Da Perth verso Exmouth:in viaggio verso un sogno

Innanzitutto premetto di aver fatto questo viaggio mentre già ero in Australia,dove avevo deciso di"scappare" per almeno 1 anno a settembre 2006 e dove mi sono poi fermata per quasi 2 anni e mezzo. Non ho inserito molti dati precisi riguardo alle spese perchè,oltre al volo sino a Perth, che a seconda delle stagioni può costare dagli 800 euro...
Scritto da: fluttergirl77
da perth verso exmouth:in viaggio verso un sogno
Partenza il: 12/12/2006
Ritorno il: 26/11/2006
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 1000 €
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Innanzitutto premetto di aver fatto questo viaggio mentre già ero in Australia,dove avevo deciso di”scappare” per almeno 1 anno a settembre 2006 e dove mi sono poi fermata per quasi 2 anni e mezzo.

Non ho inserito molti dati precisi riguardo alle spese perchè,oltre al volo sino a Perth, che a seconda delle stagioni può costare dagli 800 euro in su,bisogna tener conto del fatto che avendo campeggiato e cucinato per noi stessi la maggior parte delle volte, la spesa va un po da soggetto a soggetto, a seconda di quello che ovviamente si decide di cucinare.Comunque i prezzi nei piccoli negozi del nord aumentano notevolmente e direi che per cena si deve fare una media di 15-20$ in due almeno.Le distanze sono immense ma la benzina molto piu economica che da noi va da circa1.20 a 1.40 nei luoghi piu lontani dalla civiltà;ovviamente le autostrade, come in tutti i paesi civili, non si pagano (e comunque non ce ne sono, ehehe è una lunga e rettilinea strada di 4000km),e i campeggi richiedono in genere tra i 20 e i 28 $ per van o camper a notte.

A parte questo le spese non sono poi molte perchè gran parte delle attrazioni sono naturali e basta sedersi e godersele a bocca aperta senza dover mettere mano al portafogli! Per chiunque volesse scappare come me ricordo che tra i 18 e i 30 anni vi è la possibilità di avere un visto vacanza-lavoro di un anno che permette di trovare piccoli lavoretti e mantenersi o, perche no, andare a dare un occhio in Australia per trovare eventualmente un modo per rimanervi! Basta chiederlo via internet al sito dell’immigrazione australiana.

Ce l’avevo fatta: dopo 3 mesi a Sydney e una breve fuga nel South Australia per seguire i miei beniamini (la pazzia mi aveva portato a vedere uno dei miei gruppi preferiti, i Pearl Jam per ben 4 volte nel corso del loro tour australiano)e per una fugace visita a Kangaroo Island,ero finalmente su quel volo per Perth, che mi avrebbe portato a conoscere Davide,con cui avrei esplorato l’Australia Occidentale.

Ci eravamo conosciuti, infatti, qualche mese prima, su internet grazie sia alla nostra comune passione per la musica sia per il fatto che entrambi eravamo in procinto di abbandonare le nostre monotone e ordinarie vite per fuggire oltreoceano,in cerca di avventura e adrenalina.

Con pochi soldi nel portafoglio e con la consapevolezza di avere almeno un altro anno lontano da casa d’innanzi a noi eravamo più che mai orientati verso un viaggio a budget limitato, che ci avrebbe portato il più a nord possibile lungo le selvagge e incontaminate coste australiane.

(Perth-Darwin: circa 4200km lungo una delle strade meno battute e più disabitate del mondo).

Con un briciolo di incoscienza e spavalderia avevamo deciso di affidarci per il viaggio alla vecchia Wilma,il van rosso fuoco che Davide aveva acquistato qualche settimana prima da un viaggiatore tedesco e che, grazie all’aiuto di Terryn(il suo coinquilino australiano)e alla sua predisposizione per il bricolage, era stato trasformato in una sorta di camera da letto portatile.

Essendo la rete di trasporti pubblici non molto sviluppata soprattutto in direzione delle località minori il possesso di un mezzo di trasporto proprio è senza dubbio la scelta migliore.

Per chi ha a disposizione un po di tempo,consiglio la compravendita dello stesso, in quanto la totale mancanza di burocrazia (che sogno…)la rende pratica veloce, economica e molto apprezzata(gli annunci si trovano sulle bacheche degli ostelli,su internet e sui quotidiani locali); in alternativa si può ricorrere al noleggio dello stesso a prezzi variabili tra i 50 e i 180 $ al giorno a seconda che si opti per un economico e abbastanza scomodo minivan come il nostro (www.Wickedcampers.Com.Au )o per un mezzo a 4 ruote motrici perfetto per percorrere la maggior parte delle lunghe e polverose strade australiane,non asfaltate e totalmente inaccessibili ai mezzi tradizionali.(www.Australiancampervans.Com ; www.Budget.Com.Au ; www.Apexrentacar.Com.Au).

Cosi, fatto rifornimento di beni di prima necessità (i supermercati di Perth sono molto piu economici di quelli che si trovano a nord e c’è ovviamente maggior scelta.La regola, per tutto, dalla benzina sino ai generi alimentari è che piu ci si allontana dalla civiltà e piu, naturalmente i prezzi lievitano), di qualche stoviglia per il campeggio,di musica,di acqua e di un paio di forti e potenti creme solari eravamo finalmente pronti per la partenza: direzione nord! 1 GIORNO: PERTH-LANCELIN (130km) Superati i sobborghi settentrionali, tra piccoli paesini di pescatori ed esclusive località di villeggiatura,dopo un’ora abbondante di guida arriviamo in una piccola cittadina quasi deserta di nome Seabird e, tentati sia dalla vista di una lunga e sinuosa spiaggia bianca che dal desiderio di una birra fresca decidiamo di fare una pausa.

Dopo un bagno veloce e una corsa in riva al mare riprendiamo il viaggio in direzione Lancelin, capitale del windsurf e del kitesurf australiano, caratterizzata dalle lunghe spiagge bianche e dai forti venti battenti che la rendono metà di pellegrinaggi da parte degli sportivi di tutto il mondo.

Appena arrivati,a meta pomeriggio, ci dirigiamo verso le famose dune di sabbia bianca della zona,anche se, la memoria della dolorosa esperienza con le dune gia avuta a Kangaroo Island era ancora fresca e ben impressa sul mio posteriore sotto forma di gigantesco ematoma! Ciononostante,l’idilliaca visione di un’ orda di vecchietti giapponesi urlanti e gioiosi, intenti nel rotolarsi tra le sabbie come bambini, mi aveva ridato la carica e convinto a ritentare il sand-boarding (trattasi di discesa tra le dune su una tavola molto simile ai bob).

