Da new york a los angeles
Questo viaggio è sempre stato uno dei miei sogni fin da quando ero ragazzino, finalmente, assieme ad un amico sono riuscito ad organizzarlo. Il gruppo è formato da quattro persone, io che sono Massimo, mia moglie Lina ed i miei amici William e Mara. Gli Stati Uniti, per chi come noi è della generazione degli anni 50/60 hanno indiscutibilmente rappresentato un mito, per tutto quello che quel Paese ha saputo esprimere, sia nel bene che nel male, senza contare poi della meravigliosa epopea del far-west che ha fatto sognare milioni di ragazzini con i vari films sugli indiani ed i cow-boys, incarnando da sempre lo spirito libero ed avventuroso dell’uomo alla scoperta ed alla conquista di terre sconosciute e selvagge. Poterlo attraversare da est ad ovest con un fuoristrada, anche se in tempi molto diversi ed in modo molto più piacevole, mi ha dato questa sensazione. Per chi volesse intraprendere una vacanza fatta così, qusta è l’essenza del viaggio, dove lo spirito dell’avventura ed il fascino della sua giovane storia devono essere assolutamente prevalenti. Organizzare il viaggio è molto semplice, perchè gli Stati Uniti sono un Paese fatto per viaggiare, per cui non ci sono problemi di nessun tipo per quanto riguarda strade, alberghi, ristoranti o fast-food e per tutto quello di cui un viaggiatore necessita. Detto ciò, dopo aver scelto un’itinerario secondo le nostre caratteristiche, perchè da est ad ovest ci si può arrivare in mille modi, servono tre cose fondamentali prenotate da casa oltre il volo: la prima notte in albergo per non mettersi alla ricerca dopo un lungo viaggio e senza aver inquadrato la situazione; un’assicurazione che copra le eventuali spese mediche, perchè potrebbe essere un grosso problema in caso di malaugurata sorte, visto che qui il sistema sanitario è ben diverso dal nostro; un’auto prenotata secondo le nostree esigenze, in modo da non perdere tempo all’arrivo e poi perchè non tutti gli autonoleggi permettono di prendere un auto sulla costa est e lasciarla sulla costa ovest (soprattutto a New York).
IL VIAGGIO – Siamo arrivati all’aeroporto di Newark la domenica pomeriggio verso le 17,00 provenienti da Londra con un volo British Airway; credo sia una buona idea arrivare di domenica, perchè a differenza di altre volte che sono stato negli U.S.A., abbiamo trovato pochissima gente all’aeroporto e ci siamo sbrigati in fretta, inoltre per arrivare all’albergo situato nell’8th Avenue a ridosso di Times Square (Days Inn 94$ a notte) abbiamo impiegato pochissimo tempo con il taxi, visto che non c’era traffico. Costo del tragitto 60$. La prima impressione di New York non è entusiasmante, la vedo grigia, vuota,anonima, non fosse altro per quei grattacieli così alti, non sarebbe diversa da tante altre città. Purtroppo l’impressione viene confermata anche il giorno successivo, anche se sospetto qualcosa, non è possibile che questa sia “la grande mela”, la città più movimentata e frenetica degli U.S.A. E forse del mondo. Infatti a metà mattinata scopriamo che è una giornata di festa, per cui tutte le attività sono ferme: Proseguiamo nel nostro itinerario ottimale, girando per le vie della Lower senza grosse difficoltà, perchè il “movimento” è limitato. Martedì però ho la conferma di quello che mi aspettavo di trovare, ovvero una città fantastica, bella, affascinante, coinvolgente, caotica, scintillante, contraddittoria, come un gigante che si è risvegliato da un profondo torpore. Ne approfitto subito la mattina presto (5,30) perchè questo è il momento migliore per visitare la città, quando per le attività notturne lasciano il posto a quelle diurne e piano piano i meccanismi che regolano la vita di tante persone si mettono in moto. Allora ci sono le guardie davanti ai grattacieli che quando passi hanno voglia di scambiare due parole, i dely ed i fast-food che preparano le colazioni, i venditori ambulanti di frutta e cianfrusaglie agli an goli delle strade che alleastiscono i loro banchetti, i cadreghini di paste e bomboloni che diventano passaggio obbligato per chi smette di lavorare e chi comincia presto la mattina, i mitici tombini agli angoli delle strade che fumano di vapori provenienti da chissà dove e loro, i grattacieli, che cominciano ad intravvedersi alla lucew dell’alba, mentre i più alti sono avvolti dalla foschia del mattino. Poi verso le 7,30 l’enorme massa di gente che viene riversata dai metrò, dagli autobus, dai treni verso gli uffici posti in quei palazzoni enormi capaci di contenere chissà quantepersone. Sorrido a vedere queste scene, perchè le ho viste in chissà quanti films e mi accorgo che è proprio così. In questi tre giorni che rimaniamo fermi a New York abbiamo girato a piedi, evitando la metropolitana per due motivi: è talmente bello girare tra la gente di mille nazionalità strada per strada, vedere con che frenesia affrontano la giornata o si fermano per le pause pranzo tutti in camicia e cravatta in un fast-food o davanti ad un carretto a mangiare un hot-dog o le mille attività che si svolgono sui marciapiedi, dai negozi agli strilloni, dagli ambulanti a chi ti vuol vendere un giro in autobus per la città a tante altre persone che si inventano chissà quale attività. L’altro motivo è che non mi è proprio piacciuta. E’ grigia con odori strani ed un caldo opprimente che toglie il respiro.
