della struttura, proviamo a fare il bagno, ma per me l’acqua è troppo fredda. Dopo la cena nella yurta principale con turisti di ogni parte del mondo, andiamo in spiaggia a godere del magnifico cielo stellato e poi a nanna nella yurta, altra esperienza indimenticabile, ne abbiamo una tutta per noi, ed è comoda e calda. I bagni sono come quelli dei campeggi, centralizzati e all’occidentale.

RIENTRO A BISHKEK

Ultimo giorno di tour, prima di rientrare nella capitale assistiamo a una dimostrazione di caccia con l’aquila organizzata solo per noi. Ci troviamo con i cacciatori in una valle, ci spiegano come funziona, le loro tradizioni, i metodi di addestramento (vengono prese da cucciole, poi stanno con i cacciatori fino all’età della riproduzione, quando vengono reimmesse in natura). Poi c’è la dimostrazione pratica con prede finte e vere. Alla fine possiamo accarezzare i pennuti (aquila e falco) e ci facciamo le foto con loro, oltre a poter fare le domande ai cacciatori. Lo so, è un po’ turistico, ma per me è stato molto interessante. La strada del ritorno vola tra le chiacchiere e le battute con Uzak, che si è dimostrato il vero valore aggiunto di questo viaggio: preparato, premuroso, attento a soddisfare ogni nostro bisogno e a spiegarci ogni dettaglio della sua cultura e nazione. Salutarlo è stata dura, stringiamo amicizia su Facebook, per poterci scambiare le foto e mantenere i contatti.

Il giorno dopo un taxi organizzato dal CBT verrà a prenderci all’alba in hotel per portarci in aeroporto, concludendo così un viaggio che in 3 settimane ci ha portato dal fuoco del deserto al verde delle montagne.



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