Da DF al Quintana Roo in 13 giorni

...e così ce l’abbiamo fatta ! dopo due mesi di amletici dubbi (andiamo non andiamo….) grazie al buon Rosario, l’agente di viaggio che ci ha scovato il volo giusto all’ultimo momento, io e mia moglie Nicoletta siamo riusciti a fare il nostro Messico, ed è stata certamente un’esperienza da consigliare a chiunque voglia farsi un’idea...
Scritto da: Giacomo Massimi
da df al quintana roo in 13 giorni
Partenza il: 23/08/2004
Ritorno il: 04/09/2004
Viaggiatori: in coppia
Spesa: 2000 €
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…E così ce l’abbiamo fatta ! dopo due mesi di amletici dubbi (andiamo non andiamo…) grazie al buon Rosario, l’agente di viaggio che ci ha scovato il volo giusto all’ultimo momento, io e mia moglie Nicoletta siamo riusciti a fare il nostro Messico, ed è stata certamente un’esperienza da consigliare a chiunque voglia farsi un’idea del mondo e della diversa umanità che lo popola.

Armati di classica guida Lonely Planet (che si rivelerà buona, anche se forse un po’ troppo “allarmistica” nelle indicazioni di sicurezza – gli italiani non sono poi così sprovveduti, e siamo pure napoletani!), partenza il 23 agosto con volo Lufthansa da Roma per Francoforte, quindi Mexico City.

Dopo 12 ore di volo (su rotta polare…) ecco l’incredibile, sterminata megalopoli che tanti amici di TPC hanno descritto… Alla vista dall’aereo le parole che vengono in mente sono solo quelle del protagonista del film “La leggenda del pianista sull’oceano” (straordinario…) quando si rifiuta di scendere dalla nave perché di New York non si vedeva né l’inizio, né la fine di quella città… E se avesse visto DF? Scendiamo, si sente subito l’aria inquinata, ma per fortuna un provvidenziale acquazzone migliora la situazione. Lunghissime le procedure all’aeroporto: un addetto per quattrocento persone! Comunque passiamo anche il famoso semaforone e andiamo in albergo, nella Zona Rosa, un posto tranquillo, e subito a letto.

La mattina dopo una prima colazione a base dello squisito pan dulce, abbiamo l’appuntamento con la nostra guida, Juan, che è davvero simpatico e disponibile, e ci porta in giro per Mexico City. Siamo subito allo Zocalo, con la cattedrale e il palazzo governativo, e la cosa che più sconvolge è il fatto che buona parte degli edifici (e lo stesso Zocalo) stia sprofondando lentamente, a causa dell’acqua che viene emunta dal sottosuolo…Le mura hanno dei fuori piombo come decine di torri di Pisa! Poi, giro per il mercato fra curanderos probabilmente chiapanechi ed un assaggio di quella povertà pur dignitosa che tanto constateremo.

Ammiriamo le rovine del templo Mayor e quindi entriamo nel palazzo governativo, a coronare uno dei sogni messicani di Nicoletta: i murales di Diego Rivera!! Sono davvero splendidi, con giochi di prospettiva particolari e tutti carichi di significato: in essi Rivera ha rappresentato tutta la storia del Messico, i suoi drammi e i soprusi subiti. Da non perdere.

In macchina (uno di quei jeepponi Chevrolet che in Italia si vedono solo nei telefilm americani), e via verso il sito di Teotihuacan! Prima di entrare al sito, il nostro Juan ci porta in un ristorantino tipico messicano, dove facciamo la nostra prima incetta di sopas azteche, moles piccanti e tacos: tutto buonissimo! Ora siamo pronti per le piramidi del Sole e della Luna: fra le più alte del Messico, dopo una scalata resa ancor più faticosa dall’altitudine, da esse si vede splendidamente tutto il sito, caratterizzato dal lungo viale principale, dal sinistro nome di Viale della Morte.