Itinerari 1^ giorno: Ground Zero,Battery Park, Statua della Libertà-Ellis Island, Wall Street,Ponte di Brooklyn 2^ giorno: Rockfeller Center, Park Avenue Times Square, 5th Avenue, Empire State Building.
Da non perdere assolutamente il giro in autobus panoramico di sera e Times Square di sera. Il terzo giorno di New York è praticamente solo la mattina che passiamo a Central Park, poi verso le 12,00 andiamo a ritirare l’auto per l’inizio del “Grande Viaggio”.
Siamo sfortunati, in quanto il tempo si guasta e praticamente quando ritiriamo l’auto comincia a piovere forte e la pioggia non ci abbandona per tutto il giorno. E’ un peccato perchè l’avvicinamento alle cascate del Niagara sulla State 17 attraversa un territorio molto verde e collinoso, tanto che sembra di essere in Irlanda, ma non riusciamo ad apprezzarlopiù di tanto perchè il tempo ci è nemico. Dormiamo in un motel a Corming a circa 100 miglia da Buffalo. Dormiremo sempre nei motel (Super 8, Motel 6, Days Inn) il servizio è discreto ed in quasi tutti abbiamo trovato la piscina, interna o esterna, e si spende dai 50$ ai 70$ a seconda delle località. Le cascate del Niagara, noi andiamo direttamente sulla sponda canadese in quanto sono più spettacolari, le vediamo avvolte da una nuvola di acqua in quanto il tempo anzichè migliorare peggiora e quando arriviamo piove a dirotto. Sicuramente lo spettacolo è bello, ma con il sole credo sia molto meglio; si riesce a vedere quanto meno la maestosità delle cascate con l’enorme quantità di acqua che precipita. Da precisare che sulla sponda canadese sono inserite in magnifico parco e tutto l’ambiente circostante è curato molto bene.
Una volta ripartiti il tempo migliora e spunta un’ottimo sole. Per accorciare un poco la strada attraversiamo un pezzo di Canada fino a Port Huron, sul lago omonimo e imbocchiamo la Interstate 69. Pernottiamo a Flint. Meta successiva è Chicago, che mi stupisce per la bellezza del Loop e del Magnificent Mile, un viale meraviglioso con palazzi importanti contornati da grattacieli architettonicamente molto belli, è un insieme di moderno e di classico che affascina. Inoltre su di un lato del viale si estende il Grant Park, con uno splendido auditorium ed una fontana molto originale, l’acqua scivola su di una schermo dove scorrono immagini. Consiglio il giro del Loop con il trenino sopraelevato. Purtroppo non rimaniamo a lungo a Chicago, il programma del viaggio prevede la partenza entro sera in quanto ci aspetta un giorno con uno spostamentonotevole, quindi imbocchiamo la Interstate 90 e cerchiamo di portarci il puù ad ovest possibile. Ci fermiamo a Madison giusto il tempo di riposare la notte e la mattina presto ripartire alle 7,00. La giornata è praticamente tutta in auto e possiamo renderci conte delle enormi estensioni di terreno non abitate, ma con coltivazioni di mais, soia e girasoli che non finiscono mai. Tra una fattoria e l’altra non so quanti chilometri ci possono essere, ma qui la vita scorre sicuramente più lenta e tranquilla rispetto alle megalopoli appena visitate. Alla fine riusciamo a percorrere poco più di 1000 km e ci fermiamo in un paese che si chiama Chamberlain, sulle rive del Missouri. Il Missouri segna un po’ il confine tra zone coltivate e grandi praterie dove ci soni quei famosi ranch alla “Bonanza” in cui il bestiame pascola su di una terra arida e qua e la ci sono le pozze per l’acqua. Proseguendo sempre verso ovest entriamo nelle Badlands, un territorio che definire marziano è poco, fatto di colline calcaree tutte frastragliate e a calanchi con forme stranissime. La giornata la chiudiamo a Deadwood, la città di Calamity Jane e delle sceriffoWild Bill Hickock. E’ la terza città del gioco d’azzardo deli Stati Uniti dopo Las Vegas e Atlantic City, con la particolarità che è rimasta ambientata come al tempo dei personaggi sopra citatii, per cui per strada puoi incontrare gente vestita come cento anni fa armata di cinturone e pistole oppure sceriffi tutti in ghingheri pronti a mettersi in posa per una foto. Se vogliamoè tutto un po’ pacchiano, ma certamente non siamo venuti qui per vedere opere d’arte particolari, quindi anche questo fa colore e poi credo sia una delle sfaccettature di questa gente, dove tutto fa spettacolo e dove il gioco, soprattutto quello d’azzardo ha la sua