Ovviamente anche questa volta ero riuscita a disfarmi mezzo corpo,ma tutto sommato il divertimento e il meraviglioso panorama di quella enorme distesa candida e illibata, molto simile a neve (non fosse stato per la temperatura ardente…)erano abbastanza per compensare le natiche doloranti.

Stanchi e pieni di sabbia ovunque,ci dirigiamo verso il North end caravan park…(10$a testa piazzola con elettricità), per una doccia, un’ottima cena a base di pesce e per la nostra prima notte sotto gli incantevoli cieli dell’Australia occidentale.

Cullata dal dolce suono dell’oceano e da una fresca brezza marina e ,con lo sguardo rivolto verso l’alto osservo con stupore e meraviglia la moltitudine impressionante di stelle riconoscendo qua e la anche alcune delle più famose costellazioni dell’emisfero australe e avvolta in un’atmosfera di pace e serenità unica mi addormento.

2 GIORNO: LANCELIN-GERALDTON (297 km circa) Ricaricati dalla notte appena trascorsa e da un’ottima colazione in riva all’oceano, proseguiamo il nostro viaggio verso nord tralasciando volutamente la deviazione verso Cervantes e il Pinnacle desert( 257km a nord di Perth), che avremmo visitato al ritorno e , verso l’ora di pranzo arriviamo a Dongara, nota anche come (non a caso i nostri stomaci si erano sincronizzati con l’orologio) “città dell’aragosta”.(Le è dedicato anche un museo che si trova sulla spiaggia principale).Guidati dallo stomaco,andiamo diretti verso il porto,ove tento di corrompere senza successo qualche pescatore locale intento nel disporre decine e decine di aragoste dentro grossi contenitori. Non riuscendo nel mio intento decidiamo di abbandonarci ad un malsano fish / chips (8$) ossia uno di quei tipici piatti australiani tutto fritto e poco pesce e abbastanza appesantiti torniamo a malincuore sulla lunga e monotona Pacific Highway, che gia dopo soli 2 giorni di viaggio iniziavo ad odiare.Non appena si lascia la costa e ci si addentra di nuovo in direzione della strada principale, infatti,la fresca brezza marina lascia posto ad un afoso e sopprimente caldo,il quale, unito alla monotonia del paesaggio, alle lunghissime distanze e all’utilizzo di un mezzo di trasporto un po datato rendono gli spostamenti tra una località e l’altra non proprio piacevoli.Il periodo migliore per compiere questo viaggio sarebbe tra agosto e ottobre, sia perché le temperature sono leggermente più basse, sia perché l’assenza delle torrenziali piogge tropicali soprattutto a nord, evita l’allagamento e l’impraticabilità di numerose strade, sia per l’avvenimento di un fenomeno naturale estremamente affascinante:la fioritura del deserto! In questo momento infatti,più di 12000 specie diverse di fiori ,alcune delle quali assolutamente uniche al mondo sbocciano senza sosta da nord a sud in un’esplosione unica di colori, dando alle aride e rosse terre australiane un aspetto unico e affascinante.( tra queste più di 70 tipi di orchidee selvatiche)Per maggiori informazioni utilissimo ed interessante è il sito: www.Wildflowerswa.Com.

Verso metà pomeriggio raggiungiamo GERALDTON, principale centro della regione centro-occidentale e, grazia ai consigli di un simpatico vecchietto arriviamo diretti al “Geraldton Fisherman’s co-op”,principale centro di distribuzione e smistamento del pesce della zona, dove con poco più di 15 $ a testa facciamo il pieno di molluschi e crostacei.

Raggiunto Point Moore e superato il faro optiamo per il “Belair garden tourist park” (24$ a veicolo),(www.Belairbig4geraldton.Com.Au) uno dei migliori campeggi che incontreremo nel corso del nostro viaggio.

I campeggi dell’Australia Occidentale sono, in genere,di standard molto elevato,molto puliti,molto tranquilli,privi degli eccessi della costa est e dotati di tutti i comfort.

Oltretutto, come ben s’addice alla cultura culinaria australiana, dedita alla pratica del barbecue per ogni tipo di festeggiamento, si possono trovare quasi ovunque griglie e barbecue dove cucinare il proprio cibo.

Mentre ero intenta a perdere tempo Davide si era in realtà già dato molto da fare e, sotto gli occhi di un’invidiosa famigliola francese aveva preparato una cena a dir poco eccezionale a base di aragoste, gamberi, calamari e molluschi vari; il tutto innaffiato da forte e corposo shiraz australiano (non amo il vino bianco) e completato da un delizioso dolce con fragole e cioccolato.

Ammetto: Davide aveva superato le selezioni per accompagnarmi nel viaggio anche e soprattutto perché di professione faceva il cuoco 3 GIORNO:GERALDTON-DENHAM(410km) Il nostro terzo giorno, salutata la graziosa Geraldton, inizia con un avvenimento agghiacciante:Wilma, ormai esausta per le temperature elevate aveva il radiatore ko e la vista di una nuvola di fumo bianco non era certo un buon segno.

Tra noi e la civiltà, se con civiltà si può intendere un piccolo benzinaio nel bel mezzo dell’outback con 3 residenti, c’erano almeno 70 km e nel mezzo solo sabbia, sabbia e sabbia! Indugiando ai lati della strada, nel bel mezzo del nulla, aspettiamo speranzosi un’illuminazione divina o almeno un mezzo di soccorso ma le uniche cose in movimento che riusciamo ad avvistare per almeno un’ora sono 2 emù, 1 serpente,2 wallaby e 3 lucertole.(pur avendo il numero australiano, i cellulari avevano gia smesso di funzionare a circa 200km più a sud).

Consapevoli di dover rischiare l’impossibile ci avviamo lentamente verso la prossima tappa, con un occhio vigile alla temperatura dell’acqua e l’altro al cofano del motore.

Fortuna vuole che tra una vicissitudine e l’altra raggiungiamo finalmente il Billabong Roadhouse,dove mi siedo stordita ad osservare l’orizzonte mentre Davide controlla la situazione di salute del nostro van.