Visitiamo poi la cittadella, con una bellissima piramide le cui decorazioni sono state ben conservate grazie al secolare interramento. Tutto il sito è comunque molto affascinante. Al termine, passiamo a visitare il santuario della Nuestra Senora de Guadalupe, la patrona del Messico che a dicembre viene festeggiata con una marea di fedeli da tutto il Messico che, in ginocchio, compie l’ultimo tratto di strada per venerare una sacra immagine contenuta nel nuovo santuario. Comunque, dal punto di vista architettonico non abbiamo avuto impressioni sensazionali: interessante è comunque osservare come la vecchia chiesa possa restare in piedi, inclinata paurosamente secondo diverse verticali per lo stesso motivo descritto prima. Un vero miracolo! Il giorno dopo siamo al Museo Archeologico. Superfluo dire quanti reperti di quale interesse siano contenuti qui: ma il più spettacolare (e anche il simbolo del Museo) è il cosiddetto Calendario Azteco, un disco di vari metri di diametro che si credeva raffigurasse appunto un calendario (poi si è capito che in realtà è la visione cosmogonica azteca). Pranziamo al Museo (buono e neanche caro) e il pomeriggio realizziamo un altro vecchio desiderio: visitare la casa-museo di Frida Kahlo, di cui avevamo visto il film. Prendiamo la metro (solo 2 pesos a testa!) fino ai Viveros di Coyoacan, un bosco pieno di scoiattoli che attraversiamo a piedi fra gente che fa tranquillamente jogging, e dopo dieci minuti siamo a destinazione. Fra simpatici addetti e poliziotti (dobbiamo dire che nel nostro viaggio hanno mostrato tutti grande simpatia per gli italiani) visitiamo quella coloratissima e vivacissima casa che nella realtà fu di grande sofferenza ma anche di grande ispirazione per Frida. Oltre ai suoi dipinti, notevole la sua collezione di “retablos” (piccole cartoline metalliche ex-voto) che documenta la sua attenzione per questa forma di arte popolare. Ogni ora viene trasmesso anche un toccante documentario sulla sua vita; consigliamo davvero di visitarla.

Usciamo ed andiamo in un bel quartiere di Mexico City, Coyoacan, e dobbiamo dire di aver trovato anche in una megalopoli del genere un posto tranquillo e rilassato, dall’aria buona con bei ristorantini, ottimi gelati a paletas e bei negozi, in particolare di minerali per collane e bracciali. Torniamo in albergo e passiamo la serata al Cielo Rojo, un posticino tipico nella Zona Rosa dove oltre alle immancabili piccantissime tortillas vediamo e ascoltiamo finalmente i famosi mariachi che con i classici vestiti e i chitarroni-basso sono un po’ uno dei simboli del Messico.

Il 26 agosto sveglia presto e partiamo da Mexico City con un volo Aviacsa per Tuxtla Gutierrez, comprato in Italia via Internet. Da questo giorno è tutto turismo fai-da-te, ed abbiamo scelto di saltare a malincuore Oaxaca perché i giorni a disposizione non erano tantissimi (12 notti) e fare via terra Oaxaca e magari poi 14 ore per Tuxtla sarebbe stato troppo… Così, in un’ora e mezzo di volo perfetto atterriamo a Tuxtla aeroporto in mattinata e corsa in taxi (in Messico sono tutti a prezzi ONESTISSIMI!!!) nella capitale, dove abbiamo nuova prova dell’amicizia dei Messicani. Fermiamo per strada infatti una umile coppia di ragazzi con il loro figlioletto per farci indicare la stazione dei minibus per l’imbarcadero di Chiapa de Corzo, e questi senza batter ciglio, quasi onorati, ci portano personalmente ad una stazione di minibus economicissimi (7 pesos a testa!), parlano con il responsabile, ci fanno lasciare in custodia i nostri bagagli e ci danno un sacco di consigli. Al salutarci, ci è venuto spontaneo voler dare una decina di pesos ai ragazzi (in Messico la mancia, la cosiddetta propina, è una cosa normalissima che viene richiesta anche esplicitamente), ma loro rifiutano cortesemente, dicendo che facevano tutto ciò solo per l’amicizia verso turisti provenienti da tanto lontano. Da imparare e basta.

Arriviamo all’imbarcadero di Chiapa per percorrere finalmente il mitico Canyon del Sumidero, dalle pareti a strapiombo fino a 1000 metri, fra coccodrilli, pellicani e rapaci. Splendido anche il cosiddetto Arbor della Nadividad, una cascata d’acqua sorgiva che si nebulizza su della vegetazione appunto a forma di albero di Natale. Ci tenevo molto perché custodisco gelosamente ancora un numero di Airone sul Chiapas di dieci anni fa con quelle foto ed esser ora lì è una forte emozione.

