Da New York City agli immensi cieli dell’Ovest

Un viaggio indimenticabile e accessibile anche alle famiglie
Scritto da: f_bignone
da new york city agli immensi cieli dell'ovest
Partenza il: 26/07/2012
Ritorno il: 15/08/2012
Viaggiatori: 2
Spesa: 4000 €
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Un viaggio negli States ha il grande pregio di essere un viaggio “facile”. Agli americani, infatti, piacciono le cose comode e quindi tutto è abbastanza a portata di mano. Si ha poi il grande vantaggio di percorrere strade tenute benissimo, solcate da auto che rispettano i limiti di velocità e con indicazioni che, di solito, sono sempre più che chiare ed abbondanti. In più, se si ha bisogno d’aiuto, la gentilezza e disponibilità del popolo americano sono proverbiali.

Ognuno può costruire il circuito che preferisce in base ai suoi interessi perché ce n’è davvero per tutti i gusti! Il nostro viaggio, in particolare, si è composto di 4 gg a NYc, poi un volo interno fino a Salt Lake City e da lì rotta sul parco di Yellowstone dove ci siamo fermati circa 3 gg. Poi siamo tornati verso sud ed abbiamo visitato alcuni dei parchi più famosi e concluso la nostra vacanza a Las Vegas dove ci siamo trattenuti 2 gg.

Alcune note preliminari:

MANGIARE: il vero problema del turista italiano, si sa, è sempre questo! Noi siamo abituati a mangiare qualunque cosa e non ci siamo mai trovati in difficoltà all’estero, ma devo ammettere che la prospettiva di avere a che fare col cibo americano per 3 settimane non era delle più rosee. In realtà, anche stavolta, è andato tutto liscissimo! A NY ci siamo dati alla pazza gioia con tutte le cucina etniche che abbiamo incontrato, sapendo che poi nei parchi avremmo avuto minor scelta. Per cui ristorante indiano, malese, addirittura druso! e tutti buonissimi. Come previsto, fuori dalla megalopoli cosmopolita, la scelta di cibo si è ridotta moltissimo, ma abbiamo mangiato ottime bistecche ed hamburger (che non avevano nulla a che spartire che quelle schifezze che ti propinano da Mc Donald!) In particolare, a pranzo, ci fermavamo sempre al supermercato (che sballo i supermarket americani! Il regno dei coloranti e degli aromi artificiali! Il regno delle confezioni super size… da fotografare!) e facevamo provviste di frutta (dolcissima…) e insalate che poi ci fermavamo a consumare alla prima area attrezzata per pic nic che trovavamo sul nostro cammino. Diciamo pure che, non mangiando né dolci, né pasta x tre settimane, siamo addirittura dimagriti! E poi, in generale, abbiamo visto una certa attenzione verso i cibi più sani, quindi possiamo serenamente dire che negli States si può mangiare senza troppi problemi!

PS: il conto in USA non si chiama “bill” bensì “check”. Meglio saperlo prima di chiedere al cameriere di portarvi “bill” e ritrovarvi di fronte il cuoco o chiunque altro sia stato battezzato con quel nome!

GASTRONOMIA LOCALE: ehehehe… che storia! Come dire, è stato un capitolo molto interessante della vacanza. A noi piace andare nei supermercati (e nei mercati) dei posti che visitiamo per farci un’idea di cosa si mangia, sulla base dell’adagio “dimmi cosa mangi e ti dirò chi sei”. Ora, cosa piace agli americani? Beh, sicuramente lo zucchero in tutte le sue sfumature. Abbiamo scoperto che ogni cosa commestibile si può dolcificare o comunque aromatizzare con i gusti (chiaramente artificiali) più assurdi. Ed eccoti il Philadelphi alla cheesecake ai lamponi, i pop corn caramellati… al pollo al curry, i marshmallow ricoperti di cioccolato e granelle di ogni colore, il latte aromatizzato ad ogni gusto immaginabile. Anche a quelli non immaginabili. I coloranti la fanno da padrone… perché non provare una bella “Pink cola” color fucsia? Barbie non se la sarebbe certo fatta mancare… Abbiam provato ad assaggiare un pezzo di biscotto da un vassoio che li esponeva fieramente per l’assaggio, appunto, ed era così stucchevole che era quasi impossibile mandarlo giù! Alle patatine, ai cereali e alle salse sono riservate intere corsie. Si possono trovare tutti i tipi di beveroni tipo Gatorade per reintegrasi di ogni sorta di vitamina o sale minerale che sia. Gli spaghetti in scatola già col sugo. I preparati per ogni tipo di dolce, purchè pluristrato e anche i barattoli di creme varie per farcirli. Abbiamo scoperto che utilizzano come dolcificante una specie di sciroppo estratto dal mais ad altissima concentrazione di glucosio che pare fare piuttosto male, infatti molti prodotti segnalavano la sua assenza…

Insomma, una jungla, ma molto divertente! Ovviamente c’erano anche prodotti molto sani e molto normali, ma a noi son rimasti impressi quelli più assurdi.

Però come resistere alla tentazione di un favoloso muffin ancora caldo sfornato in una bakery? O a una fetta di cheesecake alla moda di New York? O a quelle bistecche succose che vorresti non finissero mai anche se sono enormi? O all’hamburger di bufalo? Beh, non si può. Segnaliamo anche le chips fatte con le patate dolci, davvero buonissime e sfiziose!

Più ci si sposta verso il New Mexico, più la cucina subisce la contaminazione messicana diventando gustosa e piccante. Parlando di cibo “hot”, una precisazione: i “pepperoni” non sono verdura, ma si tratta di salamino piccante!!!!

BERE: ovviamente si beve caffè lungo. Io mi sono rifiutata di assaggiarlo, mio marito invece ha finito con l’adorarlo! Spesso il caffè è addirittura gratuito. L’acqua è quella del rubinetto, come in Francia, ma accompagnata da una generosa quantità di ghiaccio. Se si desidera acqua in bottiglia bisogna specificarlo. Anche le bibite arrivano in tavola piene di ghiaccio, per cui noi chiedevamo sempre che ci venissero servite senza ghiaccio. Il vino è… beh, diverso dal nostro. Molto dolce, molto rotondo, molto vanigliato, di facile bevuta, soprattutto per chi non è troppo esperto in materia che lo troverà ottimo. Noi abbiamo faticato a berlo… insomma, un vino senza acidità non è vino, ma una bibita! Infatti, anche il vino in USA va incontro al gusto americano secondo cui tutto ciò che è commestibile deve essere molto dolce o comunque molto saporito. In ogni caso, costoso.

GUIDARE: dopo il primo impatto estraniante, guidare un’auto automatica si rivelerà molto rilassante, soprattutto se si imposta il “cruise control” che, di fatto, fa in modo che la macchina si guidi da sola.

Ovviamente l’auto più piccola che si possa affittare è enorme e noi ci siamo ritrovati una cinque porte gigante pur avendo optato per una vettura classe economy. Tolti i soliti pazzi al volante che si trovano purtroppo ovunque, tutti rispettano i limiti di velocità per cui il traffico è solitamente molto ordinato. Fate attenzione che i semafori non si trovano, come da noi, sull’incrocio, ma dopo! Il che significa che tra la vostra auto ed il semaforo ci sarà sempre una strada di mezzo. E’ meglio rispettare alla lettera i limiti di velocità perché la polizia è ovunque ed inflessibile. Se per caso si viene fermati, bisogna assolutamente restare dentro al veicolo mentre si viene multati… meglio non provare ad uscire perché il poliziotto potrebbe prenderla piuttosto male, sentendosi minacciato!

Importantissimo sapere che negli States NON serve la patente internazionale, basta la vostra patente di guida normale!

La benzina costa davvero pochissimo… noi facevamo il pieno con 35 dollari! Il che fa riflettere sulle cifre esorbitanti che siamo abituati a pagare in Italia per fare benzina… Di solito si paga alla cassa prima di farla se si vuole pagare in contanti (se, ad esempio, si vogliono mettere 20 dollari di benzina, ma nel serbatoio ce ne stanno solo 18, vi restituiranno 2 dollari!), oppure direttamente alla pompa se si usa la carta di credito. Fare benzina nei parchi costa di più, ma non esageratamente!

Se si affitta un’auto in uno stato e la restituisce in un altro non comunicante, bisogna aggiungere ai costi di noleggio una tassa pari a circa 300 dollari. Consigliamo di affittare anche il navigatore, anche se le strade sono poche e con una buona mappa se ne potrebbe volendo, fare a meno… NB: per guidare negli USA NON SERVE la patente internazionale!! Le notizie in merito sono piuttosto confuse, ma, dopo lunghe ricerche sul web e non, siamo finalmente riusciti ad avere la conferma che non è necessaria (un costo in meno!).

DORMIRE: qui bisogna distinguere le varie sistemazioni. Se ci si ferma lungo la strada la sistemazione migliore è di sicuro un motel e ce ne sono davvero per tutte le tasche. Noi consigliamo le catene Motel 6 e Super 8 dove si spende abbastanza poco e si ha un servizio essenziale, ma accettabile. Di solito sono puliti, poi è ovvio che l’incidente può sempre capitare. Altrimenti ci sono moltissime altre catene come i Best Western, i comfort Inn, gli Holiday Inn, gli Sleep Inn eccetera… Moltissimi anche i motel che non appartengono a nessuna catena, ma qui conviene prima fare un sopralluogo della stanza e poi decidere se fermarsi o meno! Infatti possono essere molto carini o semplicemente atroci. Noi siamo partiti avendo prenotato tutte le sistemazioni dall’Italia, via internet. Questo perché sapevamo che ci saremmo trovati in pieno agosto nei posti più turistici e che avremmo rischiato di non trovare un posto per dormire o di perdere troppo tempo per cercarlo, per cui abbiamo fatto questa scelta. Tutti i motel in cui abbiamo dormito si sono rivelati molto puliti, seppur semplici. Li abbiamo scelti, come sempre, tramite Tripadvisor, in base al rapporto qualità-prezzo.

Se invece si desidera dormire all’interno dei parchi, allora bisogna assolutamente prenotare con largo anticipo! Noi abbiamo prenotato Yellowstone ed il Grand Canyon a Gennaio e abbiamo ancora potuto scegliere tra diversi tipi di sistemazione. Le prenotazioni nei parchi si aprono ben 13 mesi prima, per cui immaginate quanti turisti e anche quanti americani staranno ambendo proprio quella capanna che state sognando voi!! In ogni caso spesso ci sono molte ed ottime sistemazioni proprio appena fuori dai parchi, per cui se non trovate all’interno non disperate!

Quando prenotate un motel/hotel sul web leggete bene le condizioni di cancellazione perché ognuno ha le sue e potreste ritrovarvi a pagare delle penali se non disdetti in tempo! Inoltre può accadere che alcuni (a noi è successo a Las Vegas e al Grand Canyon) vi scalino dalla carta di credito una somma – di solito pari al costo di una notte – come cauzione per cautelarsi nel caso gli distruggiate la stanza. Tale somma sarà prontamente restituita sulla vostra carta non appena sarà appurato che non avete distrutto nulla!

Quasi tutti i motel in cui abbiamo dormito avevano in camera (o almeno in una sala comune) sia il microonde che la macchinetta del caffè (lungo) o un bollitore, che tornano sempre utili, specie quando la colazione non è compresa. Si paga sempre all’arrivo, ma se siete indecisi, fatevi prima mostrare la camera e poi decidete se fermarvi… meglio evitare sorprese!