La sensazione di trovarsi all’interno di un enorme forno in via di cottura, trasforma i miei pensieri in deliri ossessivi e ben presto cado in una sorta di stato catatonico e mi incanto ad osservare un grazioso uccellino apparentemente intento nel prendere a testate il vetro di una jeep. Dopo qualche minuto,riprese le capacità intellettive grazie anche ad un assalto aereo da parte di un miliardo di mosche assatanate(ora capisco perché Alex mi aveva regalato mesi prima quello sgraziato cappellino con retina incorporata!)realizzo che il malcapitato non stava tentando il suicidio ma stava semplicemente cercando di sfondare a testate il vetro della macchina, attirato dall’aria condizionata.

La poco allietante attrattiva di rimanere per 3 giorni in quel luogo dimenticato da Dio nell’attesa di un pezzo di ricambio per il van non ci esaltava granché,cosi, decidiamo di proseguire nella speranza di non diventare cibo per avvoltoi.

Miracolosamente arriviamo all’ Overlander Roadhouse, 630 km a nord di Perth, vero e proprio crocevia della zona,in quanto unico avamposto di civiltà nel raggio di centinaia di km.

A nord mancavano più di 200 km per arrivare a Carnarvon, a ovest più di 120 per Denham, capoluogo della regione di Shark bay, e ad est c’era il grande e terribile outback, ossia migliaia di km di deserto inabitato e inospitale,vera e propria terra di nessuno.(tanto per fare un esempio Alice Spring era a quasi 3000km) Esausti, ci accasciamo all’interno del locale, godendoci un po di aria condizionata e degustando le prelibatezze gastronomiche dell’outback australiano tra cui hot dog, torte di carne varia (le famose Pie),carne secca e altre schifezze!Dopo una veloce lettura ad un interessante libro sui mortali serpenti australiani , un paio di litri di acqua, 4 ghiaccioli,3 caffè e una chiacchierata con il gestore del locale, decidiamo di proseguire.

Affascinato dalla mia logorrea cronica, che sarebbe una manna dal cielo in un posto del genere Ben, il gestore, mi offre di unirmi al loro team , proponendomi 9000$ più vitto e alloggio, per 2 mesi e devo ammetter che per un attimo avevo quasi accettato.(in realtà mi era bastato buttare occhio sul termometro che segnava 51 gradi per declinare gentilmente l’offerta).

A poche decine di metri dal locale si trova subito la deviazione per la penisola di Shark Bay, Patrimonio mondiale dell’Unesco dai primi anni 90, (e uno dei soli 20 luoghi in tutto il mondo a soddisfarne tutti e 4 i criteri di scelta)e luogo primordiale e selvaggio di straordinaria bellezza dove si alternano lagune cristalline, promontori ripidi e rocciosi,incontaminate spiagge bianche lambite da turchesi mari pullulanti di vita. La variegata morfologia del territorio, l’estrema salinità delle sue acque e l’assoluto isolamento della stessa penisola inoltre, hanno reso possibile lo sviluppo di specie autoctone uniche al mondo e la conservazione di altre in via di estinzione quasi ovunque.

Squali, emù, balene, squali balena,delfini, tartarughe, dugonghi,decine e decine di strani roditori e piu di 100 diversi tipi di rettili e anfibi hanno fatto di questo luogo la propria casa rendendolo oggetto di studio da parte di biologi e naturalisti di tutto il mondo.

27 km dopo la deviazione dalla North Coastal Pacific Highway,eccoci ad Hamelin Pool, sede di una colonia di fossili viventi(ce ne sono solo 2 al mondo e questa è la più accessibile),nota col nome di Stromatoliti, di importanza biologica unica per lo studio dell’evoluzione del mondo poiché esattamente uguali alle forme di vita che popolavano la terra 3.5 bilioni di anni fa.

Dall’alto di una passerella, posta a protezione delle stravaganti formazioni,più simili a grosse rocce che ad altro, ci guardiamo intorno,scrutando l’orizzonte e godendoci la solitudine suprema di questo mistico luogo dall’aspetto lunare. L’avvicinarsi dell’imbrunire ci impone una certa fretta(guidare in mezzo al deserto dopo il tramonto può essere pericoloso per la presenza dei canguri, i quali attirati dalle luci delle macchine saltano di sovente in mezzo alla strada..),per cui ripartiamo verso Denham, centro principale della zona e graziosa cittadina lambita dalle acque dell’oceano Indiano.

L’invidiabile posizione in riva al mare ci fa optare senza indugi per il piccolo Denham seaside tourist village (22$ a notte,da dividere..),anche se per una sera, in cerca di vita e approfittando dell’avvicinarsi del weekend decidiamo di abbandonare le bucoliche cene sulla spiaggia per buttarci tra i fiumi di birra dei pub locali.

Allo Shark Bay hotel, ci riserviamo una cena a base di deliziosa carne australiana e patate (15$) e dopo una paio di birre accettiamo la sfida a biliardo da parte di qualche maturo pescatore. Si effettivamente questo era il massimo che si potesse pretendere dalla vita notturna qui ma , in fin dei conti non era certo quello lo scopo del nostro viaggio.

4 GIORNO SHARK BAY: LITTLE LAGOON&OCEAN WORLD La pigrizia mattutina e qualche nuvola minacciosa, ci fanno perdere un po’ di tempo,cosi una volta arrivati a Monkey Mia, a circa 25 km da Denham,scopriamo di essere ormai in ritardo per le quotidiana visita dei delfini( pare che non tornino mai più di 3 volte al giorno e comunque difficilmente dopo l’una),ma ne approfittiamo lo stesso per una lunga passeggiata sulla sabbia rosa, per un tuffo tra i pellicani e una chiacchierata con un ranger, dopodiché, presa la decisione di ritornare il giorno seguente, torniamo alla scoperta della penisola.

Ben presto troviamo la deviazione per Little Lagoon e dopo solo qualche metro ci troviamo d’innanzi ad uno spettacolo sublime:una piccola laguna di acqua salata dall’intenso colore azzurro,una lunga spiaggia di sabbia bianca illibata e in lontananza, poco al di la le quiete acque oceaniche. La vicinanza col mare è giustificata dal fatto che le stesse lagune erano in realtà depressioni del terreno che si erano formate nel passato a causa delle inondazioni marine.

Mentre passeggio sulla spiaggia noto un sinistro cartello che avverte della probabile presenza del temibile Stone Fish o pesce pietra, velenoso visitatore delle acque australiane che tende in genere a mimetizzarsi al di sotto della sabbia o in prossimità delle rocce e che, se pestato, inietta tramite le sue spine un potentissimo veleno provocando nel malcapitato, se non morte, dolori lancinanti e insopportabili che possono durare giorni, settimane e a volte anche mesi.