Arriviamo alla diga e torniamo indietro. Qui c’è un curioso episodio da raccontare: il tipo della barca fa passare un cappello per la propina (mancia) collettiva, siamo una decina di persone sulla lancia, metto una banconota da 20 pesos. Dopo che erano scesi quasi tutti (notare…) dice: “Di chi sono questi 20 pesos”? “Miei”, dico, credendo volesse ringraziare per la buona offerta fatta. Invece apre bene la banconota…È strappata, ne manca un buon quarto!, e mi ridà con sguardo furbetto la banconota. Ora, io ero abbastanza sicuro che la mia fosse buona, perché me ne sarei accorto, eppoi 20 pesos, 1 euro e mezzo! Allora penso: vuoi vedere che i miei 20 pesos buoni se li è intascati e ha fatto il giochetto di tirar fuori 20 pesos falsi già strappati per averne altri 20??? (in Messico qualche patacca in giro dev’esserci: a noi è capitato di venditori ambulanti che volevano venderci pesos ed euro dichiaratamente falsi, e alcuni negozianti controllavano bene le nostre banconote quando facevamo acquisti, a scanso evidentemente di fregature).

Vabbè, amigo, allora butto la banconota e nel dubbio gli ridò i 20 pesos… ma a modo mio: tutti a monete da 1 pesos e da 5 e 10 centesimi di euro che avevo nel portamonete!… Almeno la fatica di andarseli a cambiare!!!! Lui capisce, sorride, e li accetta… Per curiosità, amici di TPC, se in futuro vi capita una cosa del genere, fatemela sapere! Il caldo qui ora è davvero tropicale, e sudatissimi ma soddisfatti torniamo con lo stesso minibus, scassatissimo oltre l’incredibile ma divertente (straordinario il rotolo di carta igienica sul cruscotto ad immediata portata di mano), riprendiamo i bagagli e ci dirigiamo verso il terminal degli autobus di linea Cristobal Colon per andare a San Cristobal de las Casas, dove arriviamo a 2200 metri dopo circa due ore di curve e di aria condizionata terrificante (caratteristica di tutti i pullman messicani, oltre ad improbabili film di cassetta sottotitolati in spagnolo!). Troviamo subito la posada che avevamo prenotato via Internet, e la proprietaria ci porta (bella sorpresa) alla famosa Casa Margarita (del padre…), dove troviamo (oltre a tanti italiani…) una bella stanza doppia (180 pesos) e un buon ristorante, dove gustiamo una buona parrillada (grigliata) di carne mista, cerveza e tequila a volontà.

Ma qualcosa di terrificante stava per succedere al sottoscritto: nonostante tutte le precauzioni igieniche possibili (acqua in bottiglia ecc.) la notte seguente vengo visitato da…Montezuma in tutta la sua vendetta! La mattina dopo, pur ridotto a un mezzo straccio, andiamo all’escursione prenotata per San Juan Chamula e Zinacantan, dove visitiamo i classici villaggi indios dei veri discendenti Maya, i mercatini e la famosa chiesa in cui i fedeli hanno mescolato antichi culti maya e religione cristiana.

Davvero suggestivo, fra bambini che, più smaliziati, accettavano di farsi fotografare (cosa che gli adulti detestano) per qualche pesos. Bellissimi i tessuti del Chiapas, che abbiamo comprato in quantità quasi industriale e che abbiamo potuto vedere realizzati a mano dalle donne a Zinacantan su particolari telai. Di guerriglieri zapatisti non ne abbiamo visti: ma la loro immagine si poteva vedere sulle tante magliette e nelle classiche bamboline con passamontagna in vendita al mercato di San Cristobal.

Al ritorno mi sento ormai febbricitante, torniamo alla posada, mi metto a letto: 39 di febbre!.. Mano allora alle medicine che ci eravamo portati: antibiotici, tachipirina, enterogermina…Alla fine Montezuma cede: il giorno dopo sto di nuovo bene e lo trascorriamo in relax visitando la bellissima San Cristobal.

Il 29 partiamo per un’escursione in minibus che ci porterà dopo 5 ore di viaggio a Palenque, fermandoci però prima 2 ore per le splendide cascate di Agua Azul (l’acqua era dal colore davvero azzurro anche nella stagione delle piogge, checché ne dicesse la Lonely) e quella di Misol-ha. Il sito di Palenque è davvero favoloso: la tomba di Pakal e le strutture annesse sono forse le più belle di tutti i siti Maya che abbiamo visitato. Foto a iosa e la guida accetta per 50 pesos di farci assaggiare anche la giungla all’interno del sito, fra rovine ancora sepolte, liane, termitai, scimmie urlatrici…E qualche zanzara.