MANCE: Mancia sì o mancia no? Beh, la risposta è SI’ e sempre! Non lasciarla è da incivili, né più né meno come mettere i piedi sul tavolo! So che pesa sulla gestione della vacanza, ma bisogna metterla in conto. A volte il conto arriva già con 18% di mancia incluso, a volte no. Ma almeno un 15% va sempre lasciato! Da notare che gli italiani sono noti x non lasciare la mancia e questo fa sì che spesso i camerieri, saputo da dove arrivi, ti scrivano sul conto che la mancia sarebbe apprezzata e te la calcolano loro stessi…

ARIA CONDIZIONATA: altissima, ovunque. Noi la odiamo al punto che non l’abbiamo messa nemmeno a casa! Eppure ci si abitua… specie quando sei in mezzo al deserto, non vedi l’ora di poter rabbrividire un po’ dentro ad un luogo pubblico. In ogni caso è bene essere sempre muniti di una felpa leggera da indossare all’occorrenza perché a volte è davvero molto forte e può essere fastidiosa, soprattutto mentre si mangia. Quindi mai dimenticarla durante la cena!

TAXI a NYC: dall’aeroporto JFK a Manhattan il costo del taxi è fisso, a seconda del quartiere in cui bisogna arrivare, ma bisogna mettere in preventivo circa 50 dollari più i bagagli. Un po’ meno costa andare a quello di La Guardia (qui la tariffa non è fissa), ma dipende sempre dal livello del traffico! In ogni caso i taxisti non ci hanno mai riservato brutte sorprese come in altre parti del mondo, nessun giochetto col tassametro, nessuna truffa con i soldi ecc… finalmente abbiam preso un taxi rilassandoci e senza dover tener d’occhio l’autista!

COME RISPARMIARE: Innanzitutto andando negli USA quando il cambio è più conveniente e fuori dalla stagione estiva, se lo si può fare. Noi da questo punto di vista siamo stati un po’ sfortunati perché grazie ai quei malefici di Standard&Poors;, il tasso di cambio è diventato più sfavorevole proprio prima che partissimo. Amen. Altra cosa importante per abbassare notevolmente il costo della vacanza è prenotare un volo aereo che atterri e riparta dalla stessa città e fare altrettanto con la macchina a noleggio. Molti visitatori infatti atterrano e ripartono da San Francisco. Questo permette anche di non pagare le tasse per lasciare la macchina a noleggio in uno stato diverso e più lontano di quello in cui la si è presa. Noi avevamo in testa un giro che non prevedeva questi risparmi, per cui sapevamo che avremmo speso di più, ma avevamo davanti quasi un anno per risparmiare e così abbiamo fatto. Altra cosa è dormire nei motels che sono sempre convenienti. Dove non avevamo la colazione compresa (in pochi posti, peraltro) l’abbiamo sempre fatta in camera con pane, marmellata e frutta acquistata la sera prima al supermercato: basta organizzarsi! Anche i pranzi li procacciavamo al supermarket, spendendo così pochissimo e mangiando sano. Se possibile, riempire il serbatoio prima di entrare nei parchi dove la benzina costa un po’ di più. Se si vuole dormire nei parchi senza spendere una follia bisogna prenotare con circa 6 mesi in anticipo perché altrimenti la possibilità di scelta si riduce tantissimo e restano solo le camere costose! A qual punto è meglio dormire fuori. NON risparmiare sulle mance!!! E infine, non fare shopping a Las Vegas…. Ehehehe, vogliamo proprio vedere chi ce la fa a non tornare a casa con le borse piene!

PARCHI: si dividono in due tipologie: quelli statali e quelli Navajo. Per i primi si può fare una tessera (“Annual pass”) che costa 80 dollari e che dà la possibilità di accedere per un intero anno a tutti i parchi statali un numero illimitato di volte. Se si ha in programma di visitare più di 4 o 5 parchi è sicuramente conveniente. Le sistemazioni all’interno dei parchi statali sono gestite da Xanterra tramite il cui sito internet www.xanterra.com si possono prenotare i lodges pagando la prima notte come caparra. Il sistema è molto efficiente e noi ci siamo trovati bene. La lista di tutti i parchi statali (in cui vale l’annual pass) la si trova sul sito ufficiale www.nps.gov/index.htm. Ogni parco ha la sua pagina web dove si possono trovare tutte le informazioni necessarie a programmare la visita, in particolare nella sezione “Plan your visit” in cui sono indicati orari di apertura e chiusura, accessi, facilitazioni per famiglie con bambini o disabili, prezzo dell’ingresso ecc… I parchi che esulano da questo circuito sono invece quelli che appartengono agli indiani Navajo, la cui lista al sito) http://navajonationparks.org/index.htm. Per visitarli si paga una tassa di ingresso e non vale l’annual pass. In ogni caso all’ingresso di ogni parco, sia statale che Navajo, viene distribuita una brochure con la mappa del parco, un riassunto della storia e della geologia locale e l’indicazione dei vari sentieri e attività del parco che torna sempre utile.

E ora iniziamo con il diario vero e proprio… ma non prima di aver ringraziato tutti coloro che viaggiano e poi scrivono la loro esperienza, xchè non c’è nulla di più utile per chi vuole organizzarsi le vacanze!!grazie davvero…

NEW YORK CITY

Siamo arrivati a NYc alla sera, per cui abbiamo avuto la grande fortuna di non aver nessun problema con il fusorario perché siamo andati dritti a dormire. A NY abbiamo prenotato 5 notti presso il B&B; Between The Parks, così chiamato poiché si trova nell’Upper West Side tra Central Park e il Riverside Park che affaccia sull’Hudson River. Ci attendeva la signora Susan che mette a disposizione degli ospiti una camera con bagno direttamente a casa sua, al costo di circa € 130 a notte con colazione (forse è meglio specificare che si trattavano di 160 dollari a notte… perché poi dipende tutto dal cambio! Quando siamo andati noi non era dei più favorevoli, ma c’era ancora un buon 20% di differenza a nostro favore).

Sicuramente dormire a Manhattan costa molto, per cui in tanti scelgono di dormire in altre zone della città tipo Brooklin. Non siamo usciti da Manhattan per cui non sappiamo cosa consigliare, sappiamo solo che le distanze sono grandi ed impegnative e che a noi non sarebbe piaciuto affrontare un’ora di metropolitana per tornare in hotel. La zona dove stavamo noi (Upper West Side) era molto bella e pienissima di ristoranti di ogni tipo e nazionalità. Ma girando per Manhattan abbiamo scoperto essere molto affascinanti anche i quartieri del Greenwich Village e Chelsea… chissà, se un giorno torneremo a NY magari cercheremo un’accomodation in una di queste zone! In ogni caso, anche se la camera era proprio piccina, stare da Susan è stato piacevole, soprattutto per le belle chiacchierate al mattino durante la colazione. Ci ha inoltre messo a disposizione le sue tessere-fedeltà per vari musei (tanto per intenderci, grazie a lei andare al Moma ci è costato 5 dollari invece che 50!) e ci ha indicato molti buoni ristorantini in cui cenare… si vedeva che ci teneva molto a far conoscere la sua città ai turisti!

A NY abbiamo scarpinato davvero tantissimo, ma è stato il modo più facile per capire la geografia di Manhattan… Da bravi turisti abbiamo visto i vari “must” tipo Statua della Libertà ed Ellis Island (quest’ultima è stata una visita davvero toccante ed interessante… PS: le audio guide sono gratuite!!) prenotando i biglietti via internet direttamente a NY. Poi l’osservatorio del Rockefeller Centre e quello dell’Empire dove siamo saliti alla sera per vedere la città illuminata… è stata un’esperienza fortissima. Bisogna però mettersi l’anima in pace ed accettare il fatto che ci saranno da fare delle code bibliche, anche se magari da fuori può non sembrare! L’osservatorio del Rockefeller Centre è meno battuto e non abbiamo assolutamente fatto coda (magari anche perché erano solo le 5 del pomeriggio), ma quando siamo arrivati su è stata forte la delusione di dover vedere la città da dietro pannelli di plexiglass! Abbiamo poi scoperto che l’osservatorio è disposto su tre piani di cui l’ultimo senza plexiglass. Da qui si vede l’Empire State Bulding e la zona di Central Park. Il costo non è da ridere, 25 dollari a testa (ma ben spesi… la città vista da lassù è un’immagine che resterà per smepre scolpita in noi!). Salire all’Empire invece è stata durissima: quasi due ore di coda!! Tanto per capirci, siamo entrati col sole e siamo usciti alla balconata dell’osservatorio che era notte e tirava pure un bel vento! Ma d’altronde è uno dei monumenti più famosi, almeno da quando King Kong è precipitato proprio da qui! Comunque quassù niente plexiglass, fortunatamente!

Ovviamente, dato che per descrivere itinerari e monumenti ci sono delle ottime guide, non staremo a raccontare di tutto ciò che abbiamo visto! Ci limitiamo a segnalare due posti che consigliamo a tutti e che a noi sono piaciuti davvero tanto: il primo è il Chelsea market dove siamo stati due giorni di seguito. Non aspettatevi Covent Garden, ma si tratta di un posto piacevolissimo dove sono stati ricavati dei negozietti molto chic all’interno della vecchia fabbrica della Nabisco (quella degli Oreo!). Due sono le cose fare assolutamente al Chelsea Market: 1) mangiare una fantastica aragosta da The Lobster Place che è una vera e propria pescheria in cui hanno una montagna di aragoste del Maine pronte da buttare in pentola. Costano così poco che sarebbe da andarci ogni giorno… noi per due aragoste grandi abbiamo pagato circa 50 dollari, che x l’Europa è davvero pochissimo! 2) dopo l’aragosta bisogna passare alla minuscola Fat Witch Brownies a prendere appunto un brownie… ne fanno pochi e di pochi tipi diversi, ma sono freschissimi e divini!!! Il secondo posto che consigliamo è il più recente dei parchi cittadini, The Highline, ricavato dove prima c’erano i binari dei treni che portavano le derrate alimentari dal porto sull’Hudson River fino al centro della città. Questa via di trasporto era in disuso da anni e lasciata in stato di abbandono finchè non è stata valorizzata come parco. Un parco insolito che si snoda tra i palazzi e al cui progetto hanno lavorato i migliori architetti x creare uno spazio davvero interessante e piacevole! Uno degli accessi del Highline si trova esattamente dietro al Chelsea market.

Per cui: A) mangiare aragosta, B) acquistare brownie + un bel cup of tea allo Starbuks davanti all’ingresso del Chelsea market, C) andare a sbafarsi il brownie accompagnato dal tè in santa pace sullo Highline dove, tra l’altro, si può camminare a piedi nudi nelle fontanelle o coricarsi sui lettini a rilassarsi un po’!

Già che abbiamo nominato Starbuks, ricordiamo che qui c’è la connessione wee fee gratuita e che si può sempre andare alla toilette senza dove necessariamente consumare! Da ricordare soprattutto quando vedrete la terribile fila x i bagni all’interno del Chelsea Market…

NY è bellissima, interessante, vitale, tutta da girare e scoprire. Ognuno troverà il suo quartiere preferito, il suo parco su misura, il grattacielo che più lo affascinerà, il negozio in cui lascerà il cuore. Noi non ci siamo concentrati molto sui negozi perché avevamo solo 4 gg a disposizione, per cui abbiamo preferito goderci la città il più possibile. Ogni sera abbiamo cenato in un ristorante diverso ed abbiamo scoperto che per orientarsi nella jungla della ristorazione newyorkese c’è un sistema: affidarsi a Zagat, la Bibbia dei ristoranti di NY! Per decidere se un locale è valido o meno, suggeriamo di guardare se in vetrina riporta l’adesivo “Zagat rated”… è un buon sistema x scegliere un buon posto! Noi abbiamo fatto così e ci siamo anche fatti consigliare da Susan (che ci ha introdotti a Zagat). Per chi si trovasse in zona Upper West Side, possiamo consigliare 3 buoni ristorantini: l’indiano Indus Valley all’angolo tra la Broadway e la 100ma strada, il druso (!) Gazala Place in Columbus Avenue esattamente all’altezza del Museo di Storia Naturale, bello, buono e a lume di candela, l’internazionale “Good enough to eat” in Amsterdam Avenue, molto grazioso e dall’atmosfera rilassata. Amsterdam Avenue e Columbus Avenue pullulano di ristoranti, sono uno attaccato all’altro e non c’è che da scegliere!