Non avendo comprato per un attacco di avarizia le apposite scarpe, in vendita in quasi tutti gli esercizi della zona alla modica cifra di 20$, mi limito ad osservare il paesaggio dall’esterno, rinunciando ad un tuffo ristoratore…

In realtà la probabilità di trovarne uno non è poi cosi elevata ma consapevole della mia sfortuna cronica decido di non rischiare.(in fin dei conti nel queensland mentre nuotavo tra decine di pazzi scatenati in bikini, noncuranti dei pericoli locali, sono stata immediatamente punta da una medusa dopo esattamente 2 secondi dalla mia entrata in acqua e nell’unico cm di pelle che ancora avevo libero tra la muta e la maschera! Tornati sulla strada principale e di nuovo in direzione Denham, superiamo i grossi generatori eolici che da soli provvedono alla produzione della gran parte del fabbisogno energetico della penisola,riducendo al massimo l’impatto ecologico e dopo una ventina di km raggiungiamo Ocean Park,un interessante parco acquatico molto artigianale a conduzione famigliare.

Superata la lunga e tortuosa strada sabbiosa che ci separa dall’ingresso, arriviamo miracolosamente all’entrata dove veniamo accolti da uno dei 3 fratelli che gestiscono questo luogo,biologo marino che per 6 $ ci porta alla scoperta di questo meravigliosa realtà,la cui sopravvivenza viene garantita a stento dalle donazioni di qualche generoso turista.

Aaron, ci spiega per quasi 2 ore,i segreti del mondo sottomarino e dei vari animali che lo popolano tra cui squali , tartarughe (attenzione alle dita!),snappers,razze, mante,cetacei,pesci tropicali e alla fine arriviamo alla mia parte preferita, quella per cui nutro un interesse quasi morboso da sempre:quella degli animali velenosi.

Cosi ci introduce nel crepuscolare mondo di pesci scorpione,pesci pietra, meduse mortali,irukandy,polipi velenosi (blue ring octopus,piccoli polipi che quando si arrabbiano e stanno per iniettare il veleno presentano macchie circolari bluastre)conchiglie velenose (cone shell)sino ad arrivare alle numerose specie di serpenti marini.

Riesco a stento a convincere Aaron nel desistere dal tentativo di afferrarne uno spaventata dall’immagine di quella decina di serpentelli che saltavano come grilli nel tentativo di afferrare l sua mano ma ammetto che è stata un’impresa faticosa! Gli Australiani sono un po cosi; amabili ed incauti ed hanno un rapporto molto particolare con gli animali , anche i più pericolosi,che non temono e amano comunque indiscutibilmente.

Infatti nel descriverci le caratteristiche di questo simpatico rettile dalla lingua biforcuta,non ha dimenticato di sottolineare quanto in realtà i suddetti siano esseri molto amabili e pacifici, dl carattere socievole e curioso, che amano nuotare con l’uomo, studiarlo e farsi coccolare(!!)…Certo finche non si sentono in pericolo,caso in cui decidono di sparare il colpo mortale! In realtà sembra che non sempre l’individuo adulto inietti il veleno, che cerca di risparmiare per le prede vere, ossia le sue fonti primarie di cibo , ma nel caso in cui si incontri un piccolo neonato, le possibilità di essere fregati aumentano poiché il tenero cucciolo non è ancora in grado di decidere se ucciderci o no.

Ad ogni modo capisco di dovermi fare il segno della croce in caso di un incontro e di dover sorridere al cordiale animaletto sperando di risultargli simpatica! Dopo aver assistito al pranzo degli squali-limone, piccoli squali della barriera corallina,apparentemente innocui e dopo aver salutato la famiglia, ci rilassiamo sulla spiaggia deserta color salmone,e discutiamo sulle incredibili notizie appena apprese.

Tornati in paese, ci rilassiamo in campeggio godendoci la notte stellata e ascoltando musica sino a tardi.

5 GIORNO: MONKEY MIA Puntata la sveglia alle 7 e dopo una colazione fulminea, ci affrettiamo a percorrere i 24 km che ci separano da Monkey Mia nel tentativo di essere presenti , almeno per stavolta, all’arrivo dei delfini. Lungo la strada notiamo un paio di cartelli che ci erano sfuggiti il giorno precedente e che avvertivano dell’eventuale presenza di un altro strano abitante della penisola:il gilby, strano marsupiale onnivoro, dall’aspetto più simile a un topo con le orecchie da elefante che altro ed ennesimo abitante protetto ed esclusivo della penisola di Shark BaY Ridacchiando arriviamo finalmente a Monkey Mia e dopo circa un’ora ecco spuntare all’orizzonte 5 puntini che a poco, avvicinandosi verso riva prendono le sembianze dei tanto amati cetacei.

Per qualche strano motivo questa spiaggia viene visitata periodicamente, con cadenza quasi giornaliera,dai discendenti di sesso femminile (i maschi sembrano più solitari ed aggressivi)di quei primi delfini che arrivarono qui circa 40 anni fa. Questa strana interazione uomo-animale fa parte di un interessante progetto di studio che coinvolge numerosi studiosi e di Monkey Mia un’oasi amata ed apprezzata in tutto il mondo.

Cosi ben presto ho l’onore di conoscere, Nicky, Surprise, Puck,Shock, Piccolo facilmente riconoscibili dalle caratteristiche della pinna dorsale e anche il piccolo Yule, nato da pochi giorni e il cui nome, nella lingua aborigena, sta appunto ad indicare la Natività (eravamo vicini al Natale) La presenza del piccolo delfino (calf in inglese)prevede una serie aggiuntiva di precauzioni sia per evitare la trasmissione di malattie allo stesso che per evitare inutili nervosismi nella mamma e nelle zie, che pur essendo amabili cetacei noti in tutto il mondo per la loro simpatia son pur sempre animali selvatici dal comportamento imprevedibile.

Per saperne di più su questo affascinante progetto: www.Monkeymiadolphins.Org e www.Sharkbay.Org/default.Aspx?WebPageID=160 .

Tremolante dall’emozione e in estasi completa all’idea di un mondo dove uomini e animali possano davvero vivere insieme senza che i primi sfruttino,massacrino e distruggano secondi,mi sdraio all’ombra di una pianta a riflettere.