Ci facciamo lasciare a Palenque città nel pomeriggio, e dopo aver convenuto con mia moglie a rinunciare all’escursione a Yaxchilan e Bonampak per motivi di tempo (dopo che lei aveva convinto due ragazzi di Trento compagni di viaggio a farla…), compriamo il biglietto ADO per Merida per il giorno dopo ed alloggiamo all’hotel Yun-Kax ,abbastanza deludente e neanche economicissimo (250 pesos la doppia). Andiamo a mangiare al centro (Mara’s), menu affidabile e prezzi nella media. Comunque Palenque città è davvero agli antipodi di San Cristobal, sembra la classica città di passaggio dei turisti senza alcuna attrattiva. Anche la gente lascià un po’ a desiderare come disponibilità.

Lasciamo così il Chiapas, una terra bellissima in cui la ricchezza della natura stride in modo opprimente con la tanta povertà che abbiamo incontrato, con i villaggi di fango e lamiera che si incontrano per la strada, ma è una povertà che viene vissuta con una dignità ed una apparente serenità (che nasconde comunque anche rassegnazione) da lasciare interdetti. Ai loro occhi noi europei possiamo sembrare davvero dei marziani, se siamo in grado di comprare un biglietto aereo per arrivare fin lì, a migliaia di chilometri di distanza, quando per loro anche mettere insieme i soldi per andare a Città del Messico in pullman è un’impresa.

C’è da rimanere quantomeno imbarazzati, al di fuori di ogni ipocrisia. Così come il sorriso e la felicità di quei bambini, abituati da sempre a quel poco che hanno, fanno pensare ai nostri bambini abituati ad avere cento volte di più e che invece sono spesso capricciosi e insoddisfatti. Da riflettere.

Il 30 agosto siamo a Merida dopo 8 comode ore di viaggio (a proposito: tutti gli autobus che abbiamo preso erano eccellenti, soprattutto gli ADO, ma anche i più…Famigerati Cristobal Colon non erano affatto male). All’arrivo al terminal, veniamo avvicinati da uno dei tanti procacciatori di stanze, e accettiamo l’offerta di una stanza doppia con A/C a 220 pesos nella posada “Tierra del Sol” (buona), a due passi dal terminal.

Il centro è a 10 minuti di cammino. Dov’è il trucco? Lo scopriamo 2 ore più tardi, quando uno dei famigerati acquazzoni tropicali delle 4 del pomeriggio (impressionante la puntualità!) allaga completamente le strade intorno al terminal. Non è possibile neanche attraversare la strada! Così accettiamo di fermarci a mangiare in zona terminal e dobbiamo dire che il pollo alla Yucateca che abbiamo assaggiato era fra i migliori provati, e poi: 2 polli, cerveza e acqua a 100 pesos (neanche 8 euro), cosa volere di più? Al ritorno facciamo i biglietti al terminal per l’autobus del giorno dopo che ci porterà al sito di Uxmal (1 ora e mezzo). Bisogna dire che sono organizzati bene: con lo stesso bus è possibile fare solo Uxmal o anche la cosiddetta Ruta Puuc, cioè anche i siti minori della collina di Uxmal. Noi scegliamo solo Uxmal e abbiamo 5 ore di tempo. Il sito è bellissimo, onestamente dobbiamo dire che insieme a quello di Palenque è quello che ci è piaciuto di più, in particolare per il buono stato di conservazione dei palazzi e dei particolari scolpiti sulle facciate, nonché per la buona ricostruzione della piazza del chaac-mol.

E poi, abbiamo avuto il nostro primo incontro con le famose iguane messicane! Sono in pratica del lucertoloni grossi come gatti, ma con le zampe: dei dinosauri in miniatura! Ormai abituate evidentemente ai turisti, si mettevano anche in posa per farsi fotografare.

Caldo umido notevole, le zanzare abbondavano, ma con il repellente giusto non abbiamo avuto problemi (comunque avevamo fatto l’antimalarica, ma col senno di poi non me la sentirei di definirla indispensabile), e bisogna avere sempre acqua fresca a portata di mano.