Siamo anche andati a fare un giro a China Town che abbiamo trovato molto più interessante di quanto pensavamo. Una cosa molto simpatica è stata attraversare China Town dirigendoci verso il distretto finanziario e scoprire la Confucius Plaza dove una miriade di pensionati cinesi giocava in modo più che concitato a vari giochi d’azzardo mentre altri suonavano beatamente musica orientale da strumenti tipici. Vedere vecchiettine incartapecorite mescolare le carte come un incallito giocatore di texano e sentirle litigare accanitamente(almeno, così crediamo…) è stato davvero incredibile!

Nel nostro girovagare verso il ponte di Brooklin siamo finiti, vuoi o non vuoi, a Ground Zero dove è stato aperto un memoriale sulla strage dell’11 settembre. Ricordo com’era questa zona della città prima di quel giorno, una specie di deserto in cui si vedevano solo gli impiegati degli uffici finanziari. Adesso è diventata una vera attrazione turistica e il traffico attorno al cantiere è altissimo. Stanno costruendo 7 nuovi grattacieli laddove hanno dovuto abbatterne 5. Non siamo andati al memoriale, francamente non ce la siamo sentita di rivivere quell’episodio terrificante, ci è bastato vederne le immagini in TV. Più di un tizio ci ha avvicinati cercando di venderci per 5 dollari un libretto completo di tutta la storia con tanto di foto raccapriccianti dell’attentato… io ero basita: è proprio vero che tutto può diventare spettacolo, può trasformarsi in una fonte di denaro, anche se immaginiamo che il concetto di fondo del memoriale sia la necessità di non dimenticare quel giorno. Mi veniva la pelle d’oca al solo pensare cosa può essere stato quel momento per chi viveva in città… uno chok, una ferita che non potrà rimarginarsi nemmeno con 7 grattacieli nuovi fiammanti e tutti di vetro, sicuramente molto più accattivanti delle vecchi Torri Gemelle che di bello non avevano poi molto.

Una mattina ci siamo svegliati ancora più presto del solito e siamo andati a correre a Central Park, da veri newyorkesi. Il parco (stupendo!) era pieno di gente che correva o camminava, c’erano addirittura mamme e papà-runners che spingevano passeggini di corsa con dentro i bimbi addormentati. Faceva un bel caldo ed abbiamo scoperto che il parco non è tutto pianeggiante come ci aspettavamo che fosse.. ci sono tante discese e, di conseguenza, tante salite! E’ stata un po’ dura (per me, mio marito, maratoneta, correva senza dare il benché minimo segno di fatica…che invidia!), ma divertente. Adesso possiamo dire di aver corso nel parco più famoso del mondo!

L’unica cosa della città che non ci ha per nulla convinti è stata… la metropolitana! La Subway newyorkese, a nostro avviso, almeno, è un delirio. Forse siamo abituati alla Tube di Londra che è davvero a prova di scemo, ma girare in metro è stato un vero parto! Abbiamo trovato una scarsità di indicazioni incredibile ed una confusione totale tra le linee. Ad esempio non tutti i treni sono locali, se si sbaglia e si prende un diretto, si rischia di saltare la propria fermata e di ritrovarsi chissà dove. Poco male, si sa che basta scendere dal treno e riprenderlo nella direzione opposta… peccato che spesso per fare ciò bisogna uscire dalla stazione, attraversare un paio di strade e poi rientrare in stazione dalla parte opposta e timbrare un nuovo biglietto. Così facendo ci siamo ritrovati in pieno Bronx! Boh? Non ho letto di nessuno che si lamentasse della metro di NY, ma ammettiamo senza vergogna che x noi è stata un vero casino e che anche chiedendo informazioni la situazione non migliorava perché notavamo che gli stessi cittadini, per quanto volenterosi di aiutarci, avevano le idee davvero confuse in materia!

E un’altra cosa: volete sapere qual è il punto più pericoloso di NYc? Il ponte di Brooklin! Incredibile, ma vero… la passerella è divisa in due corsie, una per i pedoni, l’altra per i ciclisti e guai se un incauto pedone finisce dalla parte sbagliata!! Le biciclette arrivano così forte che in caso d’impatto sarebbe un bel problema per il malcapitato. Il fatto è che il panorama che si gode dal ponte è così affascinante che viene naturale andarsene in giro un po’ svagati con il naso all’insù…. E capita di passare la linea di mezzeria! Ma una scampanellata unita ad una buona dose di urla del ciclista incavolato ti riporta subito dal tuo lato! Ma… se uno fosse sordo??

YELLOWSTONE N. P. (Wayoming)

4 gg a NY sono volati via come niente… anche se abbiamo scarpinato come due invasati, anche se eravamo stanchi da un anno di lavoro piuttosto massacrante ecc… ora capisco perché in tanti si fermano qui almeno una settimana: ci siamo resi conto che per ogni cosa che vedevamo ne tralasciavamo altre dieci! Ma bisogna sapersi accontentare, no? Per cui ci siamo alzati all’alba, abbiam fermato un taxi per la strada (piacere irrinunciabile) e ci siamo fatti portare all’aeroporto di La Guardia per prendere il volo interno che ci ha portati a Salt Lake City con scalo a Denver. Segnaliamo che per le tratte interne i bagagli da stivare nell’aereo devono essere acquistati a parte al momento del check-in (abbiam pagato 40 dollari per due valigie) per ragioni di sicurezza che non abbiamo ben capito, ma approfondiremo!

Alle due (ora locale) eravamo a destinazione e già “in sella” alla nostra macchina automatica. Uscire in retro dal parcheggio non è stato facilissimo, ma Alberto ci ha subito preso la mano e siamo partiti in direzione Yellowstone, entrata ovest (da West Yellowstone). Dopo circa quattro ore di macchina ci siamo fermati a dormire lungo la strada ad Idaho Falls, la capitale dell’Idaho, una città che di fatto sembra un unico quartiere residenziale tranquillo e mezzo addormentato, che non ha nulla di attrattivo, infatti è solo attraversata dai turisti in viaggio verso Yellowstone. Questa era l’unica notte non prenotata dall’Italia, per cui siamo andati a cercare un Motel 6 e abbiam dormito qui per circa 60 dollari, colazione esclusa. Ci rendiamo subito conto che guidare negli States è molto facile e rilassante, il traffico quasi del tutto inesistente se non appena fuori dalle grandi città… altro che autostrade italiane! E poi, altra grande cosa da segnalare: qui le autostrade sono gratuite!

Il mattino dopo, di buon’ora, dopo una sosta per acquistare il pranzo a West Yellowstone, nonché una sorta di box in polistirolo per conservare il cibo al fresco (si acquista al supermercato o ai distributori di benzina. Il concetto sarebbe che se lo riempi di ghiaccio ti conserva gli alimenti come una borsa frigo. Noi non abbiamo mai usato il ghiaccio perché te lo vendono in confezioni enormi…. Però abbiamo notato che il polistirolo è isolante a prescindere e che il cibo lasciato in auto al caldo dentro al contenitore di polistirolo per qualche ora, restava cmq abbastanza fresco) che ci è stata molto utile per conservare la colazione. Siamo entrati a Yellowstone e abbiamo comprato il pass per i parchi nazionali al costo di 80 dollari e valido per un anno. Può essere utilizzato da due persone e relative famiglie, per cui è cedibile ed anche conveniente se si ha in programma di vedere più parchi (diciamo almeno 4 o 5). All’ingresso dei parchi nazionali il ranger consegna una guida del parco e un’utilissima mappa con cui è facile orientarsi e programmare le varie visite.

Il parco di Yellowstone è grandissimo, bellissimo e vi sono 5 ingressi per accedervi.

La maggior parte del territorio del parco si trova sopra ad un’immensa caldera vulcanica, il che significa che il parco è disseminato di gaysers e sono visibili i più disparati fenomeni vulcanici, cosa che ci ha molto colpiti poiché non avevamo mai visto nulla del genere: pozze di fanghi ribollenti, sorgenti d’ acque sulfureee puzzolenti, ma colorate con tutte le sfumature dell’arcobaleno grazie alle colonie di batteri che conferiscono all’acqua e al suolo su cui questa scorre, le colorazioni più incredibili. Abbiamo attraversato paesaggi lunari o da film fantasy in cui gli alberi erano tutti bianchi, secchi e morti per essersi abbeverati nelle acque sulfuree… e poi foreste rigogliosissime verde smeraldo. Incredibile e bellissimo.

All’interno del parco ci sono numerosi lodges dove dormire, ma, come dicevamo, per accaparrarsi un posto bisogna davvero muoversi con largo anticipo… e ne vale la pena! Noi abbiamo scelto la sistemazione più economica tra quelle rimaste a disposizione, il Lake Lodge che si trova proprio sull’immenso Yellowstone Lake. Abbiamo scelto una cabin con un solo letto per un totale di 70 dollari per notte, colazione esclusa. Avevamo letto alcune recensioni su Tripadvisor su queste benedette cabine e c’erano giudizi molto contrastanti, chi le riteneva a dir poco fatiscenti, chi le riteneva carinissime. Infatti eravamo pronti a tutto. In realtà siamo felici di poter dire che: la nostra cabina era molto graziosa e confortevole, seppur spartana e un po’ datata. Ma era davvero pulitissima e la moquette era aspirata a regola d’arte… lo dicono due che sono allergici agli acari! Abbiamo notato la cura con cui l’amministrazione del lodge cerca di renderle il più confortevole possibile, a partire dai saponcini a forma di orsetto, le lenzuola stirate e profumate e la camera che veniva rifatta giornalmente. Okei, non era l’Hilton, ma suvvia siamo a Yellowstone! Unica pecca il letto che era il classico letto alla francese e quindi a una piazza e mezza, davvero piccolo per due… e sì che noi siamo piuttosto magri! Due persone più corpulente avrebbero trovato impossibile dormire. Il lodge ha una sala comune bellissima, tutta in legno lucidissimo, con quell’atmosfera calda che vuoi trovare in un parco naturale e due bei camini davanti ai quali coccolarsi la sera. Inoltre aveva il grandissimo pregio di vantare di una “caffetteria” dove si poteva consumare ogni pasto senza doverlo prenotare poiché funzionava a self-service. Abbiamo cenato qui due sere spendendo un’inezia e mangiando comunque bene, in particolare la carne era molto buona! Per chi invece ha bisogno di essere servito e riverito, niente paura, a pochi passi c’è il Lake Hotel con un ristorante alla carta e piuttosto costoso dove però bisogna prenotare i pasti (volendo, addirittura tramite il sito internet e fino a due mesi in anticipo!). Il Lake Hotel è un mega hotel sul lago che però non ha proprio nulla del fascino del Lodge e siamo contenti di non avervi soggionato… c’era una tale bolgia! Ma ognuno ha i suoi gusti. Inoltre, abbiamo scoperto che una delle due zone più ricche di fauna del parco (ossia la Lamar Valley a nord-est verso l’uscita est del parco e la Hyden Valley) era esattamente poco più in là rispetto al nostro lodge! Infatti il Lake Lodge è ubicato in una zona eccezionale tra il lago e la Hyden valley e questo dà la possibilità (a chi ha voglia di fare il sacrificio di alzarsi alle 5 del mattino…) di vedere un sacco di animali. Per cui: Lake Lodge assolutamente promosso! State invece alla larga dall’Old Faithfull perché è una struttura enorme ed è letteralmente presa d’assalto da orde umane che rendono l’esperienza di stare nel parco simile a quella di un villaggio turistico a Rimini… per carità!