Tra una visita e l’altra dei cetacei colgo l’occasione per un giro nel museo allestito all’ingresso che racconta i 40 anni di storia di questo luogo e la particolarità di questo rapporto unico uomo-animale e faccio amicizia con una simpatica signora italiana che aveva deciso di spendere i suoi anni di pensione come volontaria in questo paradiso terrestre.

Ovviamente la solita presenza del solito cartello segnalante animali pericolosi risveglia il mio subconscio con una scarica di adrenalina e prendo informazioni sul blue ring octopus.

Ormai ero quasi pronta per scriverne un libro! Nonostante i vestiti, la ricerca spasmodica di ombra, la crema a schermo totale ero completamente ustionata, cosa che non mi riempiva certo di gioia mentre Davide la lucertola sfoggiava un invidiabile abbronzatura dorata! Soddisfatti dall’esperienza, costata solo 6$ torniamo al campeggio dove ci godiamo la fresca brezza della sera e anche un temporale notturno, gustandoci la solita cena salutare a base di pesce.

6 GIORNO: SHARK BAY-CARNARVON(350km) Mentre aspettiamo che il meccanico, sistemi finalmente il nostro van, ci sediamo in un angolo dell’autorimessa e facciamo amicizia con 3 simpatici vagabondi :un israeliano, un tedesco e un irlandese che ci offrono un caffè artigianale preparato su di un fornelletto da campeggio in mezzo al piazzale. Scopriamo che i malcapitati erano stati recuperati dal meccanico stesso,tra le sabbie del Francois Peron National Park, ossia la zona più a nord e più selvaggia della penisola , che seppur di straordinaria bellezza e degna di visita è quasi del tutto impraticabile ai mezzi convenzionali.

Dopo esserci scambiati esperienze e indirizzi ,e con 150 $in meno nel portafoglio, continuiamo il nostro viaggio sulla Shark Bay road deviando in direzione Eagle Bluff. Una passerella permette di osservare i bassi e limpidi fondali marini sottostanti e la ricca popolazione di squali, dugonghi, delfini, mante e razze che nuotava pacificamente.

Un ultimo sguardo al panorama maestoso e via verso Shell Beach(45 km da Denham),lunghissima spiaggia costituita quasi totalmente da milioni, forse migliaia di conchiglie ammassate le une sulle altre a formare una distesa profonda quasi 10 metri. Un cartello ricorda di essere nel bel mezzo del progetto Eden volto a proteggere la fauna locale tramite l’ausilio di un particolare veleno tossico per i predatori (volpi, conigli,ratti…) ma non per la fauna autoctona, in serio pericolo di estinzione.

…Anche in questo caso l’uomo ha fatto la sua parte portando dall’Europa decine di specie animali non presenti sul suolo Australiano che sono ovviamente entrate in competizione con la timida fauna locale provocando danni gravissimi.

Lasciata Shark Bay,dopo qualche ora di viaggio verso nord,arriviamo a Carnarvon,piccola cittadina tropicale di circa 7000 abitanti , costruita sulle sponde del fiume Gascoyne, le cui acque sono fondamentali per l’intera economia della regione e la sopravvivenza della città stessa.

Con mia grande sorpresa noto che in realtà il fiume altri non era che una lunga e immensa distesa di terra destinata a riempirsi con l’arrivo della stagione delle piogge.

Ne approfittiamo per una passeggiata nel letto del fiume,esperienza alquanto unica e particolare che mette in risalto ancora una volta la particolarità di questi luoghi…Nel giro di qualche settimana sarebbe tutto stato sommerso da decine di metri cubi d’acqua!(certo non so ancora se credere al fattore che mi aveva detto che avrebbe avuto una portata d’acqua maggiore di quella del fiume Mississipi!) Una cosa sicura comunque è che,una volta arrivati in queste zone è necessario tenere d’occhio le previsioni del tempo ed eventualmente anche i bollettini nazionali riguardanti la situazione delle strade poiché le terre aride e bruciate dell’ovest australiano non sono in grado di assorbire i 1000-2000 mt3 di acqua che in media vengono riversati durante la stagione delle piogge per cui spesso le strade stesse diventano veri e propri corsi d’ acqua impetuosi! Una visita a qualche piantagione della zona e una lauta merenda a base di chili di frutta deliziosa ci aprono le porte per la visita della città, ove , per la prima volta abbiamo l’occasione di vedere una cospicua presenza di aborigeni.

La triste storia degli aborigeni in australia non è in realtà molto diversa da quella gia vista e rivista ovunque in anni di colonialismo aggressivo e senza scrupoli e gli stessi, una volta padroni sovrani di queste terre sono,destinati a vivere isolati nelle riserve oppure a vivere la propria dolorosa emarginazione nelle periferie della città. Nulla di molto diverso da quello che già qualche anno prima avevo tristemente osservato nelle terre dell’ovest americano, dove Apache, Navajo e Hopi, una volta padroni indiscussi di questi luoghi erano ormai considerati lo strato più basso della società.

Con un briciolo di tristezza proseguiamo e ci sistemiamo per 12 $ a testa al Carnarvon tourist centre caravan park,boccheggiando per il caldo e l’umidità soffocante e proprio mentre iniziamo a preparare la cena, ecco farsi avanti di nuovo non solo i 3 amici di Denham,ma anche 2 simpatici danesi,che attirati dal profumino si auto invitano al nostro tavolo.

La serata ha una svolta imprevedibile e quella serata nata un po in sordina si trasforma in un’incredibile e inaspettata congregazione di pazzoidi! 7GIORNO: CARNARVON-CORAL BAY(250km) Salutati i nostri amici, ripartiamo in direzione nord e dopo un paio di ore ci fermiamo per una sosta rinfrescante al Minilya Roadhouse, dove facciamo amicizia con i solitari gestori e veniamo invitati nel retro del locale per conoscere 2 piccoli canguri che avevano salvato dalla strada.

Ovviamente non mi lascio scappare l’opportunità di allattare il piccolo Joey, il quale però trattenendo a stento i suoi bisogni decide di scaricarsi sulla mia mano. Ovviamente Davide, che stava quasi collassando dal ridere,documenta la scena nei minimi particolari filmando con attenzione la mia espressione inebetita.

Nonostante l’incidente di percorso ero felice dell’esperienza e decido di coccolare il piccolo amico per quasi un’ora, prima di proseguire alla volta del Tropico del Capricorno, punto di sosta dovuto per foto e video di rito.