A proposito: l’acqua in bottiglia in Messico è davvero una curiosità. La chiamano agua purificada, evidentemente per elettrosmosi o filtri molto selettivi, perché è talmente priva di sali che sembra di bere acqua distillata! Acqua minerale come in Italia non esiste! Andrà bene per le batterie d’auto o i ferri da stiro, ma per uso umano secondo noi contribuisce a far perdere ulteriormente i sali di cui si ha bisogno con quel caldo. Consigliamo quindi di diluirla sempre a metà con un integratore salino di tipo sportivo (se ne trovano facilmente).

Alle 16.00 siamo a Merida, e dopo il solito acquazzone (ma stavolta molto più blando) andiamo in centro. Ideale per gli acquisti, ci fermiamo in una cooperativa di artigiani (artesanias) dove i prezzi sono calmierati dallo Stato e c’è una vastissima scelta di tutto quanto si può cercare in Messico. Tra l’altro, compriamo una buona amaca (270 pesos), in cotone rosso/blu a gancio; quelle in henequen costano 4-5 volte tanto, ma a noi va bene così. Visita della piazza centrale e ci fermiamo a mangiare in un buon bar che fa anche comida messicana: prendiamo una parrillada di carne a testa, molto speziata ma molto buona. Conto: 270 pesos in due più (esplicitamente, come sempre!!) 30 pesos di propina. In pratica, il servizio! Il 1 settembre prendiamo il bus per Chichen Itza, arriviamo alle 9:30, lasciamo i bagagli in custodia presso la biglietteria e ci avviamo con il classico braccialetto colorato all’ingresso. Diciamo subito che tutto il sito è dominato dal Castillo (la piramide-calendario), dal cenote sacro dove gettavano le vittime dei sacrifici, e da un ben conservato campo di pelota finemente scolpito. Interessante anche la piramide piccola interna al Castillo, a cui si accede per un cunicolo interno a turni di 20-30 persone (sconsigliabile a chi soffre di claustrofobia!), e alla cui cima c’è un bel totem-giaguaro con gli occhi di giada.

Ad ora di pranzo decidiamo di provare l’esperienza del bagno nel cenote: la nostra scelta cade sul Cenote Ik Kil, a cui arriviamo con una rapida corsa in taxi a 3-4 km (50 pesos). Qui infatti un cenote è stato trasformato in una splendida piscina, a cui si arriva pagando il biglietto con utilizzo di bagni e ristorante. L’esperienza è davvero spettacolare, con dei fasci di luce che a mezzogiorno illuminano l’acqua in modo surreale e radici lunghissime di piante che dall’alto pendono sulla superficie: l’acqua non è tanto fredda e vi è una specie di pesci gatto che ignorano tuttavia i bagnanti… Qui vi sono soprattutto americani (gringos, come dicono i messicani): un assaggio di quanto vedremo a Cancun.

Riprendiamo i bagagli ed un autobus per Cancun, segunda clase, 3 ore e mezzo…Alloggiamo, seguendo ancora il consiglio della Lonely, all’hotel El Alux, buono, pulito e con A/C (375 pesos la doppia), nonché con i classici distributori di acqua fredda all’americana nei corridoi (bella sorpresa).

La sera partiamo per mangiare messicano, ma qui succede quello che non avremmo mai immaginato: passando davanti una rosticceria, vediamo dei ragazzi americani intenti a divorarsi una bella di porzione di spaghetti fast-food…Come si fa a resistere dopo tanti giorni di comida messicana? E così, un po’ vergognandoci, ordiniamo due begli spaguetti (scritto proprio così!) alla bolognaise e una fetta di pizza a concludere. Birra? Lo siento, senor, non ne abbiamo: e vai con la coca cola sugli spaghetti…Praticamente una bestemmia! Il giorno dopo decidiamo di andare a Isla Mujeres, di cui tanto bene abbiamo sentito parlare: comincia una due giorni di mare!! Rapidamente saltiamo al volo su un pullmino colectivos per l’imbarcadero di Puerto Juarez, da cui partono ogni mezz’ora gli espressi per Isla: alle 9 siamo lì, alle 9.05 partiamo e alle 9.40 siamo nella bellissima Playa Norte, appunto a Nord di Isla Mujeres.