Per due mattine di seguito ci siamo alzati all’alba con un freddo cane. Sì, è meglio aver ben chiaro che di giorno, con il sole, fa caldo, ma alla sera e alla notte la temperatura scende molto… e al mattino si gela! Siamo usciti dalla nostra capannetta ancora mezzi rintronati e ci siamo addentrati nel parco in auto alla ricerca degli animali che non si sono fatti attendere molto: cervi, cerbiatti e bisonti! Per avvistare la fauna, portarsi un binocolo è decisamente una cosa buona e giusta… noi lo sappiamo per la prossima volta, mannaggia! Comunque la maggior parte degli animali la si vede proprio sulla strada per cui è facile poterli ammirare. Inoltre al mattino presto o alla sera verso il tramonto si avvicinano ai fiumi a bere. Ovviamente la regola è: dove c’è la colonna di auto ferme, lì c’è qualcosa di interessante da vedere e bisogna tuffarcisi! Purtroppo niente alci, ma il secondo mattino, quando ormai stavamo per tornare alla nostra capanna mogi mogi e con le pive nel sacco per esserci alzati alle 5 e non aver visto nemmeno uno scoiattolo perché il parco era avvolto da una nebbia che neanche in Pianura padana d’inverno… tadaaaaan!! Abbiamo beccato un Grizzly che guadava il fiume! Beh, non immaginavamo che fosse così incredibilmente grosso!!! E soprattutto così agile! Nuotava e correva velocissimo, al punto che mi sono chiesta: “E se ora attraversa il fiume e viene su da questa riva, che facciamo visto che siamo fuori dall’auto?”. Ma non ha attraversato… è scappato nel bosco e ci ha regalato lo spettacolo della sua presenza per una manciata di minuti soltanto: ma ne è valsa la pena!

Nel parco ci sono tantissimi sentieri escursionistici le cui difficoltà e lunghezza sono indicate nella brochure del parco. Appena si inizia il sentiero non si può non rimanere colpiti dai consigli per affrontare l’eventuale incontro con un orso: cercare di evitarli facendo rumore, se si vede un orso fermarsi immediatamente e arretrare senza voltarsi e senza correre (questo è fondamentale!), se l’orso ha con sé i piccoli ricordasi che è la situazione più pericolosa, se l’orso ti carica buttarsi a terra e fingersi morto o, come extrema ratio, spruzzargli addosso lo spray anti orso che deve essere sempre a portata di mano e che viene venduto nei negozi all’interno del parco (e pare funzioni… mah!). Beh, dobbiamo ammettere che prima vedere il grizzly abbiamo affrontato un sentiero trulli trulli sperando di incontrarne uno ed immortalarlo con qualche scatto. Ma dopo aver visto quanto è grosso e quanto è veloce… siamo rimasti un attimino flashati! Ci siamo incamminati per un sentiero in mezzo al bosco e come prima cosa abbiamo trovato a terra dei ciuffi di pelo grigio scuro (quindi presumibilmente di un orso bruno o magari anche di altro animale)… abbiamo camminato per una mezz’ora, ma poi eravamo troppo agitati e così siam tornati indietro! Insomma, a Yellowstone si possono fare le escursioni, ovviamente, le fanno tutti, ma se si ha un po’ di sale in zucca ci si rende subito conto che chi le fa sul serio è attrezzato di tutto punto e porta legato in vita il famoso spray antiorso… E’ anche vero che gli americani solo incredibilmente allarmisti su ogni cosa, ma secondo me l’incontro con l’orso è meraviglioso quando tra te e lui c’è almeno un fiume o quando tu sei chiuso in auto! Siamo pronti ad essere sbugiardati dagli animalisti e da tutti quelli che hanno rapporti quotidiani con gli orsi e sosterranno che si tratta di animaletti dolci e sensibili che non farebbero del male a una mosca…

A Yellowstone abbiamo scoperto una cosa che spero possa interessare a molti/e ragazzi/e: tramite il sito http://www.yellowstonejobs.com/ è possibile fare domanda di lavoro e passare una stagione all’interno del parco, offrendo il proprio lavoro in cambio di vitto e alloggio. Abbiamo infatti notato che la maggior parte degli inservienti e dei camerieri, nonché del personale dei negozi erano giovani e stranieri. Così abbiamo chiesto ad un cameriere da dove veniva e ci ha risposto dalla Bulgaria, un altro da Londra. Erano quasi tutti studenti che avevano trovato un modo per passare l’estate in uno dei parchi più famosi del mondo senza spendere i soldi che non avevano, lavorando e conoscendo un sacco di gente nuova di ogni nazionalità. Ci hanno detto di essere molto contenti, che il posto era favoloso e l’ambiente giovane e allegro… se non fosse che ormai i tempi dell’università sono passati da un pezzo, li avremmo subito imitati!! Ma ci teniamo a segnalare questa cosa perché magari qualche lettore potrà trarne spunto per le prossime vacanze… deve essere un’esperienza unica ed impagabile, basta conoscere abbastanza bene l’inglese!

Dopo aver dormito due notti nel parco, la terza notte ci siamo diretti fuori dal parco per portarci un po’ avanti sui molti chilometri di strada che sapevamo di dover percorrere il giorno successivo. E non solo, ma anche perché sapevamo che a West Yellowstone organizzavano un rodeo e non ce lo volevamo perdere! Abbiamo dormito al bellissimo Alpine Motel, impeccabile e gestito da un signore di mezz’età più che gentile, quasi eccessivo nel suo prendersi cura degli ospiti. Il rodeo si svolge tutti i giorni d’estate poco fuori West Yellowstone, sulla strada per Island Park ed i biglietti si acquistano in loco (12 o 15 dollari). Lo spettacolo dura circa 2 ore con intervallo in mezzo e appena cala il sole fa un freddo tremendo! Diciamo che è stato carino, ma, di fatto, la parte più bella la si può compattare in una mezz’ora in cui abbiamo visto cavalcare cavalli e tori imbizzarriti e poi prendere al lazo le mucche. Il resto dello show è stato un po’ scemino con vari giochi per bambini e gag, ma nel complesso siamo contenti di averlo visto perché è stata un’esperienza nuova. Non ci intendiamo affatto della materia, ma non ci è parso che i cow boy fossero particolarmente abili… sarebbe bello vedere un rodeo di quelli seri, che si svolgono in posti dove i turisti non arrivano! Comunque, proprio all’inizio dello show stavamo discutendo di quanto lo spettacolo potesse essere autentico o meno ed ecco che esce il primo cavallo, sgroppa tre volte nell’esaltazione del pubblico e poi, non abbiam capito cosa è andato storto, fatto sta che ha inforcato la balaustra di recinzione della pista rovinando al di là e portando con sé il cavaliere: il cavallo è saltato fuori dal recinto, ma aveva poco slancio per cui è letteralmente caduto a terra dall’altra parte e il cavaliere con lui. Nel giro di un secondo è sceso un silenzio tombale e nessuno sapeva se il cow boy era vivo o morto. Nessuno fiatava, nessuno si muoveva dallo chok, nemmeno i bambini! Poi la folla è accorsa e dopo alcuni lunghi minuti di attesa lo abbiamo finalmente visto muovere un braccio: era vivo! Mamma mia che spavento… A quel punto lo show è continuato, poi è arrivata l’ambulanza e noi siamo ancora qui a domandarci che cosa si sarà rotto, perché non ci crediamo che sia rimasto tutto intero dopo quella botta! Quindi, anche per questo episodio, non possiamo non dire che la serata non ci abbia regalato delle emozioni. Pur con i suoi limiti, consigliamo di vedere questo rodeo a chi non ne ha mai visto uno!

Dopo il rodeo siamo andati a cena in un saloon, il “Wild West” dove pareva facessero una super pizza, ma soprattutto perché alle 10 di sera passate era uno dei pochi posti ancora aperti. E lì abbiamo scoperto che i “pepperoni” non sono i peperoni… la pasta della pizza era buona, ma l’abbiamo ribattezzata “pizza ai 7 salami” perché c’era sopra almeno un intero salame piccante, oltre bakon e salsiccia….

L’abbiamo digerita due giorni dopo! Colpa nostra che avremmo dovuto prendere la pizza da “costruire” con gli ingredienti che preferivi (e allora fate così: solo mozzarella e pomodoro!) e soprattutto che abbiamo dato per scontato che i “pepperoni” fossero i peperoni scritti male!

ARCHES N. P. (Moab – Utah)

Lasciato Yellowstone ci siamo messi in marcia verso sud-est, direzione Arches N.P. Siamo pertanto ripassati da Idaho Falls, abbiamo superato Salt Lake City e ci siamo fermati a dormire a Provo (meta scelta solamente perché era di strada…) allo Sleep Inn. Era domenica sera e siamo rimasti costernati nello scoprire che tutti i ristoranti erano chiusi, eccetto i fast food. Non avendo altra scelta abbiamo optato per quello che, a naso, ci è sembrato il meno peggio, ossia Wendy’s. Ci siamo presi un’insalata con pollo alla griglia e un cheeseburger da portar via e abbiam cenato in camera. Non l’avremmo mai immaginato, ma era tutto buono, senza salse e soprattutto l’abbiam digerito come nulla fosse. Quindi riteniamo che Wendy’s sia un’alternativa percorribile qualora non ci sia altro a disposizione.

Il giorno dopo abbiam guidato per altre 3 ore e finalmente siamo arrivati a Moab dove ci siamo sistemati all’Inca Inn che si è rivelato carino e praticamente attaccato al parco, ma un po’ lontano dal centro di Moab (lontano nel senso che è meglio andarci in auto in circa tre minuti…). Siamo subito entrati al parco perché il cielo si stava rannuvolando velocemente. Il parco è stupendo, la roccia rossa che si staglia sul cielo blu cosparso di nuvole bianche e nere sarebbe da ammirare all’infinito. Facciamo un primo sentiero e tante foto, poi decidiamo di dirigerci prima alla fine del parco (in auto ci vorrà una mezz’ora dall’ingresso….) e poi tornare verso l’ingresso fermandoci ai vari archi in attesa che arrivi l’ora del tramonto per salire a quella meraviglia della natura che è il Delicate Arch. Da veri fenomeni ci siamo portati una pila per poter ridiscendere il sentiero eventualmente anche col buoi e potercela prendere più che comoda. Ma un po’ per via dei temporali che ogni tanto scrosciano e ci obbligano a chiuderci in auto, un po’ perché ci attardiamo qua e là, sta di fatto che ora che decidiamo di salire al Delicate sono le 8 di sera e, a metà sentiero circa, scopriamo che il sole sta tramontando e che la nostra mitica pila fa una lucina così fioca che non potrà mai aiutarci più di tanto nel caso ci colga il buio! Uffa! Non conoscendo il sentiero, decidiamo di non rischiare e di tornare la mattina dopo sul presto e, tutto considerato, abbiamo fatto bene. Evitate di andare ai punti di avvistamento del Delicate perché sono assolutamente ridicoli: lo si può vedere solo con un binocolo! Il sentiero per raggiungerlo non è particolarmente difficile e si può fare tranquillamente in 40 minuti-un’ora (magari un po’ di più con bimbi al seguito), ma se si torna col buio è bene avere una pila (funzionante!), ovviamente. E quando si arriva lassù e ce lo si trova davanti… beh, è un’emozione incredibile! Non si può visitare questo parco e perderselo, sarebbe un’eresia! Qui però ho avuto una vera e propria crisi di vertigini che purtroppo mi ha rovinato un po’ il momento, infatti io non mi sono nemmeno potuta sognare di arrivare fino alla base dell’arco, ma sono rimasta incollata su un masso tipo patella allo scoglio, invidiando tutti quelli che passeggiavano sull’orlo del burrone senza battere ciglio e cercando di combattere col terrore che potessero cadere giù! Non è proprio una bella cosa, anzi! Chi ne soffre potrà capirmi… tutti gli altri sappiano di essere molto fortunati!