Ben presto il paesaggio si fa più interessante per la presenza di numerosi termitai alti più di 2 metri che disegnano in modo quasi irreale il paesaggio e dopo uno studio più approfondito degli stessi, decidiamo di tornare in macchina,assillati sia dal caldo opprimente che dalla presenza minacciosa di 2 rapaci che volteggiavano con strane intenzioni sulle nostre teste.

A poco a poco l’afa soffocante inizia a lasciare posto a una timida brezza marina rigenerante e ancora prima di vedere il mare capiamo di essere vicini alla meta. Improvvisamente la strada inizio a piegare in giu verso il mare e si potevano cogliere i primi sprazzi di oceano azzurro rompere la monotonia delle rosse terre infuocate.

Eccoci finalmente a Coral Bay, eccoci al Ningaloo Reef, la piccola barriera corallina dell’ovest australiano che pur essendo molto più piccola del Great Barrier Reef,la gemella orientale,famosa in tutto il mondo e patrimonio dell’Umanità, non ha nulla da invidiarle.

Questo piccolo gioiello della natura, è una delle 2 sole barriere coralline al mondo sviluppatasi su una costa occidentale ed è formata da una frangia corallina unica che si estende per circa 250 km andando a creare un habitat marino ed ecologico eccezionale.

Molto meglio conservata della sua omonima al largo delle coste del Queensland, ha dalla sua il fatto di essere esente ad un turismo di massa e di essere molto meglio raggiungibile poiche in alcuni punti dista dalla terra ferma solo poche decine di metri.

La stagione dei subacquei inizia con la luna di marzo, con l’affascinante fenomeno di riproduzione dei coralli, i quali per circa una decina di giorni,rilasciano nelle calde acque tropicali,miliardi di uova, generando uno spettacolo unico e attirando anche quello che è poi il visitatore più atteso e amato della zona,l’immenso e pacifico mangiatore di plancton,delizia dei sub di tutto il mondo: lo squalo -balena.Http://www.Coralbay.Org/life.Htm Numerosi tour organizzano tra aprile e giugno (alta stagione, in cui le strutture sono quasi tutte sold out),crociere di avvistamento di questo gigante buono , con il quale ,sempre con una certa cautela date le dimensioni, si può tranquillamente nuotare e volteggiare per ore.

Pur essendo fuori stagione per questo evento, eravamo in realtà in pieno periodo di riproduzione delle tartarughe cosi come alla fine di quello delle mante per cui la prima cosa da farsi era andare a prenotare un tour in mare aperto per avvistare i sopracitati.

Dopo esserci accordati per un’escursione di 6 ore a 60 $(materiale , colazione e pranzo compresi),andiamo verso la spiaggia per ammirare l’ennesima meraviglia:una pacifica e tranquilla striscia di terra illibata e candida che incorniciava il solito mare limpido e cristallino L’intera zona era stata delimitata a santuario e il reef, che era già ben visibile a occhio nudo delimitava questa sorta di piscina naturale dalla straordinaria bellezza.

Cosi mentre Davide socializzava con qualche bellezza locale proseguo nell’esplorazione dei dintorni sino ad arrivare a un tratto di spiaggia chiamato Paradise Beach dove mi siedo nell’attesa del tramonto che non delude le mie aspettative.

Felice, rilassata e quasi ubriaca dalla moltitudine di colori a cui, da buona abitante della nebbiosa valpadana non sono abituata, colgo l’occasione per fare una telefonata a casa per salutare la mamma che mi rende l’esperienza ancora particolare ricordandomi che in Italia stava nevicando! Si il Natale con il sole e 40 gradi era decisamente strano! Tornata al People’s park caravan village,(11 $ a testa)ritrovo il mio amico ai fornelli e i soliti 3 amici che probabilmente ci stavano pedinando per approfittare delle superbe doti culinarie di Davide 8 GIORNO:CORAL BAY Ecco arrivato il grande giorno: carichi di adrenalina ci precipitiamo verso la spiaggia pronti ad esplorare le meraviglie del mondo sottomarino e già dopo pochi metri dalla partenza una coppia di delfini nuota intorno alla barca in cerca di applausi ed attenzioni.

Qualche tartaruga ci osserva timidamente da lontano e migliaia di pesci colorati ci circondano forse più attirati dalle briciole di pane che dalla nostra presenza! Indossata la muta mi tuffo in acqua e, seppur un po a fatica per le correnti fortissime,riesco a seguire il nostro istruttore destreggiarsi in mare aperto, finche all’improvviso la vista di 3 grosse mante mi toglie il fiato! Erano proprio sotto ai miei piedi e nuotavano maestose tra le acque grazie alle loro imponenti ali. Wow! Questa si che era davvero un’esperienza emozionante! Dopo quasi mezzora ad inseguire le suddette tra pesci tropicali di ogni forma e dimensione, timide tartarughe e qualche delfino,torno esausta alla barca annientata dalle forti correnti della zona. Senza farmi pregare approfitto della colazione omaggio e mangio un paio di quintali di frutta, dimenticandomi che mi aspettavano altre 2-3 immersioni.

Dopo aver ripetuto più volte l’esperienza torniamo a riva e ci separiamo di nuovo ,anche e soprattutto per la mia ormai intolleranza al sole.

Passeggiando per la ridente e tranquilla cittadina(oddio chiamarla cittadina era un po troppo per un luogo di forse 50 residenti), mi soffermo nella hall dell’ostello in cerca di informazioni,lavoro o semplicemente di qualche idea e ne colgo l’occasione per approfondire la conoscenza di alcuni progetti locali.

Scopro cosi che anche questo angolo di paradiso rischiava di scomparire poiché ricchi imprenditori senza scrupoli si stavano battendo per anni per costruire un imponente centro residenziale ma fortunatamente fino ad ora, la costanza e la forza d’animo dei residenti erano riusciti ad impedirlo.

Vengo anche a conoscenza di un simpatico personaggio che si aggirava nella zona:il piccolo Joey (ma si chiamano tutti Joey i canguri piccoli?), mascotte di Coral Bay e bizzarro marsupiale dalle abitudini canine, tra cui quella di scorrazzare in acqua.

Nonostante la tentazione di fermarmi a seguire progetti di volontariato fosse piuttosto forte decido di continuare col mio viaggio con la consapevolezza che la stagione umida ormai alle porte, avrebbe posto lo stesso in pericolo.