importanza. Dormiamo a Rapid City e la mattima seguente siamo pronti per il Monte Rushmore ed il Custer State Park, dove pascolano liberi mandrie di bisonti, i mitici tatanka per gli indiani, che possiamo tranquillamente avvicinare ed osservare, In questo parco c’è una pace ed una tranquillità incredibili,sottolineate anche dalla conformazione del terreno, colline molto dolci con macchie di bosco ognitanto. Vorreisegnalare però un problema, non secondario, l’enorme numero di alberi rinsecchiti, non so per quale causa, la più semplice mi viene da pensare siano le piogge acide, ma certo questoè un gravissimo problema che non è tanto di questo parco, ma va da una costa all’altra ed in alcune zone con boschi distrutti a metà.Quest’aspetto comincia però a farsi significativo proprio in questa parte del viaggio, in quanto le montagne rocciose sono coperte di boschi, mentre il territorioche abbiamo attraversato fino ad ora era formato da praterie o da grandi coltivazioni, mentre ad est il cattivo tempo non ci ha permesso di notare questo aspetto in modo così marcato, anche se presente. Proseguiamo il viaggio e dopo aver attraversato le montagne rocciose, consiglio la deviazione per il monte Evans dove si raggiunge la quota di 4300 metri sul livello del mare ed è la strada asfaltata più alta del mondo con un panorama mozzafiato, incontriamo il fiume Colorado che ci porta nella zona dei famosi parchi. La Interstate 70 è molto panoramica fino a Grand Junction. Un capitolo a parte lo meritano senz’altro questi parchi, non esagero se una volta entrati a Canyonland e giunti a Dead Horse Point si rimane cinque minuti a bocca aperta colpiti da uno spettacolo di una maestosità e di una bellezza unici. Forme, colori, natura sono qui un’esaltazione. Inutile dire che ci sono diversi punti panoramici in cui ammirare il corso del Colorado e tutti molto belli, ma a me questa immagine è rimasta scolpita nella mente e non c’è stato più nulla che l’abbia potuta eguagliare. Poi a sguire il parco degli archi, l monument valley (bellissima anche questa), il Grand canyon visto da south Rim. Il lago Powell, tutti posti molto belli che impieghiamo tre giorni per visitare. Per quanto riguarda i nativi americani il discorso diventa un po’ complicato, in quanto tutta questa zona è territorio Navajo; si possono vedere i loro villaggi, vendono souvenir e collane lungo la strada ed hanno un modo tutto loro di interpretare questo mondo fatto di consumi, guadagni e turisti che non sembra si integri perfettamente con le loro abitudini. Come mi è già capitato di vedere purtroppo in altri pesi latino-americani le popolazioni sottomesse ( indios del centro e sud america) hanno gli occhi tristi, sopratutto i bambini e questo è un segnale che qualcosa non funziona. Impieghiamo invece un giorno per lo Zion Park ed il Brice Canyon (altro spettacolo unico) e consiglio di visitare la Dixie National Forest, tra il Bryce Cnyon e Cedar City sulla State Highway 14, una foresta bellissima anche se fortemente intaccata dal rinsecchimento degli alberi. Ed ora si intraprende la strada del deserto per arrivare a Las Vegas che come un’oasi in mezzo ad un mare di rocce, sabbia e vento ti accoglie con le sue luci, i casinò e gli alberghi sfarzosi. Tipico eccesso americano,va naturalmente gustata per quelle cheè: divertimento, gioco, riposo. Ultima tappa Los Angeles, la mega città attraversata da una quantità di autostrade tutte piene zeppe di traffico, dove lo spirito originale dei messicani si mescola con gli immigrati asiatici che ormai sono in maggioranza, e dove i quartieri popolari affiancano perle come Beverly Hills, santa Monica e Malibù. In questa città trascorriamo gli ultimi tre giorni della nostra vacanza, non perchè sia particolarmente bella, ma solo per riposarci dopo aver percorso 7700 km. Cogliamo l’occasione di andare anche a S.Barbara una cittadina estremamente simpatica ad un centinaio di km da Los Angeles con un’atmosfera caraibica, soprattutto la sera con i ristoranti all’aperto sotto le palme non lontani dalla spiaggia. Qui termina il nostro lungo viaggio e devo dire che sono state soprattutto tre settimane spensierate dove, come ho già detto, lo spirito dell’avventura ha avuto il sopravvento su tutto il resto e dove i miti della gioventù hanno avuto la giusta soddisfazione.