All’inizio del sentiero che porta al Delicate si trova una minuscola casetta mezza diroccata: si tratta di un vero ranch originale del 1800, il “ranch Wolfe” che è stato abitato per molti ani da un reduce della guerra civile che aveva bisogno di vivere al caldo a causa di alcuni problemi di salute… beh, qui il caldo non doveva mancargli, poco ma sicuro! Ci ha colpiti molto e ci siamo chiesto come potessero vivere in una casa così piccola nel bel mezzo del nulla, anche se potevano godere ogni giorno dello spettacolo dei canyons e del Delicate!

A Moab consigliamo un bel localino per un’ottima cenetta: la Jeffrey’s Steak House che si trova proprio sulla strada entrando in paese, arrivando da Archees N.P. Ha un bel cortile all’aperto e la cucina è proprio buona… l’hamburger di bufalo era spettacolare! Anche qui il 18% di mancia è incluso…

MESA VERDE N. P. (Cortez-Colorado)

Il giorno successivo ad Arches N.P. avrebbe dovuto essere dedicato, come da scaletta, al parco di Mesa Verde. Però i programmi sono cambiati laddove la sera prima non eravamo riusciti a salire al Delicate. Per cui la mattinata è iniziata presto presto con il Delicate Arch (alle 8 eravamo già lì e faceva già un gran caldo… ma ancora sopportabile! Portate tanta acqua…). Poi abbiamo impegnato circa un’oretta per andare a dare una veloce sbirciata al Dead Horse Point che però non ci ha fatti impazzire, ma credo che fosse perché lo abbiamo visto a mezzogiorno con un caldo allucinante e di corsa… per cui riteniamo che il nostro parere non sia molto attendibile! Il Dead Horse (che io avevo già visto oltre 10 anni fa con i miei genitori al tramonto e che ricordavo bellissimo e selvaggio… ora è un po’ cambiato, hanno costruito delle passerelle di cemento, dei view points ecc… forse era più magico prima!) non fa parte dei parchi statali, per cui l’ingresso non è compreso nell’annual pass e si pagano 7 dollari per entrare; dista da Moab poco più di venti minuti, per cui vale la pena di vederlo! Si può osservare un’ansa del fiume Colorado dall’acqua marrone-rossa, colorata dalla sabbia del deserto. Forse questa visita non ci ha emozionati in modo particolare, ma per la prima volta le foto rendono di più dei ricordi… mah!

Siamo poi ripartiti per Mesa Verde di gran carriera. Il parco dista circa 3 ore da Moab e si trova attaccato al paesino di Cortez, nello stato del Colorado, che sa estremamente di Messico, a partire dal nome. Il parco è davvero grande, molto più di quanto ci aspettassimo, e dall’ingresso al Visitors Centre ci vuole circa una mezz’ora di auto. E’ un parco interessantissimo e ci dispiace tanto di aver avuto poco tempo da dedicargli, ma la nostra tabella di marcia era purtroppo abbastanza stretta… In ogni caso siamo arrivati al Visitors Centre verso le 16 ed abbiamo avuto la grande fortuna di trovare posto in una visita guidata con il ranger alle rovine della Balcony House. La caratteristica di questo parco, infatti, consiste nel fatto che qui ,almeno 1500 anni fa, vivevano delle popolazioni locali nomadi (possiamo dire degli antenati degli indiani locali), gli Anasazi, che costruirono le loro abitazioni all’interno dei canyons, più o meno come farebbe un uccello che nidifica negli anfratti della roccia nuda. Alcune di queste abitazioni sono accessibili percorrendo normali sentieri, ma altre sono davvero abbarbicate negli anfratti dei canyons, per cui si possono visitare solo se accompagnati da una guida. Quindi funziona così: si va al Visitors Point e si compra il biglietto per uno dei vari tour guidati dal ranger (costa 3 dollari a persona), poi si raggiunge il punto di ritrovo stabilito all’ora stabilita e si parte. Visto che, lo rimarchiamo, gli americani sono allarmisti e adorano terrorizzarsi ed essere terrorizzati, nonchè stilare procedure di sicurezza, il ranger ci ha messo davanti la descrizione del tour che faceva più o meno così: dovrete salire una scala a pioli senza balaustra alta 10 metri, entrare nell’anfratto che non ha recinzioni di sicurezza, scalare la nuda roccia per X metri, poi entrare in un tunnel a carponi eccetera eccetera… Il percorso era noto come “Indiana Jones trail”. Ora, considerato che io soffro di vertigini e mio marito di claustrofobia, è ovvio che al sentir parlare di 10 metri di scala a pioli e tunnel ci siamo un attimo preoccupati, ma poi ci siamo detti “mo’ siamo qui e ci tiriamo indietro? Ma figuriamoci!” e ci siamo predisposti a vivere una rocambolesca avventura da raccontare un giorno ai nipoti. Da qui la nostra perplessità nel constatare che al tuor partecipavano anche bambini di circa 5 anni… che genitori snaturati e senza testa a portarli lì! Eppure la dolcissima ranger che ci ha guidati non batteva ciglio… boh! Per farla breve, la scala non era lunga 10 metri, ma circa 4 e non era ripida come la immaginavamo, ma serenamente fattibile, e lo dice una che il giorno prima era mezza svenuta all’Arches. Il tunnel era stretto, sì, ma così breve che quasi non lo si poteva chiamare tunnel. In sostanza, di avventuroso non c’è stato proprio nulla e quasi siamo rimasti dispiaciuti… La cosa invece veramente bella è stato entrare in questo incredibile sito archeologico guidati dalla ranger che ci ha spiegato innumerevoli cose sulla vita quotidiana di queste antiche comunità che costruirono case praticamente perfette, con muri drittissimi, tettoie di stoppie e recinti sacri che ancora oggi resistono (praticamente immutati) allo scorrere del tempo. Se si ama un minimo la storia non si può certo restare indifferenti! Quindi non perdetevi Mesa Verde… merita davvero una visita approfondita di una giornata, cosa che noi non abbiamo potuto fare, purtroppo. Inoltre, a parte le rovine Anasazi, il parco è verdissimo, pieno di boschi e di aree pic nic ben attezzate, per cui, organizzandosi bene, si possono alternare le visite culturali con i sentieri e un bel sandwich all’ombra dei pini!

Dopo la Balcony House (già il nome la dice tutta sul sito…) abbiamo cercato di andare a visitare altri siti che potevano essere raggiunti da soli, ma abbiamo scoperto che alle 18.30 i rangers stavano chiudendo tutti i sentieri di accesso e siamo rimasti malissimo. Nooo!! Così, a malincuore, siamo tornati a Cortez ed abbiamo finito la serata in un coloratissimo ristorante messicano, il Tequila’s, e dormito al White Eagle Inn (che si trova alla periferia della cittadina), piccolo, semplice, ma pulitissimo ed economico: 45 dollari senza colazione!

MONUMENT VALLEY (Bluff – Utah)

Il mattino dopo siamo ripartiti per Bluff, un minuscolisssssimo paesino proprio sul confine con l’Arizona, a circa mezz’ora dalla Monument Valley.

Trovare un posto dove fare base nella Monument è stata una vera faticaccia. I paesi sono pochissimi e le sistemazioni decenti ancora meno… in più costano una schioppettata! Ecco perché molti finiscono col visitare la Monument Valley di giorno per poi dormire a Page. Ma noi volevamo vederla al tramonto (tutto il viaggio è stato infatti strutturato in modo da poter visitare i parchi dal primo pomeriggio al tramonto, sia per evitare le ore più calde, sia per godersi la luce infuocata e morbida della sera…), per cui, cerca che ti ricerca, alla fine siamo riusciti, ingrandendo al massimo la mappa della zona con Google Maps, a scovare questo punticino di paese chiamato Bluff (che già il nome…). Beh, abbiamo scoperto che si tratta di un luogo incredibile, da vero far west, adagiato tra pinnacoli di arenaria rossa che si stagliano contro il cielo blu, in pieno deserto. Qui abbiamo prenotato il Recapture Lodge che ci è piaciuto tantissimo per la sua atmosfera accogliente e la gentilezza sorridente dei proprietari. E’ spartano, ovviamente, ma ti fa sentire a casa. Nella sala comune è stato allestito un Karaoke (forse per le sere d’inverno…), poi ci sono diversi strumenti in attesa di essere suonati, un calcio balilla (con tredici giocatori…) e soprattutto un angolo-libreria in cui è stato raccolto, negli anni, un sacco di materiale sui tutti i parchi della zona e su tutti i sentieri. Ci sono anche mappe approfondite, insomma, un vero ben di Dio per chi ha la fortuna di potersi fermare qui per più di un giorno! C’è anche una piccola piscina e tavoli da pic nic per mangiare all’aperto. E poi… davanti all’entrata, appesi agli alberi, molti abbeveratoi per i colibrì che accorrono numerosi!! Non sono colorati come quelli caraibici, ma sono comunque bellissimi….

Abbiamo deciso di visitare la Monument nel pomeriggio, per evitare almeno in parte il calore terribile del deserto e vedere il tramonto… è stata una buona idea! Anche la Monument Valley non fa parte dei parchi statali, ma si tratta di un parco indiano per cui all’ingresso bisogna pagare una tassa di 5 dollari a testa. Poi ci sono due possibilità: o partecipare ad un tour organizzato dai navajo che ti portano alla scoperta della Monument su delle jeep aperte e ti fanno fare un giro di tre ore circa, portandoti a tutti i view points e anche a vedere alcune cose che da solo sicuramente non vedresti, come la nonnina indiana che tesse nella sua abitazione tipica costruita con la sabbia del deserto (costo circa 80 dollari a persona), oppure fare il giro della Monument da soli con la propria auto sullo sterrato. Ora, eravamo un po’ in dubbio sul da farsi per timore di restare insabbiati, ma abbiamo visto che tutte le auto si avventuravano giù per la discesa per cui abbiamo dedotto che si potesse fare! Inoltre, a spingerci a fare il tour da soli, oltre alla prospettiva di risparmiare 160 dollari (è francamente eccessivo!!), è stato vedere i poveri turisti sulle jeep che quasi non riuscivano a tenere aperti gli occhi per via della sabbia e che si premevano dei fazzoletti sulla bocca per non respirarla. Fare il circuito della Monument si è rivelato facile anche per una normale berlina, tanto si va pianissimo e basta evitare i punti dove la sabbia è più alta… solo alla fine, sulla salita, abbiamo avuto un attimo di semi-insabbiamento, ma ce la siamo cavata e non ho visto nessuno avere particolari problemi! In conclusione: se piove o ci sono nuvoloni neri in vista, allora è meglio fare la visita guidata per evitare di rimanere impantanati nel fango rosso del deserto. Se invece il tempo è bello, meglio fare il giro in autonomia se si ha un’auto sufficientemente alta (insomma, non troppo ribassata) da poter affrontare uno sterrato molto soft… e poi, si può valutare il da farsi vedendo cosa fanno gli altri!