9 GIORNO: CORAL BAY-EXMOUTH(155km) Salutata solo temporaneamente Coral bay, dove saremmo tornati a distanza di pochi giorni,ci accingiamo a percorrere i 155 km che ci dividono da Exmouth all’apice nord della penisola, punto di partenza per numerose escursioni.

Appena entrata in città, se cosi si può definire la sonnolente cittadina di 2500 anime,resto esterrefatta alla vista di numerosi emù che passeggiano felici tra le vie. Erano ovunque: in mezzo alla strada,davanti al supermercato, davanti alla posta,dentro i campeggi e sui cartelli stradali e erano anche piuttosto buffi poiché si azzuffavano senza pietà tra di loro.

Seguendo proprio uno di questi raggiungiamo il meraviglioso Ningaloo caravan & holiday resort, ( 13$ a testa),e ci buttiamo nell’enorme piscina stremati dal caldo osservando le decine e decine di pappagalli svolazzanti sopra le nostre teste (e avrebbero continuato a farlo fino alle 4 di mattina!.

Verso sera raccolgo le forze per lavare tutti i nostri panni in lavatrice e proprio mentre mi appresto a stendere gli stessi, ecco che uno degli emu che mi seguiva ormai da tempo si precipita verso i miei vestiti e afferra scaltro la parte sopra del mio costume.

Solo ora a distanza di tempo capisco perché nessuno al momento mi avesse aiutato:probabilmente era troppo divertente vedermi correre qua e la urlando come una gallina strane imprecazioni per tentare di fermarlo e comunque se anche avessero voluto non ce l’avrebbero fatta in quanto erano tutti in fin di vita dal ridere! Di sicuro non si può negare che abbia un certo feeling con gli animali: dopo la medusa del queensland,che ha evitato tutti accuratamente per venire dall’unica ansiosa schizofrenica che era coperta dalla testa ai piedi per evitare i nefasti celenterati, l’opossum di kangaroo island che aveva deciso di passare la notte passeggiando sul mio stomaco mentre cercavo senza successo di prendere sonno accampata sull’erba, le formiche killer che mi erano entrate nel sacco a pelo nel tentativo di farvi un nido e addentandomi le caviglie,il canguro che mi aveva fatto i bisogni in mano,il pesce napoleone che mi aveva baciato per più di dieci minuti sulla bocca e i pappagalli che mi si erano posati in testa a Pebbly Beach senza l’intenzione di andarsene facilmente.

Di sicuro avevo abbondantemente smaltito la monotonia, lo smog e il traffico di Milano che in soli 3 anni mi avevano portato alle soglie della schizofrenia acuta! Verso sera, acquistata una certa posizione di prestigio tra i pochi ospiti del campeggio,decido di approfittarne per farmi viziare un po.

10 GIORNO :EXMOUTH E LE SPIAGGE La giornata inizia molto presto con un’interessante visita alla biblioteca locale dove si può navigare gratuitamente in internet e approfondire la storia del luogo nato nel 1967 come stazione di comunicazione per la marina militare americana.

Dopo una passeggiata nel paese quasi deserto, forse per il caldo, forse per la bassa stagione, arriviamo al mercato del pesce dove ci garantiamo la solita buona cena a base di molluschi e crostacei.

Preparata l’attrezzatura andiamo alla volta delle spiagge che si trovano a qualche km di distanza (la citta è stata costruita a distanza come precauzione anti-cicloni)e, dopo aver superato la suddetta base della Marina,raggiungiamo Bundegi Beach, caratterizzata dalle acque poco profonde e pullulante di vita marina. È anche punto di partenza per numerosi tour e a volte luogo di ritrovo per i viaggiatori al tramonto grazie alla presenza di un grazioso baretto sulla spiaggia (cosa alquanto rara in Australia).

Superiamo Lighthouse Beach , dove si trova il faro e facciamo una prima pausa alla meravigliosa Jurabi Beach, dove ci lasciamo trasportare per un’ora dalle placide correnti marine tra stelle marine ,polipi e anemoni di mare Superiamo anche Mauritius Beach, la spiaggia per nudisti (che poi in realtà i 4000 km di costa quasi del tutto disabitata potrebbero tranquillamente tutti prestarsi a questo proposito…), dove , nonostante la mia insistenza, Davide non vuole fermarsi vista la prevalenza di muscolosi individui di sesso maschile.

Arriviamo , dopo circa 52 km al Milyering visitor centre, ingresso del Cape Range National Park (9$)e ,dopo una fugace sosta all’interno del museo, proseguiamo con l’intento di raggiungere Yardie Creek, canyon a solo 1 km dall’oceano dalla vista eccezionale.

In realtà lo stesso parco sarebbe un luogo molto interessante da visitare ma il caldo opprimente e la mancanza di un mezzo 4wd che renderebbe l’esperienza di sicuro più divertente (si può anche raggiungere tramite una sabbiosa stradina costiera dai panorami mozzafiato la sopracitata Coral Bay, accorciando di molto il tragitto rispetto a quello effettuato seguendo la via convenzionale ma è percorribile solo da mezzi a 4 ruote motrici)ci fanno di nuovo optare per le spiagge.

Alle 2 arriviamo a Torquoise Bay e, parcheggiata Wilma, corriamo in direzione delle dune che impediscono la vista della spiaggia e accrescono la suspense data dalla consapevolezza di essere a pochi metri da una delle più belle spiagge d’Australia.

Superato a fatica anche l’ultimo gradino ci si apre davanti un panorama indescrivibile, un luogo unico, quasi irreale, reso etereo dalla luce accecante e caratterizzato dai forti contrasti di colore.

Ancora adesso, dopo più di 2 anni, riesco a stento a descriverlo, perché, vuoi le mie scarse abilità narrative, vuoi l’impossibilità di riportare a parole emozioni, suoni, colori , profumi e le sensazioni di trovarsi d’innanzi a tanta bellezza.

La candida e illibata spiaggia bianca, a tratti di un candore quasi accecante,circonda e incornicia perfettamente i contorni del paesaggio e le limpide e distese acque cristalline delimitate dal reef ben visibile in lontananza a formare quasi una sorta di piscina naturale,ne bagnano gentilmente , quasi timidamente la riva Quasi storditi dalla mistica visione, imboccate pinne e maschera ci buttiamo in acqua seguendo le indicazioni di un cartello che suggerisce di entrare a circa 300metri a sud e di lasciarsi trasportare dalla corrente verso nord dove l’acqua si fa meno profonda e la spiaggia stessa sembra farsi strada nel mare.