Il primo incontro con il mare caraibico è fantastico: sabbia corallina bianchissima, mare turchese caldo, palme. La spiaggia è ancora deserta e ci sistemiamo all’ombra di un gazebo ristorante ancora chiuso. Dopo due ore e mezzo decidiamo di spostarci in una spiaggia che sappiamo essere il paradiso degli snorkellers: Playa Garrafon, nella zona sud. Il tempo di tornare in centro che un tassista ci ferma: Playa Garrafon? 55 pesos! Noi rilanciamo a 40, lui accetta e partiamo!… Durante il tragitto il tassista è scatenato: appena appurato che siamo italiani (tanto come italiano ti individuano immediatamente: al massimo al secondo tentativo, dopo averti preso per spagnolo…) si fionda in gesti di compiacimento di fratellanza italo-messicana, soprattutto quando scopre che il dialetto napoletano è infarcito di termini di origine spagnola che lui capiva benissimo! Ci dà poi un sacco di consigli, ci descrive per filo e per segno tutta la sua famiglia, quanti figli, nomi, età, ecc. Ecc. …Praticamente come a Napoli!…Il tutto con il classico accento messicano che fa tanto Speedy Gonzalez. Gli chiediamo com’è che in Messico fanno subito tanti figli e lui sghignazzando fa: “Eh, amigo, la mujera es muuuuuuuuuuy caliente”!! Hai capito…

Salutiamo il nostro amigo e a Playa Garrafon è davvero bellissimo: per soli 40 pesos è possibile poi noleggiare l’attrezzatura da snorkelling completa, la prendiamo e basta immergersi per entrare in un altro mondo: veniamo circondati subito da decine, centinaia di pesci coloratissimi, con dei fondali stupendi, acqua caldissima. Con la macchinetta fotografica subacquea monouso ci spariamo quasi tutto il caricatore, ma ne valeva la pena!! Anche le attrezzature da spiaggia sono di alto livello: tutto questo ad un costo che è almeno un quinto di quanto si trova in Italia…Ma siamo ai Caraibi! Ritorno a Cancun per le 18.00, doccia, usciamo. Mangiamo,e nel giro di 2 minuti decidiamo di fare un salto a questa mitica Zona Hotelera, prendiamo al volo un bus R1 e via!! Già sul pullman siamo gli unici italiani in mezzo a tutti yankee, ma quando scendiamo nella piazza principale della Zona Hotelera rimaniamo semplicemente sbigottiti: ma dove siamo, a Las Vegas?? Praticamente una succursale USA a Cancun (infatti i messicani la chiamano gringolandia…)!! Hotel giganteschi, luci e insegne big dappertutto, e tutti i locali non sono altro che big americanissimi fast food con al massimo (sigh!) un giaguaro finto sull’insegna, per dire di stare in Messico…Piramidi-ristorante gigantesche, templi-bar megagalattici…Tutto stra-finto (e vogliamo dire anche un po’ kitsch?…).

Vabbè, ma il mondo è bello perché è vario, se vai in un altro paese e ritrovi identico il tuo che gusto c’è? mah… Riprendiamo il nostro R1 e siamo di nuovo in albergo.

3 settembre, ultimo giorno effettivo: decidiamo di vedere quel che dicono essere il mare più bello del Messico: Tulum.

Prendiamo un ADO premiera clase alle 8.00, alle 10.30 siamo a Tulum pueblo, e di lì col solito taxi siamo alle rovine di Tulum. Concordiamo con quanto dice la Lonely: le rovine in sé non sono davvero nulla di speciale, ma è la loro posizione che è fantastica, a picco sul mare. Non solo, il caldo è così eccessivo che l’unica cosa che desideri è tuffarti in quel mare stupendo, e la spiaggia è proprio sotto il Castillo!… dopo un primo bagno, prendiamo un trenino per tornare all’ingresso del sito, mangiamo una bella enchillada, Nicoletta si ciuccia un bel coco de agua e torniamo in spiaggia. Ma dove? Il tipo della comida ci toglie ogni dubbio: “El Parayso, senor! Muy bonita!!”. E vai, un po’ a piedi, un po’ in taxi… Quando arriviamo, non crediamo ai nostri occhi: la spiaggia che hai sempre sognato, quella delle cartoline e dei caldobagno!!! Splendida, bianchissima, palme, sole, il mare dai colori fluorescenti che si riflettono sotto le ali bianche degli uccelli che volteggiano silenziosi, l’acqua cristallina e in sottofondo musica reggae dalle cabanas, e amache pigramente al vento…Già: “El Parayso”.

Adios, Mexico! …Y buena suerte.

Personalissima classifica: Le cose più belle: Il Chiapas Il sito di Palenque Il mare di Tulum Il bagno nel cenote Le cose meno belle: Palenque città L’aria condizionata a manetta degli autobus; La vendetta di Montezuma…



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