La Monument è stata un’emozione incredibile, sembrava di stare davvero in un film, mancava solo John Waine! Quando all’orizzonte inizi a vederne comparire il profilo ti viene il groppo in gola e non smetteresti mai di fermarti lungo la strada per fotografarla! Poi, una volta dentro, è ancora più bello… la sabbia rossa, il cielo blu screziato da nuvole bianchissime, il sole che pian piano tramonta… è uno di quei posti che sogni di vedere da quando sei piccolo e lo spettacolo va ben oltre l’immaginazione…

Alla sera siamo rientrati verso le 20.30 e siamo andati diretti al ristorante davanti al nostro Lodge (consigliatoci dai padroni del Lodge che ci hanno anche avvertito di non tardare troppo perché a Bluff i locali chiudono verso le 9), il San Juan River, dove siamo rimasti sorpresi di trovarci in un locale graziosissimo ed arredato in puro stile cittadino con tanto di opere d’arte alle pareti. Abbiamo mangiato benisssssimo, cucina un po’ in stile messicano (favolsoo l’hambuger di salmone con chutney al mango!!). Ovviamente consiglieremmo questo ristorante a tutti, se non fosse che la cameriera ci ha confidato che era la loro ultima settimana di gestione perché la cuoca si era innamorata e si sarebbe trasferita in Illinois. Quindi boh… speriamo che la nuova gestione sia all’altezza delle prelibatezze che abbiamo avuto la fortuna di gustare noi e che lo stile venga mantenuto…

NB: in Utha c’è l’ora legale per cui rispetto alla Monument (che si trova in Arizona) c’è un’ora in più! E’ meglio saperlo per regolarsi per cena ed evitare di tornare a Bluff con i ristoranti chiusi! Ristoranti si fa per dire… quanti ce ne saranno? Due? Tre? No, forse tre son già troppi1

ANTELOPE CANYON (Page – Arizona)

Siamo partiti presto da Bluff per arrivare a Page verso mezzogiorno e vedere i raggi del sole entrare dritti nell’Antelope Canyon.

Arrivati a Page (alle 11 ora locale) abbiamo seguito le indicazioni per l’Antelope che abbiamo trovato proprio sulla strada: da un parte si va all’Upper Antelope, dall’altra al Lower. Si entra nel parcheggio e si pagano 6 dollari di tasse (per parcheggiare? Mah!) poi bisogna partecipare ad un tour organizzato perché non si può entrare nel canyon da soli. Abbiamo così scoperto che per visitare l’Upper Antelope nelle ore in cui il sole penetra nel canyon ci voglio 45 dollari a testa! Per il Lower, invece, visto che i raggi del sole non vi penetrano mai direttamente, solo 20 a testa. Faceva un caldo dannato e c’era un delirio di gente in attesa che arrivasse il suo turno per la visita, accalcata sotto ad una minuscola pensilina. Un po’ scoraggiati, ci siamo diretti al Lower Antelope. Dopo circa due ore, tra coda e attesa, siamo finalmente riusciti a entrare nel canyon guidati da una giovane guida indiana. La visita del Lower si fa a piedi, quella dell’Upper invece inizia in jeep e poi si prosegue a piedi. Prima di scendere nel canyon la guida ci ha mostrato una lapide: io ho colto solo le ultime parole perché ero in fondo, ma in sostanza diceva che era morto qualcuno durante un flash flood, ma di non preoccuparsi che tanto non eravamo nella stagione delle piogge e così, dopo una generale risatina nervosa, siamo entrati nell’Antelope. Si entra da una fenditura nella roccia e si scendono alcuni scalini. Non appena dentro rimani incantato dal meraviglioso spettacolo del cielo azzurro che vedi lassù, oltre la gola del canyon mentre tu sei sotto, tra le anse sinuose create dall’erosione dell’acqua. Entri in un mondo aranciato, la pietra è rossa, il sole brilla e tinge tutto d’arancione… è un posto magico, incredibile, che ti fa sentire piccolo piccolo davanti alla potenza della natura che riesce sempre a disegnare scenari di una bellezza tale da andare oltre alla tua limitata immaginazione di uomo di città. La visita dura circa un’ora, non tanto perché il percorso sia lungo, quanto perché si è sempre fermi a fare foto (e giustamente, direi!). C’è chi dice che l’Upper è meglio del Lower, ma noi non possiamo esprimerci in proposito, possiamo solo dire che la visita del Lower Antelope per noi è stata magica! Quando siamo riemersi abbiamo notato che, guarda caso, la coda per scendere nel canyon era molto più breve. Abbiamo quindi deciso di andare in motel (il Page Boy motel, carino, molto più da dentro che da fuori! Con un bel cortiletto con piscina ed una proprietaria un po’ burbera), lasciar passare le ore più calde e poi tornare a vedere l’Upper Antelope nel pomeriggio quando il costo scende a 25 dollari a testa (perché il sole non filtra più dentro) e c’è molta meno gente, poi di andare all’Horseshoe Bend. Beh, e qui è accaduto un fatto che mi fa quasi vergogna raccontare: è successo che mentre ci stavamo rilassando in motel guardando la TV, il programma è stato interrotto. Un allarme ha iniziato a suonare e ci abbiamo messo un po’ a capire che proveniva dalla TV stessa dove si era materializzato un avviso che metteva in guardia la popolazione sul pericolo di flash flood esattamente su Page e dintorni! Ora, che cosa sono questi benedetti flash flood di cui si sente sempre parlare nei vari diari di viaggio e nelle broshures dei parchi di queste zone?? Quelli insomma da cui tutti i ranger ti mettono in guardia? Si tratta di violentissimi temporali che scrosciano all’improvviso e sono di una tale potenza da aver scavato – nel corso dei secoli, ovviamente – canyons come l’Antelope e aver modellato tutti gli altri. Restiamo un attimo perplessi: ma la guida non aveva detto che non eravamo in stagione? Mi faccio prendere un po’ dall’ansia, esco nel giardino e vedo che il cielo sopra di noi è nero, anche se solo un paio di ore prima era sereno! Mi attacco a internet e cerco informazioni. Vado su un sito di allerta flah floods e scopro che sì, un mega temporale sta girando sulle nostre teste. Voglio capirci un po’ di più e ho la pessima idea di entrare in YouTube… ed ecco, in un servizio della CNN, tutta la verità sulla lapide che ci ha mostrato la guida: nel 2007 un gruppo di 11 turisti è entrato nel Lower Antelope con la propria guida per la solita visita. Ma nessuno si è accorto o informato del fatto che stava arrivando un flash flood (era a meno di 17 miglia e si avvicinava molto velocemente, troppo forse) e sono stati letteralmente travolti da una massa d’acqua enorme che si è riversata nel canyon. Sono morti tutti, tranne la guida che si è miracolosamente salvata. Il servizio mostrava le immagini dei posti che avevamo appena visitato e mi ha impressionata enormemente. Immaginare quella gente morire là sotto durante una vacanza mi toglieva il fiato… Ho anche scoperto che i flash floods si verificano proprio durante la stagione estiva e che sono molto pericolosi per gli escursionisti. Sono schizzata alla reception a chiedere spiegazioni. Ho trovato un ragazzo che mi sembrava un po’ tonto e che si è limitato a dirmi “Qui il tempo cambia così velocemente…”. In TV l’allarme è comparso altre 3 volte, per cui alla fine ero così agitata che non sono più voluta andare all’Upper Antelope! Ero incazzatissima con la guida che, secondo me, ci aveva esposti ad un grande pericolo e mi chiedevo come tutti attorno a me potessero essere così tranquilli a fare il bagno in piscina con un uragano sulla testa… Ma la verità è che alla fine NON ha piovuto. Nemmeno un goccia, solo qualche lampo. Abbiamo passato il pomeriggio in camera a riposarci un po’ (io non molto, ero un tantino isterica…) e alla sera siamo usciti a cena. Visto che tutti i locali erano strapieni e c’era addirittura gente fuori che aspettava (mai visto nulla del genere in tutta la vacanza!) siamo finiti in un locale di sushi, il Blue Buddha Sushi lounge, dove, per mangiare, dovevamo aspettare solo mezz’ora. E’ stato strano mangiare sushi nel mezzo del deserto, ma era molto buono!

Insomma, alla fine mi sono rovinata il pomeriggio per colpa di quel maledetto warning in TV e mi sono resa conto che ero l’unica persona preoccupata di tutto lo stato! Vedendo che nessuno era minimamente impensierito dal flash flood imminente (che poi, dove sarà finito? Dissolto nell’aria?) e che la vita scorreva serena e pacifica, mi sono data della scema per essermi rovinata il pomeriggio e sono andata a dormire un po’ meno incavolata con la guida e un po’ di più con la TV: ma come fanno a vivere gli americani con questi allarmismi continui e prepotenti? Semplice: ci sono così abituati che nessuno si allarma. Ecco il principale motivo per cui non potrei mai vivere in USA: io prendo le cose troppo sul serio.

In definitiva: l’Antelope Canyon è imperdibile. Se si vogliono vedere i raggi del sole che entrano tra le rocce bisogna mettere in conto di sborsare 45 dollari a capocchia. Se però non li si vuole sborsare o non interessano i raggi verticali, allora consigliamo vivamente di non venire qui nelle ore centrali della giornata, se possibile. Infatti accade che tutti arrivano all’Upper apposta alle 12, poi una parte rimane là, un’altra parte (come noi) decide di andare al Lower e così si creano ovunque code insensate sotto un sole che ti spacca in due! Il tutto diventa molto faticoso… per nulla! Basta venire dopo pranzo e già le cose cambiano… e poi c’è molta meno gente con cui condividere l’esperienza che così acquista fascino. Inoltre ci chiediamo che piacere possa essere visitare l’Upper pagando il doppio per poi essere là sotto in una miriade a fare foto dove ti resteranno sempre immortalate le teste di tutti gli altri compagni di tour… Fate le vostre valutazioni e regolatevi di conseguenza! Si possono inoltre prenotare tour fotografici che ci pare durino due ore e siano solo per piccoli gruppi, al costo di circa 100 dollari, forse un po’ meno.

HORSESHOE BEND (Page – Arizona) – GRAND CANYON North Rim N.P. (Arizona)

Il mattino dopo ci svegliamo alle 7 per andare ad Horshoe Bend. Da programma avremmo dovuto andarci la sera prima al tramonto, ma al motel ci hanno consigliato di andare all’alba perché al tramonto avremmo avuto l’ombra del canyon proprio davanti. Le indicazione dell’Horseshoe sono chiare (è proprio a 5 minuti da Page), si parcheggia, si segue un sentiero e in dieci minuti si arriva davanti ad uno spettacolo incredibile: il Colorado fa un’ ansa creando un canyon che assume, appunto, la forma dello zoccolo di un cavallo. E tutto ciò si vede solo quando si arriva sull’orlo del precipizio! Non ci sono ancora balaustre, né si paga l’ingresso, è una zona completamente selvaggia e fa un’impressione totale. Io ho lottato contro le vertigini e alla fine ce l’ho fatta, ho vinto io! Siamo rimasti là in contemplazione per oltre un’ora, continuando a scattare foto, impressionati dall’imponenza di ciò che vedevamo. Poi il sole ha iniziato a picchiare parecchio e così alle 9 eravamo già in auto, direzione Gran Canyon North Rim. Sempre con la nuvola nera sulla testa, abbiamo passato la zona di Vermillion Cliff con un piccolo groppo alla gola: dietro a questi canyons multicolore c’è The Wave e noi purtroppo non siamo stati estratti alla lotteria…

Forse non tutti sanno cosa sia The Wave, per cui vale la pena di spiegarlo: si tratta di uno dei posti più meravigliosi (non si dice, ma, per The Wave, un ultrarafforzativo, anche se errato, ci sta!!) del mondo, dove dune di roccia dalle forme così morbide da sembrare colline e così colorate da sembrare finte, si mostrano solo a quei pochissimi fortunati che vincono alla lotteria uno dei 20 biglietti che vengono messi in palio giornalmente per accedervi, guidati da una guida navajo! 10 biglietti vengono estratti ogni mattina in loco, 10 on-line sul sito . Per la lotteria On-line bisogna leggere benissimo le istruzioni: il primo giorno di ogni mese si può fare richiesta per visitare il sito tra 3 mesi, per cui per andare a The Wave in agosto, bisogna fare richiesta il 1° maggio! E così abbiam fatto, ma non ci hanno estratti… snif snif! Potevamo riprovare alla lotteria giornaliera, ma abbiamo lasciato perdere pensando che non era destino. Però facciamo i nostri sinceri auguri a tutti coloro che proveranno a iscriversi alla lotteria!!! Poi raccontateci come è andata… Chissà, magari tra 10 anni torneremo qui e ce la faremo a vederlo! Deve essere una visione indimenticabile… vabeh. Per avere delle informazioni serie in proposito, consigliamo di dare un’occhiata al sito www.experienceamerica.it/index.php, fatto con passione da tre ragazzi italiani e da cui abbiamo tratto spunto in molte occasioni!