È qui infatti che le correnti stessi si intensificano a causa della spaccatura del reef ed è qui che conviene prestare attenzione a non farsi trasportare troppo al largo.

Stelle marine,anemoni di mare,pesci di ogni forma e colore, tartarughe nuotavano felici tra i giardini di corallo e qualche pesce pietra, mimetizzato sotto la sabbia aspettava di gustare il mio delizioso piedino.

Ovviamente, pur rischiando il soffocamento,sono stata sospesa nell’acqua per quasi 2 ore senza appoggiare neanche un arto per terra! Poco prima del tramonto decidiamo di tornare verso Exmouth,decisi nel ripetere l’esperienza il giorno seguente,e dopo aver schivato lungo il tragitto qualche emù e qualche canguro,ci rilassiamo all’ombra delle palme tra cacatua schiamazzanti ed emù dispettosi 11 GIORNO:LE SPIAGGE E TORQUOISE BAY Di prima mattina, decidiamo di fare scorta d’acqua (non presente nel cape range national park cosi come nella maggior parte dei parchi dell’ovest australiano)con l’idea di tornare a Turquoise Bay e la raggiungiamo verso le 10.

Eccola in tutta la sua bellezza e completamente a nostra disposizione, senza un’anima viva nel raggio di miglia.

Ne approfittiamo immediatamente per effettuare un servizio fotografico con tanto di cappelli di Babbo Natale (era il 23 dicembre) e facce gaudenti e soddisfatte e ripetiamo l’esperienza-snorkelling per le successive ore Sulla via del ritorno ci fermiamo a Mangrove bay prima, piccola spiaggia paludosa riserva per pesci ed uccelli e a Dune Beach dopo dove ripetiamo l’esperienza infantile con la sabbia già avuta a Lancelin.

Ci fermiamo ad ammirare l’orizzonte, assetati e affamati di colori, emozioni, suoni e profumi e ci sdraiamo sulla sabbia bollente a ricordarci quanto eravamo fortunati ad avere la possibilità di vivere un’esperienza tanto unica e meravigliosa,senza doverci far prendere dalla depressione tipica che accompagna la fine di ogni viaggio.

Perché in realtà eravamo in viaggio continuo, non sapevamo ne come ne dove saremmo finiti a distanza di 2 settimane: la decisione di ogni singolo giorno stavo solo ed esclusivamente nelle nostre mani Tornati in città,veniamo informati della presenza di un ciclone proprio al largo della costa di Broome, ossia della nostra prossima ipotetica tappa.

In realtà si trovava a più di 2000km di distanza e quindi molto probabilmente si sarebbe esaurito prima del nostro arrivo, ma fu abbastanza per avere la certezza che la stagione delle piogge era ormai iniziata e che lo sconfinato e selvaggio Kimberley non era più alla nostra portata.

In fin dei conti stremati dal caldo, ustionati e con una scarsa fiducia nei confronti del nostro mezzo non eravamo davvero pronti a coprire i 2000 km di totale nulla che ci separavano dalla capitale delle perle.

Presa cosi la decisione di rimandare il tutto ad un secondo momento avevamo deciso di tornare verso sud, per visitare quei posti che avevamo tralasciato durante il viaggio di andata,rivedere quelli che avevamo più amato, passare il capodanno a Perth con i nostri amici Marco e Viviana e proseguire poi verso il fresco e temperato sud- ovest.

Cosi, davanti ad un buon bicchiere di vino,cullata dalla dolce brezza della sera,tra emù , pappagalli e qualche lucertola curiosa con lo sguardo rivolto al solito sconfinato cielo limpido feci la mia personale e riflessiva dichiarazione d’amore a quel luogo sperduto ed isolato.

Il western Australia, forse ancora più degli altri stati australiani è una terra di forti contrasti,separato dal resto del continente da migliaia di km di quel nulla che caratterizzano il caldo e inospitale outback australiano, terra di nessuno(molti aborigeni in realtà ci vivono ancora)traditrice e beffarda, difficilmente percorribile dai mezzi convenzionali e dalla gente comune.

È una terra arida e bruciata grossa quasi 9 volte l’Italia popolata da soli 2 milioni di abitanti, di più di 1 milione e mezzo nella capitale,costituita da quasi 12500km di coste , dove si alternano poco più che una trentina di piccole località; è una terra ancora quasi del tutto indenne allo sviluppo, ricca di giacimenti minerari, e quasi totalmente priva di acqua.

(Nelle stesse Shark Bay ed Exmouth sono in vigore procedimenti restrittivi contro lo spreco di acqua e spesso le docce si riducono a timidi rigagnoli della stessa).

Eppure questo suo isolamento, questa sua durezza , questa sua vastità che la rendono poco attraente dal punto di vista turistico rappresentano in un certo senso anche la sua salvezza perché qui più che ovunque altro,è possibile trovare ancora piccoli angoli incontaminati e selvaggi, protette ed amate dai locali che le difendono con ardore, rinunciando anche contro i propri interessi ai facili guadagni del turismo di massa.

Ed è sempre qui che si trovano numerosi habitat di straordinaria importanza biologica, santuari di animali estinti in qualunque altro angolo del Pianeta o addirittura mai esistiti altrove,luoghi protetti, studiati ed amati dai naturalisti di tutto il mondo.

Ed è questa sua fragilità, questa sua pace, questa sua tranquillità che la rendono il luogo che senza dubbio ho più amato nei miei 2 anni e mezzo di permanenza nella terra dei canguri.

“…Una volta che lasciate l’australia l’Australia cessa di esistere.Ma ovviamente lo posso capire.L’australia è in gran parte vuota e lontana, tanto lontana..La sua popolazione non è numerosa e di conseguenza, il suo ruolo nel mondo è periferico.Non ha colpi di stato, non esaurisce le riserve ittiche con una pesca dissennata,non finanzia despoti impresentabili,non produce cocaina in quantità imbarazzanti,non usa la propria influenza in maniera arrogante e inappropriata. È un paese stabile, pacifico e buono. Non ha bisogno di essere tenuta sotto osservazione e per questo noi non lo facciamo. Ma voglio dirvi questo: a perderci siamo solo noi. Vedete :L’Australia è un posto interessante…” da Bill Bryson “una terra bruciata dal sole”



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