Attraversiamo la Kaibab Forrest ed arriviamo al Grand Canyon per pranzo. Ci danno subito la nostra capannetta e mangiamo un panino seduti lì davanti: qui fa di nuovo un po’ fresco, menomale! Il North Rim Lodge risale ad inizio secolo ed è stato ricostruito quasi interamente dopo essere stato devastato da un incendio. Ha una splendida sala comune con terrazza, finestrone panoramico sul Grand Canyon e un buon ristorante dove bisogna sempre prenotare. Accanto al ristorante c’è anche un piccolo fast food per fare uno spuntino veloce o comprare l’occorrente per un pic nic.

Siamo stati molto indecisi se andare al South o al North Rim, poi abbiam optato per il north. Perché? Beh, perché questa parte del canyon è mooooooolto più tranquilla!! C’è un solo lodge, non si fanno giri in elicottero, non ci sono autobus che portano da un view point all’altro, non ci sono le mille cose che si possono trovare al south rim…. E, di conseguenza, non ci sono nemmeno migliaia di persone! Non abbiamo visto il south rim per cui non possiamo fare un paragone, ma siamo felici di essere venuti qui: in molti momenti, infatti, abbiamo goduto dello spettacolo del canyon al tramonto in totale solitudine e silenzio, come se fosse uno spettacolo naturale allestito apposta per noi… romantico da morire!

Anche qui la capanna aveva un letto matrimoniale davvero minuscolo – da una piazza e mezza – ma per fortuna c’era anche un lettino singolo (crediamo che tutte le capanne siano da tre posti), per cui abbiamo usato entrambi i letti. Alla sera faceva freschino, ma certo non freddo come a Yellowstone… però avevamo una strana tazza del water: riscaldata! Non abbiamo appurato se fosse una cosa voluta (…ma perchè??) o se avessero collegato l’alimentazione dello scarico all’acqua calda invece che a quella fredda, fatto sta che ci abbiamo riso sopra per due giorni!

Ci siamo fermati qui due notti e il giorno successivo l’abbiamo dedicato, con calma, alla visita dei vari view points da cui abbiamo contemplato spettacoli meravigliosi e ad alcuni sentieri immersi nella foresta. Davvero stupendo.

Al Visitors Centre abbiamo anche assistito al giuramento di due piccoli “younior rangers” e la cosa ci ha incuriositi. Abbiamo così scoperto che c’è un progetto per sensibilizzare i bambini al rispetto della natura che prevede che possano diventare younior rangers, dopo aver prestato questo giuramento ripetendo una formula davanti ad un ranger vero in cui promettono di rispettare l’ambiente, di essere coraggiosi, di esplorare la natura ecc… e poi vengono forniti di un quaderno in cui vengono proposte una serie di attività che i bambini devono fare per poter passare al livello successivo e così via. L’abbiam trovata una cosa molto ben pensata e carina, una sorta di Giovani marmotte…. E a quale bambino potrebbe non piacere diventare younior ranger? Io da piccola sarei impazzita (e anche adesso, potendo…)! Per cui sappiate che se viaggiate con bimbi piccoli potete stuzzicare la loro curiosità e fantasia con questa attività che ci sembra anche un modo bellissimo per godersi la vacanza con la famiglia. In ogni parco, presso il Visitors Centre, trovate tutte le informazioni in merito, altrimenti leggete qui www.nps.gov/learn/juniorranger.cfm ! Però poi dovrete comprar loro anche un bel cappello da ranger e un distintivo… niente paura, nei gift shops vendono tutto quel che serve!

BRYCE CANYON N. P. (Utah)

Lasciamo il Grand Canyon e la nostra capannetta a malincuore. Ci attende il Bryce, per cui ci dirigiamo a nord, di nuovo verso il caldo. Arriviamo al canyon nel primo pomeriggio dopo una breve sosta nella zona del Red Canyon per consumare la nostra solita insalata in un’area pic nic e subito ci rendiamo conto di quanto questo parco sia diverso da quelli visitati finora: molto più affollato, minibus che ti portano da un capo all’altro del parco ecc… L’accesso è più facile, la gente accorre. Capiremo poi che la maggior parte dei turisti arriva a Las Vegas e da lì si spinge fino al Grand Canyon South Rim (da Las Vegas organizzano gite in elicottero), allo Zion e al Bryce che quindi sono super super organizzati. Studiamo un po’ la mappa dei sentieri e notiamo una stellina gialla che ci avverte di non perdere il “loop” (ossia una strada che parte e torna nello stesso punto, un anello, insomma) del Navajo trail + Queen’s trail perché si tratta del più gettonato, nonché del sentiero di 4 miglia più bello del mondo. Gli americani sanno come valorizzare le cose… quindi non possiamo fare a meno di incamminarci per il sentiero. Dopo pochi passi, però, ci rendiamo conto che è proprio vero: stiamo scendendo sempre più nella gola del Bryce e attorno a noi le pareti del canyon si fanno sempre più alte e maestose. Se già è bellissimo vederlo da sopra, non si può immaginare quanto sia scenografico da…sotto! Per fortuna il cielo è coperto e promette pioggia (sarà sempre il flash flood che ci insegue? Ormai ho smesso di agitarmi… beh, quasi!), quindi non fa nemmeno caldo e la passeggiata panoramica diventa un vero piacere. E’ vero, è stato il sentiero di 4 miglia più bello che abbiamo mai percorso! Ce la siamo presa con mooooolta calma e, foto dopo foto, più una breve pausa a causa di un po’ di pioggia, ci abbiamo messo tre ore, ma ovviamente ce ne si può mettere serenamente due o anche meno se si cammina in fretta! Ma chi ha voglia di camminare in fretta in vacanza? Quando ci ricapita di riempirci gli occhi con queste assurde formazioni geologiche rosse, bianche, arancio? Ci ricordano un po’ i “camini delle fate” della Cappadocia, ma i colori sono completamente diversi… Certo che il mondo è proprio un forziere pieno di tesori antichissimi e, una volta che lo apri ed inizi ad ammirarli, non riesci più a smettere… ecco perché esistono le vacanze: per permetterti di continuare a drogarti di mondo.

Usciamo dal parco sul tardi, quando i raggi del sole si stanno già accorciando e ci dirigiamo poco lontano, a Tropic dove ci aspetta una nuova, anche se molto più moderna, cabin al Bryce Inn che è molto bello. Restiamo però un po’ scioccati dalla massa di trofei di caccia che troneggia dietro al banco della reception…, ma come si può avere anche solo il desiderio di piantare una pallottola in corpo ad un maestosissimo puma? O ad un elk? O ad un’alce? Ma questi cacciatori non hanno dentro qualcosa di sbagliato? Okei, cacciatori di tutto il mondo, unitevi e sobissateci di insulti, tacciateci di ignoranza perché cacciare è un istinto antico, macho ecc… ecc… tanto noi non vi capiremo mai. Vedere un cervo che ci guarda con i suoi occhi di vetro da un muro ci fa più o meno lo stesso effetto di vedere un cristiano impagliato e non riusciremo mai a capire (per fortuna) che piacere possa dare ucciderlo. Non siamo animalisti,non siamo nemmeno vegetariani, ma fare colazione sotto al puma morto è stata dura. In ogni caso l’Inn è bello e pulito ed è giusto che venga detto. Abbiamo cenato lì accanto al Clarke’s Restourant (a Tropic ci sono solo due posti per mangiare: una pizzeria e un ristorante che sono strapieni. Per cui in alta stagione ricordatevi di prenotare o aspetterete parecchio per sedervi!) e poi ci siamo fatti una passeggiata lungo la Main Road che, come ha giustamente osservato mio marito, è anche l’”only road” di Tropic che non è nulla più di un piccolo agglomerato di case, ma tutte molto curate.

LAS VEGAS (Nevada)

Avremmo voluto dormire almeno fino alle 9, ma la luce del sole inizia prestissimo a filtrare tra le stecche della veneziana (unico neo di questa cabin: e mettere delle tende vere?), svegliandoci. Tanto vale partire! Siamo un po’ elettrici, anche se ci rendiamo conto che ormai la vacanza è agli sgoccioli per cui c’è poco da essere allegri, ma stasera saremo a Las Vegas dove ci siamo concessi un hotel favoloso, per cui siamo curiosissimi di arrivare a destinazione! Ripercorriamo a ritroso la strada che ci ha portati al Bryce e decidiamo di raggiungere l’autostrada per Las Vegas attraversando una piccola sezione dello Zion N.P. entrando dall’ingresso est e uscendo da quello a sud. Appena dentro il parco abbiamo la grande fortuna di vedere parecchi caproni che, con l’alce, era l’unico animale che ancora ci mancava. E’ incredibile come saltino leggeri di pietra in pietra e si arrampichino su per le pareti dei canyon nemmeno fossero l’Uomo-ragno… altro che vertigini, beati loro! Non abbiamo avuto minimamente tempo da dedicare a questo parco, ma ci è parso bellissimo, con tanti sentieri che sarebbe stato intrigante percorrere, se solo avessimo avuto un giorno da dedicargli. La cosa però che non ci è piaciuta è stata la massa di gente e quei cavolo di pullmini che non si possono nemmeno superare e che ti impediscono la visuale se te li ritrovi davanti. Lo Zion è così grande e visitato che appena fuori dall’ingresso sud si è creato una specie di paese fatto di strutture ricettive e ristoranti con tanto di giardini verdissimi in mezzo al deserto. Quindi i posti per dormire non dovrebbero mancare… ma che sovraffollamento! Diciamo che il lato selvaggio dell’esperienza viene del tutto meno e per provare qui quel senso di libertà che ci ha accompagnati in tutti gli altri parchi, bisogna entrare in un sentiero e allontanarsi dalla strada.

Arriviamo a Las Vegas verso le 4 del pomeriggio e decidiamo di andare subito a dare un’occhiata ad un outlet, visto che poi dovremo restituire la macchina e non saremo più così comodi negli spostamenti. Grazie al navigatore (altrimenti non ci saremmo mai arrivati!) arriviamo al Las Vegas Premium Outlet North (ce ne sono due, nord e sud) che è molto grande e, ovviamente, affollatissimo. Il caldo è quasi opprimente, ma lo avevamo messo in conto: siamo a Las Vegas ed è pieno agosto! E così che entriamo nei primi negozi della vacanza, come ci hanno consigliato di fare gli amici che sono stati qui prima di noi… In effetti i prezzi sono super convenienti e poi ci sono pure i saldi in corso, per cui ci diamo dentro tra Polo e Tommy che da noi costano almeno 4 volte tanto. Intorno a noi, gli orientali svuotano letteralmente i negozi e comprano valigie da riempire di vestiti nuovi! Devo dire che noi, tutto sommato, siamo stati assai morigerati: un paio di polo, un jeans e un paio di scarpe da corsa. Pensandoci bene, forse non si può nemmeno definire shopping! Comunque sfidiamo chiunque a non darsi alle spese, visti i prezzi…

Riportiamo la macchina alla National entro l’ora stabilita e poi prendiamo un taxi che ci porti a… Wynn! Eh, sì, il Wynn… che, come ci ha detto il taxista, è l’hotel numero uno di Las Vegas!

Chiariamo che qui ci sono così tanti hotel, uno più bello dell’altro, che c’è solo da scegliere. Noi abbiam tenuto d’occhio Booking a lungo e alla fine abbiamo deciso per questo hotel (c’era una buona offerta) anche se avremmo potuto spendere molto meno e probabilmente trovarci altrettanto bene… ma io mi ero innamorata di questo e così, Wynn è stato. E, col senno di poi, abbiamo fatto benissimooooo!!!!Come dice una nostra carissima amica “Se vai a Las Vegas ci vai in versione Las Vegas, altrimenti non ha senso…” e ha davvero ragione.

La città è squallida, non c’è che dire. Tolta la via degli hotel c’è ben poco altro e anche se è grandissima (pensate a quanta gente vive qui lavorando negli hotel, negli spettacoli, nei negozi… quanta gente ci va per muovere questa immensa e famosissima macchina del divertimento!) non vanta alcuna attrattiva. I sobborghi sono desolanti e pieni di gente che non avresti tanta voglia di incontrare in un vicolo di notte… anche se poi si sa che l’abito non fa il monaco. Però possiamo dire che tutti gli accattoni ed i mendicanti che abbiamo visto qui, a NY non c’erano. Il taxista (armeno) ci ha detto che vivere a Las Vegas è bruttissimo. Che la gente viene qui solo per ubriacarsi, giocare e andare a donnine e che a nessuno importa nulla della città che fatica a trovare una propria dimensione, una propria identità che esuli da quella del gioco d’azzardo e non stentiamo a credergli. Dice che con poco ti compri una casa grandissima e bella, con tanto di piscina,ma che poi sei sempre comunque in mezzo al deserto e che tutto è controllato, beh, si sa, da chi ha il potere e i soldi… per non dire dalla mafia locale (e qui ci ha guardati come a dire “voi che siete italiani ne sapete qualcosa” ed io mi sono sentita triste. Non potevamo limitarci ad esportare in tutto il mondo la pizza e le scarpe?). La Vegas, quindi ha tante facce ed è difficile coglierle e capirle, anche se le hai davanti. Forse bisognerebbe volerla conoscere, ma quando sei qui in vacanza non hai certo il tempo per farlo… e poi, diciamoci la verità, non si viene qui per conoscere la città, per quello si va a San Francisco o a Chicago. A Las Vegas ci si viene a divertire… e anche noi abbiamo fatto così.

Appena entrati al Wynn siamo rimasti a fissare la hall luccicante di marmi e vere e palle di fiori multicolore appese al soffitto che sembravano introdurti in una sorta di bosco delle favole in versione moderna. L’unica cosa antipatica è stata trovare al check in una ragazza dell’Europa dell’est davvero odiosa che ci ha trattati come due idioti e non ci ha spiegato nulla di nulla, nemmeno che ci avrebbero trattenuto 300 dollari di caparra sulla carta di credito come garanzia che non avremmo distrutto la stanza. Forse ce lo poteva dire visto che ci siamo presi un colpo quando è arrivato l’sms della banca e noi sapevamo che la prima notte era già stata pagata al momento della prenotazione, per cui ne restava solo una da saldare… e non costava certo quella cifra! Con lei abbiamo aperto l’elenco degli “americani” antipatici, specie per lo più sconosciuta in questo grande Paese dove tutti sono gentilissimi, caciaroni e pronti ad aiutarti. A Las Vegas però abbiam capito che la situazione è un po’ diversa: ci sono tantissimi immigrati (magari da anni) che non sono affatto felici di avere a che fare con i turisti, o che non li sopportano più e che, di conseguenza, ti trattano a pesci in faccia anche in un hotel come il Wynn. Vabeh, abbiam preso e portato a casa!

Il nervosismo però ci è passato subito non appena abbiamo aperto la porta della nostra stanza: wow! Abbiamo schiacciato il pulsante “All on” e si sono accese le luci soffuse e le tende si sono aperte automaticamente rivelando una bella vista sulla Streep all’inizio della notte. Alberto era entusiasta. La camera (quella base-base!) era enorme, tutta color crema, con un letto gigante e comodissimo, un salottino ed un bagno che pareva una piazza d’armi. Sul frigo bar una bella selezione di snak con un piccolo cartello che avvertiva “Se vuoi prendili pure e leggi la lista degli ingredienti, ma sappi che se mancheranno dal loro posto per 60 secondi ti verranno addebitati sulla carta di credito. Stessa cosa per il contenuto del frigo bar. Non si può mettere nulla di personale nel frigo bar a pena di una tassa” di cui non ricordiamo l’ammontare. Mamma mia! Quindi non li abbiamo nemmeno sfiorati. Qui niente microonde o macchinetta del caffè: a Las Vegas si viene per spendere! La camera costava 150 € a notte, tasse e servizio inclusi, ma colazione esclusa. Saranno anche stati tanti, ma siamo felici di averli spesi perché credo resterà la stanza d’hotel più bella che vedremo mai per questa cifra!

Abbiamo acceso la TV e il proprietario del Wynn, il signor Wynn appunto, ci ha dato il benvenuto nel suo hotel con il suo classico sorriso senza età (ma secondo noi 80 li aveva tutti..), liftato e lampadato che pareva Ken di Barbie con 60 anni in più. Era talmente inverosimile che ce lo siamo guardati più di una volta!

Alla sera siamo andati a colpo sicuro al “Buffettone”, visto che il signor Wyn ci aveva assicurato che non bisogna per forza andare in un grande ristorante in abito da sera per mangiare bene, ma che al suo buffet si poteva essere casual e stare comunque benissimo. Il buffet inizia alle 3 del pomeriggio e finisce alle 10 di sera e costa circa 37 dollari a testa. Ovviamente c’è di tutto, dal pesce alla carne, al sushi, al pollo tandoori, all’humus, alla lasagna. Poi dei dolcini di ogni forma e colore che si sono rivelati inaspettatamente buoni! Era solo un buffet, ma noi ci siamo proprio divertiti!

Dopo cena abbiamo fatto un giro sulla Streep dove abbiamo camminato per qualche chilometro, ma in linea d’aria avremmo fatto sì e no 500 metri perché non è possibile attraversare la strada, ma bisogna sempre prendere le scale mobili che ti portano di hotel in hotel e poi, una volta dentro all’hotel, cercare l’uscita tra i casinò e… non è proprio immediato! Infatti siamo andati a dormire alle 2, estenuati… Ma che letto stracomodo!

Il mattino dopo ce la siamo presa comoda, crogiolandoci nel lettone fino a mezzogiorno, ora in cui abbiamo ritenuto doveroso lasciare la camera al personale delle pulizie. Anche qui abbiamo fatto la nostra solita colazione in camera andando a prendere un te d’asporto da Starbuks. Poi ci siamo fatti un giretto e qui è iniziata l’odissea: quale spettacolo del Cirque du Soleil vedere per la nostra ultima sera di vacanza su suolo americano? Considerando che ce ne sono almeno 10, uno in ognuno degli hotel più gettonati, non è facile scegliere… Siamo andati prima a Treasure Island, poi al Mirage ad informarci sui costi e sugli orari. Ma alla fine, visto che non davano quello che volevamo noi, abbiamo deciso di spendere un po’ di più (100 € a testa) e di farci un regalo: La Reve – The Dream, ossia lo spettacolo dell’anno a Las Vegas che si teneva proprio nel nostro hotel… e giuriamo che mai soldi sono stati meglio spesi! Altro che shopping!

Nel pomeriggio abbiam di nuovo fatto un salto all’outlet a comprare ciò che gli amici dall’Italia ci avevano commissionato (l’autobus ferma davanti al Wynn e costa 7 dollari per 24 ore o 5 per due ore. Va su e giù per la Streep e come capolinea ha il Premium outlet Norht da una parte e il Premium outlet South dall’altra. Diciamo che il Wynn si trova all’estremità nord della Streep, per cui non è molto distante dall’outlet nord, ma con l’autobus ci vuole una buona mezz’ora! Abbiam fatto un paio d’ore di shopping in tutta fretta e poi siamo tornati all’hotel per lo spettacolo, immaginando che fosse bello, ma non così tanto! Il teatro è piccolo e fatto a 360 gradi. Il palcoscenico è in realtà una grande piscina e la cosa più bella è che i biglietti meno cari (i nostri!) sono quelli in prima e seconda fila perché… potrebbero arrivare degli schizzi (schizzi percepiti: 2). Insomma, non ci sono parole per spiegare quanto sia meraviglioso questo show, bisogna vederlo!! Non perdetevelo per nulla al mondo e sarete ampiamente ripagati in emozione della cifra spesa. Resterà x sempre scolpito nei nostri ricordi ed è un vero peccato che in Italia arrivino solo gli show più vecchi… Ma, in fondo, dove abbiamo un teatro come quello del Wynn?

L’ultimo giorno negli States lo abbiamo trascorso in giro per la città. Visto che davanti al Wynn c’è un grande centro commerciale dove si trova davvero di tutto, abbiamo fatto un salto da Aberkrombie dove abbiamo fatto un altro po’ di shopping, cercando di sopportare la musica altissima e quel profumo che spruzzano ogni 3 secondi e che dopo un po’ ti nausea… I/le commessi/e sono incredibili: tutti giovani, tutti belli, tutti sorridenti e non uno che abbia la minima idea di che cosa ci sia in negozio e di come aiutarti a trovare ciò che stai cercando! E poi alla cassa, purtroppo, abbiamo tristemente visto l’unica alce della vacanza… impagliata! Era così grande e bella che sarebbe stato meraviglioso vederla dal vivo…

E così siamo arrivati alla fine della nostra vacanza americana e anche del diario di viaggio… scriverlo è stato un po’ come rivivere tutto e speriamo che, anche se non si tratta di un viaggio particolarmente faticoso o di difficile organizzazione, qualcuno possa trovare tra queste righe qualche informazione utile.

Possiamo concludere così:

Rimpianti: non aver avuto tempo per assaggiare le specialità ebraiche a NY. Non aver avuto più tempo per approfondire la visita a Mesa Verde. Non avere assaggiato una fetta di Cheesecake! Non aver giocato nemmeno un centesimo a Las Vegas perché non avevamo la minima idea da che parte cominciare… Non aver incontrato nemmeno un alce!!

Le emozioni più grandi: NY di notte vista dall’Empire. Immaginare quante vite sono passate da Ellis Island… Vedere il grizzly a Yellowstone. Salire al Delicate Arch (crisi di vertigine a parte). La Monument Valley al tramonto. Scendere nell’ Antelope canyon. Lo spettacolo del Cirque du Soleil a Las Vegas e, infine, come dice la mia dolce metà, azionare il pulsante “All on” al Wynn!

La cosa più bella: i colori incredibili del deserto, dei canyon e degli immensi cieli dell’ovest… E’ davvero strano: il cielo là è diverso dal nostro: sembra più basso e molto, molto più largo, come se lo si guardasse attraverso un grandangolo…

Buoni States a tutti…

Francesca e Alberto



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